VISCONTI, Marco,
detto Balatrone. – Figlio di Matteo I e di Bonacossa Borri, nacque probabilmente nell’ultimo quarto del XIII secolo (Litta, 1823-1828, tav. II). Era fratello di Galeazzo I, Giovanni, Luchino, Stefano, Antonio (figlio naturale di Matteo), Beatrice, Caterina, Zaccarina, Achilla, Agnese e Floramonda.
Comparve per la prima volta sulla scena pubblica nel 1310, in occasione della pacificazione tra Visconti e Torriani, e nello stesso anno fu podestà di Alessandria. Fu scomunicato nel 1313, assieme ai suoi parenti, dall’arcivescovo Cassone Della Torre. A partire dagli anni successivi fu ripetutamente coinvolto in imprese militari, attività costante nella sua vita, al servizio della città, della signoria viscontea e del ‘partito’ ghibellino. Dopo avere occupato Tortona, nel luglio del 1315 sconfisse tra lo Scrivia e il Po Ugo del Balzo, e probabilmente il 29 agosto dello stesso anno partecipò alla battaglia di Montecatini contribuendo alla vittoria di Uguccione della Faggiola. Nell’aprile del 1318 assediò Genova per far rientrare i Doria e gli Spinola fuoriusciti (Cognasso, 1955, pp. 33, 98 s., 118). All’inizio degli anni Venti ricoprì anche l’incarico di podestà contemporaneamente sia a Tortona sia ad Alessandria (Romanoni, 2016, p. 311).
Prese poi parte alle operazioni militari contro la lega guelfa promossa dal pontefice Giovanni XXII (che ovviamente lo scomunicò, al pari dei suoi parenti), operando principalmente fra Lombardia e Piemonte. Il 2 dicembre 1319 a Moncastello sconfisse nuovamente Ugo del Balzo, che morì nel corso della battaglia. Nel maggio del 1321 assalì senza successo ad Asti le forze guelfe, guidate da Raimondo Cardona; ottenne la sua rivincita il 6 luglio 1322 a Bassignana, dove sconfisse il medesimo comandante. Sempre in questi primi anni Venti, inoltre, si rese protagonista di numerosi altri eventi militari nei territori piemontesi (Guilelmi Venturae De gestis civis..., 1848, coll. 801-808).
Negli anni seguenti partecipò attivamente alle difese di Milano, di cui si riportano qui i momenti salienti: il 25 febbraio 1323 sorprese Raimondo Cardona mentre guadava l’Adda all’altezza di Vaprio, e nell’aprile dello stesso anno affrontò di nuovo i crociati nella battaglia di Trecella, presso Gorgonzola. Tra l’8 agosto 1323 e il 10 dicembre 1324 assediò Monza, entrandovi infine (con il fratello Galeazzo, v. la voce in questo Dizionario) e saccheggiandola per tre giorni (Cognasso, 1955, pp. 169-173, 176-179).
Per questo suo costante impegno militare Marco ottenne la signoria di Rosate. Si inasprirono tuttavia i dissidi e le gelosie con il fratello maggiore Galeazzo (signore di Milano dal 1322); nel tentativo di mettersi in luce Marco si avvicinò al cugino Lodrisio (v. la voce in questo Dizionario) e a quei settori della società milanese che ancora speravano di liberarsi della signoria viscontea. La situazione si palesò in tutta la sua criticità nel 1327, in occasione della discesa in Italia di Ludovico il Bavaro (con il quale Visconti aveva già avuto contatti). Galeazzo inviò a Trento, al suo cospetto, il proprio figlio Azzone e Marco: quest’ultimo presentò però il fratello come un traditore dell’Impero e rese così il re dei Romani convinto della necessità dell’intervento imperiale in Italia. Il 5 luglio Stefano Visconti, che il giorno precedente aveva servito come coppiere del re, venne trovato morto, e il 6 luglio i Visconti vennero temporaneamente incarcerati su ordine del Bavaro; non è chiaro, tuttavia, se anche Marco fu arrestato. In ogni caso, accompagnò il futuro imperatore a Roma e forse lo precedette (Bonincontri Morigiae Chronicon..., 1728, coll. 1148-1149).
Al ritorno dell’imperatore da Roma si presentò una nuova occasione per Marco. Da Pisa, dove Ludovico IV si era fermato, alcune bande mercenarie al suo servizio disertarono e occuparono la rocca del Cerruglio. Marco si offrì di ingaggiarle e si recò presso il loro campo, venendo però preso in ostaggio in attesa del compenso che l’imperatore ancora doveva loro. Rimase presso i mercenari per diversi mesi, anche a causa dei continui ritardi nella consegna del denaro promesso dall’imperatore e da Azzone. Nella primavera del 1328 Visconti riuscì a capovolgere la situazione, venendo proclamato capitano della compagnia del Cerruglio. Come coronamento della sua attività in questo periodo, infine, riuscì a entrare a Lucca, ottenendo la signoria della città (Mallett, 1974, tra. it. 2006, p. 36).
Fu un successo importante ma fugace, privo di prospettive. Consapevole di non essere in grado di controllarla, Visconti intavolò trattative per vendere Lucca, e dopo che l’affare sfumò con Firenze cedette la città toscana a Gherardino Spinola (Litta, 1823-1828, tav. II). Si trasferì pertanto a Pisa, donde con Bonifazio Novello della Gherardesca cacciò il vicario imperiale, venendo acclamato come Pisanorum princeps. In seguito al deterioramento dei rapporti con i suoi mercenari si spostò prima a Firenze, poi a Bologna, probabilmente tramando contro Milano. Il 14 agosto 1329 comparve nuovamente, in miseria, nella città lombarda (Bonincontri Morigiae Chronicon..., cit., coll. 1159 s.).
