LEPIDO, Marco Emilio
Triumviro, figlio di M. Emilio console nel 78 a. C., sposo a Giunia, sorella del cesaricida Bruto. Nel 49, essendo pretore, si unì a Cesare anche per vendicare il padre, che nel 77 era morto nella lotta contro l'oligarchia senatoria restaurata da Silla, e provocò la nomina a dittatore di Cesare stesso. L'anno successivo ebbe l'imperium militiae in Spagna, e nel 47 fu acclamato imperator ed ebbe gli onori del trionfo. Giulio Cesare lo nominò suo magister equitum nel luglio 46, al suo ritorno dall'Africa, e L. tenne tale carica sino alle idi di marzo del 44. Fu anche console, collega con Cesare nel suo terzo consolato (46 a. C.). Nel 44 ebbe la Gallia Narbonese e la Spagna citeriore; ma come magister equitum si allontanò poco da Roma e fu, quasi certamente, testimonio dell'assassinio. Con la sua legione appoggiò M. Antonio tenendo a rispetto i congiurati, ricevendone in compenso la elezione a pontefice massimo in luogo del defunto Cesare; poi da Antonio fu incaricato di aprire trattative per la riconciliazione con Sesto Pompeo, mentre gli veniva dato l'imperium per la Provincia (Gallia meridionale), e per la Spagna citeriore. Essendo riuscito nella sua missione col figlio di Pompeo fu pubblicamente ringraziato e onorato dal senato. Nel marzo del 43, poco prima della battaglia di Forum Gallorum, cercò d'interporsi per creare la possibilità di intese fra il senato e M. Antonio, attirandosi il risentimento di Cicerone il quale in una lettera privata lo rimproverò di non aver ringraziato il senato, che lo aveva onorato, e di patrocinare una pacificazione che equivaleva alla servitù. Il giorno stesso della battaglia di Forum Gallorum mandò, con un suo luogotenente, aiuto a M. Antonio, confermando così la sua fedeltà alle direttive di Cesare in quanto erano da M. Antonio stesso continuate; ma, dopo la battaglia di Mutina, si avvicinò di nuovo al senato e a Cicerone. Nel mese di maggio del 43 a. C., quando seppe che Antonio voleva passare in Gallia e invadere la Provincia, ordinò a Terenzio Culleone, suo luogotenente, d'impedirgli il passaggio; ma questi non obbedì all'ordine, provocando così la continuazione dell'intesa fra Antonio e L. In seguito a questo fatto, il 30 giugno 43 il senato dichiarò L. nemico pubblico e fece abbattere una statua eretta in suo onore, ma, alla vigilia dell'accordo per il secondo triumvirato, Ottaviano, divenuto console, fece annullare, dopo circa due mesi, tale decisione senatoria, per poterlo avere partecipe, con Antonio, al triumvirato stesso. Nel triumvirato L. ebbe il governo dell'Italia, della Spagna, e una parte della Gallia. Nel 42 fu console con L. Munazio Planco, e diede 7 delle sue legioni ad Antonio e a Ottaviano per la guerra contro Bruto e Cassio; ma, quantunque il suo contributo alla vittoria fosse stato cospicuo, all'indomani di Filippi Antonio e Ottaviano si dividevano l'impero togliendo a Lepido anche la parte della Gallia che gli era stata assegnata, dandogli soltanto più tardi, in compenso, l'Africa. Benché sospetto di segrete intese con Sesto Pompeo, partecipò alla guerra di Ottaviano contro di lui, non arrivando però in tempo per le fasi decisive. Dopo la battaglia di Nauloco assunse un atteggiamento di energica opposizione a Ottaviano, valendosi delle stesse forze pompeiane per reclamare per sé Africa e Sicilia: ma, sopraffatto da Ottaviano per la diserzione dei suoi, fu espulso dal triumvirato (36 a. C.), conservando però la carica di pontefice massimo, con la quale si ritirò a vita privata godendo d'una vastissima fortuna e di grandi proprietà fondiarie. Morì nel 13 o 12 a. C.
Bibl.: L'unica completa trattazione biografica si ha in Drumann-Groebe, Geschichte Roms, I, Berlino 1899, pp. 9-17. Inoltre v. la dissertazione del Brüggemann, De M. Aemilii Lepidi vita et rebus gestis, Münster 1887.