VIDA, Marco Girolamo (Marcantonio). – Nacque a Cremona intorno al 1485 da Gelelmo (Guglielmo)
e da Leona Oscasala.
Sulla sua vita sappiamo praticamente quanto egli avrebbe voluto: in una sua lettera del 1540 dissuase infatti Bartolomeo Botta dal chiedergli scritti privati che avrebbero potuto essere usati per scrivere una sua biografia: «Te tamen, Botta, rogo, ne a nobis vitae nostrae aut rerum nostrarum, si quae sunt, commentarios exspectes ullos, quibus edoctus, possis in operis initio auctoris vitam de more contexere» (Poemata omnia, 1731, II, pp. 129 s.). Ricevette un’educazione umanistica, prima a Cremona presso Niccolò Lucari, discepolo di Vittorino da Feltre, e poi a Montava, dove scrisse, sotto il nome di Marcantonio, le sue prime poesie in onore di Serafino Aquilano (Cimminelli), personaggio legato alla corte della marchesa di Mantova Isabella d’Este, morto nel 1500. Si trattava di due epigrammi e di un carme (Oratio Iovis in concione deorum) che furono poi inclusi nella silloge commemorativa raccolta da Giovanni Filoteo Achillini e dedicata a Elisabetta Gonzaga, duchessa di Urbino (Collettanee grece, latina e vulgari per diversi auctori moderni nella morte de l’ardente Seraphino Aquilano, Bologna 1504).
Sempre a Mantova, Vida entrò nella Congregazione dei Canonici regolari agostiniani di S. Marco, per poi passare, una volta tornato a Cremona, ai Canonici regolari lateranensi di S. Pietro in Po, prendendo il nome di Marco Girolamo. Probabilmente nel 1510, durante il pontificato di Giulio II, si trasferì a Roma, dove iniziò a studiare filosofia, teologia e diritto, avendo trovato nel cardinale Oliviero Carafa un potente protettore. Durante questo periodo scrisse due opere apologetiche delle azioni di Giulio II: Iulias e Felsinais. In quest’ultima celebrava i successi del pontefice nella guerra per Bologna e la conseguente conquista della città a opera delle truppe papali.
Vida aveva pensato di pubblicare Iulias, come emerge da una lettera al cardinale Leonardo Della Rovere: «Cum vero Iuliaden nostram, quae ad finem properat, meliorem reddiderimus, tuis fortasse auspiciis in publicum exibit» (Vairani, 1778). Tuttavia, molto probabilmente, l’edizione non venne mai realizzata, e oggi Iulias è considerata perduta dal momento che non ci è pervenuto alcun manoscritto. Felsinais, invece, è stata creduta perduta per anni, poiché l’unica notizia giuntaci del manoscritto era la collocazione originaria nella biblioteca privata di Giulio II «Hieronymi Vidae Felsinaidos, ex memb., in velluto rubro» (Dorez, 1896); questo fin quando il testo contenuto in una pergamena mutila della Biblioteca apostolica Vaticana (Chig., I.VI.232) non venne identificato come frammento dell’opera di Vida da Thomas Haye (2011). Possiamo comunque trarre qualche ulteriore notizia sulla Iulias anche dall’Epicedion (1511): «caeptamque remitto / Iuliada», che Vida dedicò al defunto Oliviero Carafa.
Nel 1513, in occasione della morte del pontefice, Vida tributò a Giulio II, appellandolo Quercens in riferimento al cognome di casa Della Rovere, i suoi omaggi nell’ecloga Carmen pastorale. A questo periodo risale anche il poema incompiuto Tredecim pugilum certamen, dedicato a Baldassarre Castiglione. L’opera, tuttavia, fu pubblicata postuma: la prima edizione risale infatti al 1818, a cura di Luigi Cagnoli. Altra opera postuma è l’Epistola Marreriae Constantiae ab Hannibalem Rangonum, edita nel 1919 da Tommaso Sorbelli.
Tra le successive opere minori di Vida troviamo Corydon ad Io. Mattheum Gybertum, pubblicata in onore del defunto umanista Celso Mellini nella silloge In Celsi Archelai Melini funere amicorum lachrymae (1519), e la poesia Gradum viator siste, ne scis nescius, dedicata alla memoria di Marcantonio Colonna e anch’essa pubblicata in una raccolta commemorativa: Lachrime in Marcum Antonium Colonnam (1522).
