MONACI, Maria
– Nacque Roma il 3 febbr. 1880 dal filologo Ernesto e da Emilia Guarnieri.
Compiuti gli studi presso le scuole pubbliche, ottenne la licenza classica e iniziò a dedicarsi alla pittura e alle arti applicate dipingendo, tra l’altro, piccoli paesaggi e ritratti a olio.
Nel 1902 sposò il medico Pietro Gallenga, professionista affermato, tra i primi studiosi italiani di oncologia, impegnato anche nel progetto di risanamento dell’Agro romano che vedeva coinvolti, tra gli altri, il medico Angelo Celli, il poeta Giovanni Cena, Sibilla Aleramo e l’artista romano Duilio Cambellotti. Dall’unione nacquero i figli Valeria (1904), Mario (1906), Ernesto (1910), morto a soli due anni, ed Emilia (1912).
Nel 1910 la M. iniziò a dipingere arazzi ispirati a celebri dipinti di Michelangelo e di Raffaello, con la tecnica dei succhi d’erba, esposti per la prima volta, nel 1913, al circolo femminile Lyceum di Roma a palazzo Theodoli, dove ottennero un discreto successo.
Alla produzione degli arazzi, che abbandonò dopo qualche anno, la M. affiancò una nuova attività creativa che la impegnò per tutta la vita: la realizzazione di abiti, accessori e tessuti per arredamento, caratterizzati da una tecnica decorativa con disegni a stampo a colori metallici, fissati con procedimenti da lei stessa brevettati.
Nel suo laboratorio romano, che aveva sede nel villino di famiglia in via Morgagni, nel nuovo quartiere Nomentano, la M. lavorava con alcuni parenti, sperimentando metodi che garantivano ai tessuti utilizzati, sete e velluti acquistati direttamente in Francia, soprattutto a Lione, il mantenimento della loro naturale morbidezza. Alla Mostra della moda femminile svoltasi all’Associazione artistica internazionale di via Margutta a Roma, a cui partecipò nel 1914, espose mantelli in velluto decorato; lo stesso anno prese parte alla Mostra dei lavori femminili di Torino. Il 1915 fu un anno ricco di importanti avvenimenti quali la partecipazione alla Panama-Pacific international exposition di San Francisco, dove, nel padiglione italiano progettato da Marcello Piacentini, presentò alcune sue creazioni, alla III Esposizione internazionale d’arte della Secessione romana in cui espose cuscini e stoffe e, infine, la realizzazione del sipario e dei rivestimenti in velluto del teatro Quirino, restaurato da Piacentini.
In questi anni la M. oltre a creare abiti esclusivi per l’aristocrazia e l’alta borghesia romana, inventando modelli e patterns decorativi mutuati da modelli rinascimentali, alcuni dei quali direttamente riferibili alle opere di Pinturicchio e del Beato Angelico, iniziò a collaborare con pittori, scultori, decoratori attivi nelle arti applicate, dando vita a un sodalizio che si concretizzò, nel 1920, nella fondazione della Società arte moderna italiana (A.M.I.) con sede presso la Bottega italiana, il negozio della M. in via Veneto a Roma. La società, costituita da rappresentanti del mondo della finanza e da artisti, era finalizzata alla promozione e alla diffusione dei prodotti dell’arte decorativa italiana anche all’estero, attraverso esposizioni e varie iniziative. Accanto ai suoi abiti nelle sale dell’A.M.I. erano esposti oggetti, sculture, dipinti, opera di artisti che, come Cambellotti, o Antonio Maraini, vi tennero anche mostre personali.
Tra il 1921 e il 1922 la M. organizzò l’Esposizione d’arte italiana moderna, una mostra itinerante attraverso i Paesi Bassi che toccò Amsterdam, Rotterdam, l’Aia e si concluse alla Galerie Sneyers di Bruxelles.
La mostra, ricalcando la formula ormai consueta, presentava abiti, tessuti decorati e cuscini di sua creazione insieme con gli arazzi e i vetri di Vittorio Zecchin, i ferri battuti di Alberto Gerardi, le piccole sculture di Nicola D’Antino, di Giovanni Prini, di Cambellotti e i buccheri di Francesco Randone. La vocazione imprenditoriale della M. si articolò in una rete di diffusione e di vendita che ben presto vide moltiplicare le sue sedi in molte città europee e negli Stati Uniti. Ad Amsterdam era rappresentata da Casa Metz, il noto magazzino che in Olanda proponeva gli articoli del magazzino londinese Liberty.
Nel 1925 gli indirizzi Gallenga nel mondo, oltre ai principali negozi di Roma e Firenze, annoveravano le filiali e le agenzie di Londra, Amsterdam, Bruxelles, Montreux, New York, Boston, San Francisco, Portland, Chicago, Saint Louis.
Uscita nel 1922 dall’A.M.I., la M. partecipò l’anno successivo alla I Mostra delle arti decorative di Monza e alla Mostra internazionale della moda a Londra e, nel 1924, alla XIV Biennale di Venezia dove espose le sue stoffe nella sala personale di Antonio Maraini.
