DOLCI, Marco
Figlio di Pietro di Domenico detto Rasci, era fratello di Giovanni detto Giovannino (Müntz, [1878-82], 1983, I, p. 241). Fiorentino di nascita, è documentato a Roma già nel 1462, Sotto il pontificato di Pio II, impegnato in lavori di carpenteria al palazzo apostolico (ibid.). Sono stati inoltre rinvenuti documenti concernenti la sua attività a Roma durante il pontificato di Paolo II per il quale lavorò al palazzo di S. Marco (ibid.) e durante quello di Sisto IV per il quale eseguì lavori di falegnameria (ibid., III, p. 71). In particolare fu incaricato, con il fratello, dell'arredo per la Biblioteca Vaticana.
Tale opera fu compiuta tra il 1477 e il 1482, quando cioè il fratello Giovannino era impegnato anche fuori Roma; si può pertanto ritenere che il compito ricadesse principalmente su Marco. Sisto IV aveva nutrito l'ambizione di creare una biblioteca ben organizzata fin dall'inizio del suo pontificato: nel 1475 erano infatti già concluse e decorate le prime due sale, dette "Bibliotheca Publica" o "comunis", che furono destinate dal Platina alla conservazione dei manoscritti greci e latini. I Dolci furono quindi esclusivamente incaricati dell'arredo per la sala "secreta" - dove si dovevano conservare gli scritti degli eretici - e per il "secretior" - che doveva contenere gli archivi -, che costituivano insieme la "Bibliotheca nova pontificia". Si sa che Sisto IV provvide a far realizzare armadi e scaffali, in maniera che gli ambienti risultassero ben tenuti. Tuttavia questi ambienti furono smantellati nel 1585, quando Sisto V fece costruire da D. Fontana l'attuale biblioteca; così andò smarrito anche l'arredo: solo parte del rivestimento ligneo della "Bibliotheca nova" fu trasportato nel vestibolo del salone Sistino, dove è stato ricollocato nel 1968 (J. Bignami Odier, La Bibliothèque Vaticane de Sixte V à Pie XI, Città del Vaticano 1973, p. 95). I lacerti superstiti non sono comunque in grado di fornire indicazioni riguardo a quello che doveva essere l'aspetto originale di questi ambienti, nei quali è presumibile che gli intarsi creassero figurazioni prospettiche.
I documenti riguardanti la costruzione di questa biblioteca indicano che i Dolci furono incaricati di eseguire anche gli infissi e gli altri lavori più propriamente di carpenteria (Müntz, [1878-82], 1983, III, pp. 127 s.).
È possibile che il D. dirigesse la bottega di cui era titolare il fratello, svolgendovi il tradizionale ruolo del maestro. All'interno della ben avviata ditta istituita dai Dolci il D. avrebbe svolto compiti più pratici, mentre Giovannino avrebbe curato l'organizzazione e la progettazione.
Il D. forse non risiedette mai stabilmente a Roma, o quanto meno tornò a Firenze dopo la morte del fratello. Infatti la sua famiglia era a Firenze, ed in questa città fu stilato il contratto per il matrimonio di sua figlia Tommasia nel 1490. Il documento ricorda il D. come "architectori florentino" (ibid., I, p. 241); informa inoltre che dotò la figlia con la considerevole somma di 400 fiorini. Ciò indica l'agiatezza economica cui D. era pervenuto, sebbene, essendo suo genero un calzolaio, non si possa riscontrare un'ascesa sociale. Il D. morì a Firenze dopo il 1506 (ibid., III, p. 71). Tramandò a suo figlio Domenico, oltre al nome del nonno, il suo mestiere: Domenico eresse infatti la cappella del Soccorso, ancora esistente nella chiesa della SS. Annunziata di Firenze (ibid.).
Una parte della famiglia Dolci è documentata a Firenze nel corso del '500, dove continuò ad operare in campo architettonico, l'altra, discendente da Giovannino, dovette invece stabilirsi a Roma, come ha ipotizzato il Müntz (ibid.), pervenendo a cariche di rilievo nell'ambito della corte pontificia.
Fonti e Bibl.: E. Müntz, Les arts à la cour des papes... [1878-82], New York 1983, I, p. 241; II, p. 18; III, pp. 71, 127 s., 134; Id., Les arts à la cour des papes, (1484-1503), Paris 1898, pp. 48, 65, 133; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, IX, p. 389.