GOZZI, Marco
Figlio di Giovanni e di Elisabetta Arrigoni, nacque a San Giovanni Bianco (ora in provincia di Bergamo) il 5 sett. 1759.
Il suo apprendistato di pittore e la sua attività giovanile sono quasi del tutto ignoti, a eccezione di alcuni accenni non verificabili riportati da Locatelli, il quale cita, tra le prime opere del G., anche il ciclo di affreschi (staccati alla fine del XIX secolo) dipinto per il cortile della casa del lavoro e industria della congregazione di Carità a Bergamo (ora casa di riposo della città).
I cinque affreschi rappresentano personaggi che conversano e bevono il caffè, un nano, alcune maschere e un presunto ritratto di Carlo Goldoni (Bassi-Rathgeb, 1957). La singolarità dei soggetti è vicina al filone decorativo di Giandomenico Tiepolo (Gozzoli, p. 2).
Nel 1792 il G. sposò Anna Maria Ceroni e si trasferì a Caiolo (nell'odierna provincia di Sondrio). In Valtellina il pittore ottenne le prime commissioni documentate, tra le quali quella per il Ritratto del sacerdote Cristino de Cristini della Torre (collezione privata: ripr. in Zanardi Ricci, 1995, p. 310), raffigurato in un ovale, di tre quarti, una mano poggiata su un libro e l'altra recante una lettera, secondo una tipologia tradizionale nella ritrattistica bergamasca (ibid., p. 300).
Nel 1799 il pittore risiedeva di nuovo a Bergamo, dove fu testimone dell'entrata in città delle truppe austro-russe. In seguito a questi avvenimenti ricevette l'incarico di dipingere gli stemmi ora perduti, dei difensori del Borgo Santa Caterina "perché […] era stato risparmiato dai saccheggi" (ibid., p. 237), e forse anche l'ex voto raffigurante L'entrata delle truppe austro-russe (Bergamo, santuario dell'Addolorata).
A questo periodo risalgono le prime commissioni per dipinti di paesaggio, genere che gli avrebbe dato notorietà e al quale si sarebbe dedicato fino alla morte. Si ricordano, in particolare, i dipinti a tempera per una sala della villa già Caccia-Goisis a Redona (Bergamo), raffiguranti paesaggi ariosi realizzati con tinte delicate e luminose nel solco della tradizione veneta settecentesca.
Nel 1807 il governo del Regno d'Italia gli commissionò alcune opere tra cui l'olio Veduta di villa Augusta a Mirabellino, ora disperso. Il 26 settembre dello stesso anno il G. firmò un contratto quadriennale con il governo, nel quale si impegnava a eseguire ogni anno tre paesaggi a olio delle stesse dimensioni, in cambio di una pensione annuale di 1500 lire milanesi. Il contratto specificava inoltre che i soggetti sarebbero stati indicati dal ministro dell'Interno e che sarebbero state risarcite le spese sostenute dal pittore per "rilevare le vedute fuori di Milano" (doc. in Zanardi Ricci, 1995, p. 242). Il G. cominciò subito a dedicarsi al nuovo lavoro con opere come Campagna lombarda, Rovine di un castello e Fonderia di cannoni aCaionvico (Milano, Pinacoteca di Brera, in deposito presso la Galleria d'arte moderna); quest'ultima, in particolare, dimostra una precisa volontà di documentazione priva com'è del tono arcadico spesso presente nella produzione pittorica dell'artista.
Nel 1810 il G. si trasferì a Milano con la famiglia. Il 3 marzo 1812 gli venne rinnovato il contratto quadriennale "con l'obbligo di consegnare solo due dipinti" in cambio di una pensione di 2400 lire (ibid., p. 244). Nello stesso anno il G. si recò in viaggio di studio a Roma e Napoli; in quello successivo si recò ad Ancona per rilevare una veduta del porto.
A partire dal 1813 il G. cominciò a partecipare alle esposizioni annuali dell'Accademia di Brera. L'anno seguente la Lombardia tornò sotto il dominio austriaco ma il governo del Regno lombardo-veneto non modificò gli accordi del pittore con il precedente governo. Nel 1816 il presidente dell'Accademia di Brera Luigi Castiglioni chiese al governo il rinnovo del contratto del G. e, contemporaneamente, il permesso di istituire una scuola di paesaggio da affidare allo stesso. L'insegnamento accademico fu a lungo desiderato dal G. ma senza esiti: la cattedra infatti fu istituita solo nel 1838, quando egli era ormai anziano, e affidata a Giuseppe Bisi. Dalle testimonianze dei contemporanei sappiamo tuttavia che, pur al di fuori dell'Accademia, il G. si dedicò intensamente all'insegnamento (ibid., p. 240). Il contratto fu rinnovato senza difficoltà e con la possibilità per l'artista di proporre lui stesso due vedute di luoghi non troppo distanti da Milano. La scelta cadde su I dintorni di Inverigo (Milano, Pinacoteca di Brera, in deposito presso la Galleria d'arte moderna) e La Val Brembana (disperso), che furono esposti a Brera nell'agosto del 1817.
