ZAMBONI, Maria Angela.
– Primogenita di Angelo e di Teresa Vanuzzi, nacque a Ponti sul Mincio, presso Mantova, in contrada Zecchinetti, al civico 266, alle 6:30 del 25 giugno 1891 (e non 1895, come riportato in varie enciclopedie). Fu battezzata il 29 dello stesso mese. La famiglia era di umili origini – il padre contadino, la madre ‘donna di casa’ – e proveniva da paesi vicini: il padre da Cavalcaselle di Castelnuovo, presso Peschiera del Garda, la madre da Volta Mantovana. Come risulta dall’atto di matrimonio, i genitori si erano stabiliti a Ponti nel 1888, dove erano convolati a nozze il 20 ottobre 1889. La coppia ebbe un altro figlio, Alfredo Giacomo, nato il 5 febbraio 1893.
Scarne sono le informazioni sui primi anni. Il 17 novembre 1913 Maria Angela venne ammessa al conservatorio di Parma nella classe di canto del maestro Giulio Silva come allieva esterna senza usufrutto del convitto, riservato ai soli alunni aventi diritto anche al vitto e alloggio gratuito. Il 2 aprile 1914, superata la prova di solfeggio, divenne allieva regolare dell’istituto. Dal 1° novembre 1914 fruì di una borsa di studio di 400 lire annue per meriti scolastici, anche se dalla pagella di quell’anno risultano voti non proprio eccelsi in pianoforte complementare e soprattutto in declamazione e gesto. Il 6 maggio 1917 si ritirò volontariamente dal conservatorio, senza quindi terminare gli studi, probabilmente per contrasti con il suo nuovo insegnante, dal momento che Silva si era messo in aspettativa per motivi di famiglia il 16 gennaio precedente.
Debuttò nel 1918 come Mimì in La bohème di Giacomo Puccini al teatro della Società di Lecco. Nel 1919 si esibì all’Eretenio di Vicenza (La bohème), al Verdi di Bologna (Micaela in Carmen di Georges Bizet), al Sociale di Varese (Carmen) e al Politeama Garibaldi di Treviso, dove per la prima volta si cimentò in un ruolo wagneriano (Elsa, nel Lohengrin).
Nel settembre del 1919, sotto lo pseudonimo Signora Fabris, aiutava un suo amico d’infanzia e compaesano, il capitano Fulvio Balisti, capo della segreteria speciale di Gabriele D’Annunzio a Fiume, fingendosi destinataria delle lettere che Balisti, non volendo rivelare la propria identità, indirizzava ai propri familiari.
Le prime incisioni acustiche risalgono al 5 dicembre 1919: con il tenore Beniamino Gigli incise per la HMV di Milano il duetto del Faust di Charles Gounod, Tardi si fa... Dammi ancor... Sempre amar, e quello de La bohème, O soave fanciulla.
Nella primavera del 1920 alla Fenice di Venezia impersonò Margherita nel Faust e Lauretta nel Gianni Schicchi di Puccini. In autunno cantò di nuovo Faust a Jesi. Nella stagione 1920-21 venne diretta da Tullio Serafin al Regio di Torino nei Maestri cantori di Norimberga di Richard Wagner (Eva, tenore Francesco Merli, baritono Enrico Molinari) e nel Don Giovanni di Wolfgang Amadé Mozart (Donna Elvira). Fu Margherita sia nel Faust al Municipale di Piacenza nel 1921, sia nel Mefistofele di Arrigo Boito al Regio di Parma nel 1922; qui impersonò Desdemona nell’Otello verdiano, mentre a Piacenza tornò a dicembre dello stesso anno per Il piccolo Marat di Pietro Mascagni, diretto a vicenda da Franco Capuana e dall’autore.
Nel 1923 fu scritturata al Grande di Brescia (Mefistofele, gennaio-febbraio), a Genova al Carlo Felice (Il piccolo Marat, 15 maggio) e al Politeama (La traviata di Verdi, 3 novembre, con il baritono Riccardo Stracciari). Trascorse i primi tre mesi del 1924 al Costanzi di Roma, dove cantò Mefistofele (con Nazzareno De Angelis, Tancredi Pasero e Merli, direttore Edoardo Vitale), I compagnacci di Primo Riccitelli (direttore Vitale), La bohème (con Pasero, direttore Teofilo De Angelis), e debuttò come Marina nel Boris Godunov (con Merli, direttore Vitale; il librettista Renato Simoni tenne il ruolo tenorile d’uno dei Boiardi).
Terminata la stagione a Roma, si imbarcò per il Sudamerica. La compagnia italiana agli ordini dell’impresario Walter Mocchi fu dapprima al Colón di Buenos Aires, dove cantò La bohème (maggio-agosto, con Pasero, direttore Gabriele Santini), Orfeo ed Euridice di Christoph Gluck (giugno, direttore Emil Cooper, nella particina di Euridice), I compagnacci (giugno, direttore Santini) e Le furie di Arlecchino di Adriano Lualdi (Colombina; direttore Vincenzo Bellezza). Il tour comportò una puntata al teatro Solís di Montevideo (Mefistofele, luglio), indi proseguì in Brasile, al Municipal di Rio de Janeiro (agosto-settembre, con Orfeo ed Euridice, contralto Gabriella Besanzoni, e La bohème) e al Municipal di San Paolo (ancora con La bohème).
