Marco Fanno
Il contributo di Marco Fanno alla scienza economica risulta tanto più eminente quanto più lo si osserva a distanza di quasi un secolo dall’inizio, e di quasi mezzo secolo dalla fine, della sua attività scientifica. La crescente frammentazione di questa disciplina ha ristretto sempre più l’oggetto delle ricerche e il campo di specializzazione degli studiosi, al punto che oggi è impossibile incrociare un economista con un insieme di pubblicazioni tanto rilevanti nelle varie ramificazioni e metodologie della disciplina quanto quelle di Fanno. Senza mai mancare di profondità e originalità, questi studi spaziano dalla microeconomia alla macroeconomia, dalla teoria pura all’economia applicata, dalla moneta al credito, dai cicli allo sviluppo economico, dalla statica alla dinamica. Si tratta inoltre di studi che contribuiscono a fornire non solo nuovi modi di ragionamento o di interpretazione della realtà, ma anche critiche rivolte a modelli tramandati da studiosi precedenti o incorporate di fatto nei contributi di studiosi successivi.
Fanno nacque l’8 agosto 1878 a Conegliano Veneto (Treviso) da una famiglia di commercianti. Dopo avere frequentato la Scuola superiore di commercio di Venezia e avere ottenuto nel 1902 l’abilitazione all’insegnamento delle discipline economiche nelle scuole medie, ottenne nel 1904 la libera docenza in economia politica presso l’Università di Padova. Nel 1910 divenne professore di economia politica nell’Università di Sassari e quindi nelle Università di Cagliari, Messina e Parma. Nel 1920 fu infine chiamato dall’Università di Padova, nella facoltà di Giurisprudenza, dove insegnò prima scienza delle finanze e quindi economia politica, dal 1928 al 1953 (tranne il periodo fra il 1939 e il 1945, quando fu sospeso dall’insegnamento per motivi razziali, in quanto di famiglia ebraica, benché professasse la religione cristiana). Fu in seguito professore emerito presso questa facoltà fino al 1965, anno della sua morte (14 gennaio).
Fu socio della Royal economic society (dal 1897), socio corrispondente (dal 1930) e socio nazionale (dal 1932) dell’Accademia dei Lincei, socio effettivo dell’Accademia di scienze, lettere e arti di Padova (dal 1934), socio effettivo dell’Istituto veneto di scienze, lettere e arti di Venezia (dal 1945), socio corrispondente dell’Accademia delle scienze di Bologna (dal 1956), premio Marzotto per le scienze economiche (1952), medaglia d’oro dei benemeriti della scuola, della cultura e delle arti (1955), medaglia d’oro dei benemeriti della pubblica finanza (1961). Il dipartimento di Scienze economiche e aziendali, cui oggi fanno capo tutti i corsi di laurea dell’Università di Padova in materie economiche, è intitolato al suo nome.
I primi lavori scientifici di Fanno (1902, 1905, 1906) sono centrati sul fenomeno della colonizzazione. Questo argomento riappare più tardi nel saggio Le tendenze dell’economia mondiale e il neo-protezionismo dell’Inghilterra (1935) ed è infine ripreso e portato a un ultimo perfezionamento nel libro La teoria economica della colonizzazione (1952). La dedica di questo libro ad Achille Loria, «dalle cui opere magistrali questi saggi di economia coloniale ebbero origine», conferma l’influsso che Loria ebbe sull’oggetto dei primi studi di Fanno.
Confrontando questi studi uno con l’altro, e in particolare quelli iniziali con lo studio finale del 1952, si rileva la presenza crescente di un metodo che troverà espressione massima nel titolo stesso dello studio ultimo e, più in generale, in tutte le opere successive di Fanno. Nel caso degli studi sulla colonizzazione, questo metodo è consistito, a differenza dell’«indirizzo storico o descrittivo o con intenti polemici» adottato dai più (La teoria economica, cit., p. 12), prima nella ricerca delle cause generali del processo per cui i Paesi più avanzati si sono trasformati in Paesi colonizzatori, e quindi nella ricostruzione dei principi con cui l’economia politica fissa l’origine delle relazioni economiche internazionali al netto dei rapporti politici o di potenza fra Stati sovrani. Così, mentre nella prima fase Fanno si concentra per lo più sul nesso fra squilibri interni ai Paesi colonizzatori e processo di colonizzazione secondo lo schema per cui «dal male non tarda a scaturire il rimedio» (p. 96), nella seconda fase egli passa a un’interpretazione della colonizzazione per cui questa «appare nulla più che un caso particolare di una legge generale». Tale legge rinvia al principio classico dei costi comparati, da Fanno ricostruito con l’aggiunta di alcune precisazioni ed estensioni. L’aggiunta non è di poco conto, e costituisce anzi la piattaforma su cui egli elabora la sua ‘teoria’ della colonizzazione.
