UCCELLINI, Marco
UCCELLINI, Marco. – Nacque intorno al 1610 a Forlimpopoli, quasi certamente nella parrocchia di S. Rufillo, da donna Eufrosina e da Pietro Maria Uccellini, figlio di Paulo «da Forlimpopoli». Mancando un atto battesimale, la data di nascita è stata congetturata sulla base dell’età dichiarata nell’atto di morte (settant’anni; Pajerski, 1979, p. 10), confutando così la precedente ipotesi di una nascita nel 1603 (Valbonesi, 1858).
Ebbe una sorella e due fratelli, Maria, Paolo e Giovanni; da quest’ultimo nacquero i nipoti Domenico, che Marco nominò poi suo erede, e Camillo, anch’egli strumentista ad arco e professionalmente vicino allo zio. Dal testamento, redatto il 9 settembre 1680, si deduce che ebbe anche una nipote, Domenica, figlia di Paolo (Pajerski, 1979, p. 175). Gli Uccellini erano originari di Firenze, ma già agli inizi del secolo XIV un ramo della famiglia, scacciato dalla città, si era stabilito a Forlimpopoli, dove aveva acquisito numerosi e ricchi possedimenti (Rosetti, 1890).
Uccellini compì gli studi ecclesiastici sotto la diocesi di Bertinoro tra il 1627 e il 1635, e fu ordinato sacerdote ad Assisi nel Sacro Convento di S. Francesco dopo il 17 marzo 1637 (Roncroffi, in Marco Uccellini, 1999, pp. 254 s.). Le uniche notizie circa la formazione musicale da lui ricevuta provengono dalle sue volontà testamentarie redatte dal notaio Benedetto Bandi, da cui si apprende che, «in Assisi p[er]fettionato nella tanto gradita virtù del suono e del canto, ha fatto poi conoscere et unitam[en]te godere, medianti le stampe, al mondo la singolarità del suo nome» (Pajerski, 1979, p. 174). Posto che Uccellini abbia davvero «perfezionato» le conoscenze musicali in Assisi, è assai probabile che vi abbia incontrato Giovanni Battista Buonamente, dal 1633 violinista e dal 1636 maestro di cappella nel Sacro convento di S. Francesco. Non scarseggiano, a conferma, le convergenze stilistiche e formali riscontrate nelle loro opere (Allsop, 2005).
Non è pervenuta la prima pubblicazione di musiche strumentali di Uccellini, che dovette vedere la luce tra il 1637 e il 1° agosto 1639. In questa data comparve in Venezia il libro secondo di Sonate, sinfonie et correnti a 2, a 3 et a 4, per sonare con diversi instromenti, dedicato (forse in vista di una prima occupazione?) al cardinale Ulderico Carpegna, vescovo di Todi.
Benché il titolo dell’opera alluda alla perdurante pratica cinquecentesca di un’esecuzione adatta a strumenti di varia natura, il sommario del libro prevede espressamente l’impiego dei violini per le parti acute, mentre la parte grave spetta al basso di viola e solo nelle prime due sonate al trombone o alla tiorba.
Niente si sa del quinquennio suppergiù intercorso tra l’ordinazione sacerdotale e il servizio alla corte di Modena come «cappellano e musico», documentato con certezza a partire dal 1° gennaio 1641 (Roncaglia, 1957). Un indizio retrospettivo lo dà però la dedica dell’ultima sua raccolta strumentale, i Sinfonici concerti brievi e facili [...] per chiesa e per camera con brandi e corenti alla francese e balletti al italiana, giusta l’uso aprovatissimo della corte di Parma, opera IX (Venezia 1667): nel rivolgersi al suo nuovo padrone, il duca Ranuccio II Farnese, Uccellini dichiara di avere pubblicato gli otto libri precedenti mentre era «mastro di cappella di voci e di strumenti» alla corte di Modena, dunque fin dal 1639 al più tardi. Nel frontespizio dell’opera IV (1645) risulta «musico e capo degl’instromentisti». Il ruolo dovette comportare, oltre alla concertazione e alla composizione, anche incombenze amministrative (come traspare dalla qualifica di cappellano con cui venne registrato nei libri contabili) e didattiche in seno alla famiglia ducale (Roncroffi, in Marco Uccellini, 1999, p. 246; lettere del musicista, anche cifrate, sono nell’Archivio di Stato di Modena, Archivio segreto estense, Cancelleria, Carteggi di particolari, Uccellini, b. 1416).