Vida entrò nel circolo di umanisti che si riuniva a Roma intorno al lussemburghese Johann Goritz (Corycius) che includeva, tra gli altri Castiglione, Pietro Bembo, Iacopo Sadoleto, Marcantonio Casanova, Pierio Valeriano, Blosio Palladio. Il gruppo assisteva, ogni 26 luglio, a una messa presso l’altare di s. Anna, nella chiesa di S. Agostino, per poi incontrarsi nella villa di Goritz per leggere le poesie scritte dai membri del cenacolo. Esse vennero pubblicate nella raccolta Coryciana, stampata a Roma da Ludovico degli Arrighi e Lautizio Perugino nel 1524: l’opera includeva due poesie di Vida, Heus, qui non bene cognita stupes re e Genius Falconis villae.
Nel 1527, poco prima del sacco di Roma, lo stesso Ludovico degli Arrighi fece stampare la prima raccolta di carmi di Vida che includeva De arte poetica lib. III, De bombyce lib. II, De ludo scacchorum lib. I, Hymni, Bucolica.
Il De arte poetica è un poema didascalico che contiene consigli rivolti a giovani poeti. La sua ultima versione fu dedicata da Vida al delfino di Francia, Francesco di Valois, figlio di Francesco I; in origine l’opera era dedicata ad Angelo Dovizi, nipote del cardinale Bernardo Dovizi. Due mesi dopo l’edizione romana, una edizione basata su una redazione precedente del poema fu stampata a Parigi all’insaputa di Vida.
Anche il De bombyce è un poema didascalico: dedicato alla marchesa di Mantova Isabella d’Este, ha per oggetto l’allevamento del baco da seta. Quest’opera fu considerata da Giulio Cesare Scaligero «rex librorum Vidae» (Scaliger, 2003, p.168), e d’altronde lo stesso Vida ne aveva sottolineato il valore in una lettera alla dedicataria del giugno 1519, in cui dichiara di aver trattato «materia fin hora non toccata da scriptore alcuno nel greco nè latino che io sappia» (Luzio - Renier, 1900, p. 339).
Il poema De ludo scacchorum, che narra un duello di scacchi tra Apollo e Mercurio, fu dedicato all’arcivescovo di Salerno, il genovese Federico Fregoso, prelato in vista nella corte di Giulio II. L’opera circolò per lungo tempo manoscritta ed ebbe la prima versione a stampa, all’insaputa dell’autore, a Lione nel 1525 per iniziativa del fiammingo Hilaire Bertholf, portavoce di Erasmo in Francia, e una seconda a Parigi nel 1529. La dedica a Federico Fregoso che compare nelle versioni manoscritte fu omessa nell’edizione a stampa del 1527: a quella data il patronage di Fregoso, al centro con la sua famiglia nelle lotte fazionarie genovesi e negli schieramenti della contrapposizione franco-asburgica, era evidentemente scomodo. Nel Libro del Cortegiano, Castiglione, amico di entrambi, sceglierà proprio Fregoso per parlare del gioco degli scacchi. Nonostante il successo dell’opera alcuni anni dopo, Vida avrebbe giudicato gli Scacchi come: «meae adulescentiae lusus [...] de re ludicra» (Dialogi de rei publicae dignitate, 1556, I, p. 9).
Negli Hymni, Vida loda i santi patroni delle chiese in cui aveva officiato. Nell’inno Diis coelestibus, invece, auspica la nascita di un erede di Enrico VIII d’Inghilterra. In quest’opera sono incluse anche alcune odi, una delle quali è dedicata a papa Leone X, e contiene un’entusiastica celebrazione della crociata contro i turchi.
Nel Bucolica, infine, si trovano tre ecloghe: Daphnis per Gian Matteo Giberti, Corydon, pubblicata già prima in onore del defunto Mellini e pure dedicata a Giberti, e Nice, scritta in occasione della morte nel dicembre del 1525 di Ferdinando Francesco d’Avalos, marito di Vittoria Colonna.
La raccolta delle opere poetiche di Vida fu pubblicata nuovamente nel 1550 (Venezia, P. Boselli), con l’aggiunta di trentasette inni.
Per la sua attività poetica Vida ebbe numerosi estimatori tra i suoi contemporanei: Ludovico Ariosto lo cita nell’Orlando furioso («il Vida cremonese, / d’alta facondia inessicabil vena», canto XLVI, ottava 13, vv. 5-6); Celio Calcagnini lo definì: «vir unus ad poeticam natus» (De talorum, tesserarum et calculorum ludis, in Opera aliquot, Basileae 1544, p. 299); mentre l’umanista Nicolaus Grudius lo pose sullo stesso piano di Virgilio: «Donec Minciadem iactabit Mantua vatem, / iactabit Vidam clara Cremona suum» (Poeticorum libri tres, a cura di A.P. Lew, 2011, pp. 149 s.). Ancora nei secoli successivi Denis Diderot, in Jacques le fataliste et son maître, paragonò la Poetica di Vida alle opere di Aristotele e Orazio: «Vous avez péché contre les règles d’Aristote, d’Horace, de Vida et de Le Bossu» (p. 154). Per converso, Jules Le Fèvre-Deumier (1845) giudicò la Poetica severamente: «c’est un art poétique ad usum mortuorum» (p. 296) e Bombyx: «ne mérite pas quatre minutes l’attention d’un esprit sérieux» (p. 272; Luzio - Renier, 1900, p. 341).