Questa piattaforma si articola nella distinzione fra teoria statica e teoria dinamica del commercio internazionale. Dopo avere aggiustato la prima teoria nel senso che il principio dei costi comparati, inizialmente proposto da David Ricardo sotto l’ipotesi dell’intrasferibilità assoluta dei fattori da un Paese all’altro, è riproposto sotto l’ipotesi dell’intrasferibilità relativa (per cui è sufficiente che il grado di mobilità dei fattori sia inferiore a quello dei loro prodotti), Fanno sviluppa la seconda teoria nel senso di individuare le forze che alterano nel tempo i costi comparati rintracciabili al suo inizio. Queste forze si manifestano nella variazione delle differenze fra le condizioni naturali e quelle economico-demografiche dei vari Paesi. Le variazioni di queste ultime, molto più intense e decisive delle prime, sono promosse dalle variazioni delle popolazioni e dei risparmi (accumulazione del capitale) che alterano nei vari Paesi sia i prezzi relativi dei fattori sia i costi comparati dei prodotti. La differenziazione di questi ultimi nei due gruppi dei prodotti industriali e dei prodotti agricoli costituisce una prima tappa della ‘trama’ concettuale elaborata da Fanno per capire l’origine e la dinamica del fenomeno della colonizzazione.
L’importanza di questa trama appare, a distanza di oltre mezzo secolo da quando fu proposta, tanto più rilevante quanto più essa può essere riutilizzata per oltrepassare gli orizzonti storici del fenomeno della colonizzazione in atto fino ai tempi di Fanno e per penetrare, con gli adattamenti del caso, negli orizzonti caratteristici dei tempi successivi. Da quando Fanno pubblicò il suo libro nel 1952, questi orizzonti si sono allargati a dismisura. Innanzitutto perché, a forza di trasformazioni ripetute nelle forze sopra descritte, i prodotti industriali sono ormai ottenuti in qualunque Paese ed esportati in qualunque altro. Ma anche perché, terminata da tempo la fase stessa della decolonizzazione, la struttura dell’economia mondiale ha subito cambiamenti ulteriori, non solo nella direzione delle specializzazioni produttive e degli interscambi di beni e servizi fra un numero elevato di Paesi sovrani (rispetto ai pochi esistenti o dominanti fino ai tempi di Fanno), ma anche nella direzione della crescente mobilità dei capitali dall’uno all’altro di questi stessi Paesi.
Il metodo per cui Fanno discende dal principio dei costi comparati ricostruito in una prospettiva dinamica al processo storico della colonizzazione, si ripresenta in un contesto più astratto quando egli riparte dai principi della teoria neoclassica della domanda e dell’offerta per ricostruire, in una prospettiva statica o di statica comparata, le relazioni tra prezzi che si formano all’interno di vari gruppi dei beni – intesi prima come beni offerti a costi congiunti e quindi come beni succedanei – oppure tra i prezzi dei beni di un gruppo e i prezzi dei beni di un altro. Le relazioni tra i prezzi dei beni intesi nel primo senso sono affrontate innanzitutto nel saggio Contributo alla teoria dell’offerta a costi congiunti (1914), mentre quelle del secondo senso lo sono soprattutto nel saggio Contributo alla teoria economica dei beni succedanei (1926).
In questi saggi (nonché in altri simili pubblicati negli anni successivi) precipita quello che Tullio Bagiotti (in Studi in onore di Marco Fanno, 1966) ha chiamato il «curriculo neoclassico» di Fanno. La visione d’insieme che ne consegue è annunciata nel saggio del 1914, in cui Fanno indica le tappe o approssimazioni successive programmate per gli studi ulteriori. Così l’offerta a costi congiunti è studiata nel primo saggio secondo una suddivisione dell’analisi che riappare nel saggio sui beni succedanei del 1926; cioè, in relazione alle condizioni prima di un mercato chiuso e quindi di mercati comunicanti (aperti); e inoltre, in relazione a un regime prima di libera concorrenza e quindi di monopolio; e infine in relazione agli effetti dei perturbamenti indotti da misure di politica economica quali l’introduzione di un’imposta o di un premio alla produzione ovvero di dazi all’importazione o di premi all’esportazione.
