LO CASCIO, Marco
Figlio di Silvio nacque a Giuliana, nel Palermitano, nel 1523.
Il padre, nato probabilmente negli ultimi anni del XV secolo, fu il capostipite della famiglia di intagliatori con bottega nella vicinissima Chiusa (oggi Chiusa Sclafani). Nel 1542 risulta essere attivo a Palermo con lo scultore Giacomo Pernaci (Di Marzo, p. 699).
Nel febbraio del 1553, il L. sposò Giulia Floreno dalla quale ebbe i figli Silvio, nato nel 1557, che sarebbe stato suo collaboratore, e Vincenzo, nato nel 1572. Tra il 1568 e il 1573, coadiuvato da Domenico Rasca, mise in opera il coro ligneo della cattedrale di Agrigento, distrutto negli anni 1728-30. Realizzato in legno di noce, il coro, oltre ai motivi decorativi fitomorfi, presentava le figure dei ss. Pietro, Paolo, Gerlando, Gregorio, Francesco, Agata, Lucia e Caterina d'Alessandria (Alessi). Il 24 apr. 1580 il L. si impegnò a Castronovo (oggi Castronovo di Sicilia) a realizzare per i confratelli dell'Annunziata al Carmine un fercolo processionale col gruppo dell'Annunziata, che si custodisce nella chiesa di S. Francesco dello stesso centro.
L'opera, realizzata in legno di pioppo, salice e tiglio, fu spedita da Chiusa poco prima del 10 ag. 1583, quando il L. con il figlio Silvio rilasciò la quietanza di pagamento di once 20 a saldo del prezzo complessivo pattuito in 70 once (Marchese, 1989, pp. 30 s., 44, 183-186). A differenza di quanto indicato nel contratto, i pannelli del fercolo sono otto anziché sette, separati da cariatidi a guisa di sirena e da coppie di nicchie angolari con statuine di profeti. Probabilmente l'opera fu sottoposta a rifacimento nei "primi dell'Ottocento come denunciano le strutture e gli ornati di gusto neoclassico" (Cuccia, p. 528).
Nel 1585 eseguì in legno policromo la statua di S. Vito, già nella chiesa madre di Partanna (Varvaro Bruno). La statua, che era stata stimata dall'artista Antonino Ferraro, è andata distrutta nell'incendio della baracca in cui erano state poste alcune opere della chiesa a seguito del sisma del 1968.
Il notevole gruppo ligneo con S. Giorgio e il drago, oggi custodito nella chiesa del Rosario di Castronovo di Sicilia, fu commissionato il 7 marzo 1587 al figlio Silvio, che a quella data già coadiuvava il padre nei lavori della bottega di famiglia, il quale si impegnava anche a nome del padre con Giuseppe Bascone (Di Marzo, p. 704), rappresentante della locale Confraternita dei Ss. Giorgio e Lorenzo.
L'opera doveva essere consegnata entro un anno. Nell'atto di ratifica del contratto, datato 24 ott. 1588, fra i testimoni figura il pittore Nicolò Buttafuoco, padre dello scultore Giuseppe e del pittore Pompeo. In quest'opera il L. e il figlio Silvio mostrano una non comune ricerca di espressività unita a una certa maturità "nel padroneggiare la forma" (ibid., p. 705). Marchese (1989, p. 32) suppone che padre e figlio in quest'opera furono influenzati dalla pala marmorea con S. Giorgio della chiesa palermitana di S. Francesco d'Assisi, scolpita nel 1526 da Antonello Gaggini; mentre per Cuccia (pp. 530 s.) il precedente iconografico più vicino è costituito dalla raffaellesca stampa di Giulio Bonasone su disegno di Giulio Romano (1574).
Sulla base dell'omogeneità iconografica e stilistica con quest'ultimo gruppo di Castronovo è stato riferito al L. e a Silvio (Di Marzo, p. 705) il S. Giorgio e il drago della chiesa di S. Michele di Sambuca di Sicilia, già nella chiesa della Concezione che a sua volta lo aveva accolto dalla distrutta chiesa di S. Giorgio. L'opera si può definire una replica con varianti di quella esistente a Castronovo. Al L. sono state ancora attribuite la statua di S. Bartolomeo apostolo con fercolo processionale e le quattro storie del piedistallo, già nella chiesa eponima di Bivona, opera oggi perduta, e la statua lignea di S. Antonio nella chiesa di S. Domenico a Cammarata, assegnatagli da Giuliana Alajmo, ma poi espunta dal suo catalogo (Marchese, 1989, p. 33).
