GALLIO, Marco
Nacque a Como nel 1619, figlio di Francesco, duca d'Alvito, e di Giustina Borromeo. Membro della famiglia illustrata dal cardinale segretario di Stato Tolomeo Gallio, fu mandato presto a Roma per intraprendere la carriera ecclesiastica.
Laureatosi in utroque iure nel 1644, il G. fu referendario delle due Segnature fino al 1647, quando fu promosso protonotario. Dopodiché giunse alla segreteria della congregazione dei Riti dalla quale, volendo ritardare la sua ordinazione sacerdotale, passò all'amministrazione civile. Nel 1648 ottenne il governo di Ascoli Piceno, dove solo grazie alla protezione del cardinale segretario di Stato G. Panciroli, poté tener testa al vescovo della città, il cardinale Giulio Gabrielli, che si occupava - a danno delle giurisdizioni cittadine - del trasporto del grano. Impegnato nelle continue operazioni per contrastare il banditismo alla frontiera col Regno di Napoli e i saccheggi operati dalle stesse milizie napoletane che, col pretesto d'inseguire i banditi, attraversavano spesso il Tronto, nel 1650 chiese di essere trasferito. Nominato governatore di Ancona e delle Marche, si fece notare per l'accortezza nel commercio dei grani, che egli sapeva reperire a prezzi vantaggiosi sui mercati esteri. Approssimandosi ai quaranta anni, comprese che il suo stato gli precludeva più alte dignità e decise di prendere i voti. Il 13 giugno 1659 ottenne da Alessandro VII la nomina a vescovo di Rimini, accompagnata dalla dispensa per la mancanza dell'età prescritta dai canoni, e tre mesi dopo quella di nunzio a Colonia, dove quella carica era stata ricoperta dal papa regnante, Fabio Chigi.
Trascorse il periodo tra le due nomine nella sua diocesi, informandosi sullo stato della città e accordandosi con l'ex vescovo di Sant'Angelo in Vado e Urbania Onorato Onorati affinché lo rappresentasse nelle dovute visite pastorali, portate poi a termine effettivamente, nel 1660 e 1666, a nome del nunzio. Giunto a Colonia il 29 nov. 1659, nella corrispondenza ordinaria con la segreteria di Stato il nuovo nunzio riferiva sull'andamento della guerra della Svezia contro l'Impero, il Brandeburgo e la Polonia, che fu conclusa con la pace di Oliva (3 maggio 1660), sull'evoluzione della situazione inglese e l'entrata a Londra di Carlo Stuart, sui violenti dissidi tra il vescovo di Münster C.B. von Galen e la sua città, su Cristina di Svezia e sulle operazioni di F.E. von Fürstenberg, decano del duomo, vescovo di Metz e consigliere del principe elettore di Colonia Massimiliano Enrico di Baviera.
Fürstenberg era da tempo in contatto con gli agenti di Luigi XIV e ne agevolava le mire sul Reno, in cambio del sostegno francese alla propria carriera: l'allentamento dei legami tra il clero tedesco e la S. Sede, con l'illusione dell'autonomia da Roma, avrebbero potuto avvicinare i vescovi tedeschi alle posizioni gallicane e quindi alla Francia. In una relazione del marzo 1661 il G. spiegò i piani del Fürstenberg, sottolineando come il pericolo più grave per la Curia fosse la perdita del controllo sulle nomine dei vescovi in Germania. Sarebbero occorse opportune contromisure, giacché era impossibile agire politicamente nei confronti del principe Massimiliano Enrico, di per sé devoto alla Chiesa ma succube del suo consigliere. Alessandro VII, sulla base di queste informazioni, decise di misurarsi col Fürstenberg a partire dalla questione dei benefici ecclesiastici. Questa funzione infatti, pur spettando al principe elettore, veniva svolta concretamente dal Fürstenberg, che se ne serviva per procurarsi clientele; il papa, allora, impose il concorso del nunzio alle nomine. Irritato, il Fürstenberg reagì persuadendo il principe elettore ad allearsi con i gallicani e a farsi banditore di un concilio nazionale tedesco. La proposta trovò alcune adesioni in campo ecclesiastico, la più importante delle quali venne dall'arcivescovo di Magonza G.F. von Schönborn, ma l'imperatore Leopoldo I la respinse e lo stesso Luigi XIV non gradì la pubblica rivelazione delle sue strategie, anzi, si dichiarò scettico sulla possibilità di unire tra loro interessi troppo diversi. Il Fürstenberg, tuttavia, perseverò nel suo piano, convinto di potere, a lungo andare, spaventare Roma, agitando la prospettiva di uno scisma. Nel 1661 il G. seppe del progetto di unione con i protestanti, redatto dallo Schönborn e appoggiato, si diceva, dai vescovi di Colonia e Treviri e dai governi della Francia e della Spagna.