Fondamentale fu l’incontro con Arturo Toscanini. La voce da soprano lirico di Zamboni, timbro caldo e pastoso, aveva sedotto il direttore alla guida del teatro alla Scala di Milano sin dal 1921 e lo indusse a scritturarla per la stagione lirica del 1925, nonostante la concorrenza con stelle come Gilda Dalla Rizza, Carmen Melis e Rosetta Pampanini. Sotto la bacchetta del direttore parmigiano cantò La bohème (29 dicembre 1924, con il baritono Benvenuto Franci), Manon Lescaut di Puccini (14 marzo 1925), Orfeo di Gluck (4 aprile, con il contralto Fanny Anitua), I maestri cantori di Norimberga (9 dicembre), mentre Ettore Panizza la diresse nel Lohengrin (13 maggio 1925, con Aureliano Pertile, Elvira Casazza e Molinari). Questa l’impressione di un critico durante la prima stagione scaligera: «Due occhi grandi, pieni d’una luminosità mite che guardano con stupore quasi infantile, un sorriso dolce, semplice, come di una fanciulla che si affacci alla vita e in essa vada colla fede che non conosce ancora le amarezze del disinganno: ecco Maria Zamboni» (Di Valverde, 1925).
Toscanini la riconfermò per la stagione successiva. Il soprano mantovano cantò di nuovo nella Bohème (direttore Santini) e nell’Orfeo (Toscanini). Nello stesso anno fu scelta dal maestro per la parte di Liù nella ‘prima’ della Turandot il 25 aprile 1926, a fianco del tenore Miguel Fleta e del soprano Rosa Raisa: della sua interpretazione rimangono le due arie di Liù (Signore, ascolta e Tu che di gel sei cinta), incise l’anno dopo per la Columbia. In margine alle due stagioni scaligere vi furono anche due Manon Lescaut, al Sociale di Varese (autunno 1925) e al Regio di Torino (29 dicembre 1925, con il tenore Giacomo Lauri Volpi, direttore Gaetano Bavagnoli).
Dopo La bohème al Municipal di Santiago del Cile nell’estate del 1926 (direttore Sergio Failoni), Zamboni cantò di nuovo Turandot alla Scala il 24 novembre (con Merli, direttore Panizza) e La bohème nel febbraio del 1927 (direttore Santini). Sempre nel 1927 apparve nei cartelloni del Regio di Torino (La bohème, 1° gennaio, direttore Gino Marinuzzi), della Filarmonica di Macerata (Manon Lescaut), della Fenice di Venezia (Manon di Jules Massenet, maggio, direttore Umberto Berrettoni), del Sociale di Como (Manon Lescaut, giugno, con Merli), del Comunale di Bologna (Mefistofele, novembre, direttore Giuseppe del Campo). Nel 1928 cantò in Manon Lescaut sia al San Carlo di Napoli (direttore Vitale) sia al Vittorio Emanuele di Rimini. Nel 1929 fu scritturata in una compagnia italiana agli ordini dell’impresario Luigi Cantoni, direttore Mario Parenti, e in aprile cantò La traviata e Faust al teatro Reale del Cairo. Di ritorno in Italia, in autunno si esibì a Trieste (Politeama Rossetti, Manon Lescaut e I maestri cantori), a Bologna (Comunale, La traviata) e a Milano (Scala, La bohème, 29 dicembre, con Pertile, direttore Antonio Guarnieri). Nel 1930 cantò al Costanzi di Roma, nel Mefistofele (febbraio-marzo), nella Turandot (maggio) e nella prima dello Straniero di Ildebrando Pizzetti (aprile-maggio). Nello stesso anno fu al Comunale di Firenze (Lohengrin) e incise due opere complete per la Columbia: Manon Lescaut, a fianco del tenore Merli, e Le furie di Arlecchino, con il tenore Enzo De Muro Lomanto, entrambe con l’orchestra della Scala diretta da Lorenzo Molajoli.
Al gennaio del 1931 risale l’unica apparizione in un teatro straniero in Europa, il Liceu di Barcellona, come Donna Elvira nel Don Giovanni; poi di nuovo Italia: Torino (Regio, I maestri cantori, febbraio, con il basso Marcel Journet, direttore Franco Ghione), Milano (Scala, Don Giovanni, aprile, con il baritono Mariano Stabile, direttore Bruno Walter), Livorno (Goldoni, Turandot, luglio, con il soprano Gina Cigna), Genova (Politeama, Madama Butterfly di Puccini e Manon Lescaut) e Palermo (Massimo, Manon Lescaut).
