DENTE, Marco (Marco da Ravenna)
Incisore, nato a Ravenna poco prima del 1493, morto a Roma nel 1527. A Roma fece parte di quel gruppo di incisori, specialmente emiliani, divulgatori di Raffaello, e fu seguace o scolaro di Marcantonio Raimondi. Riprodusse composizione di Raffaello, del Baldinucci, di Giulio Romano, di Francesco Salviati; raramente lavorò d'invenzione, e solo per forme decorative; molto copiò, eccellentemente, da sculture classiche antiche, e la sua attività per noi s'inizia appunto con la stampa (1515 e 1519) del cosiddetto Trono di Nettuno in S. Vitale di Ravenna. Fu un virtuoso del bulino, e un imitatore meraviglioso: non ebbe una forte personalità, e si lasciò influenzare anche dal suo emulo Agostino Veneziano. Superiore a questo nella purezza e sicurezza del tratto, rimase al disotto di lui e di Marcantonio per la minore duttilità, i contorni un po' accentuati, l'ombreggiatura a volte deficiente e una certa fiacchezza nel modellato. Ma ha cose di notevole valore: Darete ed Entello, Venere e Amore portati da delfini, ecc. Si giudica come l'opera sua più pregevole la vasta e popolosa Strage degl'innocenti da Baccio Bandinelli. Le sue stampe firmate portano le lettere S R intrecciate (che si aggiudicano anche ad un fittizio Silvestro da Ravenna), D, D R (Dente-Ravenna) o la semplice iniziale R tra due punti (dubbia). Una sola volta troviamo il nome per esteso: marcvs ravenas (nel Laocoonte).
Bibl.: M. Thode, Die Antiken in den Stichen Marc'Anton's Agostino Veneziano's und Marco Dente's, Lipsia 1881; P. Kristeller, in Jahrb. d. preuss. Kunstsamml., XI (1890), pp. 242-48; id., in Thieme-Bcker, Künstler-Lexikon, IX, Lipsia 1913 (con la bibl. precedente); M. Pittaluga, L'incisione italiana nel Cinquecento, Milano 1930, pp. 160, 166-68, 171, 198, 199.