TORRIANI, Maria Antonietta
TORRIANI, Maria Antonietta (La Marchesa Colombi). – Nacque a Novara il 1° gennaio 1840, secondogenita di Luigi Torriani, orologiaio, e di Carolina Imperatori.
Poco più di un anno dopo la sua nascita la madre, rimasta vedova, fu costretta a impiegarsi come maestra nella civica scuola Canobiana, poi frequentata dalle due figlie. In seguito, ancora trentenne, a causa di una gravidanza sconveniente per una donna nelle sue condizioni, Carolina si unì in matrimonio con il quasi settantenne Martino Moschini, chimico, anch’egli vedovo e amico di famiglia, padrino di battesimo della primogenita Giuseppina. Il nuovo nato nel 1847 ebbe il nome di Tomaso Giuseppe Moschini.
L’ambiente dell’infanzia e della giovinezza di Maria Antonietta è ben descritto in Un matrimonio in provincia, il suo libro più famoso, pubblicato nel 1885 con un emblematico incipit: «è difficile immaginare una gioventù più monotona, più squallida, più destituita d’ogni gioia della mia. Ripensandoci, dopo tanti e tanti anni, risento ancora l’immensa uggia di quella calma morta, che durava, durava inalterabile, tutto il lungo periodo di tempo, da cui erano separati i pochissimi avvenimenti della nostra famiglia». Il romanzo è ambientato a Novara, dove Maria Antonietta frequentò il civico istituto di arti e mestieri Bellini guadagnandosi ottimi voti nelle materie umanistiche, ma mediocri nei ‘lavori femminili’, come mostrano le sue pagelle conservate nel locale Archivio di Stato, dimostrando immediatamente la sua insofferenza verso l’imposizione del ruolo sociale di moglie e di madre casalinga e sottomessa.
Secondo la ricostruzione della biografa Silvia Benatti (2014), dal 1853 – anno di morte della madre – al 1865, Torriani rimase con il vecchio patrigno, soprannominato ‘nonno’, come poi ricordò in un suo racconto: «la nostra povera mamma se n’era andata con Dio. Eravamo soli col povero vecchio nonno» (I ragazzi d’una volta e i ragazzi d’adesso, 1888, p. 25). Dopo le nozze della sorella e una breve convivenza con il fratello diciottenne, Maria Antonietta si trasferì a Milano e a partire dal 1869 iniziò la sua attività di giornalista. A quell’anno risale l’avvio della collaborazione con il periodico torinese Il Passatempo. Letture mensili per le famiglie e il suo esordio, con il racconto Due teste d’angeli e una poesia, su L’illustrazione universale, la rivista diretta da Eugenio Torelli Viollier, che pochi anni dopo fondò il Corriere della sera. Da principio Torriani scrisse anche per il Giornale delle donne, emanazione del moderato Passatempo, e per la testata veneta e radicale La Donna. Le sue prime stagioni pubblicistiche furono segnate dall’incontro, subito divenuto amicizia, con Anna Maria Mozzoni, autorevole protagonista di battaglie a favore del riconoscimento dei diritti delle donne, che nel 1870 la coinvolse come insegnante nella scuola da lei fondata con Vincenzo De Castro, il liceo femminile Gaetana Agnesi. Nel marzo del 1871, disorientando i benpensanti, le due donne intrapresero da sole un tour di conferenze – che toccò Genova, Firenze e Bologna – per sostenere gli ideali di emancipazione femminile, come poi fu raccontato sul Passatempo (in tre puntate dal titolo Dietro le scene, pubblicate il 15 giugno, 15 luglio e 15 settembre 1871). Nel suo discorso tenuto a Genova Torriani esortò «voi madri che mi ascoltate, voi che nutrite nell’animo i più nobili sentimenti, voi che vivete all’amore della vostra prole, non vogliate privare le vostre figlie dei vantaggi di una seria istruzione» (Della letteratura nell’educazione femminile, 1871). In occasione di quelle conferenze strinse amicizia con vari letterati tra cui Francesco Dall’Ongaro (che la chiamò «la mia nipote in Apollo»), Enrico Panzacchi e Giosue Carducci, con il quale Maria Antonietta ebbe una relazione, e che affascinato da lei le diede il nome poetico di Jole dedicandole la poesia Autunno romantico (composta tra la fine del 1872 e l’inizio del 1873 e raccolta in Rime nuove): «come a te velo tenüe le membra / nel risorger del tuo bel giorno all’opre, / nebbia la terra, che addormita sembra, / argentëa ricopre / ... O Jole, / amiam l’ultima volta».
