BRONDI, Maria Caterina
Nacque a Sarzana il 24 marzo 1684; i suoi genitori vi possedevano una bottega ed erano "soliti mercanteggiare con decoro", anche se la B. abitualmente si presentava, per disprezzo di se stessa, come "umile artigiana" (Bambacari, Memorie, I, p. 48). I suoi primi anni ebbero come sfondo quello della minuta cronaca domestica di una famiglia del ceto mercantile, assorbita nelle attività commerciali e in una tranquilla pratica religiosa, i cui momenti assunsero presto per la B. una importanza e un significato eccezionali. Inviata a scuola di dottrina cristiana a sette anni, manifestò una tale disposizione in proposito che la madre l'affidò a una maestra perché potesse approfondire i suoi interessi; maturò così il voto di entrare nelle "religiose Cappuccine" (ibid., p. 8), al quale si mantenne fedele per diversi anni; l'assiduità e il fervore con cui attendeva alle sue pratiche devote cominciavano intanto ad attirare su di lei l'attenzione prima della famiglia, poi della città intera. Nel 1700 si svolse a Sarzana la predicazione dei padri missionari Lazzaro Figari e Carlo Paceri, i quali, colpiti dall'assidua e devota presenza della B. alle loro prediche, si interessarono a lei e le promisero di aiutarla a farla entrare tra le cappuccine; ma a questo punto l'opposizione del padre, "atterito dalla grave spesa" che ciò comportava, e una visione nella quale la B. apprese che Dio la voleva "nel secolo" impressero alla sua vita un diverso indirizzo (ibid., pp. 16, 30). Lo scopo della sua esistenza le apparve riposto tutto in una completa dedizione agli infermi, e in questa opera consumò il resto della sua breve vita.
La ricerca di una santità di vita "nel secolo" rende singolare l'esperienza della B., che si svolse anche a stretto contatto con ambienti monastici senza però identificarsi con essi; i temi di cui tale esperienza venne sostanziandosi sembrano riproporre, agli inizi del sec. XVIII, i modelli delle grandi mistiche dei secc. XV e XVI: la comunione frequente, che giunge a sostituire l'alimentazione normale, la mortificazione dello spirito e della carne per mezzo di supplizi fisici e di umiliazioni morali, la devozione vivissima al Cristo crocifisso che si traduce in adorazioni estatiche, rapimenti mistici e in fenomeni come quello delle stimmate. Le sofferenze e le mortificazioni, procurate con una serie di strumenti, furono caratterizzate da una particolare durezza e intensità e motivate da un atteggiamento di fronte al problema della salvezza che si può esprimere con i termini di una frase che la B. affermò esserle stata dettata nel corso di una visione: "Persevera ad amarmi, ma avverti a non lasciar di temere, e tremare, perché sei anche tu in pericolo di dannarti" (ibid., p. 23). Ma il tema dell'amore mistico, pieno e fiducioso, è predominante rispetto a quello del timore e tremore: ne danno ampia testimonianza le relazioni delle sue esperienze, redatte da lei per ordine dei suoi direttori spirituali. Cristo vi è descritto con immagini che ruotano sempre intorno a quella di "fornace ardente" di amore (lettera s.d. all'arcivescovo di Pisa, in Arch. di Stato di Pisa, Osp. R. 3242, cc. n.n.); è significativo inoltre che, raccontando una visione avuta intorno al 1710 della natura del mondo ultraterreno, la B. presenti l'inferno come il luogo caratterizzato dall'assenza del "divino amore", in cui la pena di gran lunga più terribile non è quella dei sensi, ma quella della privazione di Dio (Bambacari, Animadversiones, pp. 150 ss.). Accanto a una serie di fenomeni, pur essi tipici di un certo modello della santità femminile quale si può ritrovare in figure di sante e beate dei secoli precedenti (rivelazione di pensieri e peccati segreti, previsioni di eventi futuri, guarigioni miracolose, ecc.), nell'esperienza della B. assume importanza particolare quella che si potrebbe definire una curiosità o inquietudine dottrinale di cui restano le tracce nei suoi scritti; le tentazioni di fede, topos consueto nella tradizione della santità cristiana, assumono in lei un aspetto più definito e, in un certo senso, datato: esponendo i termini in cui le si è presentata una tentazione relativa all'esistenza di Dio, la B. pone in bocca al diabolico