Secondo quanto riferisce l’erudito cremonese Marco Paolo Tartesi (morto nel 1560), Giano Lascaris avrebbe presentato gli Scacchi.a papa Leone X, che, avendo apprezzato il talento e l’elevatezza dello stile poetico dell’autore, avrebbe commissionato a Vida la scrittura di un’epopea sulla vita di Cristo (Poemata omnia, 1731, II, p. 144): Christias. Vida iniziò la stesura dell’opera, e già intorno al 1519 Leone X lo ricompensò con il priorato di S. Silvestro a Monte Corno a Frascati. Anche il secondo papa Medici, Clemente VII, fu generoso di onori e dignità nei confronti di Vida per incoraggiarlo a continuare i lavori su Christias: nel 1524 egli ottenne la titolarità di S. Lorenzo a Monticelli d’Ongina vicino a Cremona, nel 1531 diventò canonico della cattedrale di Cremona e nel 1532 parroco della chiesa dei Ss. Maria e Dalmazio (Di Cesare, 1974, p. 243). Inoltre, Clemente VII lo elevò alla dignità di protonotario apostolico, stando alla lettera non datata di Girolamo Perbuono di Alessandria, marchese d’Incisa, inviata a Vida (Tiraboschi, 1792, p. 1445).
Il 7 febbraio 1533 ricevette la nomina episcopale alla sede di Alba: «Die Veneris septima Februarii 1533. Ecclesiae Albensi vacanti per obitum Magistri Domus provisum fuit de persona Hieronymi Vidae» (Roma, Archivio apostolico Vaticano, Arch. Concist., Misc., 18, c. 235). Lo stesso Vida comunicò la sua elezione alle autorità di Cremona (A. Berenzi, Una lettera..., 1908, p. 9). Da una lettera del 17 aprile 1533 di Viglius Zuichemus (Wigle van Aytta van Zwichem) a Erasmo da Rotterdam si apprende inoltre che Vida divenne vescovo subito dopo aver consegnato la Christias a papa Clemente VII, a Bologna: «Hieronymus Vida, cuius extat De arte poetica carmen, episcopus factus est, cum nuper Bononiae sex Christeidos libros Pontifici Maximo obtulisset» (Firenze, Biblioteca nazionale, Conv. Soppr., C.VIII.1177).
La Christias, in sei libri, uscì dai torchi di Lodovico Britannico, a Cremona, nel novembre del 1535. L’opera suscitò grande interesse, come dimostrano le numerose edizioni (Di Cesare, 1974, pp. 234-251). Nel 1569 (Pavia, Girolamo Bartoli) fu pubblicata la prima edizione commentata dal canonico e latinista pavese Bartolomeo Botta.
Il poema, in esametri, una sorta di Eneide cristiana, oscurò sostanzialmente l’opera di Iacopo Sannazaro, il De partu Virginis, edita nel 1526. Ebbe tuttavia alcuni detrattori. Il poeta Girolamo Borgia (1475-1550), vescovo di Massa Lubrense, napoletano come Sannazaro, dedicò a Vida tre epigrammi satirici, tramandati dal manoscritto Barb. lat. 1903 della Biblioteca apostolica Vaticana. Il primo, intitolato In Vidam Cremonensem Canonicum Irregularem Versificatorem critica Vida per non aver approvato l’«opus nobile» di Giovanni Pontano; il secondo contiene un’allusione beffarda a Bombyx, mentre nell’ultimo Borgia afferma che Vida non aveva neppure lontanamente il talento poetico di Virgilio: «In toto nullus Vida Marone Maro est». Un altro poeta che mostrò antipatia per Vida nelle proprie poesie fu Marco Antonio Casanova (Città del Vaticano, Biblioteca apostolica Vaticana, Vat. lat. 2834, c. 105v).
