GONDI, Maria
Nacque da Guidobaldo detto Antonio iunior e da Marie-Catherine de Pierrevive, in una data ignota, ma da porsi intorno al 1530 (da respingere invece quella del 1543, proposta dalle Europäische Stammtafeln: se fosse vera, la G. avrebbe avuto nove anni alla nascita del suo primo figlio).
Il padre proveniva da una famiglia di mercanti fiorentini e aveva fatto la sua fortuna in Francia, a Lione e a Parigi. La madre, di famiglia originaria di Chieri, in Piemonte, era figlia di un appaltatore delle imposte a Lione.
Il 18 luglio 1551, nel castello di Blois, la G. sposò il conte Nicolas Grillet signore di Pomiers. Le sue nozze segnavano l'ormai avvenuto inserimento dei Gondi tra le famiglie più influenti della corte, come testimoniava il fatto che al matrimonio era presente il delfino, il futuro Francesco II, di cui il Grillet era "ecuyer", e la moglie di questo, Maria Stuarda. Di lì a poco anche due fratelli della G., Alberto e Pietro, entrarono a corte, rispettivamente come gentiluomo e confessore del duca Carlo-Massimiliano d'Orléans, il futuro Carlo IX. Anche la G. era inserita nella corte francese, in qualità di dama d'onore di Margherita di Valois. Nel giugno 1557, Nicolas Grillet moriva mentre la G. era incinta del quinto figlio, che sarebbe nato all'inizio del 1558. Fu forse per la difficile situazione familiare, causata dall'improvvisa scomparsa del marito, che la G. non seguì subito in Piemonte Margherita, quando questa, nel 1559, sposò il duca di Savoia Emanuele Filiberto in seguito agli accordi di pace di Cateau-Cambrésis. La G. raggiunse la sua signora, infatti, solo dopo tre anni, nell'agosto 1562.
L'arrivo della G. in Piemonte fu ricordato, oltre sessant'anni dopo, da Barbara d'Annebaut, detta la "presidentessa Porporato" per aver sposato il presidente (senescalco) del marchesato di Saluzzo, Girolamo Porporato, in una Relatione di diverse cose praticate in occasione della nascita del duca Carlo Emanuele I scritta fra il 1625 e il 1626 (in Arch. di Stato di Torino, Corte, Cerimoniale, Nascite e battesimi, m. 1, f. 4). Subito dopo la nascita del principe di Piemonte, di cui l'Annebaut era stata nominata governante, il duca e la moglie si erano trasferiti a Fossano. Nel castello del piccolo centro piemontese essi furono raggiunti anche dal conte Claudio di Savoia-Tenda, allora al servizio della Francia come governatore della Provenza, in qualità di ambasciatore di Caterina de' Medici, reggente da due anni per il figlio Carlo IX. Insieme con il conte di Tenda, giunse a Fossano anche la G., la quale, commentava causticamente l'Annebaut, costituiva "tutto il menagio a servire un gran principe mandato dalla regina madre".
Pochi mesi dopo il suo arrivo in Piemonte, la G. sposò il conte Claudio di Pancalieri (m. 1582), prendendo stabilmente dimora in Piemonte. Il marito (che forse la G. aveva già conosciuto a Parigi in occasione del matrimonio di Emanuele Filiberto con Margherita di Valois) apparteneva alla linea dei Savoia-Racconigi, originata da un figlio legittimato del principe Ludovico d'Acaia.
Alla conquista francese dello Stato sabaudo, nel 1536, la famiglia era rappresentata da tre fratelli, Ludovico, Filippo e Claudio. Mentre Ludovico era rimasto a Torino, come luogotenente del duca Carlo II ed era morto di lì a poco in circostanze oscure, Filippo, che ne aveva ereditato i beni, si era legato agli occupanti tanto da divenire, secondo il giudizio del governatore Charles de Cossé, comte de Brissac, uno dei più fedeli sostenitori della causa francese. Diversamente aveva operato Claudio, che dal 1545 aveva accompagnato Emanuele Filiberto al servizio spagnolo, restandogli accanto sino alla riconquista del trono (distinguendosi, fra l'altro, alla battaglia di San Quintino). Quando, al suo ritorno in Piemonte, Emanuele Filiberto aveva riorganizzato la corte sabauda, Claudio era stato creato "someglier di corpo", divenendo, di fatto, il personaggio più vicino al duca e uno dei suoi consiglieri più fidati. In occasione del matrimonio, il duca gli donò il feudo di Caselle.
