MARIA GIUSEPPINA VANNINI (Giuditta Adelaide Agata Vannini), santa
Nacque a Roma il 7 luglio 1859 come secondogenita di Angelo Vannini e di Annunziata Papi. Il padre era un cuoco nativo di Scarperia (Firenze) che, vedovo, si era risposato con Annunziata il 22 febbraio 1857. Dal loro matrimonio nacquero inoltre Giulia, due anni prima di Giuseppina, e Augusto, due anni dopo. Le fu messo nome Giuditta Adelaide Agata e fu battezzata a S. Andrea delle Fratte, a Roma.
Dopo il 1862 la famiglia si trasferì ad Ariccia, dove il padre prese servizio presso un nobile, ma con il desiderio di aprire un albergo. Tuttavia, il 18 agosto 1865, Angelo Vannini morì improvvisamente a causa di un blocco intestinale, segnando l’inizio del tracollo familiare. L’anno successivo, il 6 novembre 1866, venne a mancare anche la madre Annunziata a causa di una «malattia violenta» (Sandigliano, 1925, p. 5) e i fratelli Vannini, rimasti orfani, furono divisi. Giulia, la primogenita, entrò nelle suore di San Giuseppe al foro Traiano, a Roma (sposò poi Cesare Mancini e morì l’11 aprile 1897); Augusto, il più piccolo, venne mandato da uno zio materno, Gioacchino Papi, fino al 1870, quando venne ospitato dall’istituto professionale S. Michele di Ripagrande, a Roma (divenne poi maestro di musica, costruì una famiglia e morì in tarda età); Giuseppina venne mandata invece al conservatorio Torlonia di Roma, orfanotrofio allora gestito dalle Figlie della carità di san Vincenzo de’ Paoli. Vi restò fino a 21 anni, seguendo il curriculum degli studi elementari, facendo la prima comunione e la cresima (19 marzo 1873) e studiando per il diploma di maestra.
In quegli anni ella strinse amicizia con l’allora superiora del conservatorio, suor Vincenza Cioli, che rappresentò una guida materna per la giovane, e cominciò a maturare una vocazione religiosa. Chiese così di entrare tra le Figlie della carità e come prova da aspirante venne assegnata alla scuola dei bambini dell’asilo del conservatorio. Nel marzo del 1883 fu inviata a Siena per il noviziato. Inaspettatamente, il 19 aprile 1883, venne dimessa e ritornò a Roma perché «ritenuta bisognosa di provare la vita del mondo avanti di essere rivestita del santo abito» (versione di suor Vincenza, in Brazzarola 1956, 1989, p. 36). La sua cagionevole salute sembrò essere un altro motivo del suo allontanamento temporaneo. Il 1° marzo 1884 ritornò nuovamente a Siena e concluse il noviziato. Come sua prima destinazione, Giuseppina fu inviata alla comunità di Montenero (Livorno) fino al 1886 e successivamente a Bracciano (Roma) come maestra d’asilo. Ancora, il 25 giugno 1888 venne rinviata al secolo – le ragioni, seppur non chiare, sembrano riguardare difficoltà incontrare presso le vincenziane – e ritornò a Roma. L’accaduto fu per Giuseppina un colpo durissimo e la gettò in uno stato di precarietà. L’amica suor Vincenza l’aiutò a trovare un rifugio presso le suore religiose del Ss. Sacramento in via Riari 41, a Roma, ma Giuseppina presto capì che non si sentiva chiamata a quel particolare stato di vita e chiese di poter nuovamente avere un impiego presso le Figlie della carità. I fratelli, particolarmente Augusto, la invitarono allora a riunirsi alla famiglia e ad abbandonare la vocazione religiosa. Nell’ottobre del 1889 trovò un lavoro a Portici, incaricata di presiedere alle allieve esterne presso la comunità di San Giuseppe, appartenente alle Figlie della carità, ma ancora una volta fu dimessa – alcune fonti parlano di invidia suscitata presso le religiose – e dovette ritornare a Roma, questa volta da una zia.
