MALLONI, Maria
Nacque a Ferrara nel gennaio 1599. Nelle corrispondenze dei maggiori attori della prima metà del XVII secolo, il suo nome è sovente associato a quello della madre, Virginia, attrice già attiva nelle compagnie degli Uniti e nel 1596 dei Gelosi, e del fratello, Andrea, anch'egli impegnato in teatro.
Comica dell'arte nota con il nome di Celia, la M. aveva particolari doti interpretative e anche qualche capacità letteraria (fu autrice di alcuni componimenti poetici: Bartoli, p. 17); recitò la parte della innamorata riscuotendo consensi tali da giustificare la costituzione nel corso degli anni Venti del Seicento di una propria compagnia.
Nel 1616 la M. risulta essere in compagnia con Silvio Fiorillo, l'attore celebre nelle parti di Capitan Matamoros e di Pulcinella. Il 22 dicembre di quell'anno si trovava a Modena, città nella quale firmò con il fratello una lettera spedita da Fiorillo a Enzo Bentivoglio. All'inizio dell'anno teatrale 1618-19 entrò a far parte della compagnia dei comici Confidenti, diretti da Flaminio Scala e al servizio di don Giovanni de' Medici, subentrando a Valeria Antonazzoni Austoni, in arte Salomè.
Il suo ingresso nella compagnia, attiva a Lucca e a Firenze, non fu né facile né felice, perché presto scoppiò una forte rivalità tra lei e Marina Dorotea Antonazzoni, detta Lavinia, che causò non poche preoccupazioni a Flaminio Scala. Un gruppo di lettere del capocomico descrive in modo preciso quali dinamiche conflittuali siano state al centro del burrascoso arrivo della M. nella formazione dei Confidenti e quale ruolo negativo abbia svolto la madre, definita "scellerata vechia" (F. Scala a Giovanni de' Medici, 13 ott. 1618, in Comici( Corrispondenze, I, p. 502) nello scontro tra la prima e la seconda donna dei Confidenti. Paragonata a una "novella Armida" dallo stesso Scala (10 nov. 1618, ibid., p. 510), la giovane e aggressiva M. era in grado di catalizzare l'attenzione degli spettatori con lo sguardo, punto di forza insieme con la gestualità anche della rivale, e di ricevere privatamente gli ammiratori per giocare alla riffa, destabilizzando in modo serio gli equilibri all'interno della compagnia.
La feroce polemica di cui fu oggetto, alla quale parteciparono anche i colleghi oltre che il capocomico e l'impresario, le servì per mettere a punto la propria strategia d'attrice. Dal 1619, nei documenti della corrispondenza medicea, la M. appare trasformata in un'interprete dai comportamenti e dalla condotta verginali, improntati alla più integrale e indiscussa castità. In un avviso milanese del 14 ag. 1619, riguardante la permanenza dei Confidenti nella città, si legge: "Hanno presa licenza da Palazzo gli itagliani [sic] comici, nominati della Vergine Celia, che tra loro tale fin qui si va conservando" (Comici ( Corrispondenze, I, p. 538 n.). La M., inoltre, venne celebrata come esempio di illibatezza anche nei versi di molti scrittori, fra i quali Giovanfrancesco Maia Materdona e Giovan Paolo Fabbri, in arte Flaminio.
Interprete di un repertorio che comprendeva sia le commedie sia le tragedie sia le pastorali (fu Silvia nell'Aminta di T. Tasso), la M. fu lodata per la memoria rapida e per la potenza recitativa. Nella testimonianza di un contemporaneo, è ricordata come "la maggior donna che oggidì monti palco" (Antonio Calegari a Ercole Marliani, gennaio 1627, Comici ( Corrispondenze, I, p. 539 n.), opinione condivisa anche da Francesco Gabrielli, in arte Scappino, secondo il quale "al premeditato e all'improvviso è la prima donna che reciti, poiché se la Compagnia od altri mettono fuori opere o comedie nove, lei subito le recita, che la Lavinia né altra donna non lo farà, se prima di un messe [sic], non si hanno premeditato quello che nel soggietto si contiene" (Rasi, p. 62). Nella Supplica (1634), Niccolò Barbieri, associandosi a un giudizio diffuso, la definì "giovane di belle lettere e comica famosa".