Nel 1642, sempre a Venezia, uscì un terzo libro di Sonate, arie et correnti a 2 e 3 per sonare con diversi instromenti, dedicato al duca Francesco I d’Este, in segno di deferenza e ringraziamento. Il libro successivo di Sonate, correnti et arie da farsi con diversi stromenti sì da camera come da chiesa, a uno, a due et a tre opera IV (Venezia 1645), è dedicato all’erede al trono, il principe Alfonso.
È questa una delle più precoci attestazioni, nella storia del genere ‘sonata’, del doppio riferimento alla «camera» e alla «chiesa»: qui tuttavia esso va inteso nel senso di una certa qual versatilità funzionale – sonate adatte indifferentemente agli intrattenimenti di corte e al contesto ecclesiastico – e non già di una categorica distinzione tipologica e morfologica quale si cristallizzerà trenta e più anni dopo; né nel sommario né nel testo viene infatti specificata la destinazione delle singole sonate. Si mantiene invece nel solco di una ben radicata tradizione l’uso di intitolare i brani con bizzarri motti, sia nelle sonate (per esempio, La Luciminia contenta, La Ebrea marinata, La Laura rilucente) sia nelle arie (Il caporal Simon, Questa bella sirena, La scatola degli aghi; un prospetto di tali diciture è in Harrán, 2014). Altre volte i titoli più semplicemente alludono a maestri, colleghi, sodali, patroni: e non sarà un caso che la sonata XVIII nel libro del 1642 s’intitoli La Bonamenta, con trasparente riferimento a Buonamente, suo probabile mentore in Assisi.
Contenute nei libri del 1642 e 1645, le ‘arie’ di Uccellini – nella musica strumentale il termine designava una melodia concisa e profilata, facile da memorizzare, che si prestasse a essere variata – sono concepite sul modello del tema con variazioni sopra un motivo ostinato, come la ciaccona, la passacaglia, il ruggiero e l’‘aria della Monica’, oppure su una melodia di tradizione popolare. La somiglianza nel modo di enunciare e trattare i motivi nelle raccolte di Buonamente e di Uccellini emerge, ad esempio, in È tanto tempo ormai, Quest’è quel loco (1642) e La scatola degli aghi (1645; Toffetti, in Marco Uccellini, 1999, pp. 12-14, 22 s.). Entrambi coltivarono un tipo di sonata a tre di taglio breve, dallo schema libero, articolata in movimenti diversi ma tra loro concatenati, spesso basati su ritmi ostinati. Se la prassi corrente prevedeva parità di registro tra i due strumenti superiori, in diversi casi Uccellini modificò il modello destinando al secondo violino una parte più acuta, come nella sonata La Torella (1642), in cui la mano sinistra scorre sul manico dello strumento fino a raggiungere quella che nella tecnica violinistica seriore fu denominata ‘quinta posizione’. Uccellini sviluppò una scrittura virtuosistica mirata all’espressione degli affetti e alla scoperta delle potenzialità dello strumento nel registro acuto: è il caso, nella sonata XVIII dell’opera IV, per due violini, della suggestiva sezione con il tremolo dell’arco che conduce alla sezione finale in allegro, o nella sonata II nello stesso libro, la Luciminia contenta, dove il presto posto dopo l’exordium si presenta quasi come una diminuzione dell’adagio (cioè una variazione della melodia originale mediante un’esuberante fioritura di note brevi), secondo tecniche tipiche dell’improvvisazione estemporanea.
Il 22 giugno 1647 Uccellini fu nominato maestro di cappella nella cattedrale di Modena (Roncroffi, in Marco Uccellini, 1999, p. 256). La successiva opera V, Sonate over canzoni da farsi a violino solo e basso continuo (Venezia 1649; ed. a cura di P. Wilk, Lucca 2002), rappresentò una novità nel campo dell’editoria di musica strumentale: per la prima volta un compositore italiano dedicò un intero libro a composizioni per violino solo e basso continuo, senza l’apporto d’altri strumenti.