Nel 1540, il cardinale Ercole Gonzaga affidò a Vida il compito di punire i colpevoli di alcuni abusi che aveva scoperto nella Congregazione lateranense, di cui era protettore. In una lettera inviata il 14 giugno 1542 al cardinale Gonzaga, da Milano, Vida apostrofò duramente Giovanni Francesco Gadio, personaggio fondamentale per l’Ordine dei canonici regolari a Milano: «Certamente quello Caco domato da Hercole et altri simili monstri non era altro che simili scelerati a costui» (F. Novati, Sedici lettere..., 1898, p. 257). In quanto vescovo di Alba, Vida fu fortemente coinvolto nella lotta contro l’eresia nella sua diocesi. Preparò una bozza del breve apostolico con cui Paolo III avrebbe autorizzato il senatore e capitano generale di Giustizia nel ducato di Milano, Giovanni Battista Speciano, a combattere l’eresia (A. Ronchini, Marco Girolamo Vida, 1866-1867, pp. 81-84). Scrivendo a papa Paolo III, probabilmente nel 1541, Vida si lamentava del crescente numero di seguaci di Lutero, definendo quest’ultimo un mostro ripugnante: «in dies crescit eorum numerus, qui cum Luthero illo, nostrorum temporum teterrimo portento, caeterisque eiusdem amentiae sociis rebus novis student» (F. Novati, Sedici lettere..., 1898, p. 270) e nello stesso anno (14 luglio) in una lettera a Guillaume du Bellay, Vida accusò di eresia il francescano Antonio de Cortemilia, bollandolo come luterano: «Hunc ego si liberum impune abiisse tulero, vereor ne plurimorum animos labefactet atque corrumpat. Consilia enim turbolenta cum Luteranis coniuratis communicat eorumque nefariae secessioni accessit, ambitione quadam scelerata, quod ei praesens reipublicae status prorsus displicet» (ibid., p. 235). Lo preoccupò anche la diffusione ad Alba del culto di Teobaldo Roggeri, morto con un’aura di santità, la cui venerazione non era stata ufficialmente sancita dalla Chiesa: in una lettera a Paolo III del 30 ottobre 1541, chiedeva perciò al pontefice di includerlo nel novero dei santi locali (ibid., p. 243). L’attivismo di Vida nella lotta contro l’eresia è testimoniato da un documento del 1564, da cui si apprende che egli proclamò eretico il sacerdote Stefano Arnaldo, consegnandolo al braccio secolare, il che significava la condanna a morte («declaramus te esse haereticum relapsum atque in manibus et fortiis curiae saecularis traditum a nobis, prout iura rogant, relinquendum esse, et ita te domino praetori huius civitatis praesenti et accipienti relinquimus», in Gabotto, 1892, p. 220).
Nonostante fosse vescovo di Alba, Vida esercitò un’attività di patronato a favore degli abitanti di Cremona, sua città natia, come prova, fra l’altro, una lettera del 26 settembre 1553, inviata proprio da Cremona a Ferrante Gonzaga (Biblioteca apostolica Vaticana, Autografi Patetta, cart. 1538) nella quale raccomandava due giovani, Gianfrancesco Sordo e Gianpaolo Golferamo, che avrebbero voluto proseguire i loro studi giuridici a Bologna, presso lo studio del famoso Mariano Soccini iuniore, nonostante per decreto del Senato fossero obbligati a studiare a Pavia, in quanto residenti nel Ducato di Milano.
Il 14 aprile 1543, da Piacenza, Paolo III invitò Vida a partecipare al Concilio di Trento «ob probitatem et doctrinam tuam [...] hortamur tibique praecipimus, ut ad dictum concilium quam primum te conferas» (F. Novati, Sedici lettere..., 1898, p. 269; Paletto, 1961, p. 60). Egli vi si recò, come attesta una nota nel diario del segretario del concilio, Angelo Massarelli, datata 29 maggio 1545 («venne il Vescovo di Alba, monsignor Vida, poeta laureato, Cremonese», Concilium Tridentinum, 1901, p. 196). Deluso però dai mediocri risultati della prima sessione, abbandonò l’assemblea. Quello stesso anno inviò una lettera ai partecipanti del concilio, in cui sottolineò l’esigenza di imperniare tutte le deliberazioni su due questioni fondamentali: dottrina religiosa e moralizzazione dei costumi («Porro duo sunt praecipua, quae nos ad concilium habendum impellere videbantur, de quibusve in primis nobis agendum erat: alterum sane ad religionem pertinet, alterum ad mores», Novati, 1894, p. 24).
Successivamente tornò a prender parte ai lavori, partecipando nel 1546 e nel 1547 alle importanti sessioni sulla dottrina del peccato originale, sulla giustificazione, sull’eucarestia e presentando nel giugno 1546 all’assemblea un suo breve trattato sui problemi della Chiesa (Impedimenta residentiae, 1930, pp. 586-590). Le posizioni di Vida rispetto ai dibattiti e alle decisioni prese al concilio sono desumibili da questo testo e dalle sue lettere private del 9 e 13 agosto 1546 al cardinale Ercole Gonzaga (Herculi Gonzagae, card. Mantuano, 1965, pp. 868-872).
