Denis, Maria
Nome d'arte di Maria Ester Beomonte, attrice cinematografica, nata a Buenos Aires il 22 novembre 1916. Per un decennio (da Non c'è bisogno di danaro, 1933, di Amleto Palermi a Nessuno torna indietro, 1945, di Alessandro Blasetti) s'impose come una delle attrici più rappresentative e popolari del cinema italiano, specializzandosi in ruoli di ragazza semplice e graziosa. Fu espressione di una bellezza 'casalinga', tipicamente italiana, senza pose divistiche, alternativa alla bellezza sofisticata della femme fatale hollywoodiana.
Fece il suo ingresso nel mondo del cinema quasi per caso, a soli quindici anni: fu infatti notata dal regista Pietro Francisci che le propose di recitare in un cortometraggio amatoriale, Arcobaleno (1932). Palermi le affidò quindi la prima parte da protagonista in Non c'è bisogno di danaro. Sempre nel 1933 lavorò con Raffaello Matarazzo (Treno popolare) e l'anno successivo con Blasetti (L'impiegata di papà) e Goffredo Alessandrini (Seconda B); in questi primi film l'attrice interpretò il tipo della ragazza aggraziata e un po' maliziosa. Dopo un'iniziale ostilità la critica cominciò ad apprezzare la sua crescente sicurezza, la sobrietà, la gradevole presenza fisica, pur evidenziando una certa limitatezza dei mezzi espressivi. La sua popolarità crebbe rapidamente, anche grazie ai film in cui compariva al fianco di Vittorio De Sica: Napoli d'altri tempi, 1937, e Le due madri, 1938, entrambi diretti da Palermi; Hanno rapito un uomo, 1938, di Gennaro Righelli. Il successo, tuttavia, la chiuse nei limiti della commedia sentimentale e del dramma patetico, imponendole un cliché (la studentessa, l'impiegata, la vittima votata alla sofferenza amorosa) dal quale non riuscì mai a liberarsi per intero. Fu nel 1940 che la sua carriera ebbe una svolta grazie all'incontro con il regista Ferdinando Maria Poggioli, che ne seppe valorizzare le doti drammatiche. Nei due film di Poggioli offrì le sue prove migliori, dimostrando di essere un'attrice completa e sensibile: in Addio giovinezza! (1940) donò freschezza al personaggio della sartina Dorina, con delicate sfumature gozzaniane; ma in Sissignora (1942) diede un saggio ancora più convincente delle sue capacità con il personaggio di una giovane cameriera oppressa dagli egoismi della società borghese. Dopo queste due notevoli interpretazioni, la D. si misurò nuovamente con ruoli lacrimosi, ma riusciti, di donne umili e tormentate da un destino difficile (Le due orfanelle, 1942, di Carmine Gallone; La maestrina, 1942, di Giorgio Bianchi; La Bohème, noto anche come La vie de Bohème, 1946, di Marcel L'Herbier). L'ultimo periodo della Seconda guerra mondiale la vide coinvolta nella vicenda dell'arresto di Luchino Visconti (al quale era legata da profonda amicizia): l'attrice si adoperò per ottenere la scarcerazione del regista, e per questo, dopo la guerra, fu accusata di collaborazionismo. Fu immediatamente riconosciuta innocente, ma questa vicenda, che la D. ricorda nel suo libro Il gioco della verità (1995), la lasciò amareggiata e isolata. Dopo un infelice tentativo di proseguire la carriera in Spagna, ritornò in Italia, ma le sue interpretazioni si diradarono. L'ultima apparizione cinematografica risale al 1954, quando, sotto la direzione dell'amico Blasetti, interpretò un episodio di Tempi nostri (Zibaldone n. 2).
S. Masi, E. Lancia, Stelle d'Italia: piccole e grandi dive del cinema italiano dal 1930 al 1945, Roma 1994, pp. 27-31; M. Scaglione, Maria Denis, la diva dei telefoni bianchi, in M. Denis, Il gioco della verità: una diva nella Roma del 1943, Milano 1995, pp. 130-46.