CANIGLIA, Maria
Nacque a Napoli il 3 maggio 1905 da Roberto e da Erminia Simonelli. Iniziati gli studi musicali nel conservatorio della sua città, fu allieva per il canto di P. A. Roche con il quale si diplomò nel 1929. Le singolari qualità della sua voce di soprano, fluida, potente e limpida, le consentirono di affrontare ben presto la carriera teatrale, ed infatti nel 1930 esordì al teatro Regio di Torino, sostenendo il ruolo di Crisotemide nell'Elektra diR. Strauss diretta da Franco Capuana che per primo intuì le sue possibilità interpretative.
Considerata immediatamente una grande promessa per la sicurezza dei mezzi vocali e l'ottima preparazione tecnica, fu scelta per le riprese italiane - dopo la prima assoluta di Amburgo - della Campana sommersa di O. Respighi al teatro dell'Opera di Roma. Nello stesso 1930 apparve nel primo ruolo impegnativo della sua carriera; fu, infatti, Elsa nel Lohengrin di R. Wagner al Politeama di Firenze con cui offrì una prova interpretativa convincente che le aprì le porte del teatro alla Scala. Nello stesso teatro nel 1931 cantò nello Straniero di I. Pizzetti, nella prima rappresentazione della Notte di Zoraima di I. Montemezzi (nel ruolo di Manuela), nel Vascello fantasma di R. Wagner, ove nel ruolo di Senta poté mettere in piena luce le sue doti di soprano lirico dai mezzi smaglianti per morbidezza, omogeneità e purezza di timbro; sempre nella stessa stagione interpretò con grande successo il ruolo di Rosaura nelle Maschere di P. Mascagni. Nuovamente alla Scala per la stagione 1931-32 apparve in Guglielmo Ratcliff di P. Mascagni, Basi e bote di R. Pick-Mangiagalli e, dopo aver partecipato alla stagione dei concerti di primavera quale solista nella Rosa di Sarón di A. Lualdi, fu Liù nella Turandot di G. Puccini, in cui poté riconfermare con piena autorità le sue qualità di soprano lirico; nello stesso anno, dimostrando di saper effettuare indovinate scelte di repertorio e rivelando un temperamento artistico sorretto da una straordinaria capacità di caratterizzazione psicologico-vocale, affrontò il ruolo di Eva nei Maestri cantori di R. Wagner, sostenuto con successo al teatro dell'Opera di Roma e riproposto poi al teatro Regio di Torino, alla Fenice di Venezia e alla Scala (1933), ove accanto ad Aureliano Pertile interpretò con rinnovato successo anche il Lohengrin. Sempre nel 1933 si accostò al ruolo di Mimì nella Bohème di G. Puccini al Casino di Vichy e, raggiunta la maturità vocale anche nel settore acuto che squillava sicuro e brillante, si cimentò nel Simon Boccanegra di Verdi con cui si affermò definitivamente alla Scala, raccogliendo lo scettro che le ormai declinanti protagoniste del teatro musicale internazionale, quali Rosa Ponselle, Giannina Arangi Lombardi, Bianca Scacciati, Claudia Muzio, andavano cedendo per naturale avvicendamento; ciò in virtù di una voce che dopo gli esordi come soprano lirico andò gradualmente trasformandosi in soprano drammatico, come testimoniato dalle sue apparizioni alla Scala nel 1934 dove, dopo una trionfale rappresentazione di Mefistofele di A. Boito (direttore F. Ghione), conquistò la celebrità durante la stagione 1934-35 in cui interpretò Faust di C. Gounod (accanto a G. Lauri Volpi e sotto la direzione di G. Marinuzzi), Otello e Falstaff (Alice) di Verdi, Werther di J. Massenet, per approdare poi ad Aida (ancora accanto a Lauri Volpi e direttore Marinuzzi), presentata poi a Praga, a Bergamo, all'Arena di Verona (1936) e al Comunale di Bologna ed entrata stabilmente nel suo repertorio insieme con le più impegnative opere verdiane.
Frattanto il 1° marzo 1934, sempre alla Scala, per i concerti invernali aveva dato prova della sua versatilità interpretando il personaggio di Maria in Maria Egiziaca di O. Respighi con cui aveva suscitato l'entusiasmo del pubblico e dello stesso compositore prqente al concerto.
Accostatasi contemporaneamente al repertorio verista e pucciniano, offrì una prova assai convincente in Andrea Chénier di U. Giordano all'Arena di Verona (1934) e poi in Tosca di G. Puccini (Carro di Tespi, 1935), opera in cui raccoglierà meritati allori per il vigore interpretativo e la padronanza dei mezzi vocali, che le consentirono di sfoggiare accenti sicuri e squillanti anche nel settore acuto.
Il 6 ott. 1935 fu Desdemona nell'Otello verdiano accanto a F. Merli e C. Tagliabue al teatro Comunale di Ferrara (direttore F. Capuana) e incluse poi nel suo già vasto repertorio Trovatore (Carro di Tespi, 1936, e Buenos Aires, teatro Colón, 1937), Luisa Miller di Verdi (Firenze, teatro Vittorio Emanuele, 1937, e Roma, teatro dell'Opera, 1937-38), Africana di G. Meyerbeer, per spingersi poi in ruoli ancora più impervi, quali Amelia nel Ballo in maschera, Leonora nella Forza del destino ed Elisabetta nel Don Carlo, che segnarono il suo definitivo ingresso nel repertorio di soprano drammatico.