Quando nella riunione del 9 marzo 1547 (Congregatio generalis de Eucharistia et de morbo exorto) il cardinale Giovanni Maria Ciocchi Del Monte lesse una lettera in cui due medici del concilio, Girolamo Fracastoro e Balduinus de Balduinis, avvertivano sulla pericolosità del tifo esantematico, che si stava allora diffondendo a Trento, Vida sostenne che fosse necessario sospendere le deliberazioni e trasferirsi in un luogo sicuro in attesa delle decisioni del pontefice (Concilium Tridentinum, 1911, p. 1016). Paolo III, soprattutto in ragione dei tesi rapporti politici con Carlo V, decise il trasferimento a Bologna, città dello Stato ecclesiastico. Il 10 marzo 1547 (Congregatio de translatione concilii) Angelo Massarelli notò: «R.D. Albensi placet concilium transferri Bononiam». L’ottava sessione del Concilio, l’11 marzo 1547 (Decretum super translatione concilii) fu l’ultima cui Vida partecipò; quella successiva ebbe luogo a Bologna dove il concilio si trasferì il 21 aprile 1547.
Nel marzo del 1549 a Vida fu chiesto di difendere i cremonesi in un contezioso contro i pavesi presso il Senato di Milano. Il tema della disputa era la precedenza a corte nelle cerimonie pubbliche. Vida accettò l’incarico, e a tal fine scrisse tre discorsi in stile ciceroniano, pubblicati a Cremona nel 1550 e intitolati Cremonensium orationes III adversus Papienses in controversia principatus. Ivi, oltre a rimarcare i successi artistici, letterari e scientifici dei cremonesi, raccontò l’assedio notturno di Alba, compiuto dai francesi nell’agosto del 1542, durante il quale il vescovo avrebbe incitato i suoi concittadini alla rivolta. L’episodio, accennato anche da Paolo Giovio nelle Historiae sui temporis (Opera, Basileae 1578, p. 494), destò molto scalpore, al punto che Vida fu costretto a lasciare Alba per trasferirsi a Cremona. Poté tornare nella sua sede episcopale soltanto nel 1563, quattro anni dopo la pace di Cateau-Cambrésis (1559), che pose fine alle guerre d’Italia.
Il governo episcopale di Vida ad Alba si svolse in tempi difficili, come testimonia una sua lunga lettera del 15 novembre 1543, inviata da Cremona al cardinale Miguel da Silva. Vida vi descriveva le disgrazie causate dalla guerra tra Carlo V e Francesco I, nonché gli innumerevoli tentativi di negoziati per la pace promossi da papa Paolo III. Vida, temendo che la situazione della sua diocesi potesse precipitare in caso di morte del papa, chiedeva al cardinale da un lato di incoraggiare il papa a lavorare per la pace nei momenti di scoramento, dall’altro di placarlo nei momenti di eccessivo entusiasmo (Biblioteca apostolica Vaticana, Chig., L.III.60; G. Cugnoni, Lettera indita..., 1882-1883).
Vida difese Alba una seconda volta contro le milizie del governatore di Milano Ferrante Gonzaga, come si apprende da una sua lettera inviata l’8 dicembre 1552, che inizia con le parole: «Fama constantissima sparsa in queste contrade, che Vostra Eccelenza va con l’essercito sopra Alba, non solo di ricuperarla, ma far anco menare à fil di spada tutti quelli poveri cittadini, come se fussero colpevoli della perdita di essa città» (Lettere di principi, III, 1577, c. 219v). Ferrante Gonzaga, con lettera del 15 dicembre 1552, lo rassicurava che non avrebbe invaso Alba: «ogni cosa passerà bene, et senza il danno, che altri presupponeno» (ibid., cc. 219v-220v).
Nel 1556 fu pubblicato a Cremona, da Vincenzo Conti, l’unico trattato di filosofia morale di Vida, dedicato al cardinale Reginald Pole: De rei publicae dignitate.
Si tratta di un dialogo, immaginato a Trento durante il concilio, diviso in due libri, in cui Vida discute vivacemente le forme di vita civile e associative riprendendo l’intera filosofia morale degli autori latini, integrandola con sue considerazioni. Lo scopo in un certo senso era quello di fornire una valida alternativa al De re publica di Cicerone, all’epoca considerato perduto. Prendono parte al dialogo Reginald Pole, Marcantonio Flaminio, Alvise Priuli e i cardinali Giovanni Maria Ciocchi Del Monte e Marcello Cervini. Il testo mostra la complessità della figura di Vida e a proposito della sua lotta contro gli eretici, vale la pena sottolineare che i primi tre interlocutori furono sospettati di eresia, come d’altronde Federigo Fregoso, cui Vida aveva dedicato gli Scacchi.
