BOSSI, Marco Enrico
Nacque a Salò (Brescia) il 25 apr. 1861 da Pietro, organista, e da Celestina Dognini, figlia di Fedele, organista egli pure.
Con il B. s'inaugura, nella sua famiglia, la quarta generazione di musicisti dedicati al culto, professionale e appassionato, dell'organo. Lo strumento familiare, in un singolare acquarello di Martino Bossi (fratello del padre) e dedicato da Bassano "al caro nipote Enrico, li 22 novembre 1901", sostituisce l'albero araldico e genealogico e viene ingenuamente definito "causa nostrae laetitiae".
Dal padre (nato a San Bassano il 28 apr. 1834 e morto a Morbegno il 20 dic. 1896, allievo, a sua volta, del padre Paolo e dei maestri G. Bensi per la composizione e V. Petrali per l'organo) il B. ebbe la sua prima educazione musicale. Nel 1871 fu iscritto al liceo musicale di Bologna, dove il fratello maggiore Adolfo lo aveva preceduto nel 1868, e vi studiò pianoforte con G. Poppi fino al 1873, quando, in compagnia del fratello, lasciò il liceo bolognese per passare al conservatorio di Milano. Qui continuò lo studio del pianoforte con G. Sangalli e iniziò quello dell'organo con P. Fumagalli, del contrappunto e fuga con C. Boniforti, della composizione con A. Ponchielli prima e poi con C. Dominiceti. Studiò anche violino con A. Bazzini. L'ambiente del conservatorio milanese, fervido e produttivo, fu presto testimone del suo valore, e anche la stampa cominciò a occuparsi di lui quale esecutore al pianoforte e compositore di una bene accolta, ma frammentaria, Ouverture per orchestra (1878; divenne poi il n. 1 dell'opus bossiano) e di una Sonata in fa maggiore per organo, recensita dalla Gazz. music. di Milano del 31 ag. 1879 e stampata dal periodico Musica sacra nel 1890 (in realtà, è l'Ouverture op. 3 per organo, pezzo piuttosto sinfonico che organistico, non amato dall'autore, per quanto di buona tecnica e già sotto il suo particolare tipo di espressione strumentale).
Nell'estate 1879 il B. si diplomò in pianoforte e partecipò al concorso per il posto di maestro di cappella e organista al duomo di Como, concorso in cui riuscì secondo. Nell'autunno dello stesso anno si recò all'estero, presentandosi come solista di pianoforte al Crystal Palace di Londra: vi suonò pure, con emozione, il grande organo Gray e Davison, a quattro manuali e ottanta registri, e nella cattedrale londinese di S. Paolo l'organo Willis, a quattro manuali e cinquantadue registri. Nel soggiorno londinese e poi a Parigi ebbe modo di osservare gli strumenti più importanti - già dotati di leva Barker, di manticeria Cummins a lanterna, di somieri a pistoni e di un gran numero di registri ad ancia - e di ascoltare organisti quali C. Franck, J. Lemmens, Th. Dubois, A. Guilmant, Ch. M. Widor e W. T. Best. Tornato in Italia, riprese gli studi di composizione e, profondamente turbato dalla distanza di concezione tra quei paesi e l'Italia del suo conservatorio (dove un anno prima soltanto due suoi compagni di corso avevano suonato per saggio l'Ouverture dell'Euryante diC. M. von Weber), prese la singolare decisione di non conseguire il diploma di organo sopra uno strumento avente un solo manuale e diciotto pedali in pedaliera e sul quale, nel maggio 1879, C. Saint-Säens si era rifiutato di suonare. Nella sessione estiva del 1881 si diplomò in composizione, vincendo il premio Bonetti con Pachita, opera in un atto rappresentata il 3 dicembre dello stesso anno al teatrino del conservatorio.
Il 1º nov. 1881 il B. venne inaspettatamente chiamato alla direzione della cappella del duomo di Como, avendo il vincitore del concorso, Carozzi, accettato un altro incarico. Il decennio successivo alla sua nomina a Como - dove, fra l'altro, sposò il 20 maggio 1882 Cristina Brunoli - fu assai importante per l'attività del B., che configurò con esattezza i limiti e gli scopi del suo ideale di rinnovamento organistico.
