MARAZZOLI, Marco (Marco Evangelista, Marco dall'Arpa)
Nacque a Parma, nel 1602 circa, da Dionisio e da Flora.
L'atto di morte, del 1662, lo definisce "aetatis suae annorum 60 circiter", quello di sepoltura di 55 anni (Kast, p. 50). Negli Stati d'anime della parrocchia romana di S. Nicola in Arcione, dove abitò dal 1639 alla morte, il M. è registrato annualmente, ma con età tra loro contraddittorie, tanto che è possibile presumere un anno di nascita oscillante fra 1600 e 1610 (ibid.). Sugli anni della formazione non si hanno notizie e l'unico legame noto con la città di origine è costituito dal beneficio di cui il M. godette come ebdomadario presso la cattedrale e che, in seguito a sua rinuncia, il 27 febbr. 1637 fu assegnato a tale Giulio Benali (Pelicelli).
Secondo quanto afferma il M. stesso nel testamento, nel 1626 si trasferì a Roma, dove visse fino alla morte. Una traccia dei suoi primi contatti con l'ambiente musicale romano è suggerita dalla Notitia de' contrapuntisti di G.O. Pitoni, secondo cui "qualche cantata morale" del M. fu "inserita nel libro delle poesie poste in musica da Gioseppe Giamberti, stampate in Orvieto l'anno 1628", oggi perduta (Franchi, 2006, p. 588). Nel 1629 il M. risulta fra i musicisti dell'entourage del cardinale Antonio Barberini, nipote di Urbano VIII, probabilmente come arpista; nel luglio di quell'anno, infatti, nei conti del porporato compare una spesa per le corde dell'arpa usata dal M. (Lionnet, 1985).
In quel periodo - e comunque non oltre il 1634 - diede lezioni di arpa alla figlia del pittore G. Lanfranco, chiedendogli in cambio tre quadri, fra cui la Venere che suona l'arpa - opera lasciata per testamento al cardinale A. Barberini e oggi conservata nel Museo di arte antica di palazzo Barberini in Roma - dove è raffigurata la "grande arpa dorata e intagliata" appartenuta ai Barberini (oggi presso il Museo degli strumenti musicali in Roma) e che probabilmente era quella data in uso al M. (Trinchieri Camiz). Dal testamento si apprende, inoltre, che gli altri due quadri di Lanfranco, una "Erminia quando saluta il pastore con tre fanciulle" e "una Cleopatra", furono lasciati dal M. rispettivamente al cardinale Carlo Barberini e al "principe di Palestrina" Maffeo Barberini.
Nel giugno 1631 il M. fece parte del seguito del cardinale A. Barberini, quando questi si recò come legato papale a Urbino per riannettere il Ducato roveresco allo Stato della Chiesa (Reiner, p. 268). Nel 1634, quando il porporato divenne arciprete di S. Maria Maggiore, il M. ottenne un beneficio presso questa basilica con la concessione di non dover ottemperare agli obblighi canonici se impegnato al servizio del Barberini. Dal 1637 fu inserito nei ruoli di A. Barberini come "aiutante di camera" e dal 1639 come "musico" (Prunières, 1933, pp. 118 s.); il 23 maggio 1637 entrò, per ordine di Urbano VIII, "come soprannumerario nella parte di tenore" nella Cappella pontificia (Celani), divenendone membro effettivo dal marzo 1640.
Alla corte di A. Barberini il M. fu attivo come cantante, virtuoso d'arpa e compositore; non facilmente ricostruibile appare, tuttavia, il suo contributo alla musica per le attività teatrali promosse dal cardinale e dalla sua famiglia. Collaborò con V. Mazzocchi alle musiche della commedia Chi soffre speri o L'Egisto (su libretto di Giulio Rospigliosi, tratto da una novella di G. Boccaccio), messa in scena nel teatro di palazzo Barberini nel carnevale del 1637 in onore del neoconvertito langravio Federico d'Assia, che costituisce il primo tentativo di trasferire nell'opera una serie di maschere della commedia dell'arte, come Coviello, Zanni, Moschino, Colillo e Frittellino. Chi soffre speri fu replicata nel carnevale del 1639, con l'ampliamento dell'atto II, l'inserimento di nuovi intermedi e di nuovi effetti scenici progettati da G.L. Bernini.