L’ultima opera di Vida furono le Constitutiones synodales pubblicate a Cremona, nel 1562, da Vincenzo Conti; scritte in un latino semplice, al fine di essere comprese anche da un chierico indotto, riguardano le questioni liturgiche, di diritto civile ed economiche della diocesi di Alba. A proposito delle Constitutiones il cardinale Carlo Borromeo il 26 agosto 1564 scriveva a Nicolò Ormaneto: «Habbiate un volume delle Constitutioni di Monsignor Vida Vescovo d’Alba dell’anno ’62 che forsi essendo fatte per luoghi vicini potranno servirvi in qualche cosa» (C. Marcora, Nicolò Ormaneto..., 1961, p. 512). Per Borromeo Vida compose una Orazione nell’occasione dell’apertura del concilio provinciale a Milano nel 1564 (Stella, 1966, pp. 75-83).
Vida morì il 27 settembre 1566 ad Alba e fu sepolto nella cattedrale, secondo la sua volontà espressa nel testamento (F. Novati, Sedici lettere inedite..., 1899, pp. 51-59).
Opere. Quis fletus, quis moeror adest gemitus dolorque?; Mirantur subitos huc tot venisse poetas; Oratio Iovis in concione deorum, in Collettanee grece, latine e vulgari per diversi auctori moderni nella morte de l’ardente Seraphino Aquilano, Bologna per Caligulo Bazaliero nel 1504 di luglio; Epicedion in funere reverendi domini Oliverii Caraphae, Absolutum Romae in sacris aedibus Pacis nostrae, Decimo Kalendas Februarias 1511; Carmen pastorale, in quo deploratur mors Iulii Secundi Pontificis Maximi, [Romae 1513]; Corydon ad Io. Mattheum Gybertum in obitu Celsi Melini, in In Celsi Archelai Melini funere amicorum lachrymae, impressit Romae Iacobus Mazochius [1519]; Gradum viator siste, ne scis nescius, in Lachrime in Marcum Antonium Colonnam, impressum Romae in aedibus Iacobii Mazochii, Kalendis Octobris 1522; Heus, qui non bene cognita stupes re; Genius Falconis villae, in Coryciana, impressum Romae apud Ludovicum Vicentinum et Lautitium Perusinum mense Iulio 1524; De arte poetica libri III, eiusdem De bombyce libri II, eiusdem De ludo scacchorum liber I, eiusdem Hymni, eiusdem Bucolica, Romae apud Ludovicum Vicentinum 1527 Mense Maio; Christiados libri sex, Cremonae 1535 Mense Octobri, Lodovicus Britannicus impr.; Cremonensium orationes III adversus Papienses in controversia principatus, Cremonae 1550 Mense Quintili; Poemata omnia, Cremonae 1550 Mense Novembri, Io. Mutius et Bernardinus Locheta impr.; Dialogi de rei publicae dignitate, Cremonae apud Vincentium Contem 1556; Constitutiones synodales, Cremonae apud Vincentium Conctum 1562; Christias, presbytero Bartholomaeo Botta interprete, apud Hieronymum Bartolum, Ticini 1569.
Opere inedite. Chatsworth, Devonshire Collections, DEV/011587: Ad Philippum Austrium Hispaniarum Regem oratio.
Edizioni. Poemata omnia, quae ipse vivens agnoverat, curantibus Jo. Antonio et Cajetano Vulpiis fratribus, I-II, excudebat Josephus Cominus, Patavii 1731; Frammento di un poemetto inedito che ha per titolo M.H. Vidae XIII pugilum certamen, a cura di L. Cagnoli, Milano 1818; Orazione inedita del vescovo d’Alba Mons. Girolamo Vida, recitata nel primo Concilio Provinciale di Milano presente S. Carlo Borromeo, a cura di L. Giampaoli, Ferrara 1890; T. Sorbelli, Una epistola di Marco Gerolamo Vida (Epistola Marreriae Constantiae ad Hannibalem Rangonum), in Archivum Romanicum, III (1919), pp. 388-397; Impedimenta residentiae, in Concilii Tridentini tractatuum pars prior, a cura di V. Schweitzer, Friburgi Brisgoviae 1930, pp. 586-590; Scacchia ludus, testo latino e traduzione in versi italiani a cura di L. Paletto, Alba 1964; The Game of Chess, Marco Girolamo Vida’s Scacchia ludus, a cura di M.A. Di Cesare, Nieuwkoop 1975; The De arte poetica, a cura di R.G. Williams, New York 1976; M.G. V. 1485-1566, in Renaissance Latin verse: an anthology, a cura di A. Perosa - J. Sparrow, London 1979, pp. 246-260; La disfida dei tredici campioni, a cura di P.M. Mainardi, Cremona 1995; P. Hibst, Marcus Hieronymus Vida, De dignitate rei publicae, Über den Wert des Staates, Trier 2004; Poeticorum libri tres, a cura di A.P. Lew, Frankfurt am Main 2011; Christias, a cura di E. von Contzen et al., Trier 2013; Felsinais, a cura di C. Piccone - Th. Haye, Stuttgart, in corso di stampa; Scacchia ludus, a cura di A.P. Lew, Hamburg in corso di stampa.
