MARENGO (A. T., 24-25-26)
Frazione del comune di Alessandria, situata a 93 m. s. m., a SE. di questa città, nella pianura detta Piana di Marengo, la quale si stende a sud del Po, fra la Bormida, la Scrivia e l'Appennino. Tramvia per Alessandria (4 km.) e per Sale.
La battaglia di Marengo. - Fu combattuta il 14 giugno 1800 tra i Francesi comandati da Napoleone e gli Austriaci comandati dal feldmaresciallo Mélas.
Passato il Gran S. Bernardo intorno alla metà di maggio del 1800, il Bonaparte - in luogo di cercare direttamente la battaglia contro le forze austriache del Mélas (v.), disseminate nella regione del Piemonte meridionale e dell'Appennino ligure - aveva puntato nella Lombardia, sia per assicurare il proprio collegamento fra la piccola armata (detta di riserva) al suo comando e i rinforzi che dovevano giungergli dall'armata del Reno per il Gottardo, sia per tagliare agli avversarî le comunicazioni con l'impero. Sperava Bonaparte che il Mélas si sarebbe affrettato a muovergli incontro, il che avrebbe portato a una battaglia a fronti rovesciate o nella bassa Lombardia o nella regione di Stradella, che avrebbe dato buon giuoco alla superiorità manovriera del Bonaparte. Ma il maresciallo austriaco non si lasciò impressionare e preferì rimanere nella regione ligure-piemontese, dove avrebbe potuto raccogliere le sue forze ancora disperse e dove fidava di potere, comunque, assicurare i proprî rifornimenti mediante le risorse locali e col riacquisto (da lui ritenuto imminente) delle comunicazioni col mare, non appena i difensori francesi di Genova avessero capitolato; il che infatti avvenne il 4 giugno.
Bonaparte, alquanto sconcertato dall'immobilità dell'avversario, risolve di passare il Po e di ripiegare verso O. per cercare il Mélas e spinge un'avanguardia strategica (corpo del Lannes) in direzione di Alessandria, questa truppa s'incontra l'8 giugno a Montebello (a O. della stretta di Stradella) col corpo austriaco del generale Ott, reduce dall'investimento di Genova, la quale è stata ceduta dal Massena, come si è detto, quattro giorni innanzi. Il combattimento di Montebello, mentre rivela al Mélas l'intento dei Francesi di cercare battaglia, lascia incerto Bonaparte sulla situazione delle forze nemiche dietro il corpo Ott. Il Primo Console propende a ritenere che il Mélas voglia sfuggirgli raggiungendo Genova per manovrare attraverso gli Appennini e aggirarlo. Perciò decide una rapida offensiva che valga a paralizzare questo supposto intento dell'avversario.
Il 13 giugno l'armata francese (che tenuto conto dei distaccamenti lasciati in Lombardia e nel Piacentino è ridotta a poco più di 30.000 uomini) oltrepassa la Scrivia e si distende fin presso la Bormida. Bonaparte stabilisce il suo posto di comando a Torre Garofoli e subito ordina ricognizioni fin sotto Alessandria; ma queste, male eseguite, assicurano, contrariamente al vero, che il grosso delle forze del Mélas non si trova ad Alessandria e che sulla Bormida non vi sono passaggi predisposti. La preoccupazione di vedersi sfuggire il Mélas, o per il N. o per il S., assilla di nuovo Bonaparte, che immediatamente distacca una divisione del corpo Desaix, al comando di questo generale, a S. verso Novi e un'altra, al comando del Lapoype, a N. oltre il Po. Le forze già esigue che Bonaparte ha sotto mano diminuiscono ancora.
Improvvisamente il mattino del 14 giugno si ode la cannonata verso la Bormida. Il Mélas, che ha ad Alessandria 40 mila uomini, informato dell'avvicinarsi dei Francesi, ha deciso di prevenirne l'attacco e sbocca con tre colonne (da N. a S.: Ott, Haddik, O'Reilly) dal ponte sulla rotabile di Piacenza e da due ponti militari gettati lateralmente al primo. Bonaparte è sorpreso in flagrante disseminamento; i Francesi sono infatti distesi dalla Bormida alla Scrivia per più di venti chilometri di profondità (v. cartina). I Francesi delle posizioni più avanzate fanno cattiva guardia e gli Austriaci dell'ala destra giungono inosservati fino a poca distanza dal villaggio di Marengo. La divisione Gardanne viene così a trovarsi improvvisamente impegnata e deve cedere terreno fin dietro il fosso del Fontanone, che costituisce un momentaneo appiglio. Al suo fianco si schiera anche la divisione Chambarlhac; la brigata di cavalleria Kellermann carica da S. e poco dopo anche il Lannes spinge avanti la propria divisione Watrin a prolungare la destra del Gardanne sul Fontanone. Si stabilisce così su quel lieve ostacolo una resistenza che dura alquanto tempo. Però nella zona N. del campo di battaglia la colonna austriaca Ott giunge indisturbata fino a Castel Ceriolo, di dove piega a S. per attaccare sul fianco destro i Francesi del Lannes, mentre l'azione frontale austriaca, sostenuta da un'artiglieria molto superiore, comincia a sconnettere la difesa del Fontanone. È passato di poco il mezzogiorno quando s'inizia il ripiegamento del centro e della sinistra francese, il quale si compie in modo rapido e disordinato, se si eccettuino alcune resistenze parziali di gruppi più animosi, come sempre avviene in simili casi. Il movimento, che sfugge ormai al controllo dei capi, si orienta lungo due direzioni divergenti: Villanova a N., Cascina Grossa a S.
