GRAMATICA, Maria Francesca (Irma)
Nacque a Fiume, il 25 nov. 1867, da Domenico, suggeritore, e Cristina Bradil, sarta, all'epoca ambedue impegnati nella compagnia di Giacinta Pezzana e L. Monti; fin da bambina fu chiamata Irma.
La sua prima comparsa in palcoscenico avvenne a sette anni, in occasione della messa in scena di una commedia di P. Ferrari, Cause ed effetti. Trascorsa una parte dell'infanzia a Stigliano nel Senese, all'età di dieci anni, con grossi sacrifici da parte dei genitori e a scapito delle sorelle, Emma e Wanda, ebbe la possibilità di studiare nel collegio delle dorotee di Firenze. Nel 1883 la madre era divenuta la sarta di scena di Eleonora Duse, in quel periodo prima attrice della compagnia Città di Torino, diretta dall'anziano C. Rossi. Fu così che nel novembre 1884, al debutto di questa formazione al teatro Valle di Roma, per una circostanza fortuita, all'ultimo momento la G. fu chiamata a sostituire un generico quale Dimitri nella Fedora di V. Sardou. Di seguito le venne affidato il ruolo di amorosa nella commedia di G. Verga In portineria.
Nella primavera 1885 la famiglia al completo seguì la compagnia in Sudamerica nella tournée che vide naufragare il primo matrimonio della Duse, sembra proprio a causa della G., la quale, sempre in occasione di quella tournée, conobbe l'attore Armando Cottin, che avrebbe sposato qualche tempo dopo, nel 1887. Al rientro in Italia fu con la Duse-Andò nella compagnia drammatica della Città di Roma. Dopo il matrimonio, insieme con il marito, entrò nella Aleotti-Lotti-Cerruti, formazione di secondo piano, che metteva in scena per lo più il vecchio repertorio francese di Sardou e A. Dumas figlio, dove la giovane G. si fece le ossa interpretando finalmente ruoli da protagonista.
Con questa compagine i giovani sposi intrapresero una nuova tournée in Argentina, lasciando alle cure di una zia del Cottin il loro bambino di due anni la cui "morte di fame" (cfr. autobiografia manoscritta) segnò la fine del matrimonio, e costituì, per la G., una dolorosa ferita mai sanata.
Nel 1892 fu scritturata come prima attrice giovane dalla compagnia di Italia Vitaliani; l'anno dopo entrò a far parte della Emanuel-Reiter: G. Emanuel, uno degli attori più significativi di quel momento, ebbe, insieme con la Duse, un ruolo importante nella carriera della G., imponendole lo studio accurato della psicologia dei personaggi e aiutandola a raggiungere sulla scena quella assoluta naturalezza che fu una delle caratteristiche più evidenti della sua recitazione.
Fra le interpretazioni della G. vanno segnalate, per la stagione con la Vitaliani, Guerra in tempo di pace di F. von Schönthan e G. von Moser, Nel mondo della noia di E. Pailleron e Hedda Gabler di H. Ibsen, che suscitarono i primi interessi della critica. Con la Emanuel-Reiter prese parte a tre drammoni di facile presa: Il padrone delle ferriere di G. Ohnet, I due sergenti al cordone sanitario di Port Vandré di Daubigny e Maillard e Morte civile di P. Giacometti, che ottennero dal vivace pubblico del Politeama di Firenze e dell'arena del Sole di Bologna un trionfo insperato.
Nel 1894, dopo una breve tournée in Spagna, la G. passò alla formazione Maggi-Marchi con il Nerone di P. Cossa e Conte Rosso di G. Giacosa. Ma fu con il repertorio francese che si mise in evidenza, accattivandosi significativamente le simpatie del pubblico.
