MARGHERITA da Citta di Castello
MARGHERITA da Città di Castello. – Nacque da nobili genitori (Parisio ed Emilia) nel castello di Metola nella Massa Trabaria (oggi Mercatello del Metauro nella provincia di Pesaro Urbino), presumibilmente alla fine degli anni Ottanta del Duecento.
Il percorso biografico di M., penitente-terziaria domenicana, poggia su una legenda pervenuta in due redazioni latine, diverse per autore, intenzioni, estensione e stile. Le due recensiones della legenda sono anonime, tuttavia l’autore della maior può essere indicato in un canonico regolare forse della cattedrale tifernate di S. Florido; quello della minor va individuato, con probabilità, in un domenicano, forse un frate del locale convento, preoccupato di mettere in risalto i vincoli di M. con l’Ordine. I due testi furono elaborati tra il 1347-49 e l’agosto 1400 e su essi si basa la rielaborazione in volgare di Tommaso di Antonio da Siena (Tommaso Caffarini), terminata, appunto, nell’agosto del 1400 (Siena, Biblioteca comunale, Mss., T.II.7, cc. 114v-126v). Nell’edizione critica delle due recensiones, pubblicata a Spoleto nel 1994 a cura di M.C. Lungarotti (Le legendae di M. da C.), si conferma l’ipotesi avanzata da E. Menestò (La «legenda» di M. da C., in Il movimento religioso femminile in Umbria nei secoli XIII-XIV. Atti del Convegno..., Città di Castello... 1982, a cura di R. Rusconi, Perugia-Firenze 1984, pp. 223-226) circa l’esistenza di un exemplar comune a entrambe: l’autore della maior vi si sarebbe ispirato e quello della minor l’avrebbe compendiato.
Il testo della recensio minor è tradito in sei manoscritti: Siena, Biblioteca comunale, Mss., T.II.7; Biblioteca apost. Vaticana, Vat lat., 10151; Roma, Arch. generale dell’Ordine dei predicatori, XIV.24; Napoli, Biblioteca nazionale, Mss., XIV.B.40; Pisa, Biblioteca Cateriniana del Seminario arcivescovile, Mss., 24; Oxford, Bodleian Library, Canon. Misc., 205; il testo della maior è tramandato dal solo manoscritto A Cividale, conservato nell’Arch. dei padri domenicani di Bologna (già nella Biblioteca dei frati predicatori di Cividale del Friuli).
M. nacque cieca e deforme e a motivo di ciò il padre le avrebbe costruito una cella presso la chiesa del castello per nasconderla alla vista. Fin dai sette anni la fanciulla avrebbe iniziato una vita di penitenza con digiuni e cilicio. Nella speranza di un miracolo i genitori la portarono a Città di Castello, al sepolcro di un pio frate minore morto da poco (forse il beato Giacomo), ma il miracolo non avvenne e M. fu dai genitori stessi abbandonata in quella città. Visse girovagando e mendicando il vitto fino a quando fu accolta nel monasteriolum di S. Margherita, da cui fu in seguito espulsa. M. trovò quindi un approdo nella casa dei coniugi Venturino e Grigia, dove si cominciò ad attribuirle miracoli e dove visse in orazione e praticando forme penitenziali come la disciplina. Portava l’abito dei frati predicatori e frequentava la loro chiesa. Le si attribuivano levitazioni e la visione di Cristo incarnato al momento dell’elevazione.
Morì nella casa di Venturino e Grigia, munita dei sacramenti a lei impartiti dai frati domenicani, il 13 apr. 1320.
Il corpo, con grande concorso di popolo, fu traslato nella chiesa dei predicatori, dove fu trattato con aromi offerti dai rettori della città per l’imbalsamazione. Nel cuore di M. vennero identificate tre pietre con immagini riferite alla Natività e allo Spirito Santo. I miracoli a lei attribuiti post mortem consistettero nel fugare demoni, sanare infermità, resuscitare defunti; il redattore della minor aggiunge tre guarigioni miracolose di animali. Gli anonimi autori delle recensiones, per completare il quadro delle virtù, non tralasciano il dono della profezia di cui M. avrebbe goduto in vita.
In mancanza di attestazioni documentarie coeve direttamente connesse a M., va comunque osservato che alcuni riferimenti presenti nel racconto agiografico hanno un reale riscontro storico. È certo, per esempio, che i frati predicatori si trovavano a Città di Castello almeno dal 1270 e tra Duecento e Trecento consolidarono la loro posizione; è altresì certo che un insediamento religioso femminile intitolato a S. Margherita era attivo nella medesima città almeno dal 1287; inoltre dei quattro frati predicatori esplicitamente menzionati nelle recensiones per la loro presenza al momento del rinvenimento delle tre pietre nel cuore di M., tre (Nicolò di Giovanni di Sante di Castello, Giacomo da Borgo, Gregorio converso) sembrano riscontrabili in atti di fine Duecento (e inoltre sia nella maior sia nella minor si parla di «fratres antiqui»).
