LIVIO Salinatore, Marco (M. Livius M. f. M. n. Salinator)
Generale romano. Nacque nel 260-55 a. C. da famiglia plebea. Fu console per la prima volta nel 219 insieme con L. Emilio Paolo. Entrambi i consoli ebbero il comando nella seconda guerra illirica, che fu combattuta dai Romani in quell'anno, ed ebbero entrambi il trionfo. Usciti di carica, i due consoli parteciparono all'ambasceria inviata a Cartagine nella primavera del 218 che dichiarò la guerra ai Cartaginesi. I due consoli, forse in previsione appunto della seconda guerra punica, si erano contentati di vincere Demetrio di Faro e non avevano spinto la guerra troppo a fondo nella terraferma illirica, appagandosi della sottomissione apparente di Scerdilaida, che dominava in Scodra. Forse il malcontento per questa prudenza, aggravata da notizie sul malfido contegno degli Illirî, fece che i due comandanti fossero ora processati, non sappiamo se per ingiusta ripartizione del bottino o per peculato. Emilio fu assolto. L. fu condannato a una multa e, pagatala, si ritirò in campagna: egli non tornò in Roma che dopo la sottomissione di Capua (211). Quando si delineò il pericolo che Asdrubale marciante dalla Spagna potesse congiungersi in Italia col fratello Annibale, i Romani nominarono (207) console L. insieme con C. Claudio Nerone. Il primo fu incaricato di fronteggiare Asdrubale, il secondo Annibale. Presso il fiume Metauro (v.) l'esercito di Asdrubale fu sconfitto e Asdrubale stesso ucciso; della vittoria la nostra tradizione ascrive gran parte del merito a C. Claudio. Tuttavia, essendo la battaglia avvenuta nella provincia di L., L. solo trionfò e Claudio non ebbe che un'ovazione.
Nel 206 e nel 205 gli fu prorogato il comando. Stanziò come proconsole in Etruria e ivi procedette energicamente contro quelli che all'avvicinarsi di Asdrubale avevano dimostrato velleità di ribellione. Poi fu inviato a Rimini quando si aspettava che Magone, sbarcato in Liguria, preparasse con gli aiuti liguri e gallici una nuova invasione nella penisola. L'anno seguente 204 ebbe insieme col suo collega nel consolato C. Claudio la censura e l'esercitò con severità e non senza beghe col suo collega. Menzionato per l'ultima volta nel 203, era certamente morto nel 191, quando ad altri fu affidata la dedica del tempio della Iuventus, da lui votato nella battaglia del Metauro.
Di L. si può dire che fu generale valente, ma uomo di temperamento rigido e aspro. Le nostre informazioni non bastano per chiarire la sua posizione politica e le sue relazioni con Fabio il Temporeggiatore e con gli Scipioni. I suoi discendenti a partire dal figlio C. Livio (v.), ebbero un posto cospicuo nello stato romano fino all'imperatore Tiberio, che si vantava di discendere da entrambi i vincitori del Metauro.
Bibl.: G. De Sanctis, Storia dei Romani, III, ii, Torino 1917, pp. 324 segg., 485 segg.; F. Münzer, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., col. 891 segg. V. anche metauro.