L’attività artistica proseguì ancora per un quadriennio circa: nel 1932 al Regio di Parma (gennaio, direttore Antonino Votto: La bohème, con il tenore Alessandro Ziliani, e Mefistofele, con De Angelis), al Regio di Torino (Mefistofele, febbraio, con De Angelis), al Massimo di Catania (Manon di Massenet, marzo) e al Civico di Bolzano (Madama Butterfly, ottobre); nel 1933 al Ponchielli di Cremona (Lohengrin, febbraio) e alla Fenice di Venezia (gennaio-febbraio: Falstaff, nella parte di Alice con Stabile); nel 1934 di nuovo alla Fenice (gennaio: Mefistofele, con De Angelis), al Coccia di Novara (gennaio: Manon Lescaut), al Comunale di Ferrara (aprile: Manon Lescaut, direttore Votto) e al Donizetti di Bergamo (ottobre: Falstaff, con Stabile e Casazza); nel 1935 all’Eretenio di Vicenza (Manon Lescaut) e al Petruzzelli di Bari (ottobre: Il piccolo Marat); nel 1936 al San Carlo di Napoli (gennaio: Turandot, e Morenita di Mario Persico, direttore Capuana). Il 1936 fu anche l’anno dell’addio alle scene. Il suo nome comparve ancora in marzo-aprile, con Turandot al Bellini di Catania e poi al Massimo di Palermo (con Antonio Bagnariol e Iva Pacetti, direttore Vitale), cui tenne dietro una serie di concerti alla Triennale di Milano in luglio.
Si ritirò dalle scene a soli quarantacinque anni, non si sa se per un problema vocale (la sua voce aveva un leggero vibrato, che con gli anni si andò aggravando). Il suo repertorio, invero non molto vasto – preponderano le parti di soprano lirico caratterizzate da trepida tenerezza, Mimì, Manon Lescaut, Elsa, Eva, le due Margherita, Alice, infine Liù –, era assolutamente consono alle sue risorse vocali e all’indole sentimentale: solo sporadicamente si avventurò sul terreno del virtuosismo spinto (Elvira nel Don Giovanni,Violetta nella Traviata) o del pathos più congesto (Cio-Cio-San nella Butterfly). Appare dunque poco credibile che la voce abbia potuto risentire di un deterioramento tale da giustificare un così precoce ritiro. È semmai lecito pensare che la causa del suo ritiro vada ricercata nel matrimonio: Zamboni convolò a nozze soltanto qualche mese dopo aver detto addio alle scene, sposandosi a Pompei il 29 marzo 1937 con Ambrogio Rossi. Nei vent’anni successivi insegnò canto, a Milano.
Morì a Peschiera del Garda il 24 marzo 1976 alle ore 23.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Mantova, Stato civile italiano, Ponti sul Mincio, Nati 1891, reg.16; Parma, Archivio storico del Conservatorio Arrigo Boito, Registri iscrizione alunni (1863-1949), scheda n. G.852; Peschiera sul Garda, Comune, Stato Civile, Registro atti di morte, anno 1976, n. 18, parte II, serie B Uff.1.
R. Di Valverde, Le nostre grandi artiste. M. Z., in La cultura moderna, XV (1925), pp. 253-255; Musica d’oggi, IX (1927), p. 160, X (1928), p. 62, XIII (1931), pp. 321, 370, XIV (1932), pp. 128, 406, XV (1933), p. 85, XVI (1934), pp. 23, 181, 340, XVII (1935), pp. 73, 116, 240, XVIII (1936), pp. 20, 132, 174, 252; K.J. Kutsch - L. Riemens, A concise biographical dictionary of singers: from the beginning of recorded sound to the present, Philadelphia 1969, p. 487; E. de Brito Chaves jr., Memórias e glórias de um teatro: sessenta anos de história do Teatro Municipal do Rio de Janeiro, Rio de Janeiro 1971, pp. 335 s.; V. Frajese, Dal Costanzi all’Opera, IV, Cronologia completa degli spettacoli 1880-1960, Roma 1978; B. Cagnoli, L’arte musicale di Franco Capuana, Firenze 1983, pp. 236, 239; J.B. Steane, Z., M., in The new Grove dictionary of opera, IV, London 1992, p. 1204; S. Salgado, Teatro Solís: 150 years of opera, concert, ballet in Montevideo, Middletown (Conn.) 2003, p. 346; I. Abbonizio, Musica e colonialismo nell’Italia fascista (1922-1943), tesi di dottorato, Università degli studi di Roma Tor Vergata, a.a. 2008-09, p. 277; G. Gualdoni, Storia della tradizione teatrale musicale a Jesi dall’età moderna a oggi, Ancona 2014, p. 272; O.Á. Hernández, Opera en Chile, ciento ochenta y seis años de historia 1827-2013, Santiago 2014; S. Luscia, Il capitano Fulvio Balisti. La storia del capo della segreteria speciale di D’Annunzio a Fiume, s.l. 2018.