La figura di M. bene s’inquadra in quella schiera di nuovi santi locali, sostenuti anche dal sentimento civico proprio dell’età comunale, «assorbiti» dagli ordini mendicanti, nel caso specifico dall’Ordine dei predicatori. Anch’essi si preoccuparono di proporre modelli di donne affiliate al loro Ordine, ciò che soprattutto maturò sul calare del Trecento e agli inizi del Quattrocento, quando si affermò il fermento dell’Osservanza pure in ambito domenicano. L’opera di Caffarini – autore per altro del Tractatus de Ordine fratrum et sororum de Poenitentia S. Dominici e della legenda minor di Caterina da Siena – volta a proporre i volgarizzamenti dei profili biografici di sante penitenti quali Vanna da Orvieto, M., Maria da Venezia, non fu certo casuale, e si pone a supporto di un’articolata operazione tesa al riconoscimento dell’Ordine della penitenza-Terz’Ordine domenicano, avvenuto nel 1405. La santità della beata M. è di profilo mistico-penitenziale, incentrato sulla meditazione dell’Incarnazione di Cristo; in particolare, tuttavia, l’autore della maior avrebbe mirato a esaltare la figura cristiforme di M. per la sua sofferenza e povertà di vita, mentre quello della minor avrebbe cercato di farne una figura esemplare e imitabile per le sue virtù (devozione, pietà, pazienza, obbedienza, bontà, onestà).
M. dovette godere fama di santità già in vita, se è vero che a lei si riferisce Ubertino da Casale nel suo Arbor vitae crucifixae Iesu (Torino 1961, rist. anastatica, p. 6) parlando di una «prudentissima virgo de Civitate Castelli». Le recensiones – ovviamente – non mancano di sottolineare il clamore del popolo che la volle sepolta nella chiesa dei predicatori – e non nel chiostro – perché ritenuta santa.
Il culto e la devozione per M. si imposero con l’avanzare del Trecento. Alla fine di questo secolo appartiene la tavola conservata a Murano, nel Museo civico vetrario, dove M. è chiaramente raffigurata insieme con altre sante e beate terziarie domenicane (Caterina da Siena, Giovanna da Firenze, Vanna e Daniela da Orvieto). Nel 1395 a Città di Castello il culto e la devozione per la beata dovevano essere già stati istituzionalizzati, poiché si trova l’esplicita menzione della festivitas et obstensio corporis beate Margarite. Nel 1422 il Comune di Città di Castello stabilì che ogni anno nel giorno della festa della beata – le cui reliquie si conservano e si venerano nella chiesa di S. Domenico – fosse offerto un doppiere di cera. Da questa epoca il culto per la beata è sempre più intensamente documentato. Nel 1604, per esempio, Clemente VIII concesse indulgenza a quanti avessero visitato la chiesa di S. Domenico, dove era conservato il corpo di M., il 1° maggio, giorno della celebrazione della festa. Il culto fu autorizzato da Paolo V nel 1609. Negli anni Sessanta del Seicento le lunette del chiostro del convento domenicano tifernate furono illustrate con scene di vita e di miracoli di M., il cui corpo, nel 1678, fu collocato, in una urna nell’altare maggiore della chiesa di S. Domenico.
Per il suo essere cieca e deforme M. è divenuta punto di riferimento devozionale per portatori di handicap: così tra gli anni 1919 e 1920 è stato fondato, su iniziativa del canonico Giacinto Faeti, l’Istituto per cieche a lei intitolato; anche in tempi recenti si sono organizzati pellegrinaggi di persone disabili alla tomba della beata. Nel 2004 è stata depositata presso la Congregazione delle cause dei santi la documentazione per l’eventuale canonizzazione. Attualmente la festa è celebrata il 13 aprile.
Fonti e Bibl.: Il citato M.C. Lungarotti, Le legendae di M. da C., raccoglie tutte le altre indicazioni relative alle fonti e pressoché tutta la bibl. sia antica sia recente. Altri testi di utile supporto: A. Ascani, Storia di un monumento. Chiesa di S. Domenico a Città di Castello, Città di Castello 1963, ad ind.; F. Sorelli, La santità imitabile. «Leggenda di Maria da Venezia» di Tommaso da Siena, Venezia 1984; Chiese e conventi degli ordini mendicanti in Umbria nei secoli XIII-XIV. Gli archivi ecclesiastici di Città di Castello, a cura di G. Casagrande, Perugia 1989, ad ind.; D. Solvi, Riscritture agiografiche: le due «legendae» latine di M. da C., in Hagiographica, II (1995), pp. 251-276; E. Paoli, Agiografia e strategie politico-religiose: alcuni esempi da Gregorio Magno al concilio di Trento, Spoleto 1997, pp. 157-174; Storia della spiritualità italiana, a cura di P. Zovatto, Roma 2002, pp. 146 s.; M. Lehmijoki-Gardner, Writing religious rules as an interactive process: Dominican penitent women and the making of their regula, in Speculum, LXXIX (2004), pp. 660-687.