Benché la partitura rechi la scritta "posta in musica dalli signori Vergilio Mazzocchi e Marco Marazzoli" (Biblioteca apost. Vaticana, Barb. lat., 4386), non sono distinguibili le parti da attribuire all'uno o all'altro compositore. I conti di copiatura, rimborsati a Mazzocchi e al M., fanno pensare a un apporto proporzionalmente minore di quest'ultimo (Hammond, 1994, p. 236); tuttavia, è sicuramente da attribuire al M. il secondo intermedio della ripresa del 1639, la celebre Fiera di Farfa, la cui scenografia pare debba attribuirsi a Bernini.
Il M. collaborò come esecutore - e forse anche come compositore - al balletto L'acquisto di Durindana ovvero La pazzia d'Orlando, fatto eseguire dal cardinale Francesco Barberini al palazzo delle Quattro Fontane nel 1638 (Id., 1979, p. 118). Nel 1640 il M. fu pagato per la copiatura di un "intermedio di linguaggi" o "di lingue forastiere", in cui compaiono ancora una volta personaggi della commedia dell'arte (Dottore, Pantalone, Coviello, Zanni), probabilmente da lui stesso composto e destinato alla commedia sacra Giuseppe eseguita in palazzo Rusticucci per ordine del cardinale F. Barberini (ibid., pp. 121 s.; Murata, 1995, p. 94).
Il M. incontrò maggior fortuna come compositore di musiche teatrali a Ferrara, dove si recò nel luglio 1640 invitato dal marchese Cornelio Bentivoglio, che nel successivo settembre chiese, probabilmente ad A. Barberini, il permesso di potersi avvalere del M., "servitore di S.E., che con le sue compositioni ha dato saggio tale del suo valore che non può desiderarsi meglio", per allestire una "festa in musica e con machine" nel carnevale seguente (Fabris, p. 474). Il 10 febbr. 1641 nella sala Grande di Ferrara fu infatti rappresentata l'opera Gli amori di Armida su libretto di Ascanio Pio di Savoia, in onore del legato pontificio cardinal Matteo Ginetti (Monaldini, p. 68) e per le nozze Martinengo-Bonelli (Ziosi, p. 143). Nel 1642, C. Bentivoglio tornò ad avvalersi del M. per gli spettacoli organizzati in occasione del carnevale. L'11 genn. 1642, per onorare il principe Taddeo Barberini, nipote di Urbano VIII, di passaggio a Ferrara alla testa delle truppe pontificie reduce da una battaglia vittoriosa nella guerra di Castro, fu allestita l'opera-torneo Le pretensioni del Tebro e del Po, su versi di A. Pio di Savoia: uno spettacolo coreutico-drammatico che alludeva al conflitto in corso fra lo Stato della Chiesa e il Ducato di Parma, dove compaiono i personaggi di Roma, Ferrara e Giove (allegoria di Urbano VIII). Il giorno dopo fu messa in scena una ripresa degli Amori di Armida, con il titolo L'Amore trionfante dello Sdegno (Monaldini, pp. 69 s.).
Parallelamente agli impegni con gli spettacoli ferraresi, il M. coadiuvò il marchese Bentivoglio nel procurare alcune cantanti romane da ingaggiare in vista della stagione d'opera del carnevale 1642 al teatro dei Ss. Giovanni e Paolo di Venezia, gestito dalla famiglia Grimani (Fabris, pp. 485-488). L'aiuto non era disinteressato, dato che al M. era stata commissionata per quella stagione l'opera Gli amori di Giasone e d'Isifile, su libretto di O. Persiani, poi rappresentata al Ss. Giovanni e Paolo nel 1642; inoltre, con ogni probabilità, il M. dovette ricomporre diverse parti dell'opera Narciso ed Ecco immortalati (su libretto di O. Persiani) del collega cantore pontificio Filippo Vitali, andata in scena nello stesso teatro in quella stagione (ibid., pp. 483, 485).
Nel carnevale 1643 fu eseguito a Roma, in palazzo Roberti, Il giuditio della Ragione tra la Beltà e l'Affetto (o Il Capriccio, su libretto di Francesco Buti), una sorta di commediola galante messa in musica dal M. (Murata, 1981, p. 343; Franchi, 1988, p. 252).