Emancipato dalla erudizione accademica, il B. vagheggiava, infatti, l'organo come strumento non solo liturgico ma concertistico adatto alla esecuzione del più virtuoso repertorio classico e contemporaneo, e si formava una tecnica "trascendentale" per eseguire nuove musiche italiane e formare un gusto organistico, così come G. Sgambati e G. Martucci facevano per il pianoforte. Sull'organo del duomo di Como, un Carrera-Bernasconi a tre manuali e cinquantanove registri reali, egli studiò accanitamente, non senza fare i conti con tiramantici e sagrestani. Il 1º dic. 1885 eseguì un concerto all'organo di S. Carlo a Milano, alla presenza delle migliori personalità musicali, suonando la sua Suite op. 54 (la Prima Suite), recensita sulla Gazz. music. di Milano del 13 dicembre da G. Tebaldini, che iniziò indirettamente con il B. una collaborazione importante per la riforma organologica. L'organista e compositore inglese W. T. Best suonò a Londra e a Liverpool questa Suite e chiese all'autore altra musica, che venne stampata dagli editori Augener e Laudy di Londra: nacque, così, un'attività di carattere internazionale, con la quale il B. riuscirà a sprovincializzare la musica d'organo italiana e, anzi, a esportarla con successo. Alla composizione e alla esecuzione di musica scritta il B. aggiunse il culto della improvvisazione, antica caratteristica degli Italiani: forma nella quale raggiunse stile e rigore eccezionali. Nel 1888 vinse un concorso di composizione per organo bandito dal periodico Musica sacra con la Fuga, op. 62 sul tema Fede a Bach, traducendo in suoni la notazione alfabetica della frase, proposta da A. Boito. Nel 1888 riuscì pure a far restaurare lo strumento Bernasconi del duomo di Como, facendovi apportare molti miglioramenti; sul rinnovato organo suonò la Fantasia e fuga in sol minore di Bach, oltre a musiche di Mendelsshon, C. Franck e di Frescobaldi, delineando chiaramente il suo concetto di modernità applicato ai programmi e alle scuole organistiche. A. Catalani, Puccini e Boito, presenti al concerto, ne parlarono con generica ma autentica commozione (Mompellio, 1952, p. 69). Nel 1888 ancora fonda il "Club Musicale", chiamato dopo la sua morte "Società musicale M. E. Bossi", attivo per più di sessant'anni al Casino sociale di Como.
Il 10 apr. 1890 il B. fu chiamato al conservatorio di Napoli a occupare la cattedra d'armonia e quella di organo, appena istituita. Poco prima aveva partecipato segretamente al concorso Sonzogno (bandito nel 1889) con l'opera in un atto Il veggente, su libretto di G. Macchi; non a caso la commissione, di cui anche F. Marchetti e G. Sgambati facevano parte, la ritenne più adatta alla sensibilità tedesca, trattandosi piuttosto di un oratorio che di un'opera lirica. La scelta del soggetto non fu indovinata e, mancando di elementi essenzialmente scenici, la sua rappresentazione al Teatro Dal Verme di Milano il 4 giugno 1890 fu accolta da una critica alquanto sfavorevole (vincitore del concorso Sonzogno fu, giova ricordarlo, P. Mascagni con la sua Cavalleria rusticana). L'opera del B., rimaneggiata e con il titolo Il viandante, ottenne invece un grande successo al Teatro di Corte di Mannheim l'8 ott. 1906 e in seguito a Dresda, a Francoforte, ad Altenburg e a Lubecca.
Al conservatorio napoletano il B. operò autorevolmente contro i pregiudizi, talora grotteschi, persino del direttore P. Platania, che proibiva la musica di Wagner e ignorava Bach. Si dedicò pure con grande cura all'insegnamento "non tanto nel suo strumento, quanto nella composizione" (Mompellio, 1961, p. 123), con risultati lusinghieri e duraturi. Gli anni trascorsi a Napoli (1890-1895) furono, inoltre, assai fecondi di opere e significativi per la sua evoluzione artistica: estese, infatti, la sua produzione dalla musica organistica a quella da camera, polifonica o corale con accompagnamento e pianististica. Frattanto, nel novembre 1891 partecipò a Milano al Congresso nazionale indetto dal Comitato permanente di musica sacra, annunciando di avere iniziato la redazione di un metodo per organo con la collaborazione dell'amico Tebaldini per la parte liturgica. Nel gennaio 1893 il Metodo teorico-pratico per lo studio dell'organo cominciò a essere pubblicato a dispense; l'edizione completa uscì a Milano nel 1897 e segnò il punto più importante del trapasso tra utopia e realtà, tra empirismo e dottrina nella cultura organologica in genere.