Fra i vari titoli: Froufrou di H. Meilhac e L. Halévy, Nanà di É. Zola, Kean di A. Dumas padre e Francillon di Dumas figlio, Nozze di Figaro di P.-A. Caron de Beaumarchais, Odette di Sardou; nel Romanzo di un giovane povero di O. Feuillet e nel Re Lear di W. Shakespeare ebbe il ruolo di prima attrice, ma il maggiore consenso lo raccolse come Amalia in L'altro di P. Lindau.
La memorabile interpretazione di Teresa Raquin, nel ruolo en titre del dramma di Zola, messo in scena in occasione di uno dei "ritorni" di Giacinta Pezzana nei panni della suocera paralitica (teatro Alfieri di Torino, 1895), contribuì alla promozione definitiva della G. a prima attrice. Proprio con questo ruolo entrò nella formazione Mozzidolfi-Marchetti e, poi, nella Aliprandi-Biagi-Orlandini, insieme con la sorella Emma. Nel marzo 1896 passò nella compagnia di E. Zacconi, uno dei più grandi attori di scuola verista, con il quale condivise le lodi per una serie di spettacoli che definiva un repertorio ricco di titoli significativi.
Casa di bambola di Ibsen, nella versione che si concludeva con il finale voluto dall'autore, Perdono di J. Lemaître, Luisa Miller di F. Schiller, Anime solitarie di G. Hauptmann, La bisbetica domata di Shakespeare, I disonesti e Principio di secolo di G. Rovetta, Scrollina di A. Torelli, La moglie ideale di M. Praga, La potenza delle tenebre di L. Tolstoj, Tristi amori e Resa a discrezione di Giacosa, Amore senza stima di Ferrari e infine Spettri di Ibsen, spettacolo col quale Zacconi sciolse la formazione.
Nel 1897 formò finalmente una propria compagnia, con L. Raspantini, E. Reinach e F. Bertini, mettendo in scena con successo una serie di titoli che non concedeva quasi spazio alla drammaturgia italiana: Trilby, dall'adattamento che P. Potter fece dal romanzo di G. Du Maurier, Il pastore di P.-F. Berton e C. Simon, Denise di Dumas figlio. Con Spiritismo di Sardou (Milano, teatro Manzoni, 17 apr. 1898), e soprattutto con una nuova messinscena di Casa di bambola - in cui giungevano a piena maturazione le risultanze dell'esperienza, appena conclusa, con Zacconi -, la G. ottenne pieno consenso di critica e di pubblico determinando, "con un certo interesse nuovo che emanava dal suo modo di non recitare, la fortuna improvvisa [della] compagnia" (Talli, p. 157); Fedora chiuse, infine, la stagione 1897-98. L'anno dopo fu protagonista di una commedia audace e moderna, tutta al femminile, di A. Vivanti, La rosa azzurra.
La sera della prima (Bologna, arena del Sole, luglio 1898) lo spettacolo fu fischiato da un pubblico irrequieto e insofferente anche se G. Carducci, presente, rimase favorevolmente colpito e inviò una positiva cronaca dello spettacolo a Matilde Serao (Il Mattino, 7-8 ag. 1898).
In occasione della messa in scena de La scuola del marito di G. Antona Traversi (Firenze, arena Nazionale, giugno 1899) - che già aveva suscitato polemiche per la scabrosità del tema - la G. fu coinvolta in un'aspra polemica con i critici teatrali del Fieramosca, del Corriere italiano e de La Sera di Milano, che la accusarono di sabotare la commedia. Nello stesso anno fu a Trieste con La Gorgona di S. Benelli. Nel 1900, con V. Talli e O. Calabresi, formò "la maggiore compagnia del secolo nuovo" (Enc. dello spettacolo), che diede vita ad alcune perfette esecuzioni, tra le migliori produzioni dell'epoca.