Le buone relazioni dei Barberini e dei Bentivoglio con la corte francese, non meno dei successi ottenuti con le rappresentazioni ferraresi e veneziane - la recita degli Amori di Giasone e d'Isifile fu dedicata a Philippe d'Harlay "consigliere del re christianissimo et ambasciatore per sua maestà in Levante" -, valsero al M. l'invito da parte del cardinale Mazzarino - che ben conosceva gli spettacoli barberiniani per avervi assistito al tempo in cui viveva a Roma - a recarsi a Parigi insieme con alcune cantanti, fra le quali Eleonora Baroni (Ademollo, 1884, p. 20). Superate le resistenze del cardinale A. Barberini nel concedere la necessaria licenza di assentarsi di nuovo a lungo da Roma, il 28 nov. 1643 il M. partì per Parigi (Prunières, 1913, p. 50 n. 3). Non è noto, tuttavia, se qualche sua opera vi fosse poi effettivamente rappresentata: si suppone una ripresa del Giuditio della Ragione tra la Beltà e l'Affetto nel febbraio 1645 (Zaslaw, pp. 15 s.), ma l'ipotesi è stata messa in discussione (Murata, 1995, p. 103 n. 38).
Alla corte francese il M. soggiornò per oltre un anno e mezzo, anche perché nel frattempo, morto Urbano VIII nel 1644 e fuggiti a Parigi i Barberini, timorosi delle ritorsioni del neoeletto Innocenzo X, un eventuale ritorno a Roma si prospettava poco opportuno. Nel marzo 1645, come si apprende da una lettera dell'abate V. Scaglia a "madama reale" Cristina di Francia, il M. si trovava ancora a Parigi (Ademollo, 1884, p. 14), ma nel maggio-giugno di quell'anno aveva fatto già ritorno a Roma (Fabris, p. 495).
Al rientro il M. si trovò, in quanto familiare di A. Barberini, a vivere in un quadro politico mutato e ostile. In una lettera del 29 luglio 1645 a C. Bentivoglio scriveva che "se il tempo passato non torna, non occorre curarsi di star in questo mondo", lamentandosi della "corte [che] viene a eseguire la giustizia in casa mia e più [non] domanda licenza", e augurandosi "che ritorni presto il scudo regio di Francia a protegerci, perché altrimenti siamo spediti afatto" (Fabris, pp. 495 s.). L'assenza dei Barberini da Roma tenne il M. lontano dall'attività teatrale; in quegli anni, infatti, la sua produzione sembra rivolta soprattutto a generi come la cantata e l'oratorio.
Al 1650 circa dovrebbero risalire i due oratori S. Tomaso e Per il giorno della Resurrezione, su testo di L. Vittori, probabilmente eseguiti nell'oratorio filippino di S. Maria in Vallicella (chiesa Nuova). In questa sede potrebbero essere stati eseguiti altri oratori del M. su testo italiano, elencati in un inventario della Congregazione filippina di Bologna: il Natale di N.S. overo Primo giorno dell'anno, Per ogni tempo ("Si dissolve e svanisce"), S. Giustina di Padova e S. Caterina, gli ultimi due su testo di Lelio Orsini, principe di Vicovaro (Grampp, pp. 271-273, 285-287), e fors'anche il S. Giovanni Battista (Morelli, 1986, p. 79).
A. Adami, nelle sue Osservazioni per ben regolare il coro della cappella pontificia (Roma 1711, p. 201), menziona il M. come "ottimo compositore d'oratorj" che lui stesso aveva "sentiti cantar più volte in Chiesa Nuova"; Pitoni, inoltre, avvalora questa testimonianza, ricordando gli oratori del M. che si conservavano "nell'archivio della Chiesa Nuova" (Il nobilissimo oratorio, pp. 8-11).
Durante l'assenza dei Barberini, il M. era comunque riuscito a ricostituire una nuova rete di rapporti con altri aristocratici della corte romana. Numerosi dettagli sulla sua vita e sulla sua produzione di quegli anni emergono grazie al rapporto di amicizia che lo legò al poeta Sebastiano Baldini, di cui mise in musica non meno di una cinquantina di testi. Una poesia giocosa di Baldini e alcune lettere inviate dal M. allo stesso poeta nel 1653-54 - quando questi si trovava a Terni come segretario del vescovo, il cardinale A. Rapaccioli - rivelano che il M. era entrato nell'entourage dell'allora monsignore - poi, dal 1654, cardinale - Carlo Pio di Savoia (Murata, 1981, pp. 63 s., 209 s.; Morelli, 1997, pp. 421-423); è verosimile che il M. avesse instaurato rapporti con la famiglia di questo ecclesiastico ferrarese fin dai suoi soggiorni nella città emiliana nel 1640-42.