Edizioni delle lettere. A. Ronchini, Marco Girolamo Vida, in Atti e memorie delle RR. Deputazioni di storia patria per le provincie modenesi e parmensi, IV (1866-1867), pp. 73-96; G. Finazzi, Una lettera inedita del vescovo d’Alba Mons. Girolamo Vida al vescovo di Bergamo M. Pietro Lippomano, Genova 1870; G. Cugnoni, Lettera inedita di Girolamo Vida, in La Scuola romana, I (1882-1883), 3, pp. 66-72; A. Bertolotti, Autografi di Marco Girolamo Vida, in Il Bibliofilo, V (1884), pp. 183-185; F. Gabotto, Cinque lettere di Marco Girolamo Vida, Pinerolo 1890; F. Novati, Sedici lettere inedite di Marco Girolamo Vida, vescovo d’Alba, in Archivio storico lombardo, XXV (1898), 10, pp. 195-281; Id., Sedici lettere inedite di Marco Girolamo Vida, vescovo d’Alba, ibid., XXVI (1899), 11, pp. 1-59; V. Osimo, Lettere inedite di Girolamo Vida, la prepositura di Monticelli d’Ongina, in Giornale storico della letteratura italiana, L (1907), pp. 105-115; A. Berenzi, Una lettera di Marco Girolamo Vida e una pagina gloriosa della sua vita di vescovo, Cremona 1908; V. Osimo, Ancora sulla prepositura di Monticelli d’Ongina, in Giornale storico della letteratura italiana, LI (1908), pp. 231-250; S. Weber, Girolamo Vida a Cristoforo Madruzzo per un colpo di mano su Genova, in Studi trentini, VI (1925), pp. 177-180; C. Marcora, Nicolò Ormaneto, vicario di S. Carlo, in Memorie storiche della diocesi di Milano, VIII, Milano 1961, pp. 223 s., 304-310, 316 s.; H. Vida Herculi Gonzagae, card. Mantuano, in Concilium Tridentinum: diariorum, actorum, epistularum, tractatuum nova collectio, X, Epistularum pars prima, Friburgi Brisgoviae 1965, pp. 868-872.
Fonti e Bibl.: Città del Vaticano, Biblioteca apostolica Vaticana, Chig., I.VI.232; L.III.60, cc. 204r-209v; Autogr. Patetta, cart. 1538; Barb. lat., 1903, cc. 104v-105r; Vat. lat., 2834, c. 105v; Archivio apostolico Vaticano, Conc. Trid., 123, cc. 74v, 76v, 78v, 113v, 126r, 129v; Arch. Concist., Acta misc., 18, c. 235.
Lettere di principi, a cura di G. Ruscelli, I, Venetia 1562, cc. 80v, 83v, 94r, III, 1577, cc. 219v-220v; F. Arisi, Cremona literata, II, Parmae 1706, pp. 100-117; T.A. Vairani, Cremonensium Monumenta Romae extantia, II, Romae 1778, p. 46; G. Tiraboschi, Storia della letteratura italiana, VII, 4, Modena 1792, pp. 1440-1451; W. Roscoe, The life and pontificate of Leo The Tenth, III, Liverpool 1805, pp. 274-282, 353; V. Lancetti, Della vita e degli scritti di G. V., Milano 1831; H. Stebbing, Lives of the Italian poets, II, London 1832, pp. 365-379; La disfida dei XIII campioni [...] con cenni biografici, cenni storici e note, a cura di P. Castiglioni, Pavia 1845; J. Le Fèvre-Deumier, Marc Jérôme Vida, in Id., Études biographiques et littéraires, Paris 1854, pp. 249-314; A. Bertolotti, La stampa di un libro del Vida, in Il Bibliofilo, VI (1885), p. 185; F. Gabotto, Girolamo Vida e una consegna al braccio secolare, in La Biblioteca delle scuole italiane, IV (1892), 14, pp. 218-220; L.G. Giraldi, De poetis nostrorum temporum, a cura di K. Wotke, Berlin 1894, pp. 29 s.; F. Novati, Delle antiche relazioni fra Trento e Cremona, in Archivio storico lombardo, XXI (1894), 1, pp. 1-78; L. Dorez, La bibliothèque privée du pape Jules II, in Revue des bibliotèques, VI (1896), p. 111; G. Moroncini, Sulla Cristiade di M.G. V., Trani 1896; L. Gatta, Gerolamo Vida e la Cristiade, Palermo 1900; A. Luzio - R. Renier, La coltura e le relazioni letterarie di Isabella d’Este Gonzaga, in Giornale storico della letteratura italiana, XXXVI (1900), pp. 