Maria Antonietta si legò a Eugenio Torelli Viollier, che sposò nel 1875. Essendo meno giovane dello sposo, per evitare pettegolezzi, dichiarò una falsa data di nascita, di sei anni successiva (che avrebbe tratto in inganno molti suoi studiosi novecenteschi). Nella capitale lombarda, che proprio allora stava diventando il centro principale dell’editoria e della pubblicistica postunitaria con case editrici come Hoepli, Sonzogno e Treves e un folto numero di riviste femminili, Torriani fu presente attivamente fin dalla fondazione del Corriere della sera con la sua rubrica Lettera aperta alle signore, e insieme al marito frequentò i maggiori salotti culturali della città, da quello di Vittoria Cima a quello della contessa Clara Maffei. Nei salotti milanesi, prima della loro separazione avvenuta dopo poco più di dieci anni dalle nozze, i due coniugi incontrarono, oltre a Luigi Capuana e ai veristi, anche sperimentatori di nuove forme letterarie come gli scapigliati Iginio Ugo Tarchetti, Arrigo Boito e Giovanni Camerana, senza dimenticare le scrittrici Neera e Contessa Lara. Con le colleghe di penna non mancarono polemiche: la più famosa con Matilde Serao nel 1905, a proposito del termine serva, quando Maria Antonietta già aveva scelto come suo pseudonimo La Marchesa Colombi, tratto dal personaggio maschile originale e bizzarro di una commedia di Paolo Ferrari, La satira e Parini, che utilizzò la prima volta nel 1875 per rispondere a un detrattore misogino. La notorietà della giovane autrice crebbe con il suo nuovo nome: «non è più la ragazza di provincia intenta a farsi luce nei circoli intellettuali, li domina con la sua indole versatile. Signora high life, è presa in una girandola di ricevimenti, di appuntamenti che contano, di relazioni privilegiate. Ha più di una stanza per sé e, quanto alle cose quotidiane, le basta organizzare tre governanti. Parla francese, inglese e tedesco, traduce da queste lingue e, per non avere un’educazione inferiore a quella degli uomini, si preoccupa di studiare il latino» (così Giuliana Morandini nella sua prefazione a Prima morire, 1988, pp. 11 s.). Sin dalla fine degli anni Settanta, grazie alla sua fama, Torriani raccolse in volume alcuni racconti (Scene nuziali, 1877; Dopo il caffè, 1878; Racconti di Natale, 1878; Piccole cause, 1879; Serate d’inverno, 1879). Dopo il romanzo Tempesta e bonaccia (1877) pubblicò In risaia (1878), un lungo ‘racconto di Natale’ che ebbe grande diffusione e attrasse una certa attenzione in vari ambienti non solo letterari, la storia di una giovane donna e della sua unicità all’interno del lavoro femminile malpagato in agricoltura, che ancora oggi è considerato una delle sue opere più interessanti. Un originale galateo dal titolo La gente per bene conobbe ben ventisette edizioni tra il 1877 e il 1901. Prima morire uscì nel 1881 e Il tramonto di un ideale l’anno dopo, prima di Un matrimonio in provincia del 1885, il suo capolavoro, tradotto in vita, ma anche di recente in tedesco, francese e inglese (Eine Provinzheirait, Leipzig 1984; Un mariage en province, Paris-Arles 1989; A small town marriage, Evanston 2001). Fino agli inizi del Novecento la scrittrice novarese pubblicò più di quaranta volumi di diverso genere, per la maggior parte narrativo, molti anche per l’infanzia (tra cui I più cari bambini del mondo nel 1882, I ragazzi d’una volta e i ragazzi d’adesso nel 1888, Bene. Pei cari piccolini nel 1891), continuando a collaborare con giornali e riviste non solo femminili: Fanfulla e Fanfulla della domenica, Gazzetta letteraria, Giornale per bambini, L’Illustrazione italiana, Museo di famiglia, Rivista minima, Vita intima, per ricordarne alcune. Si aggiungano due libretti d’opera: La Creola e Il violino di Cremona (entrambi pubblicati da Ricordi, Milano 1882, della cui eventuale messa in scena non si hanno notizie).