Come le foglie di Giacosa, Le due coscienze di Rovetta (Torino, teatro Alfieri, 11 sett. 1900), Sperduti nel buio di R. Bracco (Trieste, teatro Verdi, 14 nov. 1901), La via più lunga di H. Bernstein (Milano, teatro Manzoni, 10 nov. 1902), I romanzeschi di E. Rostand (Torino, teatro Alfieri, 28 sett. 1903), Dal tuo al mio di G. Verga (Milano, teatro Manzoni, 30 nov. 1903) e, ancora, Demi-monde di Dumas figlio, La principessa lontana di Rostand, Amore senza stima di Ferrari. In particolare per l'interpretazione di Margherita Gauthier ne La signora delle camelie di Dumas figlio, venne definita "una bella e pura derivazione di Eleonora Duse" (Cronache musicali e drammatiche, giugno 1903).
Ma il ruolo più importante di tutta la sua carriera, anche se interpretato solo per pochi giorni, fu senza dubbio quello di Mila di Codro ne La figlia di Jorio di G. D'Annunzio (Milano, teatro Lirico, 2 marzo 1904).
L'attesissimo spettacolo, pensato in origine per la Duse, e da questa in parte finanziato, fu l'elemento dirompente che portò a maturazione la definitiva rottura tra questa e D'Annunzio. Sul momento la G., lusingata dal poeta che la voleva a tutti i costi come Mila, si lasciò tentare e accettò il ruolo, e senz'altro determinante in questa decisione fu anche la preoccupazione per le sorti della sua compagnia. Ma, alla fine, più forte di tutto fu il disagio nei confronti della Duse, che tanto aveva desiderato la parte e alla quale la G. doveva molto; fu così che, dopo la terza replica, preferì "perdere la voce" e Teresa Franchini, scritturata come Candia della Leonessa, le subentrò quale protagonista.
Fino al 1906, anno in cui si sciolse, la Talli-Gramatica-Calabresi continuò, comunque, a girare l'Italia con una serie di spettacoli di successo.
Si ricordano: Il più forte di Giacosa (Torino, teatro Alfieri, 25 nov. 1904), Lucifero di E.A. Butti (Milano, teatro Manzoni, 11 dic. 1904), Il re burlone di Rovetta (ibid., 14 genn. 1905), La piccola fonte di Bracco (ibid., febbraio 1905), Il turbine di N. Martoglio (1905), Manichino di M. De Waleffe, La raffica di H. Bernstein (1905). Furono in repertorio anche Zazà di P.-F. Berton e C. Simon, Viaggio di nozze e I giorni più lieti di Antona Traversi, La locandiera di C. Goldoni, Tristi amori di Giacosa, La moglie ideale e Ondina di Praga, L'altro pericolo di H. Lavedan; L'albergo dei poveri di M. Gor´kij, I fuochi di S. Giovanni di H. Sudermann, La seconda signora Tanqueray di A.W. Pinero.
Nella quaresima del 1906 l'attrice formò una nuova compagnia con Teresa Mariani sotto la direzione di F. Andò.
Dopo il debutto a Brescia con Denise (4 marzo 1906), cui fecero seguito le riprese di Casa di bambola e di La raffica, la compagnia mise in scena La mano passa di G. Feydeau, Dieci minuti di fermata di G. Duval, Quieto vivere di A. Testoni, Il tramonto di R. Simoni, La moglie del dottore di S. Zambaldi (Torino, 23 maggio 1906).
Ammalata di artrite vertebrale e colpita da esaurimento nervoso, la G. fu costretta a un periodo di riposo forzato, che la tenne lontana dalle scene. Ma nel 1908, unitasi a F. Garavaglia, inaugurò con Raffica (Genova, teatro Paganini, 31 ottobre) una stagione ridotta che si concluse l'anno successivo con La moglie ideale (Roma, teatro Valle, 28 gennaio). Nel 1911 si unì alla Benelliana, vestendo ancora una volta i panni della Nora di Ibsen e al teatro Argentina fu Dogaressa nel Sogno d'un tramonto d'autunno di D'Annunzio (11 apr. 1911). L'anno successivo la sorella Emma la convinse a interpretare il ruolo della madre ne La professione della signora Warren di G.B. Shaw. Nel 1914 partecipò al film Il suicidio sublime. Nel 1915 entrò nella Compagnia stabile del teatro Manzoni di Milano, voluta da Praga e dal conte G. Visconti di Modrone.