tentatore alcuni argomenti orecchiati dalla scienza biologica del tempo. Altri dubbi che la sua fede si trovò a dover superare riguardarono il problema del libero, arbitrio e della giustificazione, quello della presenza reale di Cristo nell'eucaristia, e soprattutto il problema della Trinità, la cui comprensione è quasi costantemente al centro di visioni, dubbi e rivelazioni (ibid., pp. 150ss.,160, 199 s.; Arch. di Stato di Pisa, Osp. R. 3242, cc. n.n.). Interrogandosi sulla sorte delle anime dopo la morte, la B. giunse talvolta, per via di visioni, a rispondere alle domande che le venivano poste, o che essa stessa si poneva, sulla collocazione ultraterrena di singole e precise figure: singolare quella relativa a S. Roberto Bellarmino (Arch. di Stato di Pisa, Osp. R. 3242, ce. n.n.).
Una domanda che è stata posta già, con risposta negativa, dal primo biografo, della B. riguarda il problema se i suoi direttori spirituali influirono in qualche modo con la loro dottrina teologica sulle sue idee. Di fatto, anche se non è possibile portare nuovi elementi a questo proposito, è certo che la B. entrò in contatto con una serie di figure di un certo rilievo: i predicatori Figari e Paceri, abbandonando Sarzana nel 1700, l'affidarono alle cure del canonico G. B. Mascardi, che esercitò un influsso moderatore sulla sua tendenza a ricercare mortificazioni sempre più pesanti; dopo cinque anni passò sotto la direzione del padre Bonaventura da Amelia, dell'Ordine dei minori osservanti riformati, il quale rilasciò, sul conto della sua figlia spirituale, dichiarazioni estremamente favorevoli (Arch. di Stato di Pisa, ibid.;Bambacari, Memorie, I, pp. 92 s.). Si andava intanto diffondendo in Sarzana una curiosità non sempre benevola intorno alla figura della B., a causa delle manifestazioni esterne della sua devozione, come per esempio gli svenimenti mistici a cui era soggetta nel ricevere la comunione. Il vescovo la fece esorcizzare nel 1703, ma, poiché i fenomeni non cessavano, si decise che la B. doveva ricevere la comunione in ore e in luoghi non esposti alla pubblica curiosità.
Si formò intorno a lei una piccola comunità di devoti che la seguivano nei suoi spostamenti, raccogliendo e custodendo le prove della sua santità. Nel 1708, obbedendo ad un impulso interiore che la invitava ad andare in Turchia per convertire gli infedeli, la B. si allontanò da Sarzana per un breve viaggio, i cui eventi straordinari sono raccontati in una delle sue relazioni; la raccolsero e la ricondussero a casa quattro suoi devoti, uomini e donne, tra i cui nomi troviamo quello di una sua sorella, Francesca. Nel 1710 il padre Paolo Segneri iunior, della Compagnia di Gesù, che l'aveva conosciuta a Sarzana, dovendo recarsi a predicare a Lucca, ottenne dal vescovo il permesso di condursela appresso. La B. lo seguì con un gruppo di devote signore, vestite come lei di una "saja negra" (Bambacari, Memorie, I, p. 209), e si trattenne in Lucca per due mesi. Anche questo periodo trascorso fuori della casa paterna contribuì al diffondersi della sua fama; una nobildonna lucchese che l'aveva conosciuta in quell'epoca ne chiese e ottenne la compagnia e l'assistenza spirituale per qualche giorno e rilasciò in seguito una dichiarazione sui fatti miracolosi da lei constatati. Molto favorevolmente impressionato si mostrò anche, in seguito, il vescovo di Lucca cardinal Spada. Nel 1713 la B. fu invitata a trascorrere un periodo presso il monastero di S. Chiara di Massa, e anche qui si ripeterono analoghi fenomeni. Intanto ormai da anni tentava di ottenere da Roma il permesso di recarsi presso un ospedale, dove realizzare il suo voto di porsi al servizio degli infermi. Nel 1714, ottenuto il permesso, si recò all'ospedale di Genova dove giunse il 20 aprile; in questo ambiente la sua fama di santità trovò nuovi e potenti incentivi nella speranza di guarigioni miracolose che ella suscitava, provocando così un affollarsi di visitatori e postulanti, nonché una curiosità talvolta pettegola e malevola (come testimonia una lettera del bamabita G. B. Rinolfi all'arcivescovo di Pisa del 10 giugno 1719: Arch. di Stato di Pisa, ibid.). La seconda e più importante missione svolta dalla B. in un ospedale ebbe come teatro Pisa.