Nell’ultima parte della sua vita, a cui ci avvicinano due quadri di Leonardo Bazzaro (entrambi dal titolo Ritratto della signora Torriani Torelli, oggi presso la Galleria d’arte moderna di Torino), l’attività intensa di rapporti interpersonali in società di Maria Antonietta via via si ridusse e si trasformò in una ‘fondamentale solitudine’ alla ricerca di quegli affetti familiari che le erano stati negati prima da giovane, orfana a Novara, poi da donna matura a Milano, senza figli e con un matrimonio fallito. Fu per questa ragione che si trasferì a Torino, dove grazie al fratellastro Tomaso fu accolta dalla famiglia della cognata, Carutti di Cantogno, e adottata come ‘zia Relli’ dai bambini di casa. Frequentati nella villa di Cumiana (Torino) in cui trascorse lunghi periodi, furono probabilmente loro a suggerirle nuovi racconti per l’infanzia, talvolta illustrati da Augusto Carutti, pittore liberty. Maria Antonieta aprì allora il suo salotto torinese a scelti artisti, come ricordò un raro articolo di Nino Bazzetta de Vemenia sulla Gazzetta del Popolo del 29-30 settembre 1941: «una donna [...] se non bella, certo piacente, appassionata, vivace, colta, libera, spregiudicata garbatamente, un po’ eccentrica, di spirito indipendente e spesso ribelle alle convenienze, poteva aspirare a un salotto tutto suo [...]. Il salotto torinese della Marchesa Colombi fiorì nel senso ottocentesco, ebbe visitatori abituali, vi andò De Amicis, vi andò Giovanni Camerana, vi passarono Arrigo Boito, Michele Lessona, Leonardo Bistolfi, i due Calandra, Luigi Giacosa». Ma il suo isolamento andò aumentando fino a quando, defilatasi completamente dalle scene letterarie, non poté nemmeno più fare gli amati viaggi in Italia ed Europa. Ammalatasi, morì in solitudine a Torino il 24 marzo 1920, sepolta nel cimitero di Cumiana con una tomba volutamente spoglia.