È a questo Metodo - diviso in tre parti, delle quali la prima (storia dell'organo, degli organisti e delle scuole di organo europee) e la seconda (esercizi e studi sull'esecuzione e sulla registrazione) dovute al B., la terza (il canto gregoriano, la polifonia e l'accompagnamento al canto gregoriano) al Tebaldini - che si deve l'impostazione generale dei programmi di studio dell'organo nei conservatori e l'inserimento del gregoriano come materia obbligatoria per l'organista, considerando la sua funzione essenzialmente liturgica. Era del tutto sconosciuta, infatti, la funzione civile e sociale dell'organista, come personaggio colto e laico, quale lentamente, ma sicuramente, si sta oggi configurando.
Il 7 ag. 1893, alla morte del Catalani, si rese vacante la cattedra di composizione al conservatorio di Milano, ma, pur vincendone il concorso, il B. non venne nominato, così come nel giugno 1895 non ottenne la direzione del liceo musicale di Pesaro. Una sincera raccomandazione di Verdi non valse a dimostrare la curiosa attestazione di "italianità artistica" richiesta dal presidente dell'istituto, e alla direzione del liceo pesarese fu chiamato il Mascagni. Il B. fu prescelto, invece, nello stesso anno 1895, fra i concorrenti a succedere ad A. Tirindelli nella direzione del liceo musicale "B. Marcello" di Venezia, dove fu anche docente di organo e di composizione, proseguendo instancabile la sua missione d'insegnante iniziata a Napoli. Durante la sua permanenza a Venezia, fino al 1902, completò l'organico dell'istituto, che dotò di un nuovo organo - inaugurato da lui stesso il 4 marzo 1900 con un grandioso concerto -e di un pianoforte Steinway; indusse poi il comune all'acquisto del palazzo Pisani come sede del liceo, già relegato in meschini ambienti di disimpegno del Teatro La Fenice, e diresse anche i concerti della "Società B. Marcello". Il 12 marzo 1902 venne nominato direttore del liceo musicale di Bologna (al posto di G. Martucci, trasferitosi a Napoli) e qui rimase fino al 1911, assumendovi anche l'insegnamento della composizione. Forte dell'esperienza veneziana, il B. rinnovò il regolamento (1908), fece costruire un nuovo organo per la sala del liceo (l'attuale "Sala Bossi"), diresse i concerti della Società del quartetto e istituì la "Società corale Martini", denominandola con lo stesso nome del liceo bolognese.
Il periodo a cavaliere tra l'Ottocento e il Novecento fu per lui ricco di opere indicative delle sue possibilità e del suo stile e animato da un fervore eccezionale. Nella primavera 1898 diresse, infatti, al ridotto del Teatro La Fenice, Il cieco, op. 112, poemetto lirico per baritono, coro e orchestra, ispirato da uno dei poemetti pubblicati da G. Pascoli l'anno precedente. Alla Thomaskirche di Lipsia si eseguiva, nel frattempo, molta sua musica, con l'ausilio di notevoli masse corali, e il suo nome era ormai accettato insieme con quelli dello Sgambati e del Martucci. Il 14 marzo 1900 fu eseguito, ancora alla Thomaskirche di Lipsia, con vivo successo il Canticum canticorum,op. 120, una vasta cantata biblica per soprano, baritono, coro, orchestra e organo, riconosciuta dal B. stesso come la sua opera più personale (venne stampata a Lipsia nel medesimo anno dall'editore J. Rieder-Biedermann, che nel 1915 dirà d'avere fatto maggiori affari con la musica del B. che con quella di Brahms).