A parte il ruolo svolto da Maffeo Pantaleoni (alla cui memoria è dedicato il saggio del 1926) nel suggerire questi temi, gli schemi concettuali da cui Fanno parte sono quelli proposti innanzitutto da Alfred Marshall, ma anche da Marie-Esprit-Léon Walras e da Vilfredo Pareto.
Gli schemi che egli propone sono però diversi. Dopo avere ammesso che questi autori avevano portato la teoria dei prezzi dalla «formulazione rigorosa degli equilibri parziali» alla concezione dell’equilibrio generale quale «ultima tappa del suo cammino» (Contributo alla teoria dell’offerta, cit., pp. 5-6), Fanno sviluppa l’analisi nella direzione delle complicazioni sollevate dalle differenze fra gruppi diversi di beni in contesti e casi differenti. È di queste complicazioni che trattano i saggi in questione.
Eppure, come nota Joseph A. Schumpeter (1954, pp. 994-96 e nota 12), il successo con cui Fanno affronta queste complicazioni è dipeso dalla sua capacità di integrare, piuttosto che di separare, il metodo proposto nel libro V dei Principles of economics (1890, 19072) di Marshall con il metodo dell’equilibrio generale. Il che è come dire che il successo di Fanno è dovuto al suo tentativo di spingere l’analisi verso il livello superiore al quale, ancora secondo Schumpeter (pp. 996-97), avrebbe dovuto portare lo stesso Marshall.
L’elogio di Schumpeter conferma comunque l’importanza riconosciuta a questi saggi di Fanno sia da parte di Francis Y. Edgeworth (1915) sia da parte di Henry Schultz (1933). Ed è a sua volta implicito negli elementi di continuità intravisti più recentemente da Lionello F. Punzo e Michio Morishima (1999) con i successivi contributi di Johann L. (John) von Neumann e Piero Sraffa. Mentre la differenza fra il concetto (usato da Fanno nel senso di «supply at joint cost» di Arthur C. Pigou) di offerta tecnologicamente» congiunta (tipo grano e paglia) e il concetto (respinto da Fanno nel senso di «supply at shared cost» di Frank W. Taussig) di offerta «economicamente» congiunta (tipo beni diversi producibili con lo stesso impianto) è chiarita da Edgeworth, la differenza fra il concetto di «offerta a costi congiunti» (come diversamente intesa da Fanno-Pigou e da Taussig) e il concetto di «produzione congiunta» (come diversamente intesa da von Neumann e Sraffa) è stata affrontata da Punzo e Morishima. Questa seconda differenza aiuta a capire che, mentre il primo concetto rappresenta un fenomeno della produzione, il secondo esprime solo un metodo di analisi.
Il collegamento fra teoria e realtà, così presente nel metodo con cui Fanno sviluppa anche la teoria dei prezzi, ritorna con maggiore intensità nei suoi contributi alla teoria della moneta. Tralasciando numerosi studi minori, fra cui quello in cui Fanno (Il punto critico della deflazione, 1933) argomenta come da un certo punto in poi inflazione e deflazione danneggino tutti e non solo i creditori o i debitori, questi contributi iniziano con la pubblicazione del saggio Le banche e il mercato monetario (1912), subito ripreso nell’articolo La teoria del mercato monetario (1913), continuano in una versione aggiornata e riscritta con il titolo Die reine Theorie des Geldmarktes (1933) per la raccolta di saggi Beiträge zur Geldtheorie (1933) curata da Friedrich A. von Hayek, e infine toccano un massimo nel volume Teoria del credito e della circolazione (1992), pubblicato postumo per iniziativa di Riccardo Realfonzo e Augusto Graziani. Questo volume si compone di due parti, di cui la prima riproduce quello che doveva essere il testo italiano del saggio pubblicato nella raccolta del 1933, mentre la seconda fornisce, attraverso una serie nutrita di dati e tabelle, la verifica statistica delle indagini precedenti.
