GIUSTINIAN, Marco
Nacque a Venezia il 3 ag. 1549, secondogenito di Francesco di Antonio - del ramo detto "di calle delle acque" e, dal XVII secolo, dei Giustinian-Lolin di S. Vidal - e di Polissena Tiepolo di Giovanni, già vedova di Leonardo Cappello.
Dal matrimonio, celebrato nel 1545, nacquero inoltre il primogenito Giovanni (1547-1629), che sposò Chiara Corner di Giorgio, assicurando la continuità della famiglia, e almeno una figlia, Contarina, sposata a un Francesco Zen.
Prozio del G. fu il camaldolese fra Paolo, al secolo Tommaso Giustinian di Marco, che con Gasparo Contarini e Vincenzo Querini fu una delle figure significative del rinnovamento spirituale e del riformismo cattolico veneziano di inizio secolo. Avviato alla carriera politica, appena raggiunta l'età canonica dei 25 anni, il G. esordì, nel 1574, come savio agli Ordini, allora trampolino di lancio per i giovani patrizi più promettenti, carica che reiterò nel giugno del 1577. Tra i due episodi va collocata la nomina, il 12 giugno 1575, a podestà e capitano a Sacile, cittadina della Patria del Friuli.
Si trattava di uno fra i reggimenti di Terraferma più piccoli e meno prestigiosi (nel 1483 Sanuto, nel suo Itinerario per la Terraferma veneziana, notava che il suo podestà "à pocho da far et pocha utilità") ma pur sempre utile come pratica di governo. Prestato giuramento il 31 ott. 1575, il G. raggiunse la sua sede e vi restò fino alla primavera del 1577, scampando i pericoli della peste che infuriava a Venezia e della quale colse l'eco drammatica nella pubblicazione, per conto del Consiglio dei dieci, di un bando di reclutamento di picegamorti (i becchini) da inviare nella Dominante.
Le sole testimonianze sul suo operato di governo sono tre scarne lettere inviate ai Dieci per informarli della cattura, condotta personalmente, di un pericoloso gruppo di banditi e della preoccupazione per la carestia che aveva colpito la popolazione locale. Rientrato a Venezia, nel maggio del 1579 il G. fu candidato alla carica di podestà a Cividale e a quella di ufficiale alla Camera degli imprestidi, nella quale entrò, con un successivo scrutinio, il 22 luglio. Ricoprì quel modesto incarico - provvedeva al pagamento degli interessi ai prestatori dello Stato - fino alla fine del 1580 allorché il suo cursus honorum fece un salto di qualità con la nomina, il 5 novembre, ad ambasciatore straordinario a Torino, incarico di breve durata ma di particolare fiducia.
Il 30 ag. 1580 era morto il duca Emanuele Filiberto e il figlio Carlo Emanuele I, che gli era succeduto, si trovava in un frangente politico difficile, per la questione della successione al marchesato di Monferrato e per la tensione con la Francia e gli Svizzeri. La Serenissima considerava il Ducato sabaudo di notevole importanza e i rapporti di amicizia con esso erano vitali per la sua politica estera e per l'equilibrio italiano. Il G., ricevute le istruzioni l'11 febbr. 1581, partì qualche giorno dopo facendo una tappa d'obbligo a Milano, dove giunse il giorno 26, data del primo dispaccio. Si recò dal governatore spagnolo per trasmettergli "l'affetione" di Venezia per Filippo II e non mancò di far visita al cardinale Carlo Borromeo offrendogli l'assicurazione del "molto amor et stima" della Signoria, ricambiata con espressioni di "molta riverenza" nei riguardi della Repubblica. Tuttavia una parte del gruppo dirigente veneziano non amava Borromeo, lontano dalla visione religiosa e politica della Serenissima: proprio l'anno prima, inoltre, il cardinale si era mostrato deciso a compiere una visita apostolica - affatto sgradita alla Signoria - nei territori della Repubblica.
Il 28 febbr. 1581 il G. giungeva in territorio sabaudo per una visita che gli impegni del duca resero brevissima ma utile per rinsaldare i legami politici tra Venezia e Torino. Un unico dispaccio, datato 7 marzo e firmato anche dall'oratore veneto Francesco Barbaro, riassume il contenuto della missione. Si evidenziano lo stato di tensione tra il Ducato e la Francia e i contraccolpi sugli equilibri internazionali dell'unione del Portogallo alla Corona di Spagna. Si conferma la linea politica della Serenissima, improntata alla ricerca della pace e dell'equilibrio tra gli Stati italiani e si ribadisce la sua neutralità verso le grandi potenze, come appare dai colloqui con il rappresentante francese, il duca di Nemours, dal G. opportunamente incontrato. L'8 marzo il G. ripartì per Venezia accompagnato dall'apprezzamento del duca e dalla soddisfazione della Signoria, che gli avrebbero potuto dischiudere le porte di una brillante carriera politica.
Agli inizi dell'autunno, invece, il G. cadde improvvisamente malato e morì nella notte del 2 nov. 1581, nella sua casa di S. Maria Zobenigo.
Il testamento, stilato il 25 ottobre, rivela un uomo semplice e profondamente religioso. Ricordate le grandi istituzioni ospedaliere e assistenziali cittadine, beneficati cappuccini e gesuiti, destinato un fondo per la dote matrimoniale di fanciulle povere, senza dimenticare domestici e parenti stretti, lasciò al fratello Giovanni e ai suoi discendenti - lui era celibe e senza figli - un discreto patrimonio in immobili a Venezia e in possedimenti terrieri tra Cologna Veneta, Jesolo, Portogruaro, San Donà di Piave e il Trevigiano, tra cui una villa presso Noventa di Piave. Volle essere vestito da cappuccino e collocato provvisoriamente nell'arca del padre, a S. Elena, in attesa della destinazione finale nell'eremo camaldolese di Monte Rua sugli Euganei, eretto in onore del prozio, il beato Paolo Giustinian.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Venezia, Misc. codd., I, Storia ven., 23: M. Barbaro - A.M. Tasca, Arbori de' patrizi veneti…, p. 462; Avogaria di Comun, Contratti, reg. 9, c. 78; Nascite, III, c. 159; Segretario alle voci, Elezioni in Pregadi, reg. 4, cc. 17-18; Ibid., Elezioni in Maggior Consiglio, reg. 5, cc. 113, 136; Senato, Deliberazioni, Secreti, reg. 82, c. 154; Dispacci degli ambasciatori e residenti, Savoia, filze 5-6; Rubricari dei dispacci degli ambasciatori e residenti, Savoia e Torino, filza E.1; Capi del Consiglio dei dieci, Lettere dei rettori e dei pubblici rappresentanti, b. 191; Giuramenti dei rettori, reg. 4, c. 113v; Lettere degli ambasciatori, Savoia, b. 28; Notarile, Testamenti, b. 1260, n. 691; Provveditori e sopraprovveditori alla Sanità, Necrologi, reg. 813, c. 96; Dieci savi alle decime in Rialto, b. 157 bis, n. 740 (Redecima del 1582); Venezia, Biblioteca del Civico Museo Correr, Codd. Cicogna, 3782: G. Priuli, Pretiosi frutti…, II, c. 87; Ibid., Biblioteca nazionale Marciana, Mss. it., cl. VII, 828 (= 8907), Consegi, c. 277; 829 (= 8908), cc. 219, 223, 230, 316v; Relazioni degli ambasciatori veneti, XII, Savoia, a cura di L. Firpo, Torino 1983, p. IX.