Il 6 dic. 1903 W. Weber diresse all'Oratorienverein di Augsburg Il paradiso perduto,op. 125 (su testo di A. Villanis da J. Milton), poema sinfonico per soli, cori, orchestra e organo, accolto con grande interesse e durevole successo. Nello stesso genere, dunque, e contemporaneamente, il B. trionfava in Germania quando L. Perosi conquistava l'Italia. In seguito, questi due lavori vennero ripetuti nelle principali città della Germania, della Russia, della Svezia e dell'America.
È importante, seppure alquanto inconsueta, anche la raccolta di musiche per una voce e pianoforte di questo periodo, come i sette Canti lirici,op. 116 (1899), gli otto Canti lirici, op. 121 (1901) e le più tarde quattro Versioni pittoriche, op. 129 (1907). Tali opere, nel deliquescente gusto per le romanze da salotto borghese o per le canzonette di moda, segnarono una pregevole novità, insieme con le consimili del Martucci e dello Sgambati. Sono di questi anni anche le composizioni per organo Pièce héroïque,op. 128 (1907), il Konzertstück, op. 130 (1907) e i Cinque pezzi in stile libero,op. 132 (1910), da annoverarsi fra le più impegnative del Bossi.
Il 29 nov. 1911 il B. si dimise dal liceo bolognese per dedicarsi più completamente alla composizione e al concertismo. Lasciata Bologna, visse per circa due anni a Genova, poi si ritirò a Breccia, presso Como, dove attese soprattutto alla composizione (1913) di un "mistero" in forma ancora di poema sinfonico-vocale (su versi di L. Orsini), Giovanna d'Arco,op. 135, per soli, coro, orchestra e organo, eseguito la prima volta a Colonia il 20 genn. 1914 e in Italia al Teatro Vittorio Emanuele di Torino il 5 dicembre dello stesso anno (più volte poi ripreso in Europa e in America). Lo scoppio della prima guerra mondiale interruppe il periodo della libera attività professionale e del concertismo all'estero, costringendolo, per ragioni economiche, a concorrere al posto di direttore del liceo musicale Santa Cecilia di Roma occupato da S. Falchi, al quale subentrò nel 1916. A Roma, sebbene non insegnasse ufficialmente, ebbe come allievo anche F. Germani, che si può considerare il successore del B. organista (alla sua scuola furono formati, tra i tanti musicisti, a Napoli G. Baroni, E. Tango e P. La Rotella, a Venezia il figlio Renzo, M. Zanon, G. Bas, L. Amadio, G. Giarda e G. F. Malipiero, che volle seguirlo a Bologna, dove il B. ebbe allievi G. Benvenuti, M. Corti, O. Respighi e A. Toni). Intanto aveva ricevuto riconoscimenti ufficiali da accademie e da istituti di cultura in Europa e in America; in Italia fu membro della Commissione permanente per la musica al ministero della Pubblica Istruzione, mentre le sue opere venivano stampate dai principali editori italiani e stranieri.
Dopo la fine della guerra il B. aveva intensificato la sua attività concertistica, ma la malferma salute e le amarezze causategli da correnti contrarie, che lo giudicavano un "sorpassato" e di scarsi meriti quale compositore, lo indussero a lasciare nel 1922 il liceo romano. Nel 1924 accettò le iterate proposte di concerti a New York e a Filadelfia sugli ipertrofici organi degli "auditoriums" della ditta Wanamaker: partì alla metà di novembre dello stesso anno e, sia a New York sia a Filadelfia, dove partecipò al torneo organistico insieme con M. Dupré, Nadia Boulanger, Ch. Courboin e P. Christian, riportò grandi successi; a New York incise anche rulli per organo meccanico per la ditta Aeolian. Il 17 febbr. 1925 ripartì per l'Italia sul piroscafo "De Grasse"; pochi giorni dopo, il 20febbraio, vi moriva per emorragia cerebrale. A bordo si sospesero le feste di carnevale e a Le Havre, il 28 febbraio, la salma fu ricevuta con onoranze ufficiali del governo italiano; trasportata a Como, fu tumulata definitivamente nella tomba di famiglia il 25 ott. 1925.