Con l'accrescersi della sua fama fu richiesta quale prima interprete di opere di autori contemporanei, e il 26 febbr. 1936 sempre alla Scala fu Stefania in Siberia di U. Giordano; mentre più frequente si faceva la sua partecipazione a particolari manifestazioni musicali, come l'esecuzione della Messa di Requiem di Verdi avvenuta il 29 maggio 1936 in una memorabile edizione sotto la direzione di Victor De Sabata.
Nel 1937 fu scritturata dal Covent Garden di Londra e nella stagione 193738 fu al Metropolitan di New York in cui, oltre ai già collaudati ruoli verdiani (Otello, Falstaff, Simon Boccanegra, Aida), apparve anche in Tosca (accanto a G. Lugo e A. Borgioli, direttore F. Ghione), dando una dimostrazione dei suo temperamento impulsivo e fortemente drammatico, anche se fu notata una certa fatica nel registro acuto provocata probabilmente dall'aver affrontato un repertorio impervio cui avrebbe dovuto accostarsi con maggiore prudenza e meno prematuramente.
Al rientro in Italia dopo l'esperienza americana con cui si era ulteriormente affermata sia nel repertorio di soprano lirico spinto, a lei particolarmente congeniale, sia in quello drammatico, portato con successo anche nei maggiori teatri tedeschi, inglesi e sudamericani, ricomparve all'Opera di Roma in Mefistofele e dopo trionfali recite di Aida a Cremona e di Tosca all'Arena di Verona con G. Lugo (direttore F. Capuana) nel 1939, fu nuovamente alla Scala ove, nel 1940, apparve in Andrea Chénier con G. Masini e C. Tagliabue, ancora sotto la direzione di Capuana. Volle poi cimentarsi nel difficile ruolo di Violetta nella Traviata di Verdi, interpretata con successo alla Fenice di Venezia il 28 marzo 1942 ancora sotto la direzione di Capuana e poi replicata trionfalmente alla Scala nel 1943 sotto la direzione di Marinuzzi. Questi la dirigerà quindi in Rigoletto e nel Trovatore, accanto a Lauri Volpi, suo partner anche in Wally di A. Catalani (27 marzo 1943), che in questa occasione vorrà sottolineare nel suo libro di ricordi A viso aperto, oltre al volitivo temperamento della C., talune indecisioni negli acuti, riscattate tuttavia dalla straordinaria capacità di soggiogare il pubblico grazie ad un temperamento impetuoso e comunque sempre convincente. Giunta in questi anni ai vertici della popolarità e raggiunta la maturità come artista e come donna (aveva sposato nel 1939 il compositore e impresario teatrale Pino Donati) continuò ad arricchire il suo già vasto repertorio, e dopo Adriana Lecouvreur di F. Cilea al teatro Comunale di Bologna nell'aprile 1942 accanto a G. Masini, tornò all'Opera di Roma, ove, con Beniamino Gigli, suo compagno preferito in memorabili esecuzioni sia del repertorio verdiano sia di quello verista, interpretò Aida, Trovatore, Forza del destino e Manon Lescaut di Puccini; poi, nonostante alcune perplessità da parte della critica, volle affrontare il difficilissimo ruolo di Norma di V. Bellini che interpretò per la prima volta al teatro dell'Opera di Roma nella stagione 1945-46 e poi al Colón di Buenos Aires (1947), al teatro alla Scala (1947-48) e al teatro S. Carlo di Napoli (1948). Col passare degli anni andava sempre più evidenziandosi l'attitudine della C. per il repertorio di soprano lirico spinto, soprattutto in opere come Manon Lescaut, Tosca e Adriana Lecouvreur, in cui le qualità vocali - in particolare il timbro prezioso, morbido, ricco di vibrazioni - congiunte ad un temperamento passionale rendevano possibile perfette caratterizzazioni psicologiche del personaggio che diedero luogo a interpretazioni memorabili per efficacia e vigore espressivo.
Nel 1949 inaugurò con Tosca il teatro Verdi di Temi risorto dalle macerie della guerra, confermando la sua particolare congenialità con il personaggio pucciniano.
Tornata alla Scala nel 1950 vi interpretò Francesca da Rimini di R. Zandonai accanto a G. Prandelli e sotto la direzione di F. Capuana, che la guidò anche nell'esumazione di Oberto conte di S. Bonifacio di Verdi in cui ebbe compagni T. Pasero ed E. Stignani (13 febbr. 1951), seguita da un memorabile Ballo in maschera con J. Biörling e C. Elmo.