Come i saggi dedicati alla teoria dei prezzi, anche i contributi di Fanno alla teoria della moneta hanno come punto di partenza un autore che egli scopre prima di quanto faranno altri nei decenni successivi, nonché alcune nuove idee che poi egli sviluppa con un’originalità sua propria. In questo caso, l’autore è Knut Wicksell, mentre le nuove idee riguardano il mercato monetario, il ruolo delle banche, il differenziale (mutevole) fra interesse ‘monetario’ e interesse ‘naturale’ e il risparmio forzoso nel promuovere le fluttuazioni o nell’accompagnarsi a esse.
Esiste però un punto in cui Fanno si allontana da Wicksell già nel saggio del 1912. Questo punto riguarda la necessità di considerare il mercato monetario non solo, come fa Wicksell, dal lato della domanda di prestiti, ma anche dal lato della loro offerta. Tale diversa impostazione è resa evidente nel saggio del 1933, i cui capitoli centrali sono dedicati in successione alla Domanda di prestiti bancari, all’Offerta di prestiti bancari e alle Leggi del mercato monetario. La rilevanza di questo diverso approccio è spiegata da Fanno nel senso che l’offerta di prestiti, lungi dal dipendere dalle variazioni della loro domanda (come suggerito da Wicksell), è invece sottoposta a limiti indipendenti da queste ultime. Una delle differenze fra il saggio del 1912 e quello del 1933 è che, mentre nel primo questi limiti erano argomentati sulla base dei costi crescenti cui le banche ordinarie e di emissione sono sottoposte quando, in un sistema a moneta legale con obbligo di riserva, esse dilatano l’offerta di prestiti, nel saggio del 1933 gli stessi limiti sono argomentati sulla base delle politiche del credito che le stesse banche adottano a fronte del rischio crescente di drenaggio «interno ed esterno» delle loro riserve (Teoria del credito, cit., cap. III, § 5).
Mentre si muoveva nel solco di Wicksell con l’obiettivo di giungere a conclusioni diverse, Fanno viene coinvolto nel più grande conflitto della seconda metà del secolo scorso: quello fra von Hayek e John M. Keynes, due economisti che a loro volta provenivano, con i ritardi e le diversità del caso, da quel comune punto di partenza. Egli inoltre vi finisce coinvolto come un ‘esterno’ rispetto alla «schiera compatta, autorevole e dominante» (Realfonzo, Graziani 1992) dei grandi teorici di quegli anni che credevano nell’instabilità senza limiti, piuttosto che nella stabilità entro certi limiti, del mercato monetario.
Le oscillazioni di Fanno all’interno di questi conflitti sono giustificate dalle diversità, ora esplicite e ora implicite, delle ipotesi di partenza nei ragionamenti di quei teorici – e dai cambiamenti di queste stesse ipotesi da una pubblicazione all’altra. Così George L.S. Shackle (1967), l’autore che ha dedicato all’‘alta teoria’ degli anni Trenta un libro in cui non nomina quasi mai i contributi di von Hayek, vi ignora del tutto quelli di Fanno (come d’altronde aveva fatto Keynes, nonostante una critica specifica di Fanno in Cicli di produzione, cicli del credito e fluttuazioni industriali, 1931, p. 364 nota 3). Se il primo silenzio è incomprensibile, il secondo può trovare una qualche giustificazione nel fatto che il saggio del 1912 era stato pubblicato solo in italiano (ed era introvabile già negli anni Trenta), mentre quello del 1933 fu a quell’epoca pubblicato solo in tedesco.
La distinzione fra mercati chiusi e mercati comunicanti, già usata da Fanno negli studi sulla teoria dei prezzi, ritorna nel saggio del 1933, dove le «leggi del mercato monetario» sono trattate prima nel caso di un mercato chiuso e quindi nel caso di mercati aperti. Questo saggio si conclude con un rinvio a temi che saranno affrontati in due insiemi di studi ulteriori. Mentre il primo insieme affronta i presupposti e le conseguenze di alcune questioni di fatto, il secondo prolunga le argomentazioni sviluppate negli studi di teoria del mercato monetario nella direzione delle fluttuazioni del reddito. Il primo insieme culmina nel volume I trasferimenti anormali dei capitali e le crisi (1935) mentre il secondo si articola negli articoli Cicli di produzione, cicli del credito e fluttuazioni industriali (1931) e Irrtümer in der Zeit als Ursachen wirtschaftlicher Schwankungen (1933) per concludersi più tardi nel volume della maturità La teoria delle fluttuazioni economiche (1947, 19562).