Nella città toscana, che era da tempo al centro dei suoi desideri, ella poté finalmente recarsi nel maggio 1719, dopo averne ottenuto il permesso; qui visse presso le monache di S. Chiara, assoggettandosi completamente all'obbedienza dell'arcivescovo. I suo compiti furono di varia natura: presso le monache ella si occupò dell'educazione religiosa di un gruppo di educande della nobiltà cittadina, che accorsero in numero sempre crescente (giunsero in poco tempo fino al numero di quaranta), e si dedicò naturalmente all'assistenza degli infermi; ma trascorreva la maggior parte del suo tempo nel ricevere i postulanti che affluivano in cerca di conforto e di aiuto per i più vari problemi, fisici e spirituali; le lettere con le quali questi si rivolgevano all'arcivescovo per ottenere il permesso di una udienza della B. ci sono state in gran parte conservate (Arch. di Stato di Pisa, ibid.) e costituiscono un documento interessante per misurare la diffusione, in area toscana e ai più vari livelli sociali, della devozione per la "santina di Sarzana" (come usava chiamarsi la Brondi).
La permanenza della B. a Pisa fu però molto breve, e inoltre le poche settimane intercorse tra la data del suo arrivo (6 maggio) e quella della morte (28 luglio) furono da lei passate tra le sofferenze causate da una grave malattia allo stomaco. Costretta dal medico a prendere del cibo, le sue condizioni si aggravarono tanto che i suoi familiari decisero di riportarla a Sarzana. Partita da Pisa in lettiga il 24 luglio, dovette essere ricondotta subito in arcivescovado per un improvviso aggravamento, e lì spirò il 28 luglio 1719.
Fonti e Bibl.: Gli scritti della B. sono conservati, parte nell'originale autografo parte in copia, in Archivio di, Stato di Pisa, Ospedali Riuniti 3242, dove è raccolto anche abbondante materiale documentario a lei relativo; fra l'altro, vi si trova una raccolta di lettere di Cesare Nicolò Bambacari che documentano Rh intenti ed i criteri con cui fu redatta la sua monumentale biografia della B., nella quale sono pubblicati, parte nella forma originale parte in traduzione latina, molti scritti della medesima (C. N. Bambacari, Memorie delle virtù ed azioni di M. C. B. vergine sarzanese, Lucca 1743; dello stesso: Ad memorias historicas virtutum,actionumque Mariae Catharinae Brondi animadversiones, Lucae 1743; copia manoscritta è conservata a Lucca, Biblioteca Governativa, mss. 161-163; Ibid., ms. 1569, il testo di un discorso del Bambacari sulla B.); Bibl. Apost. Vat., Vat. lat. 13088, ff. 69r-70v (copia di lettera anonima, scritta da Pisa a Roma il 14 ag. 1719, dove sono narrati gli ultimi giorni di vita della B. e gli avvenimenti immediatamente successivi alla sua morte); Dict. de spiritualité, I, coll. 1966 s.