La ricchezza dei mezzi vocali, peraltro usati con intelligente parsimonia - fatta eccezione per alcune imprudenti incursioni in ruoli impervi, del resto ben presto abbandonati -, le consentì di continuare ad arricchire il repertorio, ed infatti nel 1953 al teatro Massimo di Catania si cimentò in Gioconda di A. Ponchielli (direttore Capuana). Continuò ad esibirsi costantemente alla Scala e all'Opera di Roma, che fin dagli anni Quaranta era diventato il suo teatro e in cui accanto a B. Gigli, divenuto suo partner ideale e pressoché inseparabile - dominò per oltre un decennio come prima donna assoluta, compiendo, inoltre, con il complesso del teatro, varie tournées in Germania e in altri paesi europei. Nel 1954 al teatro del Giglio di Lucca fu acclamata interprete di Wally di Catalani sotto la direzione di Capuana che la diresse anche in Andrea Chénier al teatro Augustus di Genova e in Poliuto di Donizetti alle terme di Caracalla.
Ritiratasi dalle scene nel 1959 con Tosca all'Opera del Cairo, si dedicò poi all'insegnamento.
Morì a Roma il 16 apr. 1979.
Artista particolarmente versatile, partecipò all'esumazione di varie opere di grande impegno, tra cui, oltre al citato Oberto verdiano, si ricordano: Ifigenia in Aulide di C.W. Gluck (teatro alla Scala, 1937), Poliuto di Donizetti (ibid., 1941), La vestale di G. Spontini (Roma, teatro dell'Opera, 1943). Fu inoltre creatrice di ruoli in opere in prima rappresentazione assoluta quali: Cirano di Bergerac di F. Alfano (Roma, teatro dell'Opera, 1936), Lucrezia di O. Respighi (Milano, teatro alla Scala, 1937) Corradino lo Svevo di P. Donati (Fermo: 1942). Non meno intensa fu la sua attività discografica; effettuò moltissime registrazioni in disco tra il 1930 e gli anni Cinquanta sia di brani scelti sia di opere complete,, tra cui si ricordano, per la Cetra: La forza del destino di Verdi (CB 20104/21 e LP 1201), Francesca da Rimini di Zandonai (LP 1229), Don Carlo di Verdi (LP 1234), Fedora di U. Giordano (LP 1222); per La Voce del padrone: Andrea Chénier di Giordano (DB 5423/35 e QALP 10069/70), Aida di Verdi (DB 6392/411 e QALP 10010/13), Un ballo in maschera di Verdi (DM 0100/0116 e QALP 10057/58), Tosca di Puccini (DB 6392/6411 e QALP 10004/5); per la Columbia ("The Golden Age of Opera"): Oberto conte di San Bonifacio di Verdi (EJS 146) e Otello di Verdi (EJS 281).
La voce della C. era potente e voluminosa, con un registro grave scuro e risonante, quello medio rotondo e pieno, e acuti squillanti e argentei; ricca di slanci audaci, la sorprendente chiarezza le faceva perdonare talune dilatazioni nei centri e nei bassi soprattutto nell'ultimo periodo della carriera; valicò i naturali confini di lirico spinto per avventurarsi nel repertorio drammatico che poté affrontare grazie ad una voce eccezionalmente ampia dal timbro di rara bellezza, anche se la critica rilevò taluni momenti di smarrimento nel passaggio dalla zona centrale a quella acuta; tuttavia il temperamento musicalissimo e la capacità di suscitare commozione nei momenti di maggiore tensione drammatica fecero di lei un'interprete ideale di ruoli passionali quali Tosca, Adriana Lecouvreur, Manon e di molti personaggi erdiani, in cui certi sforzi nel settore acuto erano compensati dallo smalto prezioso del timbro e della generosità interpretativa, sostenuta da una volontà ferrea e da un impegno costante; le fu comunque congeniale il repertorio di soprano lirico spinto che coltivò fino alla conclusione della carriera insieme con quello di soprano drammatico in cui, anche nei ruoli vocalmente più impervi come Norma e Gioconda, a lei meno congeniali, profuse i doni del suo passionale talento interpretativo, sorretto sempre da una voce fluida, limpida, vibrante.
Fonti e Bibl.: G. Lauri Volpi, Voci parallele, Milano 1955, p. 75; C. Gatti, Il teatro alla Scala nella storia e nell'arte, II, Milano 1964, ad Indicem; V. Frajese, Dal Costanzi all'Opera, IV, Roma 1978, ad Indicem; M. Picchi, E lucean le stelle, Bologna 1981, p.815; G. Lauri-Volpi, A viso aperto, Bologna 1982, pp. 77-80; B. Cagnoli, L'arte musicale di Franco Capuana, Milano 1983, pp. 38, 62, 101, 160, 207, 216, 235, 238, 241 ss., 244, 248, 250 s.; C. Clerico, Tancredi Pasero, Torino 1983, pp. 22, 63, 102 s. Si vedano inoltre: Enc. dello spett., II, Firenze-Roma 1954, coll. 1638 s.; Encicl. della musica Rizzoli Ricordi, I, Milano 1972, p. 460; Grande encicl. della musica lirica, I, Roma s.d., p. 216; The New Groves Dict. of Music and Musicians, III, London 1980, p. 684; Diz. encicl. univ. della musica e dei musicúti. Le biografie, II, Torino 1985, p. 91.