Il piano, molto semplicistico, contemplava l'indizione di un sinodo di 24 persone di entrambe le confessioni, che avrebbe dovuto sancire l'unione, approvando la messa in lingua tedesca, la comunione sotto le due specie, l'abolizione del celibato per i sacerdoti e della confessione auricolare. La S. Sede non dette molto credito a queste notizie e respinse ogni compromesso sul terreno dottrinale. Successivamente, l'attività del G. fu ancor più determinata dagli avvenimenti francesi: l'occupazione di Avignone - la cui restituzione fu condizionata al ritorno di Castro ai Farnese, secondo il primo articolo del trattato di Pisa (12 febbr. 1664) - lo obbligò a intensificare i contatti con i principi tedeschi, che gli rimproveravano la mancanza dei consueti sussidi della S. Sede, necessari perché non venisse meno l'appoggio al papa e per promuovere una loro mediazione. Intanto il Fürstenberg, con cui il G. mantenne rapporti formalmente corretti, nel 1663 era divenuto, grazie a Luigi XIV, vescovo di Strasburgo.
Il G. conservò la nunziatura di Colonia fino al luglio 1666, subentrandogli Agostino Franciotti. Tornato a Roma, fu, il 27 agosto, nominato vicegerente della diocesi romana e consultore del S. Uffizio, mantenendo le prerogative di vescovo di Rimini.
Il 19 febbr. 1668 il G. ebbe da Clemente IX la nuova importante nunziatura di Napoli, che però gli fu meno gradita della precedente. Oltre agli abusi del diritto d'asilo e all'abolizione delle decime imposte da Alessandro VII, egli si trovò di nuovo coinvolto - come era accaduto ad Ascoli - nella repressione del banditismo di confine. Una scorreria di duecento napoletani, avvenuta con gravi danni il 10 marzo 1670, e il conseguente bando vicereale che vietava agli ascolani, tacciati di complicità con i banditi, il trasporto dei loro beni dall'Abruzzo, lo costrinsero a trattative per le quali non provava interesse. Il 10 genn. 1671, proprio quando finalmente il G. era riuscito a ottenere la destituzione del preside d'Abruzzo G. Zuñiga, accusato di essere l'organizzatore dell'incursione, il cardinal nepote Paluzzo Altieri lo sostituì col vescovo di Foligno Marcantonio Vicentini. Il 14 febbraio il G. ritornò nella sua diocesi riminese, dalla quale mancava da quasi dodici anni.
Gli inizi del ministero episcopale non furono semplici. Durante il terremoto di Rimini, nel 1672, il G. venne preso dal panico e il legato di Romagna G. Gabrielli, lo stesso con cui si era già scontrato ad Ascoli nel 1649, biasimò apertamente il suo comportamento. In seguito, comunque, poté dare migliore impressione di sé. Il 20 ag. 1674 riaprì al culto la cattedrale, restaurata, e vi celebrò il sinodo diocesano. Nel 1677 fece la visita pastorale, che volle ripetere nel 1681.
In quello stesso anno, Innocenzo XI lo incluse nella sua prima promozione cardinalizia, il 1° settembre, con il titolo di S. Pietro in Montorio. Appena ne ebbe notizia, il Consiglio di Rimini lo elesse protettore della città.
