MARIA CRISTINA di Savoia, regina delle Due Sicilie
MARIA CRISTINA di Savoia, regina delle Due Sicilie. – Nacque a Cagliari il 14 nov. 1812 da Vittorio Emanuele I, re di Sardegna, e da Maria Teresa d’Austria, esuli in Sardegna in seguito all’annessione del Piemonte alla Francia napoleonica. La mancata nascita di un maschio che, dopo tre femmine, assicurasse un erede al trono generò delusione ma anche un attaccamento morboso della madre verso M., subito da lei consacrata alla Madonna. La piccola, chiamata Tintina, visse l’infanzia in un periodo di ristrettezze economiche e in un’atmosfera impregnata di misticismo, abituata alla pratica religiosa, alla carità, all’ordine e alla disciplina. Nel maggio del 1814, col mutare del quadro politico in seguito all’abdicazione di Napoleone, Vittorio Emanuele I tornò a Torino, dove nel 1815 lo raggiunse Maria Teresa, reggente nell’isola, con la famiglia.
La madre di M. era donna autoritaria e risoluta, e fu determinante nella sua educazione, basata innanzitutto sulle buone maniere e i lavori donneschi. M. ebbe come precettore e guida spirituale l’olivetano napoletano G.B. Terzi, lettore di matematica e professore di astronomia, che Maria Teresa aveva conosciuto da parroco nel 1804 a Mola di Gaeta e che aveva portato con sé in Sardegna. Fu lui a insegnare a M. il catechismo di monsignor M. Casati, nonché geografia, aritmetica, algebra, geometria, fisica, mineralogia e infine le lingue, musica, canto, disegno, pittura, calligrafia. Grazie a un’applicazione assidua si formò una cultura di qualità e ispirata a una profonda spiritualità. Contrariamente alle abitudini della corte sabauda di usare il francese, scriveva le lettere private in italiano.
Quando, in seguito ai moti del 1821, Vittorio Emanuele I rinunciò al trono e gli subentrò Carlo Felice, la famiglia, dopo soggiorni a Nizza, a Genova e in Toscana, si stabilì a Moncalieri, dove Vittorio Emanuele I morì nel gennaio 1824. Da Genova, con la madre e con la sorella Maria Anna, M. era solita recarsi a Lucca, dove la sorella Maria Teresa era divenuta duchessa, o a Modena, presso Francesco IV, che aveva sposato la primogenita Maria Beatrice.
Di carattere allegro, M. trascorreva le giornate con la nipotina, figlia di Maria Beatrice, o tra preghiera e studio, ma amava anche le gite, le visite, le novità. Dopo il 1824 si trasferì con la madre a Genova, dove visse sei anni intervallando il soggiorno coi viaggi presso le sorelle, in stretto legame soprattutto con Maria Anna, che nel 1831 sposò l’erede al trono d’Austria Ferdinando e nel 1835 divenne imperatrice.
Nel 1825 fu a Roma per il giubileo: visitò chiese, luoghi sacri e vide più volte papa Leone XII. Vari furono gli episodi di devozione religiosa e di umiltà che crearono intorno a M. un «alone quasi leggendario» (Regolo, p. 82). Dopo sei mesi rientrò a Genova, poi fu di nuovo a Roma a fine anno, e fino a metà del 1826, per la chiusura della porta santa e del giubileo: le giornate romane furono vissute all’insegna del misticismo e di frequenti incontri col papa, senza però trascurare le feste date dall’aristocrazia romana. Santi, chiese, rovine antiche e la pittura erano i suoi interessi. Tornerà nella città anche nel 1828-29 per vacanza.
Varie testimonianze ne attestano la bellezza notevole ma non ostentata, la semplicità nell’abbigliamento, la morigeratezza, il carattere vivace, il senso dell’umorismo, l’ironia, l’amore del ballo, ma non del teatro. A rendere popolare M. contribuì il piglio quasi manageriale con cui aiutava i bisognosi.
Richiesta più volte in sposa – fin dal 1817 dai Borboni di Napoli per il futuro Ferdinando II, nel 1827-28 da Luigi Filippo per il figlio Ferdinando duca d’Orléans, dal granduca di Toscana per il proprio primogenito, dalla corte di Lisbona per l’infante don Sebastiano, dalla corte napoletana sempre per Ferdinando II appena salito al trono, e da altri pretendenti –, rifiutò ogni volta tale passo. Preferì adeguarsi alle decisioni della madre, che in particolare si oppose al matrimonio con Ferdinando II sia perché affetto da epilessia, sia per le voci sui suoi rapporti con una ballerina; a influenzarla in tale circostanza fu anche Maria Isabella di Spagna, ostile al figlio, col quale litigava spesso e del quale parlava molto male con accuse in parte inventate (Balbiano d’Aramengo, p. 36).