Mentre il volume del 1935 estende gli studi sul funzionamento dei mercati monetari all’analisi dell’oggetto, dei limiti e delle ripercussioni da un Paese all’altro dei movimenti normali (indotti dalla differenza fra i tassi d’interesse depurati dal premio per il rischio) e anormali dei capitali monetari (indotti da vincoli istituzionali o da mutamenti improvvisi nella psicologia dei risparmiatori e degli imprenditori), i due articoli e il volume finale estendono quegli stessi studi al nesso fra perturbazioni monetarie e perturbazioni reali in una teoria compiuta, in precedenza solo accennata, delle fluttuazioni economiche. Mentre passa dall’articolo del 1931 a quello del 1933 e poi ancora da questi articoli alla prima (1947) e alla seconda (1956) edizione del suo ultimo volume, Fanno sposta l’accento dall’interazione fra ‘cicli produttivi’ e ‘cicli del credito’ al ruolo svolto dai primi – e in particolare dai ‘metodi di produzione che consumano tempo’ – nella genesi e nello sviluppo delle fluttuazioni; e poi sposta di nuovo l’accento, in sintonia con l’evoluzione della letteratura di quegli anni, dal contesto delle economie stazionarie prevalente negli studi della prima fase a quello delle economie progressive prevalente negli studi dell’ultima.
Esiste però un comune filo conduttore che scorre sia dall’una all’altra di queste pubblicazioni, sia all’interno di ognuna di esse. Questo filo si manifesta nel concetto evidenziato nel titolo dell’articolo del 1933 con l’espressione «errori nel tempo» (Irrtümer in der Zeit). Questo concetto era già stato utilizzato nell’articolo del 1931 per spiegare come una brusca rottura dell’uguaglianza fra risparmio e investimento dovuta a un aumento improvviso del risparmio (o ad altri tipi di shock) impedisca ai produttori impegnati in ‘cicli produttivi’ di lunga e diversa durata (anche a causa della diversità dei soggetti che travasano il risparmio o creano moneta attraverso il credito) di avviare ‘con l’anticipo e nella misura dovuti’ gli aggiustamenti delle rispettive produzioni (beni strumentali e beni di consumo). Da cui l’origine delle crisi.
Ma che l’articolo del 1933 sia l’epicentro degli studi di Fanno sulle fluttuazioni, lo dimostra comunque, a un livello più profondo di quello espresso dal titolo, la gravitazione di questo articolo verso i ‘metodi di produzione che consumano tempo’ (da cui partiva von Hayek) piuttosto che verso i ‘cicli del credito’ (che rinviano a Wicksell); e lo dimostra comunque, a un piano ancora più profondo notato da Graziani (1993, pp. 396-97), la doppia condizione (che Fanno condivide con von Hayek fin dall’articolo del 1931) dell’equilibrio macroeconomico, ovvero la condizione di flusso (risparmio = investimento) e la condizione di stock (stock esistente = stock desiderato). Ma, oltrepassando anche questo stadio e adottando la distinzione fra previsioni, aspettative e piani, si può finire per scorgere di nuovo, alla radice più profonda del pensiero di Fanno, la presenza dell’idea, sviluppata in seguito da von Hayek (1937), del miscoordinamento intertemporale dei piani (Arena 1998; Meacci, Caldari 2007) e quindi anche la presenza dell’idea, sviluppata da Hicks (1933), di delusione delle aspettative. Questa espressione segnala un influsso di Fanno su Hicks, che questi prima riconosce (in una nota finale del suo articolo del 1933) ma di cui poi cancella la memoria (quando nel 1980 pubblicherà la traduzione inglese di quell’articolo; Graziani 1993, p. 394). A distanza di decenni dai primi saggi di Fanno sulle fluttuazioni e le crisi, si può così concludere che il concetto di ‘errori nel tempo’, riformulato in seguito come ‘miscoordinamento intertemporale dei piani’ o come ‘delusione delle aspettative’, è tanto presente nell’‘alta teoria’ degli anni Trenta quanto poi risulterà assente o negato nella teoria dominante dei decenni successivi (Meacci 2012).
Le banche e il sistema monetario, Roma 1912 (trad. ingl. parz. The money market, New York 1995).
La teoria del mercato monetario, «Giornale degli economisti e rivista di statistica», s. III, 1913, 46, pp. 225-49; rist. in M. Fanno, Scritti vari di economia e finanza, Padova 1954, pp. 183-205.