Silvio, nel febbraio 1600, si obbligò con i confratelli della chiesa di S. Lorenzo a Caltabellotta a completare l'esecuzione di una statua lignea del santo, iniziata da Vincenzo Passalacqua da Chiusa. L'opera, per contratto, doveva essere fornita di piedistallo istoriato con fatti relativi alla vita e al martirio del santo e del fercolo processionale con angeli, già iniziato da Passalacqua. L'importo globale ammontava a 43 once e 15 tarì. Nel testamento di Silvio datato 22 ag. 1603, questi dichiarava di dover ancora ricevere dalla Confraternita di Caltabellotta 20 once. La statua, oggi nella chiesa di S. Agostino, mostra quanto fosse ancora radicata la memoria della plastica gagginiana negli scultori lignei operanti in Sicilia tra XVI e XVII secolo. Probabilmente Silvio morì poco dopo aver dettato il testamento.
Il L. morì a Chiusa Sclafani il 31 ag. 1607. Nel testamento del 13 luglio 1607 chiedeva di essere seppellito, come il figlio, nella chiesa dell'ospedale associato al Monte di pietà di Chiusa. Contestualmente nominava suo erede il nipote Francesco Diego Lo Cascio, figlio di Silvio, la cui tutela venne affidata alla madre Caterina Arrigo e ad Antonio Mastrogiovanni. Dall'inventario dei beni, stilato il 7 dic. 1607, risultano presenti parecchi strumenti del suo lavoro di scultore, ma anche libri, disegni e stampe, una "Madonna d'Itria" e un "angilo", opere evidentemente non ancora consegnate o ancora non concluse (Mendola).
Fonti e Bibl.: G. Di Marzo, I Gagini e la scultura in Sicilia nei secoli XV e XVI, I-II, Palermo 1880-83, ad indicem; G. Giacone, Zabut, notizie storiche sul castello di Zabut e suo contiguo casale oggi comune di Sambuca di Sicilia, Sciacca 1932, p. 99; A. Varvaro Bruno, Partanna nella storia, nell'arte, nella fede e nel folclore, Palermo 1954, p. 139; G. Giacomazzi, Paesi di Sicilia: Castronovo, Palermo 1962, pp. 49 s.; A. Giuliana Alajmo, in R. Calderone, Michele Caltagirone, Casteltermini s.d. (ma 1970), pp. 7 s.; A.M. Schmidt, in La Voce di Sambuca, giugno 1975, p. 3; S. La Barbera, La scultura della maniera in Sicilia, Palermo 1984, p. 138; B. Alessi, Onofrio Vicari maestro intagliatore, in Miscellanea in onore di mons. can. dr. Angelo Noto…, Agrigento 1985, p. 48; A. Di Giovanna, Alla scoperta della terra di Zabut, Sambuca di Sicilia 1985, p. 28; I. Navarra, Arte e storia a Sciacca, Caltabellotta e Burgio dal XV al XVIII secolo, Foggia 1986, pp. 41-43, 95; A.G. Marchese, I Lo Cascio da Chiusa Sclafani, scultori in legno del '500, Palermo 1989; Id., I Lo Cascio da Chiusa, in Kalós. Arte in Sicilia, IV (1992), 3, pp. 14-21; S. La Barbera, in L. Sarullo, Diz. degli artisti siciliani, III, Scultura, Palermo 1994, pp. 185 s.; A.G. Marchese - A. Gerbino, in Omaggio ai Lo Cascio, scultori in legno del '500/'600 a Chiusa Sclafani, Palermo 1997, pp. 9-15; A. Cuccia, in Splendori di Sicilia. Arti decorative dal Rinascimento al Barocco, a cura di M.C. Di Natale, Milano 2001, pp. 527-531; G. Mendola, Inediti d'arte nella diocesi di Monreale, in Gloria Patri (catal., Monreale), a cura di G. Mendola, Palermo 2001, pp. 23 s.; F. Lo Piccolo, Diavoli e schiacciadiavoli nella tradizione siciliana, in Kalós. Arte in Sicilia, XV (2003), 3, pp. 30s.