Opere. Tra le maggiori opere in volume pubblicate in vita: Della letteratura nell’educazione femminile, Genova 1871; Il Carnovale di un capitano, Milano 1873; La gente per bene. Leggi di convenienza sociale, Torino 1877; Tempesta e bonaccia. Romanzo senza eroi, Milano 1877; Dopo il caffè, Bologna 1878; In risaia. Racconto di Natale, Milano 1878, Napoli 1883; Racconti di Natale, Milano 1878; Piccole cause, Milano 1879; Serate d’inverno, Venezia 1879; Troppo tardi, Cesena 1880; La moda italiana, Milano 1881; Nell’azzurro, Milano 1881; Prima morire, Napoli 1881; I più cari bambini del mondo, Milano 1882; Il tramonto di un ideale, Cesena 1882; Il violino di Cremona, melodramma in due atti, Milano 1882; Giornate piovose. Racconti, Milano 1883, 1894, 1909; Senz’amore, Milano 1883; I bambini per bene a casa e a scuola, Milano 1884; Un matrimonio in provincia, Milano 1885; Le mele dei vicini, Milano 1885; Un triste Natale, Milano 1885; I ragazzi d’una volta e i ragazzi d’adesso, Milano 1888; Cara Speranza, Ragusa 1888; Una clessidra, Milano 1889; Lungo la vita. Versi, Milano 1891; Umani errori, Palermo 1899; Le gioie degli altri, Torino 1900; Racconti popolari, Milano 1900. Tra le principali nuove edizioni negli ultimi cinquant’anni: Un matrimonio in provincia, nota introduttiva di N. Ginzburg, nota biobibliografica di L. Tamburini, quarta di copertina di I. Calvino, Torino 1973; Prima morire, prefazione di G. Morandini, Roma 1988; poi a cura di R. Reim, Milano 2014; In risaia, a cura di A. Arslan, Abano Terme 1990; Un matrimonio in provincia, prefazione di G. Morandini, Novara 1993, 1999, 2000, 2001, 2016, anche a cura di L. Tamburini, Avellino 2004; a cura di T. Gurrieri, Firenze 2012; In risaia. Racconto di Natale, con un testo di C.E. Gadda, a cura di S. Benatti - C. Bermani, Novara 1994, 2001, 2019; Serate d’inverno, introduzione di C. Barbarulli - L. Brandi, Ferrara 1997; Il tramonto di un ideale, prefazione di C. Barbarulli - L. Brandi, Ferrara 1997; La gente per bene. Galateo, a cura di S. Benatti - I. Botteri - E. Genevois, Novara 2000, 2007; Cara Speranza, a cura di S. Benatti - E. Genevois, Novara 2003; uscite presso l’editore M. Valerio opere per ipovedenti tra cui Senz’amore, Torino 2010; Novelle scelte, a cura di C. Caporossi, premessa di A. Arslan, Padova 2011. Si veda inoltre la più recente edizione di Un matrimonio in provincia, Novara 2019. All’origine dell’attenzione critica tardonovecentesca sta la riedizione di Un matrimonio in provincia nella collana Centopagine di Einaudi diretta da I. Calvino nel 1973, seguita da uno sceneggiato televisivo del romanzo prodotto dalla Rai nel 1980 con la regia di Gianni Bongioanni e l’interpretazione di Laura Betti e Mirella Falco, quindi dalla riproposta dello stesso capolavoro della scrittrice nel 1992 per i tipi di Interlinea, con una nota di Giuliana Morandini.
Fonti e Bibl.: Si veda il Fondo Marchesa Colombi presso l’Archivio di Stato di Novara raccolto da Giovanni Silengo. All’interno di un fiorire di ristampe di opere varie e di studi si segnala una biografia in forma di romanzo (M.T. Cometto, La Marchesa Colombi. La prima giornalista del “Corriere della Sera”, Torino 1996) e almeno una monografia critica (C. Barbarulli - L. Brandi, L’arma di cristallo. Sui “discorsi trionfanti”, l’ironia della Marchesa Colombi, Ferrara 1998), prima di un fondamentale volume di atti del primo Convegno internazionale a cura del Centro novarese di studi letterari (La Marchesa Colombi: una scrittrice e il suo tempo, a cura di S. Benatti - R. Cicala, con un saggio introduttivo di A. Arslan, Novara 2001, cui si rinvia per ulteriori riferimenti bibliografici) con interventi, tra l’altro, dalle università di Sorbonne Nouvelle (Parigi), Sud Africa (Pretoria), Cambridge e con la prima indagine iconografica sulla scrittrice che favorì anche la creazione del già citato fondo d’archivio a suo nome. L’ultima biografia si deve a S. Benatti, La Marchesa Colombi. Una scrittrice nella Novara dell’800, Novara 2014.