Al debutto (17 febbraio) la formazione ottenne un enorme successo con Ombra di D. Niccodemi, dramma mai rappresentato e fortemente voluto dalla G., che divenne uno dei suoi cavalli di battaglia. La seconda novità fu Se non così, tra i primi lavori di L. Pirandello, scritto nel 1899 e rimasto a lungo in un cassetto, che invece fece fiasco: il drammaturgo, che ci teneva molto, reagì attribuendo la colpa dell'insuccesso alla G., la quale, a suo parere, avrebbe con la sua recitazione addirittura capovolto il significato del lavoro. Altre messe in scena dello stabile del Manzoni furono: Il carnevale dei fanciulli di Saint-Georges de Bouhélier, La seconda moglie di Pinero, ancora La locandiera e La porta chiusa di Praga.
La compagnia si sciolse infine a causa della guerra. Nella stagione 1916, oltre alle riprese di spettacoli collaudati, la G. interpretò con F. Mari la commedia di S. Lopez Sole d'ottobre; nel 1917 recitò nel film Usque dum vivam et ultra, mentre, a teatro, fece parte di mediocri complessi, che ebbero vita breve, prima sotto la direzione di A. Testoni, poi, nel 1918, con la Sabbatini-Ferrero, l'anno seguente al fianco di R. Calò.
Nelle rappresentazioni di quel periodo - La vena d'oro di G. Zorzi, La nemica di Niccodemi, La casa in ordine di Pinero e ancora Ombra e I fuochi di S. Giovanni (Roma, teatro Quirino, 10 genn. 1920) - traspariva lo scarso entusiasmo della G., che si accingeva a lasciare di nuovo il palcoscenico. In una lettera a Lopez (10 genn. 1920), la G. esprimeva l'amarezza che aveva maturato nei confronti del mondo del teatro e il desiderio di non tornare mai più a respirare "in quella cloaca massima che si chiama palcoscenico".
La pausa durò poco più di tre anni: nel 1923 riapparve sulle scene con un repertorio parzialmente rinnovato, che privilegiava ruoli che non la costringessero a nascondere i capelli bianchi e, soprattutto, le evitassero di rappresentare passioni amorose. Oltre a una ripresa di Ombra al fianco di S. Tofano e de La moglie ideale, di cui dette una "interpretazione essenziale" (S. D'Amico, La Tribuna, 3 febbr. 1924), propose una serie di nuove commedie: Colei che passa di H.-H.-A. Kistemaeckers, I tentacoli di S.S. Juškevič, Israël di Bernstein, Porporana di D. Tumiati, Leonarda di B. Bjørnson. Dopo una stagione (1924-25) al fianco di M. Benassi, seguì un nuovo addio alle scene, dopo il quale si ritirò alla Quarnarina, la sontuosa villa che possedeva a Signa, ceduta successivamente per acquistarne un'altra a Firenze, dove si stabilì con l'amica Valentina Moroni. Ma, nel 1928, il bisogno di denaro la riportò in palcoscenico in una nuova formazione con la sorella, M. Benassi, e G. Salvini alla regia.
Fu Gunilde nel Gian Gabriele Borkmann di Ibsen, la vecchia suocera nella Teresa Raquin; furono, inoltre, rappresentate La città morta di D'Annunzio, ancora Israël e La nemica, e Tra vestiti che ballano di P.M. Rosso di San Secondo.