Quantunque la fama del B. sia affidata, non giustamente, alla sua eccezionale capacità di organista e di compositore per organo, è opportuno operare una buona distinzione tra le composizioni per organo e tutte le altre, segnatamente quelle che riguardano il melodramma, il poema sinfonico, la cantata e il mistero. La mancanza di fortuna del B. compositore in Italia, mentre, le sue opere venivano invece rappresentate con successo, spesso grandissimo e sempre confortante, in Europa, specialmente in Germania e in America, testimonia il trapasso dall'opera verista alla musica strumentale, ma soprattutto come coincidenza storica e non stilistica. Il B. non ebbe alla base della formazione del suo carattere musicale la grande scuola o il grande docente capaci di operare profondamente nelle sue scelte. Fu lui stesso, assistito dalla sua intelligenza e anche da un'educazione ordinariamente scolastica, a cercare di risolvere i propri problemi di studente prima e d'insegnante, di rinnovatore militante, di compositore e di concertista poi, attratto fatalmente dalla ricchezza autorevole delle scuole straniere, ma attingendo più ai risultati esteriori che ai profondi motivi estetici, sociali, politici e del costume in genere. È caratteristico lo spirito di adattamento alle esigenze di complessità, di dottrina e di spettacolarità del gusto tedesco, al quale il B. ha sacrificato talvolta la discrezione e la misura che facevano parte del suo gusto naturale e della sua musicalità d'istinto. Si deve, tuttavia, riconoscergli il merito d'avere aperto alla cultura musicale italiana le porte della spesso diffidente, se non sprezzante, cultura europea.
Ben diversa fu l'autorità del B. come organista, intesa in quel senso integrale e affascinante d'improvvisatore, di compositore, di esecutore e di filologo. Nello sdegnoso giovanile rifiuto del diploma d'organo, nell'assunto di emulare e di superare le grandi scuole straniere, di cui studiava accuratamente la tecnica, nel rinnovamento attuato dal B. direttore e docente, sia nel metodo sia nella meccanica, si riconosce la indiscutibile forza di una personalità largamente espressiva, valorosa e non convenzionale. La tecnica dello strumento viene creata dalle basi, non rinnovata o modellata sulle altre, e l'esame delle sue composizioni per organo mostra sino a che punto sia stata superata l'umiliante condizione d'inferiorità: in pochi anni la scuola d'organo italiana, per esclusivo merito del B., divenne potente e brillante in senso moderno. Le stesse polemiche odierne sul rinnovamento dell'organo come strumento educatore del gusto sono vicine agli interessi e ai temi bossiani più di quanto non sappiano gli stessi polemizzatori, e non riguardano l'opera del B., ma quello che fu fatto male prima di lui e quello che non venne attuato dopo di lui. Infatti, a parte la rettifica di certe deformazioni strutturali, il B. s'impegnò per la creazione di una coscienza organistica, cioè dello sviluppo armonioso e spregiudicato della personalità del musicista, ponendo le radici dell'umanesimo organistico alle sorgenti stesse dell'organologia classica italiana, di cui fu conoscitore e critico.
Per l'elenco completo della copiosa e varia produzione del B. si rimanda a: M. E. B.,il compositore,l'organista,l'uomo, a cura di G. C. Paribeni, L. Orsini e E. Bontempelli, Milano 1934, pp. 294 ss., e a F. Mompellio, M. E. B., Milano 1952, pp. 215-253. Oltre a quelle citate, devono essere specialmente ricordate le seguenti composizioni sinfoniche: Suite,op. 126 per grande orchestra (1904), Intermezzi goldoniani,op. 127 (1905), Epousailles,op. 134 (1912);strumentali da camera: due Sonate per violino e pianoforte, in mi minore, op. 82 (1893), e in do maggiore, op. 117 (1899), due Trii per pianoforte,violino e violoncello, in re minore, op. 107 (1896), e op. 123 in re maggiore (1901); per pianoforte: Cinque pezzi da concerto,op. 137 (1914);vocali sacre: Messa in onore di S. Marco, a tre voci pari e organo, op. 61 (s.d.), Missa pro defunctis per coro misto (a quattro voci) e organo, op. 83 (1907), Missa pro Sponso et Sponsa,op. 110, per le nozze del principe di Napoli con Elena del Montenegro (Graduale, a quattro voci; Offertorio, a cinque voci e Communio, a sei voci con organo) e Tota pulchra, mottetto per coro misto a quattro voci e organo, op. 96 (1897);per organo: Etude symphonique,op. 78 (1897), Tre momenti francescani,op. 140 (1923), Meditazione in una cattedrale,op. 144 (1922, stampata nel 1928)e per organo e orchestra Concerto,op. 100, la prima opera veramente importante nella letteratura organistica italiana dell'epoca, eseguita dal B. il 6 dicembre del 1895alla Società del quartetto di Milano.
