MARIA di Francia
Poetessa, che svolse la sua attività letteraria nella seconda metà del sec. XII, in Inghilterra, alla corte dei Plantageneti. Vissuta in un centro allora fiorente di vita intellettuale e dove la lingua e la poesia della Francia incontravano la più larga diffusione, M. di F. vi attinse qualche motivo d'arte e vi educò qualche ideale umano per i suoi Lais, che proprio intorno al 1165 dedicava al re "prode e cortese", senza dubbio Enrico II d'Inghilterra. E nell'epilogo d'una sua raccolta di favole esopiane (Ysopet), che poco dopo il 1170 traduceva dall'inglese e offriva a un conte Guglielmo, essa stessa ricordava la sua nazionalità, quasi mossa da gentile nostalgia ("Marie ai nom, si sui de France"). Intorno al 1190, forse non più a Londra, ma certo sempre nell'orbita della cultura franco-inglese, metteva in versi l'Espurgatoire Saint Patriz, tratto dall'opera omonima di Enrico di Saltrey, che appunto in quel tempo aveva raccolto in latino la celebre leggenda.
I Lais che appartengono con certezza a M. di F. sono dodici, sebbene glıiene siano stati attribuiti altri, specie Guingamor e Tydorel, in cui però è palese l'imitazione e vi si riconoscono gli schemi stilistici ricalcati con servile fedeltà. Con i Lais M. di F. creava un tipo di narrazione breve e delicata, con un contenuto sentimentale e fantasioso, in cui le passioni e le azioni serbano ancora la fuggevole levità del canto lirico originario (v. lai). Sono motivi di leggenda e di folklore, alcuni assai comuni e diffusi, altri di provenienza più specificamente bretone e gaelica, ma tutti collocati dalla poetessa tra l'Inghilterra e la piccola Bretagna, con esatta ricerca dei nomi geografici e con l'esplicita dichiarazione di derivarli dai "lais bretoni" (di uno anzi se ne dà il titolo in tre lingue: bret. Laostic; franc. Rossignol; ingl. Nihtegale): in tutti, peraltro, l'azione si svolge nel lontano passato, con il gusto per l'arcaico dove si possono accettare le libertà dell'immaginazione, e con il dolce senso della vita che più non si ripete. Questa materia bretone, nel cui fondo M. di F. proietta le sue narrazioni e di cui riprende qualche frammento centrale (Tristano di Chievrefeni; la corte di Artù in Lanval), penetrava proprio in quegli anni in tutta la poesia narrativa franeese: dal Brut di Wace, che M. di F. non ignorò, al grande ciclo romanzesco di Chrestien de Troyes. La poesia dei Lais si nutre delle stesse idealità d'amore cavalleresco e di analoghe trame avventurose, ma con una tecnica più elementare e più lineare, che ha il fascino dell'arte primitiva e la grazia della parola ingenua e trasparente. È del resto la stessa primitività dei motivi ch'essa predilige, che spirano ancora la freschezza del tono popolare, con quel loro carattere schietto e insieme fantastico, in cui l'irrealtà e la naturalezza si fondono e si accettano con la stessa aderenza spirituale. La vita cortese e cavalleresca è il terreno dove fiorisce la gentile umanità dei Lais di M. di F.; ma la vita affettiva non si modella sulla pratica feudale né sugli schemi raffinati della concezione trovatorica; essa è intuita nella sua libera intimità, come istintiva e verginale passione, che si nutre dei più puri impulsi; e perciò sono evitati gli amori adulteri e le situazioni peccaminose, e, se mai, se ne parla con riprovazione (Equitain; Bisclavret). Dal costume aristocratico M. di F. deriva gli aspetti più fini: l'eleganza, il decoro delle maniere, la misura della parola; ma non indugia sui tornei, sugli splendori decorativi, sugli ozi cortigiani, che invece entravano con lusso nei romanzi contemporanei. Il meraviglioso dei suoi racconti non la seduce per il mistero in sé ma come simbolo di stati d'animo: per lei conta la sofferenza d'amore tenera e malinconica. L'avventura, come in Eliduc e in Yonec, nasce dalla solitudine dello spirito e non da una vana intraprendenza cavalleresca. E perciò alle sue creature s'addice l'esilio, la lunga attesa, l'affetto acceso dalle distanze; sono anime che sembrano fragili, tanta dolcezza fiorisce in loro; conservano nel profondo del cuore il loro unico affetto, vivendo di piccole cose segrete, soavissime, femminilmente caste, da cui si creano la loro fede (Laostic; Chievrefeuil; Le fresne). Le donne, che sono le vere protagoniste di quest'arte - e a loro, del resto, somigliano anche gli uomini per la delicatezza del sentire - sono amanti trepide e tenaci, che conoscono l'umiltà dell'attesa e la grande rinunzia (come in Le fresne, il primo esemplare della Griselda boccaccesca), e il dolore tacito e generoso (Eliduc), e accettano la morte come continuità di vita (Le deus Amanz). I loro legami col mondo sembrano esilissimi, rapiti come sono in una sola malinconia: dalla pensosità di Lanval, nel lai omonimo, nasce l'amore della sua fata, e nella sua intima segretezza avviene la trasmigrazione nell'isola beata di Avalona, l'Eliso dei gentili eroi bretoni, dove l'amore non ha tramonti.
Ediz.: Lais, ed. K. Warnke, Halle 1898; 3ª ediz., 1925, in appendice il lan di Guingamor (cfr. le osservazioni di O. Schultz-Gora, in Zeitschrift f. rom. Philologie, XLVI, 1926, pp. 314-325); ies Lais, ed. E. Hoepffner, Strasburgo 1922 (con introd.). L'Espurgatoire Saint Patriz, ed. T. Atkinson Jenkins, Chicago, 1903. Per Ysopet, cfr. favola: ediz. K. Warnke, Halle 1898; id., Aus dem Esope der M. de F., Halle 1926.
Bibl.: G. Paris, Les romans en vers du cycle de la Table-Ronde, in Histoire littér. de la France, XXX (1888); J. Bédier, Les Lais de M. de F., in Revue des Deux-Mondes, 15 ottobre 1891, pp. 835-863; L. Foulet, M. de F. et les Lais bretons, in Zeit. f. rom. Phil., XXIX (1905), pp. 19 segg. e 293 segg.; E. Winkler, Franz. Dichter des Mittelalters: M. de F., Vienna 1918 (Sitzungsberichte dell'Acc. di Vienna, CLXXXVIII); G. Bertoni, M. di F., in Studi su vecchie e nuove poesie, ecc., Modena 1921, pp. 55-77; E. Levi, M. de F. e il romanzo di Eneas, in Atti del R. Istit. Veneto, LXXXI (1921-22), p. 645 segg.; id., Sulla cronologia delle opere di M. di F., in Nuovi studi medievali, I (1922); id., Eliduc, Firenze 1924 (con larga introd., oltre al testo e traduz.); E. Brugger, Eigennamen in den Lais der M. de F., in Zeit. f. rom. Phil., XLVI (1926), pp. 201-542, 381-484; L. Spitzer, M. de F. Dichterin von Problem-Märchen, ibid., L (1930), pp. 29-67; F. Schürr, Komposition u. Sybolik in den Lais M. de F., ibid., L (1930), pp. 556-82; E Hoepffner, La géographie et l'histoire dans les Lais de M. de F., in Romania, LVI (1930), pp. 1-32; id., M. de F. et les Lais anonymes, in Studi Medievali, IX (1931), pp. 1-31; id., Pour la chronologie des Lais de M. de F. (I: le lai de Lanval), in Romania, LIX (1933), pp. 351-370.