Contributo alla teoria dell’offerta a costi congiunti, Roma 1914; pubbl. anche in «Giornale degli economisti e rivista di statistica», s. III, 1914, 49, pp. 1-42; rist. in M. Fanno, Scritti vari di economia e finanza, Padova 1954, pp. 83-133 (trad. ingl. A contribution to the theory of supply at joint cost, London 1999).
Contributo alla teoria economica dei beni succedanei, Milano 1926; pubbl. anche in «Annali di economia», 1926, 2, pp. 331-471.
Cicli di produzione, cicli del credito e fluttuazioni industriali, «Giornale degli economisti e rivista di statistica», s. IV, 1931, 71, pp. 329-70 (trad. ingl. in «Structural change and economic dynamics», 1993, 4, pp. 403-37; rist. in Business cycle theory. Selected texts, 1860-1939, ed. H. Hagemann, 2° vol., Structural theories of the business cycle, London 2002, pp. 225-62).
Il punto critico della deflazione, in Economic essays in honour of Gustav Cassel, October 20th, 1933, London 1933, 1967, pp. 159-69; rist. in M. Fanno, Scritti vari di economia e finanza, Padova 1954, pp. 253-64.
Die reine Theorie des Geldmarktes, in Beiträge zur Geldtheorie, hrsg. F.A. von Hayek, Wien 1933, pp. 1-113 (trad. it. La teoria pura del mercato monetario, in M. Fanno, Teoria del credito e della circolazione, a cura di R. Realfonzo, A. Graziani, Napoli 1992, pp. 3-121).
Irrtümer in der Zeit als Ursachen wirtschaftlicher Schwankungen, «Zeitschrift für Nationalökonomie», 1933, 4, pp. 25-51 (trad. ingl. in app. a F. Meacci, K. Caldari, Errors in time as causes of economic fluctuations: an introduction, «Il pensiero economico italiano», 2007, 1, pp. 147-63).
I trasferimenti anormali dei capitali e le crisi, Torino 1935, 1992.
La teoria delle fluttuazioni economiche, Torino 1947, 19562.
La teoria economica della colonizzazione, Torino 1952.
Scritti vari di economia e finanza, Padova 1954.
Teoria del credito e della circolazione, a cura di R. Realfonzo, A. Graziani, Napoli 1992.
F.Y. Edgeworth, Recent contributions to mathematical economics, «The economic journal», 1915, 25, pp. 36-63, 189-203.
J. Hicks, Gleichgewicht und Konjunktur, «Zeitschrift für Nationalökonomie», 1933, 4, pp. 441-55 (trad. ingl. Equilibrium and the trade cycle, «Economic inquiry», 1980, 4, pp. 532-34; rist. in J. Hicks, Collected essays on economic theory, 2° vol., Money, interest, and wages, Oxford 1986, pp. 28-41).
H. Schultz, Interrelations of demand, «The journal of political economy», 1933, 4, pp. 468-512.
Beiträge zur Geldtheorie, hrsg. F.A. von Hayek, Wien 1933.
F.A. von Hayek, Economics and knowledge, «Economica», 1937, 4, pp. 33-54.
J.A. Schumpeter, History of economic analysis, ed. E. Body Schumpeter, New York-London 1954 (trad. it., 3 voll., Torino 1990).
Studi in onore di Marco Fanno, coord. T. Bagiotti, 2 voll., Padova 1966 (in partic. T. Bagiotti, Marco Fanno: un curricolo neoclassico, 1° vol., pp. VII-XLVII).
G.L.S. Shackle, The years of high theory. Invention and tradition in economic thought, 1926-1939, Cambridge 1967.
Saggi di economia nell’attualità di Marco Fanno, Atti delle giornate di studio sull’attualità del pensiero di Marco Fanno, 11-13 maggio 1981, a cura di M. Manfredini Gasparetto, Padova 1982.
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Marco Fanno. L’uomo e l’economista, a cura di M. Manfredini Gasparetto, Padova 1992.
A. Graziani, M. Fanno’s “Production cycles, credit cycles, and industrial fluctuations”: an introduction, «Structural change and economic dynamics», 1993, 2, pp. 303- 402.
Il magistero scientifico di Marco Fanno tra passato e futuro, Convegno per il trentennale della scomparsa di Marco Fanno, 14 gennaio 1995, a cura di D. Cantarelli, Padova 1995.
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Business cycle theory. Selected texts, 1860-1939, ed. H. Hagemann, 4 voll., London 2002.
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