Ogni dipinto per il governo veniva "confezionato" dal G. tramite regole prefissate (Gozzoli, p. 28): entro la medesima gabbia compositiva l'artista inseriva in un primo tempo lo sfondo dipinto dal vero, reso con colori chiari e luminosi; quindi veniva aggiunto il primo piano, generalmente in controluce e caratterizzato pertanto da tonalità cromatiche scure vivacizzate solo dalle macchiette chiare dei personaggi.
Il 15 sett. 1819 gli venne concesso il rinnovo della pensione, con l'obbligo di consegnare un solo quadro all'anno di dimensioni doppie rispetto ai precedenti. Come primo soggetto il G. scelse una Vedutadell'Adda presso Paderno (dispersa).
Nel 1821 il G. eseguì la Veduta del ponte sul Devero a Cevola (Milano, Pinacoteca di Brera, in deposito presso la Galleria d'arte moderna) che fu esposta a Brera l'anno successivo, come avvenne in seguito per tutte le opere d'obbligo. Nel 1823 venne esposto a Brera L'orrido di Nesso (disperso), ordinato dall'imperatore per la Galleria del Belvedere a Vienna. L'anno seguente il G. eseguì un'altra opera passata poi nelle collezioni imperiali, la Veduta della imperiale regia villa di Monza (Vienna, Galleria del Belvedere).
Il 17 dic. 1824 gli morì la moglie. Nel 1828, insieme con il pittore paesaggista Pietro Ronzoni, il G. divenne socio dell'Ateneo di Bergamo e nel 1829 dell'Accademia di Brera.
L'attività del G. per il governo continuò senza interruzioni fino alla morte. Tra le opere degli ultimi anni si ricordano, nel 1829, La galleria di Varenna a Bellano (Milano, Pinacoteca di Brera, in deposito presso l'intendenza della Guardia di finanza), raffigurante un'opera pubblica realizzata dal governo, e, nel 1833, la veduta della Madonna della Sassella sulla strada delloStelvio (Milano, Pinacoteca di Brera).
Dal 1836 il G., oramai anziano e di salute malferma, chiese di poter sostituire la consueta veduta d'obbligo con un "quadro di composizione" (Zanardi Ricci, 1995, p. 259) che non comportasse faticosi spostamenti, richiesta che fu accolta dal governo.
Il G. morì a Bergamo il 10 ag. 1839.
Fonti E Bibl.: P. Locatelli, Illustri bergamaschi, II, Bergamo 1869, pp. 464-469; R. Bassi-Rathgeb, Paesisti bergamaschi dell'Ottocento, Bergamo 1944, pp. 16-18, 20-23; Id., Carlo Goldoni in un affresco di M. G., in Emporium, LXIII (1957), 1, pp. 261-265; M.C. Gozzoli, in M.C. Gozzoli - M. Rosci, Il volto della Lombardia…Paesaggi e vedute 1800-1859, Milano 1975, pp. 26-38 e ad indicem; L. Caramel - C. Pirovano, Galleria d'arte moderna. Opere dell'Ottocento, II, Milano 1975, p. 327; Maestri di Brera(1776-1859) (catal.), Milano 1975, pp. 223-226; F. Rea, La pittura bergamasca da M. G. a Silvio Poma (catal.), Bergamo 1983, pp. 10-13; Il paesaggio valtellinese dal romanticismo all'astrattismo (catal., Sondrio-Milano), Milano 1990, pp. 146 s.; F. Mazzocca, in La pittura in Italia. L'Ottocento, Milano 1991, I, pp. 99, 107 s.; I. Marelli, ibid., II, p. 858; M. Zanardi Ricci, in Pinacoteca di Brera. Dipinti dell'Ottocento e del Novecento, I, Milano 1993, pp. 300-316; Id., in I pittori bergamaschi. Il Settecento, V, Bergamo 1995, pp. 235-335; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XIV, p. 465.