In Lombardia il G. aveva acquistato la casa un tempo abitata da Paolo Giovio, ristrutturandola e facendola affrescare da I. Bianchi. Inoltre, aveva istituito dieci mansionari nel duomo di Como e speso circa 140 lire per la costruzione della cappella della Madonna, opera di F. Pozzo. A Roma, il G. si stabilì in un appartamento del palazzo De Bonellis, in piazza XII Apostoli. Nel 1683, certo che Innocenzo XI gli avrebbe affidato la legazione di Bologna, si preparava a questo incarico quando, a pochi giorni dalla firma del breve di nomina, si ammalò gravemente. Morì il 24 luglio, nella sua residenza, per apoplessia. Il 26, nella chiesa di S. Maria della Scala, fu deposto, come egli stesso aveva chiesto, in una tomba priva di ornamenti e con la sola iscrizione "Il Cardinale Gallio". Alla congregazione di Propaganda Fide, per testamento, andarono tutti i suoi beni.
Fonti e Bibl.: Arch. segr. Vaticano, Segreteria di Stato, Colonia, voll. 31, cc. 297-336; 32, cc. 5-583; 33, cc. 6-607; 34, cc. 5-167; 35, cc. 6-607; 36, cc. 4-403; 37, cc. 2-451; 38, cc. 2-483; 39, cc. 4-400; 217, cc. 5-191; 218, cc. 2-97; 219, cc. 2-193; Ibid., Napoli, voll. 70, cc. 2-556; 71, cc. 4-686; 72, cc. 4-862; 73, cc. 4-703; 75, cc. 4-431; 337, cc. 3-94; Ibid., Romagna, vol. 13, cc. 29-38; Ibid., Lettere di vescovi, voll. 24, cc. 302-304, 342-352; 31, cc. 27-29, 95-97, 137-147, 163-168, 211, 248, 287 ss., 326 ss., 417 ss., 424, 469, 475-493, 511, 525, 528, 545 ss., 552 ss., 558, 570 ss., 579, 587 ss., 610-613, 623-625; 32, cc. 36-38, 58, 65 ss., 82 ss., 215, 250, 281, 305, 364-366, 374, 388 ss., 397, 400-402, 406 ss., 433 ss., 445, 448 ss., 470; Bibl. apostol. Vaticana, Mss. Chigiani, E. II 32, cc. 1-108; C. III 76, cc. 125, 257-259; F. Palazzi, Fasti cardinalium omnium, IV, Venetiis 1703, coll. 488 ss.; F. Marcucci, Saggio delle cose ascolane, Teramo 1766, p. 435; L. Cardella, Memorie storiche de' cardinali della S. R. Chiesa, VII, Roma 1793, pp. 251 ss.; L. Nardi, Cronotassi dei pastori della S. Chiesa riminese, Rimini 1813, pp. 307 ss.; G. Cappelletti, Le Chiese d'Italia, II, Venezia 1845, pp. 425 ss.; La nunziatura a Colonia di F. Buonvisi, I, a cura di F. Diaz, Roma 1959, pp. 84, 101; L. von Pastor, Storia dei papi, XIV, 1, Roma 1961, p. 411; XIV, 2, ibid. 1962, p. 303; Inventaire analytique des documents relatifs à l'histoire du diocèse de Liège sous le régime des nonces de Cologne: M. G. (1659-1666), a cura di P. Derkenne - Ph. Gemis, Bruxelles-Rome 1995; R. Aubert, sub voce, in Dict. d'hist. et de géogr. ecclés., XIX, Paris 1981, col. 857; G. Moroni, Dizionario di erudizione stor.-ecclesiastica, XXIII, p. 122; L. Karttunen, Les nonciatures apostoliques permanents de 1650 à 1800, Genève 1912, pp. 14, 21, 245; P. Gauchat, Hierarchia catholica, IV, Monasterii 1935, p. 95; R. Ritzler - P. Sefrin, Idem,V, Patavii 1952, p. 11; Legati e governatori dello Stato pontificio (1550-1809), a cura di C. Weber, Roma 1994, pp. 116, 124, 289, 332, 686.