325-349; Concilium Tridentinum, Diariorum, actorum, epistularum, tractatuum nova collectio, a cura della Societas Goerresiana, I, Friburgi Brisgoviae 1901, p. 196, V, 1911, passim; G. Saintsbury, A history of criticism and literary taste in Europe, II, New York 1902, pp. 29-37; V. Cicchitelli, Sulle opere poetiche di M.G. V., Napoli 1904; G. Tomassetti, Della campagna romana, in Archivio della R. Società romana di storia patria, XXVIII (1905), pp. 120, 124; F. Novati, Il Virgilio cristiano, in Id., A ricolta, Bergamo 1907, pp. 97-115; A. Berenzi, La elezione di M.G. V. a vescovo di Cremona e una supplica per lui all’Imperatore Carlo V, Cremona 1909; V. Cicchitelli, Sulle opere in prosa di M.G. V., Napoli 1909; V. Osimo, Le «Costituzioni sinodali» di Girolamo Vida, in Giornale storico della letteratura italiana, LVII (1911), pp. 332-347; P. Rivoire, Jérôme Vida et les hérétiques du diocèse d’Alba, in Bulletin de la Société d’historie vaudoise, XLVIII (1926), pp. 107-111; P. Eck, Die Staats- und Rechtphilosophie des Markus Hieronymus Vida, Koblenz 1929; B. Zumbini, Dell’epica italiana e straniera, e particolarmente dei poemi del Vida e del Sannazzaro, in Id., Studi di letteratura comparata, Bologna 1931, pp. 39-86; L. Canesi, La sfida di Barletta nel XIII pugilum certamen di M.G. V. Studio introduttivo, con testo critico del frammento del poemetto e versione, in Bollettino storico cremonese, III (1938), pp. 5-65; IV (1939), pp. 35-64; V (1940), pp. 81-127; VI (1941), pp. 52-90; VII (1942), pp. 62-95; U. Gualazzini, Un’epigrafe inedita di M.G. V., ibid., VI (1941), pp. 165-168; S. Asciamprener, Un inedito di M.G. V. al vescovo di Bergamo (1535), in La Martinella di Milano, VI (1952), pp. 171-174; G. Toffanin, L’umanesimo al Concilio di Trento. In appendice M.G. V., Elogio dello Stato (De rei publicae dignitate), a cura di A. Altamura, Bologna 1955; L. Paletto, Omaggio a Gerolamo Vida, Alba 1961; M.E. Cosenza, Biographical and bibliographical dictionary of the Italian humanists and of the world of classical scholarship in Italy, 1300-1800, IV-V, Boston 1962, pp. 3681-3684, 1890; M.A. Di Cesare, Vida’s Christiad and Vergilian Epic, London-New York 1964; A. Stella, Il vescovo di Alba M.G. V. e la riforma cattolica, Alba 1966; M.A. Di Cesare, Biblioteca Vidiana, A bibliography of M.G. V., Firenze 1974; Pasquinate romane del Cinquecento, a cura di V. Marucci - A. Marzo - A. Romano, I, Roma 1983, p. 157; V. Sestieri, V. M.G., in Contemporaries of Erasmus, III, a cura di P.G. Bietenholz, Toronto 1987, pp. 391 s.; S. Rolfes, Die lateinische Poetik des M.G. V. und ihre Rezeption bei Julius Caesar Scaliger, München-Leipzig 2001; G. Vogt-Spira, Die Poetik des M.H. V. und ihre Rezeption in konfessioneller Perspektive, in Die europäische Gelehrtenrepublik im Zeitalter des Konfessionalismus, a cura di H. Jaumann, Wiesbaden 2001, pp. 203-217; G.C. Scaliger, Poetices libri septem, V (Buch 6 und 7), a cura di G. Vogt-Spira - L. Deitz, Stuttgart 2003; Th. Haye, Die “Felsinais” des M.G. V.: das verschollene Epos nach 500 Jahren wiederentdeckt, in Neulateinisches Jahrbuch, XIII (2011), pp. 123-138; G. Alonge, Condottiero, cardinale, eretico. Federico Fregoso nella crisi politica e religiosa del Cinquecento, Roma 2017, ad ind.; W. Ludwig, César Grolier, M.G. V. und Caspar Barth über den Sacco di Roma, ibid., XIX (2017), pp. 239-269; C. Piccone, «Curvant capita ardua montes»: l’elemento fantastico nella Felsinais di M.G. V., in Mittellateinisches Jahrbuch, LII (2017), pp. 426-444.