Nell’attesa di trovare la giusta collocazione per la propria vocazione religiosa, il suo padre spirituale Angelo Mondini la incoraggiò a frequentare un ritiro spirituale organizzato presso le suore di Nostra Signora del Cenacolo nel dicembre del 1891. Qui, Giuseppina incontrò per la prima volta padre Luigi Tezza (1841-1923; beatificato nel 2001), sacerdote dell’Ordine degli infermi (camilliani), che all’ultimo era stato chiamato come padre spirituale del ritiro e che di lì a breve segnò una svolta nella sua vita. In quello stesso anno padre Tezza era stato incaricato dalla consulta generale dei camilliani del progetto di ripristino delle terziarie camilliane (si noti, però, che religiose devote a san Camillo erano esistite in forme differenti e in diversi luoghi in passato ed erano state impropriamente chiamate terziarie poiché san Camillo de Lellis non aveva fondato il terz’ordine). Al tempo residente in Francia, a Lille, padre Tezza stava tentando l’opera di ripristino, quando la sua nomina a procuratore generale dell’ordine lo portò a risiedere a Roma e ad abbandonare l’esperimento, che fallì anche a causa di problemi finanziari. Il 17 dicembre 1891, quando Giuseppina andò in confessionale da padre Tezza durante il ritiro spirituale, egli le propose la fondazione delle Figlie di san Camillo. La data ufficiale della nascita della congregazione è indicata nel 19 marzo 1892, ma già dal gennaio di quell’anno altre due giovani, Vittorina Panetta e Teresa Eliseo, si erano unite a Giuseppina andando tutte e tre a vivere a Roma, in un alloggio in via Merulana 141. Padre Tezza tenne informati la consulta generale dell’ordine e il cardinal vicario per la diocesi di Roma, Lucido Maria Parocchi, dei progressi della piccola fondazione e le tre aspiranti ricevettero gli scapolari con la croce rossa, tipici dei camilliani, il 2 febbraio. Ben presto l’appartamento di via Merulana si rivelò pericoloso per il decoro delle religiose, vessate da altri inquilini dello stabile, e si trasferirono in via Giusti 15, sempre a Roma, il 6 aprile 1892. La loro vita di carità e cure agli infermi, spesso prestate a domicilio, attirò presto donne devote che chiedevano di poter entrare nella comunità. Al termine del 1892 le religiose erano 14.
Il 15 luglio 1892 padre Tezza si era intanto rivolto a papa Leone XIII per costituire ufficialmente la comunità religiosa delle Figlie di san Camillo, ricevendo tuttavia un non expedire e l’ordine che il gruppo si allontanasse da Roma, appellandosi a un recente decreto della congregazione dei Vescovi e regolari che vietava il costituirsi a Roma di nuove case religiose femminili senza previa autorizzazione papale. La creazione della comunità di via Giusti fu percepita come un atto contro tale decreto.
La volontà papale non solo bloccò il processo per l’erezione canonica della congregazione, ma mise a repentaglio la vita stessa della recente fondazione. Padre Tezza presentò al pontefice un secondo esposto il 25 ottobre 1892 per far comprendere l’origine del progetto e le intenzioni che lo avevano mosso, ma il papa rispose ancora una volta di non procedere. Grazie all’intercessione del cardinale Parocchi il 24 gennaio 1894 venne ritirato l’ordine di espulsione da Roma. Come prima soluzione giuridico-ecclesiastica la convivenza di via Giusti venne elevata a pio conservatorio alle dipendenze del cardinal vicario. Il camilliano Gioacchino Ferrini fu nominato deputato ecclesiastico, mentre padre Tezza confessore della comunità. Il 19 marzo 1893 Giuseppina emise i voti religiosi di povertà, castità, obbedienza e di servizio agli infermi anche con pericolo della vita, il quarto voto che contraddistinse le camilliane.
Le Figlie di san Camillo, grazie anche a Giuseppina, cominciarono a organizzarsi ed espandersi. Il 15 agosto si aprì una seconda residenza a Cremona, presso una clinica oftalmica; nel settembre del 1894 venne stabilita una terza casa nell’ospedale civile di Mesagne (Brindisi, allora in provincia di Lecce).
Sempre più spesso ospedali e case per infermi o anziani cominciarono a richiedere il servizio delle camilliane, non solo in Italia. Per citare alcuni esempi: nel 1899 le camilliane vennero mandate all’ospedale di Caprarola (Napoli); nello stesso anno aprirono una nuova casa a Lille, poi spostatasi a Tournai (Belgio); nel 1901 cominciarono a prestare servizio presso l’ospedale di Monticelli d’Ongina (Piacenza), che successivamente però venne chiuso; nel 1906 diedero vita alla prima opera in Argentina, inizialmente a Buenos Aires.
L’anno 1895 segnò una svolta dolorosa nella vita di Giuseppina. Non solo nell’estate subì una piccola operazione che segnò permanentemente il suo stato di salute, ma con le nuove disposizioni del cardinale vicario padre Tezza fu esonerato da ogni incarico e allontanato dalle sue figlie. Padre Pietro Desideri, nuovo generale dell’ordine camilliano, diventò deputato ecclesiastico, mentre padre Ferrini confessore della comunità.