L'elenco dei letterati e degli scrittori che le hanno dedicato versi celebrativi ed encomiastici comprende, tra gli altri, Giovan Battista Marino, Tommaso Stigliani, Ciro di Pers, Ridolfo Campeggi. I meriti artistici e letterari della M. furono cantati nella Corona di lodi alla signora M. M. detta Celia Comica composta da diversi signori e raccolta da Gio. Pietro Pinelli (Venezia 1611), mentre le prove poetiche dell'attrice sarebbero state raccolte in un introvabile libretto firmato da tale Cleoneo Accademico Oscuro (Bartoli, p. 17). È noto, inoltre, un sonetto scritto dalla M. in risposta al comico Giovan Paolo Fabbri, che l'aveva definita "Rigida contro Amor, sol tua ventura / Stimi virtù, che a beltà unita accende / Negli altrui cori un'immortale arsura" (ibid., pp. 17 s.).
Il Marino nell'Adone (XVII, 68-69) la celebra come quarta Grazia con i versi: "Porta la luce e la beltà celeste; / ed oltre ancor che come il cielo è bella, / ha l'armonia del ciel nela favella. // O con abito pur, che rappresenti / Ninfa selvaggia il suo pastore alletti, / o dolce esprima in amorosi accenti, / fatta donna civile, alti concetti, / o talor spieghi in tragici lamenti / reina illustre i suoi pietosi affetti, / co' sospiri non men che con la laude chi ne langue trafitto anco l'applaude".
Nel 1621 Silvio Fiorillo scrisse al duca Ferdinando Gonzaga che avrebbe voluto portare con sé Celia in "Lombardia". Dell'anno successivo (23 sett. 1622) è la lettera del duca al cardinale Carlo de' Medici nella quale si raccomanda "la Celia Malloni [(] con la sua compagnia" (Arch. di Stato di Firenze, Mediceo del principato, 5187, c. 160r), quando ormai quella dei Confidenti si era sciolta. Si ha notizia, quindi, di una sua recita a Firenze insieme con Francesco Gabrielli e con il napoletano Francesco Antonio De Mase nell'autunno del 1626.
Dopo essere stata nominata dal Calegari nella menzionata lettera del gennaio 1627, le tracce certe della M. scompaiono e la data di morte resta, dunque, ignota.
Difficile, ma forse non impossibile, l'identificazione della M. con Lucilla Malloni, comica sconosciuta il cui nome compare in una lettera non datata (Rasi, p. 63) associato a quello di Virginia Malloni, ed è quello della protagonista dell'omonima, celeberrima commedia del Fiorillo.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Firenze, Mediceo del principato, 5143, c. 354r (lettera della M. a don Giovanni de' Medici, Bologna, 21 apr. 1618); 5187, c. 160r; Corona di lodi alla signora M. M. detta Celia Comica, Venezia 1611; La supplica. Discorso famigliare di Nicolò Barbieri detto Beltrame, diretta a quelli che scrivendo o parlando trattano de' comici trascurando i meriti delle azioni virtuose(, Venezia 1634 (ed. moderna, in F. Marotti - G. Romei, La commedia dell'arte e la società barocca. La professione del teatro, Roma 1991, p. 595); Comici dell'arte. Corrispondenze, edizione diretta da S. Ferrone, a cura di C. Burattelli - D. Landolfi - A. Zinanni, I, Firenze 1993, pp. 27 s., 50, 118, 136, 315, 336, 341, 464, 501-507, 509-513, 515, 517, 532, 538 s., 541, 544, 548-550, 552; G.B. Marino, Adone, a cura di G. Pozzi, I, Milano 1876, p. 1048; F.S. Bartoli, Notizie istoriche de' comici italiani(, II, Padova 1782, pp. 12-18; A. Neri, Rivalità e dissidi della scena, in La scena illustrata, 1( ag. 1887, pp. n.n.; L. Rasi, I comici italiani. Biografia, bibliografia, iconografia, II, Firenze 1905, pp. 61-67; I. Sanesi, La commedia, I, Milano 1954, p. 526; U. Prota Giurleo, I teatri di Napoli nel Seicento. La commedia e le maschere, Napoli 1962, p. 207; F. Angelini, M., M., in Enc. dello spettacolo, Roma 1975, VII, coll. 18 s.; A. Evangelista, Il teatro della Commedia dell'Arte a Firenze (1576-1653 circa). Cenni sull'organizzazione e lettere dei comici ai granduchi, in Quaderni di teatro, VII (1980), p. 170; F. Taviani - M. Schino, Il segreto della commedia dell'arte. La memoria delle compagnie italiane del XVI, XVII e XVIII secolo, Firenze 1982, pp. 100, 200, 351, 354; S. Ferrone, Attori, mercanti, corsari. La commedia dell'arte in Europa tra Cinque e Seicento, Torino 1993, pp. 41 n., 152-158, 160, 172 s., 175 s., 184-187 e nn., 189 n., 246, 268 n., 297, 316 n.; C. Burattelli, Spettacoli di corte a Mantova tra Cinque e Seicento, Firenze 1999, p. 226 nota.