Dapprima dubbioso che si trattasse di fucilate di avamposti, quando comprende trattarsi di seria battaglia Bonaparte manda staffette a richiamare le divisioni inviate per la strada di Rivalta verso Novi (Desaix) e quella inviata a passare il Po a N. (Lapoype). Quest'ultima, già troppo distanziata, non riuscirà a raggiungere il campo di battaglia. Quando le truppe impiegate sul Fontanone cominciano a cedere, Bonaparte ordina che i reparti di cui ancora dispone (divisione Monnier a San Giuliano, due solidissimi battaglioni della Guardia consolare a Torre Garofoli e cavalleria di Murat) si portino verso N. per ristabilire la situazione attorno a Villanova. Ma l'azione di queste truppe, quantunque brillante, non riesce a cambiare i lineamenti della battaglia, indubbiamente vittoriosa per gli Austriaci. Fra le ore 15 e le 16, per effetto della fuga a S. e del ripiegamento meno affrettato a N., la linea francese assume un andamento obliquo da NO. a SE., che può ritenersi puramente casuale.
Il generalissimo austriaco Mélas, mentre si affretta a spedire a Vienna i corrieri annuncianti la vittoria, ordina al proprio capo di stato maggiore, Zach, di porsi alla testa di una colonna di inseguimento che dovrà prendere per direttrice la rotabile Tortona-Piacenza. Questa colonna è già in marcia, quando improvvisamente giunge da S. la divisione Boudet condotta personalmente dal Desaix: circa 5000 uomini. Il Desaix era giunto il mattino presso Rivalta quando, udendo tuonare il cannone in direzione di Alessandria, decise di sospendere il movimento eccentrico e di inviare a Bonaparte un aiutante di campo (Savary), il quale s'incrociò per via con l'ufficiale inviato dal Primo Console per richiamare a N. il Desaix. Fra le ore 16 e 17 la testa di colonna di queste truppe fresche sbocca a San Giuliano e si trova così a sbarrare direttamente il passo alla colonna austriaca inseguente, al comando dello Zach. Desaix muove vigorosamente all'attacco dopo un breve scambio di vedute col Primo Console (che ha riunito intorno a sé i principali generali per un rapido rapporto tenuto a cavallo sotto il fuoco), ma è colpito a morte all'inizio dell'azione, che rimane affidata al Boudet.
L'inatteso contrattacco diffonde il panico fra le prime schiere austriache inseguenti. Intanto il Marmont, comandante l'artiglieria, ha concentrato i pochi pezzi (diciotto in tutto) che i Francesi hanno disponibili per assecondare l'azione della fanteria e il Kellermann, con gli 800 cavalli che gli sono rimasti, cogliendo il momento opportuno, compie una vigorosa carica contro il fianco sinistro del nemico; e poco dopo rinnova la carica, cui si aggiunge la cavalleria della Guardia consolare, condotta dal Bessières. Le truppe austriache prese da panico si dirigono confusamente ai ponti della Bormida e vi si affollano. Molti cadono prigionieri ed è catturato lo stesso generale Zach. Soltanto le schiere più arretrate fanno buona resistenza attorno al villaggio di Marengo, ma ciò non basta a ristabilire le sorti della battaglia in favore degli Austriaci. Le perdite furono calcolate a circa il 20% da una parte e dall'altra fra morti e feriti. I Francesi perdettero 2000 prigionieri; gli Austriaci il doppio. Il Mélas chiese il giorno seguente un armistizio, che Bonaparte concesse a miti condizioni. Trovavasi anch'egli in una situazione strategica poco favorevole, e le notizie che gli venivano da Parigi sulla situazione interna e la solidità del potere consolare non erano buone.
La fortuna ebbe gran parte nella vittoria di Marengo, ma fu merito del Primo Console di essere rimasto fermo al suo posto di comando anche quando ogni ragionevole speranza di mutare le sorti della lotta pareva svanita. Se il Desaix non avesse più trovato il capo supremo, che rapidamente lo orientasse, la sua azione sarebbe stata con ogni probabilità inefficace. Con successive manipolazioni del bollettino di Marengo, Bonaparte si sforzò di far apparire come sapiente conversione indietro per la sinistra la linea obliqua francese, in disordinato ripiegamento nelle prime ore del pomeriggio; conversione indietro che doveva aver lo scopo di far largo alla divisione condotta dal Desaix e che si sperava potesse giungere. Artificio evidente. Ma una battaglia che era destinata a costituire le fondamenta dell'impero non doveva apparire al grosso pubblico come dovuta al caso, e cioè al di fuori della sapienza strategica.
Bibl.: H. Heffer, Quellen zur Geschichte des Zeitalters des französischen Revolution, Lipsia 1900; J. Petit, Marengo ou la campagne d'Italie per l'Ramée de reserve commandée par le général Bonaparte, Parigi 1800; H. H. Sargent, Campaign of Marengo, with comments, Londra 1897; P. A. Berthier, Relation de la bataille de Marengo, Parigi 1806; E. duc de Valmy (le général Kellermann), Histoire de la campagne de 1800, écrite d'aprés les papiers de son père, Parigi 1854; E. Gachot, La deuxième campagne d'Italie, 1800, Parigi 1898; De Cugnac, Campagnes de l'armée de reserve en 1800, voll. 2, Parigi 1901.