Le nozze col re delle Due Sicilie furono invece caldeggiate da padre Terzi e da vari esponenti della corte napoletana, incaricati dallo stesso Ferdinando, che M. definiva per la sua insistenza «scirocco» insieme con i suoi «asfissianti emissari» (Regolo, p. 161). Morta nel 1832 la madre, M. fece ritorno a Torino in una corte ostile, influenzata dalla regina Maria Teresa, moglie di Carlo Alberto, salito al trono dopo la morte di Carlo Felice (27 apr. 1831). Espresse perciò il desiderio di diventare suora di clausura, scelta che aveva sempre rigorosamente escluso, ma la dissuase padre Terzi, al corrente dei piani politici del re sabaudo, favorevole al matrimonio con Ferdinando II per evitare che i Borboni si legassero eccessivamente alla Francia. Questi ultimi, come i Savoia, gradivano le nozze con M. per controbilanciare l’influenza austriaca nella penisola. Ella accettò quindi come volontà di Dio il matrimonio, celebrato nel santuario di Maria Ss. dell’Acqua Santa, a Voltri, presso Genova, il 21 nov. 1832. A Napoli gli sposi furono accolti da una folla festante ed entusiasta.
Sulla vita quotidiana nella corte napoletana fiorirono aneddoti circa la bizzarria del re, che canzonava la moglie per i suoi scrupoli religiosi o le faceva scherzi inopportuni. Molti biografi scrivono perciò di matrimonio infelice, in un paese lontano, in un ambiente angustiato dai litigi fra il re e la madre Maria Isabella, per la vita scandalosa di quest’ultima, e fra il re e i fratelli, i principi Carlo e Antonio: versione, questa, smentita da Croce che, sulla base delle lettere di M. a parenti e amici e delle testimonianze di inviati di Carlo Alberto, sostiene che a Napoli fu felice, malgrado le abitudini plebee del marito, al quale a suo modo fu legata. Altri recentemente le hanno attribuito una forma di anoressia.
«Charmante et parfaite» secondo C. Cavour, M. fu giudicata talora fredda e avara: in realtà spendeva tutto ciò che aveva in opere di carità. D’accordo con il re usò una parte del denaro destinato ai festeggiamenti nuziali per dare una dote a 240 giovani spose, per riscattare un buon numero di pegni depositati al Monte di pietà e per altre iniziative caritatevoli (sua l’idea di fondare presso il convento di S. Domenico Soriano un laboratorio di letti da dare alle famiglie bisognose). Improntò la vita di corte a una religiosità basata sulla lettura quotidiana di opere sacre e sulle pratiche devote. Incentivò l’arte del corallo a Torre del Greco e l’industria della seta a San Leucio, promuovendo e proteggendo l’industria napoletana di stoffe, sete e simili.
Impedita dal marito a occuparsi degli affari di Stato, M. non riuscì a svolgere il ruolo di rilievo che avrebbe desiderato Carlo Alberto, e anzi le fu attribuita un’influenza negativa a causa della sua avversione per i principî liberali e dello spazio che ebbero presso il re e nell’amministrazione i preti reazionari (monsignor F. Colangelo e monsignor C. Cocle). In realtà M. ebbe sul consorte, che cercava in ogni modo di compiacere, un’incidenza benefica, rendendolo più «riservato e rispettato» (Croce, p. 299), più mite verso i condannati a morte, più semplice nei rapporti, sicché le si dovette riconoscere che «sollevò un poco l’animo plebeo del re, lo corresse di alcuni bassi vizi, e fu cagione che la reggia, sempre stata un bordello e allora una caserma, divenisse costumata» (Settembrini, p. 43). E Ferdinando a suo modo l’amò, in quanto M. pose su nuove coordinate il rapporto coniugale e quello col suo popolo.
Attraverso l’impegno caritatevole, M. svolse quindi un’azione di significato politico, interpretando il nuovo ruolo che, dalla fine del Settecento, ebbe la donna nell’influenzare la spiritualità e i costumi.
Nel 1835 restò incinta; l’erede al trono, il futuro Francesco II, nacque il 16 genn. 1836. Poco più che ventitreenne, M. morì a Napoli il 31 genn. 1836 per le complicazioni sopravvenute.