Morì il 5 settembre 1329, in circostanze non chiare, ma forse connesse a nuove tensioni con i fratelli e con Azzone Visconti, allora signore di Milano.
Le versioni più dettagliate (della morte di Marco Visconti riferiscono diverse fonti narrative) sono concordi nell’indicare una fine violenta. Secondo alcuni, si sarebbe suicidato nel Broletto dopo aver ucciso la sua amante, o sarebbe stato ucciso in occasione di un tumulto scoppiato per lo stesso motivo. Secondo un’altra narrazione ancora, sarebbe stato strangolato nel Broletto e gettato da una finestra per volontà di Azzone (e forse anche di Luchino, v. la voce in questo Dizionario).
Visconti fu, come altri nel primo Trecento, una figura di transizione. Uomo d’azione, ma non più (esclusivamente) di fazione, dedito all’attività militare, ma non ancora pienamente strutturato come uomo d’armi di professione, fu un fondamentale braccio armato della signoria viscontea, e per il medesimo motivo fu anche un elemento fortemente destabilizzante (v., ad esempio, il pittoresco ritratto in Petri Azarii Liber gestorum..., a cura di F. Cognasso, 1926-1939, p. 33), di cui probabilmente gli agnati, a fronte delle problematiche che poteva generare, dovettero liberarsi.
Fonti e Bibl.: P. Giovio, Vitae duodecim Vicecomitum Mediolani principum, Lutetiae 1549, pp. 70, 79, 87-101, 105, 109, 113-125, 131; Albertini Mussati De gestis Italicorum post mortem Henrici VII caesaris Historia, in RIS, X, Mediolani 1727, coll. 779 s.; Galvanei de Fiamma Manipulus florum, sive Historia Mediolanensis ab origine urbis ad annum circiter MCCCLXXI, ibid., XI, Mediolani 1727, coll. 725, 728, 730, 732; Nicolai Tegrimi Vita Castruccii Antelminelli Lucensis ducis ab anno MCCCI usque ad MCCCXXVIII, ibid., coll. 1328, 1338; Bonincontri Morigiae Chronicon Modoetiense ab origine Modoetiae usque ad annum MCCCXLIX, ibid., XII, Mediolani 1728, coll. 1110-1114, 1130, 1133-1138, 1148-1153, 1158-1160; Guilelmi Venturae De gestis civis Astensium et plurim aliorum, in Historiae patriae monumenta, V, Scriptorum, III, Torino 1848, coll. 801-808; Petri Azarii Liber gestorum in Lombardia, ibid., XVI, 4, a cura di F. Cognasso, Bologna 1926-1939, pp. 11, 16-27, 33, 38; Gualvanei de la Flamma Opusculum de rebus gestis ab Azone, Luchino et Johanne Vicecomitibus ab anno MCCCXXVIII usque ad annum MCCCXLI, in RIS, XII, 4, a cura di C. Castiglioni, Bologna 1938, p. 7; Guilelmi de Cortusiis Chronica de novitatibus Padue et Lombardie, ibid., XIII, 5, a cura di B. Pagnin, Bologna, 1941-1975, p. 57; Giovanni Villani, Cronica, II, a cura di G. Porta, Parma 1991, pp. 296 s., 301-313, 357-361, 379 s., 385-394, 412, 418 s., 435, 541, 558 s., 654-656, 679-696; Chronicon Regiense. La Cronaca di Pietro della Gazzata nella tradizione del codice Crispi, a cura di L. Artioli - C. Corradini - C. Santi, Reggio Emilia 2000, pp. 174-176.
P. Morigia, La nobiltà di Milano, Milano 1619, pp. 323 s.; P. Litta, Famiglie celebri italiane, IX, Visconti di Milano, Milano 1823-1828, tav. II; G. Giulini, Memorie di Milano ne’ secoli bassi, IV, Milano 1855, pp. 861 s., V, 1856, p. 20, 48 s., 57, 71 s., 88-98, 101, 115 s., 120, 125, 129, 133, 139-143, 152-156, 161-166, 173-176, 182-184, 193-195, 275, 308; L. Simeoni, V., M., in Enciclopedia italiana di scienze, lettere ed arti, XXXV, Roma 1937, p. 447; F. Cognasso, L’unificazione della Lombardia sotto Milano, in Storia di Milano, V, La signoria dei Visconti (1310-1392), Roma 1955, pp. 33, 68 s., 98 s., 115, 118-122, 135 s., 152, 158-179, 192-201, 205-209, 217 s.; Id., I Visconti, Milano 1966, pp. 105, 123 s., 129 s., 134, 142-150, 152-160, 164; C. Tamborini, Ottorino Visconti e la leggenda della «Biccia» di M. V., in Bollettino storico per la provincia di Novara, LIX (1968), 1, pp. 49-58; M. Mallett, Mercenaries and their masters. Warfare in Renaissance Iraly, London 1974 (trad. it. Bologna 2006, p. 36); B. Corio, Storia di Milano, I, a cura di A. Morisi Guerra, Torino 1978, pp. 599, 626, 629-635, 644, 657-662, 666-668, 675, 680-700, 704-714, 722 s.; P. Grillo, Milano guelfa, Roma 2013, p. 48; F. Romanoni, L’organizzazione militare a Tortona attraverso il «Registro delle entrate e uscite del Comune» (1320-1321), in Bollettino storico-bibliografico subalpino, CXIV (2016), pp. 309-351 (in partic. p. 311).