Suo figlio Rinaldo (Renzo) nacque a Como il 9 apr. 1883. Studiò pianoforte a Napoli, poi fu allievo del padre al liceo musicale di Venezia, dove si diplomò in composizione nel 1902. Successivamente frequentò al conservatorio di Lipsia i corsi di perfezionamento di J. Pembaur iunior (pianoforte), di P. J. M. Homeyer (organo) e di A. Nikisch (direzione d'orchestra), diplomandosi nel 1904. Dopo essere stato sostituto direttore al Teatro di Altenburg (1905-1906) e direttore dello Stadttheater di Lubecca (dove, nel 1907, diresse l'opera del B. Il viandante), ritorno in Italia e fu attivo come maestro concertatore e direttore d'orchestra, assai apprezzato nei principali teatri, dirigendo spesso opere sue e del padre (Torino, Teatro Vittorio Emanuele, 1914: Giovanna d'Arco). In seguito a concorso ministeriale, fu titolare delle cattedre di organo e di composizione al conservatorio di Parma dal 1913 al 1916; trasferito nel 1916 al conservatorio di Milano, dovette sospendere l'insegnamento, perché chiamato alle armi nella prima guerra mondiale (scrisse al fronte il Taccuino di guerra, inedito). Alla fine della guerra riprese il suo posto al conservatorio di Milano e dal 1922 al 1925 fu presidente dell'Associazione nazionale dei professori di musica. Critico musicale del quotidiano milanese L'Ambrosiano dal 1923 al 1930, collaborò con saggi e scritti vari di musica, fra l'altro al Primato, all'Enciclopedia italiana, all'Arte pianistica. Insegnante di canto corale al Collegio reale delle fanciulle di Milano dal 1927 al 1930, fu direttore stabile dell'Orchestra milanese dal 1929 al 1935. Diffuse largamente la musica italiana anche all'estero con numerosi cicli di concerti, insieme con il Quartetto bolognese, il Quartetto Polo e con i violinisti M. Corti, A. Poltronieri e R. Principe, ai violoncellisti G. Crepax e A. Ranzato. Nel 1953 lasciò per limiti d'età la cattedra di alta composizione al conservatorio di Milano con onorificenze varie (professore emerito, medaglia d'oro del presidente della Repubblica, ecc.); nel 1955 fu direttore interinale al conservatorio di Venezia.
Morì a Milano il 2 apr. 1965.
Numerosi musicisti sono stati suoi allievi, come A. La Rosa Parodi, B. Bettinelli, C. Vidusso, A. Esposito, R. Fait, S. Pintacuda, G. Marinuzzi iunior, L. Chailly e M. Nascimbene. Le sue composizioni, pubblicate presso varie case editrici italiane ed estere, comprendono trascrizioni di musica classica, musica da camera vocale, per organo e per orchestra (fra cui Pinocchio, premiato al concorso Scarlatti di Napoli, 1914, una Sinfonia, una Laude, gli Interludi per la Figlia di Jorio, ecc.), e opere di teatro (Volpino il calderaio, vincitore del concorso lirico nazionale del 1924 e rappresentato al Teatro Carcano di Milano lo stesso anno, I commedianti, vincitore del concorso Usiglio nel 1938, e le opere da concerto Nell'anno mille, quattro quadri di G. Pascoli e L. Orsini, Radio Italiana 1956, e La crociata degli innocenti, ibid. 1962).Un elenco completo delle sue composizioni è offerto da B. Bettinelli.