Nel 1562 la G. entrò così alla corte sabauda come "prima dama d'onore" della duchessa, incaricata, fra l'altro, di seguire l'educazione del principe di Piemonte, accanto alla "governatrice", Barbara d'Annebaut. Secondo Guichenon, ripreso poi da diversi storici successivi, la G. sarebbe divenuta "governatrice" del futuro Carlo Emanuele I già nel 1563, in seguito alla partenza dalla corte della Annebaut. In realtà, come emerge da diversi documenti (fra cui l'opuscolo Il battesimo del serenissimo prencipe di Piemonte, Mondovì 1567, in cui si descrive la complessa cerimonia, svoltasi a Torino il 9 marzo 1567), la Annebaut mantenne la carica ancora per diversi anni, almeno sino al 1573. Morta improvvisamente, nel 1574, la duchessa Margherita, Emanuele Filiberto trasferì molti dei nobili, e non nobili, che avevano stanza nella sua corte in quella allora costituita per il principe Carlo Emanuele: fra di essi era anche la G., che della nuova corte fu messa a capo, con il titolo di "governatrice della casa".
Alla scelta della G. per tale incarico non fu probabilmente estranea l'importanza che i suoi fratelli avevano ormai assunto sulla scena francese: Alberto, dal 1565 conte di Retz, era infatti, il principale consigliere di Caterina de' Medici e nel 1570 aveva ottenuto il titolo di "gouverneur du roi"; Pietro (1533-1616) era divenuto vescovo di Parigi nel 1568; Carlo (1536-74), il fratello più giovane, era generale delle galere di Francia. La G. costituiva, quindi, per Emanuele Filiberto un ottimo canale di comunicazione con una famiglia che era tra quelle leader della fazione cattolica. In questo senso, se si considerano i sospetti di adesione al protestantesimo che erano gravati su Margherita di Valois (alla cui corte erano diversi ugonotti, dichiarati e non), la presenza della G. accanto a Carlo Emanuele può esser vista anche con un mezzo impiegato dal duca per tranquillizzare la Spagna e la corte papale sulla volontà di educare il proprio erede secondo gli insegnamenti cattolici.
La G. morì nel maggio 1580 probabilmente a Racconigi (aveva fatto testamento il 30 ag. 1576).
Lasciò quattro figli, due maschi e due femmine, tutti dal primo matrimonio. In quanto ai maschi, sia Filippo (1554-81), morto senza eredi, sia Carlo Massimiliano (1558 - post 1600), furono alla corte di Torino e servirono nell'esercito sabaudo. Delle figlie, Maria (n. 1555) sposò Gaspare Arconati, esponente di una famiglia milanese legata al duca di Savoia, mentre la primogenita Isabella (1551-1625), dopo un primo matrimonio con Philibert de Montjouant (annullato per la sterilità della sposa), nel 1575 sposò Bernardino di Savoia-Racconigi (1540 circa - 1605). Alla morte della madre, Isabella ne ereditò le cariche e, insieme con il marito, fu a capo della fazione filofrancese della corte. I rapporti fra i Grillet e la corte sabauda si mantennero almeno sino alla metà del Seicento: dei figli di Carlo Massimiliano, infatti, Carlo Emanuele (m. 1635) ebbe il duca come padrino di battesimo e fu a lungo comandante nell'esercito sabaudo, Perron fu dama d'onore della duchessa Maria Cristina.