In proposito non mancò chi riprese e diffuse la voce secondo cui «Carlo principe di Capua avendo anch’egli la comune opinione che il re fosse impotente a generare, e vedendolo per due anni senza prole, aveva sperato di succedere al trono; ma che quando si accertò della gravidanza della regina, e poi del parto, e della prole maschile ne fu corrucciato a segno che venne a fiere parole col fratello, ed entrambi messero mano a le spade; che la regina li udì, balzò dal letto, si gettò in mezzo, li divise; e che, per questa paura, essendo ancor tenera di parto, la poveretta in capo a pochi giorni si morì» (Settembrini, p. 43).
Definita dal popolino «reginella santa», M., i cui resti furono tumulati nella basilica di S. Chiara, fu oggetto di culto sin dai giorni successivi alla sua morte. Nel 1859 Pio IX firmò l’avvio del processo di beatificazione, e da allora le fu attribuito il titolo di «venerabile». La relativa causa è stata introdotta al tribunale ecclesiastico il 17 nov. 2004.
Fonti e Bibl.: Per il processo di santificazione di M. numerose fonti furono fornite da uomini di Chiesa, con biografie basate su una tipologia standardizzata: precoci manifestazioni infantili di devozione e amore, ambito familiare favorevole, spirito di sacrificio, morte tragica, miracoli post mortem. Fu così accreditata l’idea di una fanciulla santa e triste, cui alcuni autori, tra i quali B. Croce, M.C. regina delle Due Sicilie, in Id., Uomini e cose della vecchia Italia, Bari 1955, pp. 267-307, si sono opposti per darne un’immagine più articolata. Visione recepita nel più ampio discorso storiografico relativo alle modalità della santità: S. Cabibbo, La santità femminile dinastica, in Donne e fede, a cura di L. Scaraffia - G. Zarri, Roma-Bari 1994, pp. 399-418. Tra le testimonianze di carattere generale relative al ruolo della dinastia borbonica si vedano: R. Moscati, Ferdinando II di Borbone nei documenti diplomatici austriaci, Napoli 1947, ad ind.; L. Settembrini, Ricordanze della mia vita, a cura di M. Themelly, Milano 1961, ad ind.; H. Acton, Gli ultimi Borboni di Napoli 1825-1861, Milano 1962, ad ind.; R. De Cesare, La fine di un Regno, I-II, Roma 1975, ad ind.; A. Scirocco, Ferdinando II, in Diz. biografico degli Italiani, XLVI, Roma 1996, pp. 226-242. Molte notizie derivate dai documenti di beatificazione, aneddoti e testimonianze si leggono in G. De Cesare, Vita della venerabile serva di Dio M.C. regina delle Due Sicilie, cavata da’ processi per la beatificazione e canonizzazione, Roma 1863; G. Montieri, Vita della venerabile serva di Dio M.C. regina delle Due Sicilie compilata da’ processi ordinarii per la di lei beatificazione e canonizzazione, Venezia 1880; V. Sardi, La venerabile M.C., Roma 1895. Apologetici sono comunque i vari, numerosissimi interventi in occasione delle nozze e della morte e le altre ricostruzioni, fra cui: A.M. Saliceti, In morte di M.C. regina del Regno delle Due Sicilie, ode, Teramo 1856; L. Da Palma, Vita della venerabile serva di Dio M.C. regina del Regno delle Due Sicilie…, Napoli 1860; A. Bresciani, La venerabile M.C., regina delle Due Sicilie, Roma 1873; A. Amante, M.C. di S., Torino 1933; F. Cartoni, M.C. di S., regina delle Due Sicilie, Isola del Liri 1935; A. Barone, M.C. di S., regina di Napoli. Dai documenti raccolti nella mostra di S. Chiara, Napoli 1936; L. Gajorani Bignami, In memoria della venerabile M.C. di Savoia-Borbone, Empoli 1936; G. De Miranda, M.C. di S., regina delle Due Sicilie, Milano 1938; L. Cardini, M.C. di S., Roma 1940; Enc. Italiana, XXIII, p. 310 (N. Cortese). Tra le opere più recenti: D. Pini, Tra due mondi, una donna: M.C. di S.…, Roma 1958; G. Dell’Aja, Nel centocinquantesimo della morte della ... serva di Dio M.C.…, Napoli 1986; L. Regolo, La reginella santa: tutto il racconto della vita di M.C., sovrana delle Due Sicilie, Milano 2000; M.T. Balbiano d’Aramengo, M.C. di S., Torino 2002.