Fratello del B. fu Costante Adolfo, nato a Morbegno (Sondrio) il 25 dic. 1876, prendendo il nome del primogenito Adolfo, morto quindicenne nel 1875. Suo primo maestro nella musica fu il padre; proseguì gli studi a Reggio Emilia con G. Mattioli e li terminò al conservatorio di Milano con F. Guarnieri, L. Mapelli e V. Ferroni, diplomandosi nel 1898 in organo e nel 1901 in composizione. Dal 1898 al 1906 fu organista e maestro di cappella della basilica di S. Fedele a Como e dal 1907 al 1952 organista del duomo di Milano. Nel 1914 vinse il concorso per la cattedra di armonia principale e contrappunto al conservatorio milanese che tenne sino al 1941. Insegnò pure organo e composizione sacra alla scuola pontificia di musica sacra di Milano (1924-1929). Concertista noto in Italia e all'estero, compose molta musica per il teatro, per orchestra, per organo e per la chiesa, trascrivendo, inoltre, musiche di classici italiani (Rutini, Scarlatti, Corelli, Boccherini, ecc.), contribuendo così alla diffusione della cultura organistica antica. Morì a Milano il 4 genn. 1953.
Delle sue composizioni (di cui l'elenco completo si trova nel citato volume di Mompellio, 1952, pp. 266-269), si ricordano: Enoch Arden, opera lirica, composta nel 1910, segnalata nei concorsi Astruc di Parigi, Sonzogno di Milano e dell'Ars Italica di Roma; Ester, cantata biblica per soli, coro e orchestra (1904); Messa da requiem (1920), a quattro-otto voci, premiata con medaglia d'oro ed eseguita nel Pantheon di Roma in occasione delle cerimonie funebri celebrate in memoria del re Umberto I, e Dodici pezzi per organo, in due volumi, che furono pubblicati a Bruxelles nel 1910 e nel 1912.
Fonti eBibl.: Opere fondamentali per il B. sono: M. E. B., fascicolo commemorativo, a cura di L. Orsini, Milano 1926; M. E. B. Il compositore. L'organista. L'uomo, a cura di G. C. Paribeni, L. Orsini e M. Bontempelli, Milano 1934; F. Mompellio, M. E. B., Milano 1952 (con bibl. essenziale italiana e straniera). Vedi, inoltre, F. Abbiati, M. E. B. Trenta anni dopo, in Ricordiana, n.s., I (1955), n. 8, pp. 289-291; M. Mila, La vita della musica nell'Ottocento italiano, in Belfagor, XII (1957), n. 5, pp. 499 ss.; F. Mompellio, M. E. B.,compositore, in Acc.mus. chigiana. I grandi anniversari del 1960 e la musica sinfonica e da camera nell'Ottocento italiano, a cura di A. Damerini e G. Roncaglia, Siena 1960, pp. 119-131; A. Toni, M. E. B.,1861-1925, in La Scala. Riv. dell'Opera, marzo 1961, n. 136, pp. 22-26; P. Damilano, M. E. B. e la musica sacra, in Musica sacra, s. 2, VI (1961), n. 6, pp. 160-163; S. Martinotti, Profilo di M. E. B., in Musica d'oggi, n.s., V (1962), n. 3, pp. 98-103; A. Picchi, M. E. B. organista e compositore, Como 1966. Per Rinaldo (Renzo) vedi: Necrologio, in Corriere della Sera, 3 apr. 1965; R. B. Note biografiche, in Boll. bibl. mus., III (1928), n. 12, pp. 1-13; A. Lualdi, Rinnovamento musicale ital., Milano-Roma 1931, pp. 75, 85; A. Mompellio, M. E. B., Milano 1952, pp. 271-290; S. Pintacuda, R. B., Milano 1955; A. Cataldo, Un dramma musicale di Pascoli e R. B., in La Scala. Rivista dell'Opera, maggio 1956, n. 78, pp. 56-58; E. Scampini, Gli ottanta anni di R. B., in Palaestra, II (1963), nn. 4-5, pp. 260-264; B. Bettinelli, R. B., in Conservatorio di Musica G. Verdi di Milano. Annuario dell'anno acc. 1964-65, Milano 1965, pp. 241-246. Per Costante Adolfo vedi: Necrologio in Corriere della Sera, 6 genn. 1953; G. Re, A. B., in La fiamma (Milano), gennaio 1926; A. Lualdi, Rinnovamento musicale ital., Milano 1931, pp. 84 s.; F. Mompellio, M. E. B., Milano 1952, pp. 265-269.