Nonostante il suo ruolo alla corte sabauda, il nome della G. è stato legato sinora, piuttosto, a un episodio di cui essa sarebbe stata protagonista a Nizza nel giugno 1560. Il pirata turco Uluch-Alì (un calabrese rinnegato, il cui vero nome era G.D. Galeni) aveva attaccato il porto di Nizza, cogliendo alla sprovvista le difese sabaude, e prendendo prigionieri alcuni nobili. Il pirata acconsentì a restituire i prigionieri a patto sia di un ingente riscatto, sia del privilegio di essere ricevuto dalla duchessa, allora a Nizza. Poiché questa si rifiutava, la G. ne avrebbe preso il posto, ingannando il pirata. Tale episodio fu attribuito alla G. da Pietro Gioffredo nella sua Storia delle Alpi marittime e da allora ripreso sino ai giorni nostri da diversi storici (nonché dallo scrittore piemontese Luigi Gramegna, nel romanzo Monsù Pingon, del 1906). Tuttavia, nel 1560, come visto, la G. non era ancora alla corte sabauda. Lo storico nizzardo traeva la notizia dall'Histoire généalogique del Guichenon, il quale, però, attribuiva l'episodio genericamente alla "dama di Racconigi", non facendo un esplicito riferimento alla Gondi. Volendo dare un'identità precisa alla dama, Gioffredo la identificò in quest'ultima, generando l'errore. In realtà, all'epoca, il titolo di "madama di Racconigi" spettava a Paola Costa della Trinità, moglie di Filippo, che nella primavera del 1560 si trovava effettivamente a Nizza e che fu, con tutta probabilità, la vera protagonista della vicenda.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Torino, Sezione I, Corte, Protocolli ducali, regg. 226 (rosso), cc. 84r-87v; 236 (rosso), cc. 73r-78v, 158v-159v, 217r-218r; Cerimoniale, Nascite e battesimi, m. 1, f. 4; Paesi, Provincia di Pinerolo, m. 11, f. 5, Pancalieri, ins. 12; Paesi, Provincia di Torino, m. 8, Caselle, f. 10 (2); Ibid., Sezioni riunite, Patenti Piemonte, regg. 11, cc. 166v-167r; 14, cc. 47r-50v, 127r-128v; Patenti Savoia, regg. 1566 in 67, ff. 28-41; 1576-79, f. 148; Art. 217,Conti Real Casa, Conto del… Cattaneo, tesoriere della casa del ser.mo principe per il 1579, pagamento n. 80; Conto del… Cattaneo… per il 1580, pagamenti nn. 76-77, 94, 111, 128, 143, 176; Interinazioni camerali, reg. 7, f. 313; Ibid., Corte, Bibl. antica, H.III.6-8: P. Gioffredo, Dell'historia dell'Alpi marittime, II, p. 602; S. Guichenon, Histoire de Bresse et Bugey, III, Lyon 1650, p. 207; Id., Histoire généalogiquede la maison de Savoie, II, Lyon 1660, pp. 281, 1117; [J.] Corbinelli, Histoire généalogique de la maison de Gondi, II, Paris 1705, pp. 18-24; G. Galli Della Loggia, Cariche del Piemonte, III, Torino 1798, Appendice III, p. 14; G. Vernazza, Vita di Giambattista di Savoia, principe del sangue e notizia delle sue monete, Torino 1813, pp. 4-7; P. Egidi, Emanuele Filiberto, II, Torino 1928, p. 257; L.R. Pennacchini, Itinerario del duca Emanuele Filiberto di Savoia, in Lo Stato sabaudo ai tempi di Emanuele Filiberto, a cura di C.E. Patrucco, I, Torino 1928, pp. 56, 103, 130; M. Zucchi, I governatori dei principi reali di Savoia, in Miscellanea di storia italiana, LIII (1933), p. 517; A.M. Berio, Per una storia dei Savoia-Racconigi, in Boll. stor.-bibliografico subalpino, XXXVIII (1940), p. 91; Europäische Stammtafeln, a cura di D. Schwennicke, IX, Marburg 1986, tav. 62; C. Stango, La corte di Emanuele Filiberto: organizzazione e gruppi sociali, in Boll. stor.-bibliografico subalpino, LXXXV (1987), pp. 467, 470-472, 494 s.; P. Merlin, Emanuele Filiberto. Un principe tra il Piemonte e l'Europa, Torino 1995, p. 271.