Nel 1929, dopo una breve tournée all'estero, fu Clitemnestra al fianco di Emma (Elettra) e Benassi (Oreste), nella memorabile messa in scena di Salvini de Le coefore di Eschilo (Vicenza, teatro Olimpico, 20-21 settembre). Dalla fine del 1929, scritturata in una delle compagnie Za-Bum, fu Fanny in Una famiglia reale di G.S. Kaufman ed E. Ferber, sotto la direzione di M. Mattoli. Nel 1930 ancora con Benassi recitò ne I borghesi di Pontarcy di Sardou e, nell'ottobre dello stesso anno, si associò a L. Carini e R. Ricci per la messa in scena di Stefano di J. Deval, in un bel ruolo di madre che le fu molto caro. Seguirono cinque anni di assenza dalle scene, fino a che, accanto a Elsa De Giorgi e C. Pilotto, apparve sullo schermo nel ruolo di una madre dolce e rassegnata nel film Porto di A. Palermi (1935). Nel 1935 fu chiamata a insegnare per un biennio all'Accademia d'arte drammatica, da poco inaugurata, dove tenne a battesimo, tra gli altri, Ave Ninchi, A. Tieri e O. Costa. Partecipò al saggio di regia di quest'ultimo, Pianto di aria, tratto da una lauda di Iacopone da Todi.
Nel settembre 1936, a Pompei, prese parte al Martirio di s. Sebastiano di D'Annunzio e a Tripoli (Sabrata) fu Giocasta in una rappresentazione all'aperto dell'Edipo re. Nello stesso anno interpretò la parte della suocera nella versione cinematografica de Il fu Mattia Pascal di P. Chenal con Isa Miranda e P. Blanchard. L'anno dopo fece di nuovo compagnia con la sorella Emma: All'insegna delle sorelle Kadar di R. Lelli e Passeggiata col diavolo di G. Cantini, furono due commedie i cui ruoli principali erano stati dagli autori cuciti addosso alle due sorelle. Nel 1938 accettò l'offerta dell'impresario R. Paone di entrare nella compagnia del teatro Nuovo di Milano al fianco di R. Ruggeri.
Ma il sodalizio vissuto con l'attore ai tempi della Figlia di Jorio era oramai concluso: i due, che in passato erano stati amanti, non si parlavano neppure. Proprio per questo il repertorio, che prevedeva Questi figli di V. Tieri, Macbeth di Shakespeare e il Cyrano di Bergerac di Rostand, fu di molto ridotto, e la tragedia shakespeariana - spettacolo che nulla aggiunse alla gloria dei due interpreti - segnò il vero congedo della G. dal teatro.
Costretta a vendere la casa di Firenze, non ebbe più fissa dimora e, nel periodo 1941-52, visse tra la casa della sorella a Roma, ospite di qualche amica a Firenze, e, infine, in una pensione di Venezia, dove risiedeva la sorella Anna, vedova dell'attore Ruggero Capodaglio. Nel 1941 era tornata sugli schermi con tre film che le dettero un posto nella storia del cinema italiano.
Accanto a Emma fu una delle zitelle stizzose in Sissignora di F.M. Poggioli; in Orizzonte dipinto di Salvini, primo film italiano sul teatro, interpretò magistralmente, accanto a Benassi, Zacconi e all'esordiente Valentina Cortese, il ruolo, quasi autobiografico, di una vecchia attrice; per finire fu la duchessa di Herrera ne I mariti di C. Mastrocinque, presentato al festival di Venezia di quell'anno. Nel successivo 1942, ancora con Emma, fu una delle Sorelle Materassi nel film di Poggioli e, al fianco di A. Uhlig e Maria Mercader, ebbe una parte ne La prima donna di I. Perilli. Nel 1945 lavorò in Vivere ancora (Dieci minuti di vita) di L. Longanesi e N. Giannini; nel 1948, con Anna Magnani e V. De Sica partecipò a Lo sconosciuto di San Marino di M. Waszinsky e V. Cottafavi. Nel 1951 si congedò definitivamente anche dal cinema con il ruolo di una vecchia centenaria nel film di M. Sequi Incantesimo tragico.
La G. aveva lavorato anche per la radio, offrendo ottime interpretazioni con La nemica di Niccodemi e Congedo di Simoni, trasmesse dalla compagnia di prosa di Radio Firenze durante e subito dopo la seconda guerra mondiale.