Sembra che male voci sulla relazione di padre Tezza con le Figlie di san Camillo – definite dalla stessa Giuseppina ‘calunnie’ – denigrarono il religioso presso ambienti vaticani e che le autorità ecclesiastiche romane ne divennero a tal punto preoccupate da pensare di conferirgli un provvedimento disciplinare. Scadendo il suo mandato triennale da consultore dell’ordine, fu invece allontanato, inviato dapprima in Francia e poi in Perù, a Lima, a occuparsi di alcune faccende interne dell’ordine. L’allontanamento del cofondatore, vissuto da padre Tezza come un voto di obbedienza, umiltà e silenzio, lasciò Giuseppina a dirigere da sola la congregazione.
Il 9 maggio 1895 venne firmato il decreto di approvazione da parte del capitolo generale dei camilliani, che sancì il riconoscimento delle camilliane come la restaurazione delle antiche terziarie. Il 7 dicembre dello stesso anno Giuseppina venne eletta superiora generale. L’8 dicembre le figlie emisero i voti perpetui. Il nuovo riconoscimento camilliano della congregazione suscitò ancora una volta la reazione del pontefice, che reiterò l’ordine di lasciare Roma, e questa volta Giuseppina e le sue consorelle si trasferirono a Grottaferrata. Se le ragioni papali non sono ancora state del tutto chiarite, è indubbio che la situazione giuridica delle camilliane restò incerta fino al 1909, quando a Parocchi successe il cardinale Pietro Respighi e il nuovo papa Pio X – anche a seguito di un’udienza con Giuseppina avvenuta il 23 febbraio 1908 in cui la superiora espresse il desiderio di vedere il suo istituto elevato a congregazione diocesana – emanò il decreto d’approvazione della congregazione e delle sue regole e costituzioni (21 giugno 1909). Successivamente, nel 1922 l’istituto ottenne il decretum laudis pontificio e nel 1931 la definitiva approvazione apostolica.
Gli ultimi anni di Giuseppina furono occupati da viaggi tra le varie case italiane, impegni dirigenziali e consolidamento dell’opera. Nell’agosto del 1910, dopo la visita a diverse comunità in Italia e Francia, la sua salute peggiorò drasticamente. Anche se sembrò riprendersi nel settembre dello stesso anno, lesioni al cuore ed esaurimento la stavano consumando.
Morì a Roma il 23 febbraio 1911. La salma fu traslata nella nuova casa generalizia a Grottaferrata il 22 maggio 1976. La causa di canonizzazione fu avviata presso il tribunale del vicariato di Roma nel 1955. Il 16 ottobre 1994 Giovanni Paolo II la dichiarò beata. È stata canonizzata il 13 ottobre 2019 da Francesco I.
G. Sandigliano, Madre Giuseppina Vannini Fondatrice delle Figlie di s. Camillo. La sua vita e la sua opera, Casale Monferrato 1925; Id., Fiore di carità evangelica ossia la madre Giuseppina Vannini fondatrice delle Figlie di s. Camillo, Roma 1927; B. Brazzarola, Madre Giuseppina Vannini. Fondatrice delle Figlie di San Camillo, Grottaferrata 1956 (2a ed. riveduta 1989); L. Miglioli, E seppe dire 'sì'. Padre Luigi Tezza fondatore delle Figlie di s. Camillo, Grottaferrata 1976; Ultimi anni di vita e morte della madre Giuseppina Vannini, 23 febbraio 1911. Rapporti con il p. Luigi Tezza. Testi e documenti, a cura di B. Brazzarola, Grottaferrata 1981; B. Brazzarola, I primi 33 anni di vita della madre Giuseppina Vannini (1859-1892). Documenti, Grottaferrata 1982; Id., Scritti della madre Giuseppina Vannini fondatrice della Congregazione delle Figlie di s. Camillo, Grottaferrata 1986; Id., Scritti del padre Luigi Tezza M.I. fondatore della Congregazione delle Figlie di san Camillo, Grottaferrata 1988; Id., Madre Giuseppina Vannini fondatrice delle Figlie di san Camillo (1859-1911). Piccola cronaca nella grande storia della chiesa romana, Grottaferrata 1990; F. Gioia, Il dono di servire gli infermi. Il carisma di Giuseppina Vannini e Luigi Tezza, Roma 1993; A. Catarozzolo, Una eredità di amore. La beata Giuseppina Vannini e le figlie di san Camillo a Mesagne, Brindisi 1994; G. Meaolo, Cuore di madre. Brevi cenni biografici di madre Giuseppina Vannini nella ricorrenza della beatificazione, Grottaferrata 1994; G. Grieco, Beata Giuseppina Vannini. L’amore dà la vita, Padova 1995; Pensieri. Servo di Dio p. Luigi Tezza, beata Giuseppina Vannini, cofondatori delle Figlie di san Camillo, a cura di C. Colafranceschi, Grottaferrata 1997; M. Taroni, Beata Giuseppina Vannini fondatrice delle Suore Figlie di san Camillo, Cascine Vica 2012.