Queste sonate rappresentano quanto di più sofisticato abbia da offrire la scrittura violinistica dell’epoca. Uccellini indaga l’intera tastiera e spinge l’esecutore fino al sol e al la sovracuti (sesta e settima posizione), introduce trilli sulle note acute, ritmi puntati e ‘alla lombarda’, floride figurazioni in note brevi e brevissime, tremoli d’arco (Wilk, in Marco Uccellini, 1999, pp. 62 s.) e crea ad arte continui contrasti sonori alternando sezioni di carattere e stile differenti, come nel caso della sonata IV (pp. 67 s.). La raccolta contiene anche uno stravagante ‘capriccio’ di carattere imitativo, «Trombetta sordina per sonare con violino solo» (Frei, 2010, pp. 368, 408), e una sonata (la XIII) «a duoi violini» su un canone per moto retrogrado o cancrizzante. L’opera fu dedicata al cardinale Alderano Cybo, legato a latere in Romagna.
Nel 1654 Uccellini mandò alle stampe il suo unico libro di musica da chiesa, frutto probabile del magistero nel duomo di Modena. I Salmi a una, a tre, quatro et a cinque, concertati parte con istromenti e parte senza, opera VI (Venezia 1654) sono dedicati a Ferrante Gonzaga, terzo duca di Guastalla (non sono altrimenti documentate relazioni dirette tra il musicista e il duca melomane; Torelli, in Marco Uccellini, 1999, p. 80). Quattro brani sono dedicati a tre musici dei duchi di Modena e di Guastalla, e a Orazio Tarditi, maestro di cappella a Faenza (Harrán, 2014, p. 7). Quasi tutti i brani prevedono l’assidua presenza dei violini, vuoi con parti di rinforzo delle voci vuoi con sinfonie autonome, spesso adibite a ritornello entro la struttura generale del salmo (Torelli, in Marco Uccellini, 1999, pp. 93-96).
La fama di Uccellini compositore e violinista fu tale che nell’autunno del 1655 il cardinale Ottavio Acquaviva d’Aragona lo chiese in prestito al duca Francesco I perché si esibisse in Rimini in occasione del passaggio della regina Cristina di Svezia alla volta di Roma (Pajerski, 1979, p. 166). Nel 1660, sempre a Venezia, pubblicò due libri che nel contenuto e nel titolo alludono a musiche da ballo di uso cortese: ebbero entrambi un’eco transalpina. L’Ozio regio, compositioni armoniche sopra il violino e diversi altri strumenti, opera VII, dedicato al cardinale Giulio Mazzarino, lo zio di Laura Martinozzi, consorte del duca Alfonso IV d’Este, contiene ventuno sonate da uno a quattro violini; sei sinfonie a cinque; due toccate a sei; sedici correnti a quattro «in stil francese per ballare» (eseguibili anche a violino solo) e a cinque «al itagliana» (sic; anche a due violini); e sei correnti più una toccata «a due violini da sonarsi tutte due le parti con un violino solo» (Frei, 2010, pp. 211, 350-353). Nel 1668 l’editore fiammingo Pierre Phalèse ne fece una parziale riedizione, Compositioni armoniche sopra il violino e diversi altri strumenti (Anversa 1668). L’altro libro del 1660 contiene Sinfonie boscarecie, brandi, corrente, con diversi balli alla francese e all’itagliana conforme si costuma ballare nella corte del [...] duca di Modena, opera VIII, «a violino solo e basso, con l’agiunta di due altri violini ad libitum». L’unico esemplare pervenuto è gravemente mutilo, ma sopravvivono riedizioni pubblicate ad Anversa da Phalèse (1669) e da Lucas de Potter (1677).
Uccellini durò nell’incarico di capo degli strumenti di corte a Modena fino al 31 luglio 1662, due settimane dopo la morte del duca Alfonso, ma mantenne il posto in cattedrale, lasciato infine il 30 ottobre 1665 (Roncroffi, in Marco Uccellini, 1999, pp. 263 s.). Non sono noti attriti con la famiglia ducale tali da giustificare un licenziamento; può essersi trattato di un effetto della crisi economica in cui precipitò la corte con la scomparsa del sovrano (p. 247). E comunque il musicista dovette mantenere buoni rapporti con la corte, se ancora il 1° novembre 1664 Pietro Simone Agostini, maestro di cappella nel Gesù di Genova, essendo in cerca di sue musiche, ne fece richiesta tramite l’archivista ducale (Pajerski, 1979, pp. 173 s.).
