MARECCHIA (A. T., 2425-26)
Fiume del versante appenninico del medio Adriatico, a nord del Conero; ha le sorgive nell'Alpe della Luna, ruga normale o diretta a SE. del fascio toscano, raccoglie poi le acque della ruga aberrante, eocenica, diretta a NE., la quale culmina nel Carpegna (m. 1415) e costituisce la sezione settentrionale dell'aspro Montefeltro e il Titano di S. Marino. Il suo bacino è, così, successivamente, toscano, marchigiano e romagnolo o riminese, nel solito orientamento generale dei bacini del medio Adriatico, da SO. a NE. Il nome latino fu Ariminus, donde Rimini, l'antichissimo nucleo alla sua foce.
Lo sviluppo del corso è di circa 70 km.; la superficie del bacino di circa 500 kmq. L'alta conca sorgiva, toscana, o conca di Badia Tedalda (m. 756), nettamente incavata in arenarie eoceniche e mioceniche antiche, con qualche insinuazione serpentinosa, avvia le sue acque, per mezzo di multipli torrentelli radiali, a un unico punto, dal Poggio dei Tre Vescovi (m. 1127), da quello dell'Aquila (m. 1037), dal monte dei Frati (m. 1454) in Alpe della Luna e dal Poggio delle Campane (m. 1036). Il bacino superiore-mediano o Monferetrano e Sanmarinese, dominato sulla destra dal Carpegna e dal Titano (metri 738), costituito da gessi miocenici solfiferi e da calcari del Cretacico e dell'Eocene è, in gran parte, soggetto a frane, in specie sulla destra, nei rilievi di Pennabilli, di S. Leo e di S. Marino e, sulla sinistra, in quelli di S. Agata Feltria e della Perticara. In questo bacino affluisce sulla sinistra il torrente Senatello, che ha sorgive prossime a quelle del Tevere (a Le Balze); sulla destra affluiscono il torrente Mazzocco e il S. Marino. Il bacino inferiore e deltale è costituito da argille e sabbioni pliocenici o subappenninici e da depositi alluvionali del Quaternario o attuali della foce riminese. Il corso del fiume è seguito, più o meno da presso, dall'importante antica strada dall'Adriatico e Romagna alla Toscana e alta valle Tiberina; cioè, da Rimini (m. 7), per il passo di Viamaggio (m. 988), alla Pieve S. Stefano (m. 431); essa rappresenta il più facile mezzo per penetrare dalla lingua meridionale della Pianura Padana nel cuore dell'Italia centrale.