MARDUK (ideogramma amar-ud; Ma-ruduk, Mar-du-ku; ebraico Mĕrodak)
Dio della città di Babilonia, assurto a capo dal pantheon mesopotamico a partire dal XVIII sec, a. C.
Divinità in origine irrilevante, del cui nome si ignora il significato esatto, M. conobbe una fortuna parallela a quella della città in cui era inizialmente venerato. Il processo di elevazione di M. sulle altre divinità, iniziato da Hammurapi (1728-1686 a. C.) e proseguito dai suoi successori, fu accompagnato da una notevole tendenza monoteistica; il culto di M. raggiunse la massima diffusione nel periodo neo-babilonese (VII-VI sec. a. C.). Il conseguimento da parte di M. della supremazia sugli altri dèi si manifestò principalmente con la sostituzione del dio babilonese a Enlil (v.), la principale divinità sumerica, e con una sua discendenza diretta da Enki (v.), il dio di Eridu (v.), la più antica e la più sacra città sumerica. Dichiarato figlio di Enki e divenuto protagonista del Poema della Creazione (Enūma elīsh), M. viene acclamato come capo di tutti gli dèi: "Alla signoria degli dèi del cielo e della terra (gli dèi) lo destinarono" (Enīma elūsh, vi, 100). Il prologo del Codice di Hammurapi mostra la parte che questo re ebbe nell'affermazione del culto di Marduk. Per gli edifici sacri a M. a Babilonia, v. babilonia.
È difficile stabilire quali siano le più antiche raffigurazioni di M., a causa sia della natura eclettica del dio sia della gradualità nell'affermazione del suo culto sia, infine, delle generali condizioni dell'iconografia babilonese nel II millennio a. C. Usurpando il posto di Enlil M. ne assunse anche l'animale simbolico, di mushrussu (il drago cornuto raffigurato sulla Porta di Ishtar a Babilonia) che del resto talvolta appare associato anche ad altre divinità; nè può escludersi la possibilità che M. sia stato talvolta raffigurato sotto un aspetto usuale per altri dèi. Ciò appare tanto più verosimile in quanto nel periodo babilonese era già venuta meno la ricchezza iconografica che aveva caratterizzato le raffigurazioni divine e mitologiche della seconda metà del III millennio; va inoltre rilevato che l'affermazione di M. nel periodo cassita coincise nel campo delle arti figurative con una notevole intensità della tendenza aniconica; ciò spiega l'assoluta prevalenza del simbolo (il marru, la punta triangolare posta su un supporto) sulla rappresentazione antropomorfica.
Dopo quanto si è detto appare estremamente improbabile l'affermazione di H. Frankfort su una presunta presenza di M. nella glittica dal periodo accadico (circa 2350-2150): la poco convincente tesi di O. Ravn, secondo cui il culto di M. sarebbe stato già sviluppato prima di Hammurapi e sulla quale il Frankfort aveva fondato le sue asserzioni, è ora stata dimostrata filologicamente insostenibile (cfr. H. Schmökel, in Revue d'Assyriologie, liii, 1959, pp. 183-204). È invece possibile, anche se non dimostrabile, ravvisare in alcune raffigurazioni di sigilli paleobabilonesi il dio M. accompagnato dal mushrussu: la divinità, con la caratteristica tiara a corni e la lunga veste a balze, appare talvolta seduta col braccio teso e in mano il cerchio magico e il bastone (H. Frankfort, Seals, xxvi, k; xxviii, m), talvolta in piedi con la hàrpe nella simstra distesa lungo il fianco (id., xxviii, n). Questo secondo tipo si ritrova poi in monumenti posteriori: su un kudurru del re cassita Melishipak II (circa 1200 a. C.), conservato al British Museum, la sola variante di rilievo è data dal copricapo: alla tradizionale tiara mesopotamica di origine sumerica si è sostituita una tiara cilindrica sormontata da penne (cfr. la tiara del re babilonese Marduk-nādin-akhkē s. v. babilonese, arte). Su un sigillo di lapislazzuli, trovato a Babilonia e conservato a Berlino, col nome del re Marduk-zakir-shumi I (851-828 a. C.) M. impugna nella destra, sollevata al petto mentre la sinistra è distesa lungo il fianco, il cerchio e il bastone, invece della mazza che si vede sul kudurru; l'abito appare inoltre decorato con ampi cerchi recanti stelle al centro. È stato supposto che la raffigurazione del sigillo riproduca la statua cultuale del tempio di Babilonia: tale statua è ricordata per le sue vicissitudini da varie fonti accadiche (quantunque sembri poco probabile che si tratti sempre della stessa opera), e sappiamo che dopo essere stata portata ad Assur da Sennacherib nel 689 a. C. fu restituita a Babilonia da Assurbanipal nel 668 (D. D. Luckenbill, Ancient Records of Babylonia and Assyria, Chicago 1927, II, 957; 962). L'identificazione appare verosimile poiché la lavorazione dell'abito quale appare dal sigillo e le testimonianze di autori greci concordano nell'indicare una statua metallica, probabilmente in bronzo dorato. Diodoro Siculo (II, 9), parla infatti di tre ἀγάλματα χρυσᾶ σϕυρήλατα; tra queste, quella di M. (Zeus) ἑστηκός ἧν καὶ διαβεβηκός; Erodoto (1 183) riporta inoltre quanto affermavano i Babilonesi, e cioè che Serse avrebbe sottratto al tempio di Babilonia una statua di culto: ἀνδριὰς δυώδεκα πηχέων χρύσεος στερεός.
Accanto al tipo del dio stante, la cui origine risale al periodo paleo-babilonese ma che probabilmente si fissò nei suoi caratteri definitivi nel periodo cassita (come mostra la tiara cilindrica), M. era verosimilmente raffigurato anche nella tipologia del dio seduto: la figura del sigillo paleobabilonese sopra ricordato sembra perpetuata dalla statua vista da Erodoto nel tempio di Babilonia: ἄγαλμα μέγα τοῦ Διὸς ἔνι κατήμενος χρύσεον.
Sui sigilli assiri M. assume una tipologia assira affatto impersonale, assimilandosi alle altre divinità maschili da cui solo il mushrussu lo distingue.
Bibl.: Generali: G. Furlani, La religione babilonese e assira, I, Bologna 1928, pp. 198-207; E. Ebeling, in Pauly-Wissowa, XIV, 2, 1930, cc. 1658-673, s. v.; E. Dhorme, Les religions de Babylonie et d'Assyrie, Parigi 1945, pp. 135-50, 168-70; G. Furlani, Miti babilonesi e assiri, Firenze 1958, passim. Iconografia: E. Unger, Götterbild,in M. Ebert, Reallexikon der Vorgeschichte, IV, 2, Berlino 1926, pp. 414, 421; H. Frankfort, Cylinder Seals, Londra 1939, passim.