Fra i lavori d'occasione attribuibili a quegli anni si trova la cantata A valicar di Teti, "poesia per il passaggio della regina di Spagna da Genova" ovvero di Marianna d'Austria, sposa di Filippo IV, nel 1649 in viaggio per la Spagna (Witzenmann, 1969, p. 62 e 1970, p. 233) e uno fra i sei "recitativi per musica" che formano Lo sposalitio, cantata su testo di Baldini per le nozze celebrate in Roma nel febbraio 1653 fra Anna Colonna e Paolo Spinola duca di Sesto (Morelli, 2000, pp. 84 s.).
Nel carnevale 1654 il M. tornò all'attività teatrale grazie ai festeggiamenti per le nozze, celebrate l'anno precedente, tra Maffeo Barberini e Olimpia Giustiniani, nipote di Innocenzo X, con le quali veniva suggellata la pace tra il papa e i Barberini. Presso il teatro Barberini fu allestita l'opera Dal male il bene, messa in musica da A.M. Abbatini (atto I e III, scene X-XVI) e dal M. (atto II e III, scene I-IX). Per il carnevale 1655 il M. compose l'opera L'armi e gli amori, che a causa della morte di Innocenzo X non fu rappresentata. Le due opere - per i cui libretti è stata di recente ipotizzata l'attribuzione a Giacomo Rospigliosi invece che a suo zio Giulio (Daolmi, 2005, pp. 147-150) - costituiscono il primo esperimento di trasposizione nel teatro musicale di due commedie spagnole di cappa e spada, rispettivamente di A. Sigler de Huerta e J. Pérez de Montalbán, e sono emblematiche del mutato orientamento drammaturgico dell'opera romana di quegli anni.
Con l'elezione di Alessandro VII al pontificato, il M. divenne uno dei compositori più attivi della corte romana, forse agevolato dallo stretto rapporto che lo legava al cardinale Pio di Savoia, porporato particolarmente vicino al papa e ai Chigi. "D'ordine di N.S. [Alessandro VII]" gli pervenne infatti "l'incombenza delle musiche che si dovevano fare" per festeggiare la conversione di Cristina di Svezia e il suo arrivo a Roma, provocando qualche malumore fra i cantori pontifici (Lionnet, 1998, p. 313); nell'ambito di questo programma, pare ideato dallo stesso Alessandro VII, il M. compose il dramma allegorico-morale La vita umana overo Il trionfo della pietà (su libretto di Giulio Rospigliosi o forse del nipote Giacomo; Daolmi, 2005, pp. 150 s.), rappresentato al teatro Barberini nel gennaio 1656, che costituì il principale spettacolo fra i molti dati in onore della sovrana svedese. La partitura del dramma fu stampata nel 1658 con le incisioni delle scene di G.F. Grimaldi. Nello stesso carnevale 1656, ancora nel teatro Barberini fu finalmente rappresentata l'opera L'armi e gli amori e andò in scena una replica di Dal male il bene.
Nel 1656 Alessandro VII nominò il M. "cameriere extra muros", una carica con funzioni di rappresentanza nelle occasioni solenni (Wessely-Kropik, p. 35).
Per le villeggiature primaverili e autunnali di Alessandro VII a Castel Gandolfo, il M. compose diverse cantate a più voci, su testo di Baldini, come Il lago o Il riposo, e Le giustificationi di Primavera (maggio 1656); Lo sdegno della Primavera. Flora e Zeffiro; La chiamata de' pastori di Castel Gandolfo fatta all'autunno; Il trionfo della Pace, Giustizia e Clemenza riportata da Marte, Bellona e Sdegno; Invito delle ninfe del Castel Gandolfo; La preghiera di Bacco, Pomona e Vertunno; L'arrivo di Primavera (Cardinale, p. 44; Morelli, 2000, pp. 54, 59, 79, 91 s., 95 s.).