Nel 1952 si trasferì a Tavarnuzze di Impruneta, vicino Firenze, presso le suore di S. Filippo Neri e, nel 1956, venne nominata commendatore della Repubblica. Sempre nel 1956, alla radio interpretò di nuovo Gunilde nel Gian Gabriele Borkmann.
La G. morì a Tavarnuzze il 14 ott. 1962.
Dotata di una voce limpida e di una chiara dizione, la G. ebbe forte temperamento drammatico, alimentato però da una vena lirica piuttosto che verista e caratterizzato da estrema disinvoltura e padronanza della scena. Il suo nome è legato ai più celebri ruoli attoriali del suo tempo, in cui veniva giustamente reputata erede della Duse, così come a interpretazioni garbate e veritiere di figure del repertorio più convenzionale del teatro borghese, che la G. riscattava con la sua raffinata recitazione.
La G., in occasione della morte del critico e amico S. Lopez, aveva pubblicato Lui come i suoi lavori. Ci si scambiava le idee, in La Fiera letteraria, 26 giugno 1955.
Fonti e Bibl.: A Roma, negli Archivi dell'Istituto Luce e della RAI è custodita una ricca documentazione video relativa alla G.; sempre a Roma, presso la Biblioteca teatrale del Burcardo è conservata una monografia radiofonica della G. a cura di F. Dominici (1982); presso la medesima Biblioteca si trovano anche una biografia autografa (datata 20 sett. 1954) e varie lettere autografe, e si possono consultare, ad nomen, una rassegna stampa nel fondo Dominici-Treves e una raccolta di ritagli, talvolta privi di alcuni dati bibliografici.
Necr. in Il Messaggero, 15 ott. 1962; Il Giornale del mattino, 15 ott. 1962; La Stampa, 16 ott. 1962. Vedi pure: A. Cervi, Irma G., Bologna 1900; Id., Irma G.:nuovi appunti biografici, Palermo 1902; L. Rasi, I comici italiani, Firenze 1905, pp. 1037 ss.; V. Bernardoni, Biografie d'artisti e autori del teatro di prosa italiano, Milano 1916, pp. 45 s.; A. Cervi, Senza maschera, Bologna 1919, pp. 51-58; A. De Angelis, Interviste e sensazioni, Milano 1926, pp. 79-86; A. Varaldo, Profilo di attrici e attori, Firenze 1926, pp. 173-185; V. Talli, La mia vita di teatro, Milano 1927, pp. 141-204 passim; A. De Sanctis, Caleidoscopio glorioso, Firenze 1946, pp. 143-147; L. Ridenti, Teatro italiano tra due guerre, Genova 1968, pp. 85, 92 ss.,196; L.M. Personè, Il teatro italiano della "belle époque", Firenze 1971, pp. 333 ss.; F. Savio, Ma l'amore no, Milano 1975, pp. 63 s., 173 s., 209 s., 230, 245 s., 273, 276, 330 s., 336 s., 388, 406 s.; F. Possenti, I teatri del primo Novecento, Roma 1984, p. 176; S. D'Amico, Tramonto del grande attore, Milano 1985, ad ind.; L.M. Personè, Irma ed Emma, due grandi del teatro italiano, Prato 1988; Tumiati, G., Almirante, in M. Giammusso, La fabbrica degli attori. L'Accademia nazionale d'arte drammatica. Storia di cinquant'anni, Roma 1989, pp. 44 ss.; O. Vergani, Misure del tempo, Milano 1990, pp. 41-49; S. D'Amico, La vita del teatro. Cronache polemiche e note varie, Roma 1994, I, pp. 14-21; II, pp. 22-27; III, pp. 28-33; IV, pp. 34-43; V, pp. 45-50; VI, pp. 51-55; Enc. dello spettacolo, V, coll. 1555 ss.; Filmlexicon degli autori e delle opere, II, coll. 1139 s.
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