Il 20 novembre 1665 passò al servizio di Isabella d’Este, figlia di Francesco I, dall’anno prima sposa del duca di Parma (Roncroffi, in Marco Uccellini, 1999, p. 248). Nel 1667 pubblicò la citata opera IX, dedicata a Ranuccio II. Maestro di cappella ducale, gli toccò dedicarsi tra l’altro a svariate musiche teatrali, di cui restano i soli libretti: nel 1673 e nel 1677 musicò due «introduzioni» drammatiche a Le navi d’Enea e Il Giove d’Elide fulminato, balletti di corte promossi da Isabella nel teatrino di corte, versi di Alessandro Guidi; la favola pastorale Li eventi di Filandro et Edessa, del forlivese Gaddo Gaddi, fu invece cantata nei collegi dei nobili di Parma nel 1675 e di Piacenza nel 1677, da compagnie tutte al maschile.
Morì il 10 settembre 1680 a Forlimpopoli. Non si sa quando fosse rimpatriato. Il suo nome risulta iscritto nei ruoli farnesiani fino al 1679: è possibile che già nella prima metà del 1680 avesse fatto ritorno in Romagna (Roncroffi, in Marco Uccellini, 1999, p. 249), dove aveva comunque mantenuto e trafficato proprietà immobiliari.
L’opera di Uccellini rappresentò una tappa fondamentale nello sviluppo della musica strumentale italiana. Il violinista forlimpopolese diede impulso all’evoluzione delle composizioni a tre e più strumenti, e con l’opera V favorì l’emancipazione del violino come strumento solista, potenziandone le risorse sonore, le tecniche esecutive e le peculiarità idiomatiche. In Modena fu il capostipite di una fiorente scuola violinistica – vi spiccarono Giovanni Maria Bononcini e Giuseppe Colombi – e può essere accostato ai maggiori violinisti di scuola tedesca, come Johann Heinrich Schmelzer, Heinrich Ignaz Franz von Biber e Johann Jakob Walther. Le prime tre raccolte strumentali di Uccellini furono conosciute Oltralpe: le segnala l’Indice di tutte le opera di musica del libraio monacense Paul Parstorffer (München, 1653, cit. in J.G. Walther, Musicalisches Lexicon oder musicalische Bibliothec, Leipzig 1732, p. 628).
Fonti e Bibl.: L. Valbonesi, Notizie storiche della confraternita della Buona morte, Bertinoro 1858, p. 47; E. Rosetti, Forlimpopoli e dintorni, Milano 1890, p. 87; C. Sartori, Bibliografia della musica strumentale italiana stampata in Italia fino al 1700, I-II, Firenze 1952, ad ind.; G. Roncaglia, La cappella musicale del duomo di Modena, Firenze 1957, p. 144; W.S. Newman, The sonata in the baroque era, Chapel Hill (N.C.) 1959, pp. 122-125; F.M. Pajerski, M. U. (1610-1680) and his music, Ph.D. diss., New York University, 1979; W. Apel, Italian violin music on the seventeenth century, a cura di T. Binkley, Bloomington (Ind.) 1990, pp. 99-119; P. Allsop, The Italian ‘trio’ sonata: from its origins until Corelli, Oxford 1992, pp. 116-123; S. Roncroffi, M. U. violinista e compositore del secolo XVII, Bologna 1993; M. U. Atti del Convegno..., Forlimpopoli... 1996, a cura di M. Caraci Vela - M. Toffetti, Lucca 1999 (in partic. M. Toffetti, «Tu m’hai rotto la scatola degli aghi»: rielaborazione e improvvisazione nelle arie dell’opera terza (1642) e quarta (1645) di M. U., pp. 3-50; P. Wilk, Le «Sonate over canzoni» (1649) di M. U., pp. 51-72; D. Torelli, M. U. da Forlimpopoli maestro di cappella a Modena: i «Salmi concertati» (1654), pp. 73-96; S. Roncroffi, Appendice biografica, pp. 243-269); T.D. Dunn, U., M., in The new Grove dictionary of music and musicians, XXVI, London 2001, p. 24; P. Allsop, Cavalier Giovanni Battista Buonamente, franciscan violinist, Aldershot 2005, pp. 178-191; B. Schrammek, U., M., in Die Musik in Geschichte und Gegenwart, Personenteil, XVI, Kassel 2006, coll. 1167-1169; C. Frei, L’arco sonoro. Articulation et ornamentation: les différentes pratiques d’exécution pour violon en Italie au 17. siécle, Lucca 2010, ad ind.; D. Harrán, Dedication and labelling practices in seventeenth-century instrumental music: the case of M. U., in Royal musical association research chronicle, 2014, vol. 45, pp. 1-25.