Alla seconda metà degli anni Cinquanta-inizio dei Sessanta risalgono probabilmente due serenate, sempre su testo di Baldini, composte dal M. su commissione del cardinale Giovanni Carlo de' Medici: I felici e gli infelici e La lite tra i sei amanti e Momo giudice, quest'ultima "cantata in tre carri al lume di torce, prima alla sig.ra contestabilessa [Maria Mancini Colonna] nel cortile del suo palazzo ai Ss. Apostoli, poi all'ambasciatore di Spagna" (Cardinale, p. 44; Morelli, 2000, pp. 53, 112). I rapporti diretti con il cardinale fiorentino e l'ambiente mediceo sembrano comprovati dal fatto che nel giugno 1658 il M. e il poeta Baldini si recarono a Firenze per assistere alla prima dell'Ipermestra di F. Cavalli (P.F. Caletti); in quell'occasione entrambi furono ricevuti dal granduca di Toscana e presero parte a varie accademie in casa di nobili fiorentini; in particolare, la corrispondenza di Baldini fa menzione di quella tenutasi dal marchese Nicolini, in cui il M. accompagnò al cembalo "la Viviani, cognata di Ciccolino [scil. Antonio Rivani]"; nel loro viaggio i due fecero tappa anche a Siena, Lucca e Livorno (Cardinale, pp. 37 s.).
Il M. morì a Roma il 26 genn. 1662.
Il suo testamento olografo - depositato il giorno seguente presso un notaio - aprì un contenzioso fra gli eredi e la Camera apostolica che considerava il M. morto ab intestato. Risoltasi la controversia, il cospicuo patrimonio del M. fu quindi assegnato secondo le sue volontà: erede principale fu Anna Giustiniani, dal 1650 sua servitrice, poi adottata come "nepote"; alcuni luoghi di Monte andarono ai "compagni benefitiati" di S. Maria Maggiore e al "collegio dei signori musici di cappella [pontificia]"; oltre ai citati quadri lasciati a membri della famiglia Barberini, altri dipinti e oggetti preziosi furono lasciati ai cardinali G. Rospigliosi e C. Pio di Savoia, e a Orazio Magalotti.
Oltre alle opere teatrali e agli oratori citati, del M. restano quattro dialoghi sacri in italiano, sei oratori su testo latino, cinque composizioni sacre e circa 380 cantate (a una, due, tre, quattro, cinque e sei voci, di varie forme, come recitativo, lamento, dialogo, canzone, sonetto e aria, spesso strofica con "intercalare"), genere quest'ultimo in cui il M. emerge come uno dei più affermati e prolifici compositori del tempo, accanto a G. Carissimi e L. Rossi. Gran parte della produzione musicale del M. è conservata in una ventina di volumi autografi nel fondo Chigi della Biblioteca apostolica Vaticana.
In facsimile sono l'opera L'Egisto ovvero Chi soffre speri (a cura di H.M. Brown, New York 1982), due oratori (in Oratorios by Pietro Della Valle, Francesco Foggia, Bonifazio Graziani, M. M., a cura di H.E. Smither, New York 1986), una scelta di sue cantate (Cantatas, a cura di W. Witzenmann, New York 1986), nonché la cantata Le giustificazioni di Primavera (in Morelli, 2000, pp. 117-135); in edizione moderna alcune cantate in lode di Alessandro VII (Weeks) e gli oratori Per il giorno della Resurrezione e S. Tommaso (in Il nobilissimo oratorio). Per il catalogo completo delle opere del M. si rimanda alla voce di W. Witzenmann in New Grove Dictionary.
Fonti e Bibl.: Arch. segreto Vaticano, Segreteria dei Brevi, reg. 816, cc. 65 s. (beneficio in S. Maria Maggiore, 1° sett. 1634); Arch. di Stato di Roma, Notai, segretari e cancellieri della Camera apostolica, vol. 2082, cc. 48 s. (testamento); A. Ademollo, I primi fasti della musica italiana a Parigi, Milano 1884, pp. 10-20; Id., I teatri di Roma nel secolo decimosettimo, Roma 1888, ad ind.; E. Celani, I cantori della cappella pontificia nei secoli XVI-XVIII, in Riv. musicale italiana, XIII (1907), p. 785; H. Prunières, L'opéra italien en France avant Lulli, Paris 1913, ad ind.; Id., Les musiciens du cardinal Antonio Barberini, in Mélanges de musicologie offerts à M. Lionel de la Laurencie, Paris 1933, pp. 117-122; N. Pelicelli, Musicisti in Parma nel secolo XVII, in Note d'archivio per la storia musicale, X (1933), p. 38; S. Reiner, Collaboration in "Chi soffre speri", in Music Review, XXII (1961), pp. 265-282; P. Kast, Biographische Notizen zu römischen Musikern des 17. 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