Il 1925 segnò la consacrazione internazionale della M. che a Parigi ottenne il Gran prix all’Exposition internationale des arts décoratifs et industriels modernes. Nello stand Gallenga al Grand Palais presentò di nuovo stoffe, abiti e oggetti d’arte decorativa di Gerardi, Zecchin e sculture di Maraini. Il lusinghiero successo la incoraggiò a dedicarsi a una nuova impresa culturale e commerciale a Parigi, dove, dopo un lungo e difficile iter burocratico e notevoli difficoltà economiche, con la collaborazione di Bice Tittoni e Carla Visconti di Modrone aprì, in società, la Boutique italienne (Raimondi, 2009).
Lo spazio, una vetrina al piano terra e un appartamento al primo piano, al 17 di rue de Miromesnil, ristrutturato con l’architetto Emanuele Cito di Filomarino, che disegnò anche la vetrata dell’ingresso e curò l’immagine della società, creando i loghi per la carta intestata, le inserzioni pubblicitarie e le piccole pubblicazioni promozionali, fu un luogo in cui la clientela poteva acquistare i migliori prodotti degli artisti e delle manifatture italiane, selezionati dalla M. per la loro qualità e in quanto pienamente rappresentativi delle tendenze dell’arte decorativa italiana: dalle ceramiche di Francesco Nonni e Pietro Melandri, alla produzione Richard Ginori, dai vetri delle ditte Cappellin, S.A.L.I.R, Toso, ai ricami delle piccole manifatture di Città di Castello e di Nice Pasi a Spoleto. Si ricordano in quest’ambito gli oggetti di legno della scuola di Val Gardena, diretta in quegli anni da Guido Balsamo Stella, o i cesti, i tappeti sardi, i pannelli decorativi e la collezione di pupazzi intagliati opera di Edina Altara, che la M. aveva potuto ammirare all’Expo di Parigi. Tra i collaboratori della M. vi erano Carolina Maraini che proponeva i suoi ricami realizzati con la tecnica del punto ombra, il pittore e scenografo Mario Cito di Filomarino, fratello di Emanuele, che disegnava motivi decorativi per tessuti.
Ancora nel 1926 la M. partecipò, con abiti da sera, tea gowns, mantelli, cuscini, all’Esposizione d’arte moderna italiana che si tenne a New York e a Chicago. L’aspirazione imprenditoriale della M., che intendeva creare un rapporto sinergico tra le attività dei negozi di Parigi e di Roma, si sviluppò anche attraverso la promozione di mostre personali di artisti italiani alla boutique, grazie all’appoggio del ministero della Pubblica Istruzione, e l’esposizione, in via Veneto, di oggetti destinati a essere poi proposti a Parigi.
Nel 1928 prese parte alla I Mostra dell’artigianato che si svolse al Palazzo delle Esposizioni di Roma e, l’anno seguente, ottenne il diploma d’onore all’Esposizione internazionale di Barcellona, promossa dall’ENAPI (Ente nazionale artigianato e piccole industrie). Nella bottega di Roma, in collaborazione con l’editore Alberto Tallone, nel 1930 presentò una mostra dei libri francesi, di gran lusso a tiratura limitata, mentre a Parigi si interessava della riorganizzazione delle attività della Società Dante Alighieri, organizzando alcune conferenze dantesche, curate da Giannina Franciosi, nelle sale della Boutique italienne.
In questi anni tra i suoi collaboratori si ricordano Fides Stagni, creatrice di stoffe aerografate, e suo marito Carlo Testi, architetto e designer di mobili e complementi d’arredo, la pittrice e illustratrice Vittoria Morelli, l’artista fiorentino Thayath (Ernesto Michaelles).
Nel 1930 espose nella galleria dei tessuti alla IV Triennale di Monza e, con tessuti aerografati, alla Mostra del mobilio di Cascina. Nel 1932 con alcuni ricami su lino partecipò alla XVIII Biennale di Venezia con tovaglie ricamate su disegno di Vittorio Zecchin, alla prima edizione della Mostra delle tavole fiorite e, con sete dipinte, alla Mostra dei prodotti italiani d’intreccio promossa a Roma dall’ENAPI. Alla seconda Mostra delle tavole fiorite, nel 1933, ottenne la coppa della regina e, lo stesso anno, all’Esposizione italiana del bel libro, dell’illustrazione e del manifesto illustrato a Bruxelles, presentò un pannello di velluto d’oro che servì da sfondo al busto della principessa di Piemonte, patrona della mostra.
In questi anni, per difficoltà economiche e di gestione della boutique parigina, tornò stabilmente in Italia occupandosi principalmente di arredamento di abitazioni private fino al trasferimento, con la famiglia, negli anni di guerra, nella villa Le Masse sul lago Trasimeno, dove morì il 28 giugno 1944.
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