MARIA Vergine
È la madre di Gesù Cristo.
Nel Nuovo Testamento il nome di M. è dato nella forma Μαριάμ (come i Settanta rendono il nome della omonima sorella di Mosè); e certamente corrisponde all'ebraico Miryām. Quanto al significato di quest'ultimo, non si sa nulla di sicuro; delle molte decine di spiegazioni che se ne sono date (anche astraendo da quelle semplicemente devozionali e pie) moltissime non hanno alcun fondamento filologico o sono empiriche. Ricordiamo soltanto che la diffusa spiegazione di stella del mare attribuita a S. Girolamo, non è né giustificata né di S. Girolamo; egli interpreta il nome scomponendolo in mar-yām, e traduce giustamente questa scomposizione con goccia del mare (per l'ebraico mar "goccia", cfr. Isaia, XL, 15): sennonché, mentre aveva scritto giustamente stilla maris, gli amanuensi posteriori alterarono la traduzione in stella maris. È invece abbastanza probabile che si tratti di un nome egiziano (come Mosè e Aronne, fratelli dell'antica Maria): forse da mry(t), nel senso di "graziosa", "benamata".
Le fonti si riducono ai quattro Vangeli canonici, specialmente Matteo e Luca che si estendono più degli altri sull'infanzia di Gesù. Ai dati di questi Vangeli, abbastanza scarsi, ne aggiunge altri più numerosi la pia tradizione cristiana; ma questa solo in minor parte si fonda su accenni di Padri, talora divergenti fra loro, e per la maggior parte su scritti apocrifi, soprattutto sul Protovangelo di Giacomo, che del resto è scritto assai antico (sec. II-III) e uscito da ambiente cattolico.
I Vangeli non dànno la cronologia esatta di Maria: poté forse nascere un 20 anni prima dell'era volgare. Apparteneva alla tribù di Giuda e alla discendenza di David; i suoi genitori, secondo una tradizione si chiamavano Gioacchino e Anna (vedi queste due voci). Il Protovangelo di Giacomo, largamente seguito dalla successiva tradizione, dice che M. a tre anni fu presentata al tempio di Gerusalemme, quasi donata al servizio del Signore. Giovanissima fu fidanzata con uno della sua parentela di nome Giuseppe, senza che si possano determinare storicamente le modalità di questa scelta, né le condizioni di quest'uomo, che la tradizione successiva ama descrivere più verso la matura età che verso la giovinezza. Il Vangelo descrive molto in particolare il grande annunzio dell'angelo che porta il divino messaggio dell'Incarnazione, per opera dello Spirito Santo, con la proclamazione del regno messianico e della salvezza: il figlio della Vergine sarebbe stato il santo, il Figlio di Dio (v. annunciazione). La sorpresa, l'affermazione di non conoscere uomo (che fa pensare a un proposito di verginità), l'assicurazione dell'angelo, sono di un realismo delicato e forte che viene coronato dal consenso di M.
Il concepimento verginale così altamente espresso, è seguito nel Vangelo dalla narrazione del viaggio di Maria alla casa di Elisabetta, moglie di Zaccaria; la quale salutò la Vergine con parole rivelatrici, perché aveva sentito nel proprio seno balzare di gaudio il nascituro Precursore, e aveva conosciuto per la prima che Maria era già la madre del Signore, e lo proclamava altamente. Qui l'evangelista riporta il cantico Magnificat (v.), come l'inno ispirato che annunzia l'avvento del Messia, l'attuazione delle profezie, l'umiltà di M. e anche la sua proclamazione di beata per tutti i secoli. Quel cantico appare come sintesi dell'atteggiamento che il mondo prenderà di fronte a M. e al suo Figlio, visto e giudicato in un raggio di luce profetica.
In Matteo, I, 18-20, è descritto il turbamento di Giuseppe, che scorge gli effetti della concezione senza potersene spiegare il segreto; ma l'angelo gli rivela l'arcano e il matrimonio è celebrato. M. e Giuseppe vivono a Nazareth nel lavoro, nella preghiera e nell'attesa.
Il censimento indetto da Augusto nelle provincie dell'impero, obbliga i due sposi a recarsi a Betlemme, alla città di origine, secondo il sistema giudaico. Nell'affluire di tanta gente i poveri pellegrini non trovarono alloggio; il tempo del parto colse M. in quelle condizioni disagiate, e Gesù nacque in una grotta che serviva di rifugio agli animali (Luca, II, 1-16). La Vergine lo avvolse in poveri pannicelli, e non ebbe le angosce che accompagnano generalmente la nascita degli uomini; vide i pastori accorrere ad adorare il neonato, condotti dalla voce degli angeli; assistette, l'ottavo giorno, alla circoncisione e all'imposizione del nome, che era stato rivelato; compì dopo quaranta giorni il rito della purificazione che la legge ebraica imponeva, offrendo due tortore, secondo il costume dei poveri; in tale occasione ascoltò la voce del vecchio Simeone, che profetava sul bambino dicendolo segno di contrasto, causa di salute per molti e occasione di perdizione per altri, e annunziava anche alla madre la spada del dolore (Luca, II, 22-35).
Forse la famiglia di Giuseppe si era stabilita a Betlemme, quando dall'Oriente arrivarono i Magi guidati dalla stella miracolosa con i loro doni (v. epifania). Ma la loro venuta suscitava il sospetto e l'odio di Erode, specialmente quando i Magi non ritornarono a informarlo. Si scatenò allora la strage degl'Innocenti (v.), per sopprimere il neonato Gesù; ma Giuseppe e M., ammoniti dall'angelo, erano già partiti ricoverandosi nell'Egitto, rifugio abituale degli Ebrei della Palestina. Alla morte del persecutore, l'angelo avvisò in sogno Giuseppe che poteva tornare al suo paese: ed egli si stabilisce non più a Betlemme, ma in Galilea, a Nazareth. Qui trascorre un lungo periodo di silenzio e di nascondimento: è la vita di una piccola famiglia ebraica trascorsa nel lavoro e nella virtù. Ogni anno essi compivano il viaggio al tempio di Gerusalemme, prescritto dalla legge ebraica. A dodici anni dì età, anche Gesù vi andò, ma si sottrasse allo sguardo dei suoi restando nel tempio, ascoltando e interrogando i dottori. Dopo tre giorni di pena M. e Giuseppe lo trovano là; all'espressione del loro dolore, sentono rispondersi: "Non sapete che devo trovarmi dove si tratta del Padre mio?". E M. conservava nel suo cuore e meditava questi avvenimenti e parole (Luca, II, 46-52). Poi la vita silenziosa di Nazareth riprende il suo ritmo nascosto.
Verso l'età di trenta anni Gesù lasciò il silenzio della sua casa. Col miracolo delle nozze di Cana s'inaugurò la sua vita pubblica, e M. talvolta lo accompagnava, vivendo tutte le ansie delle lotte e della passione.
Alcuni accenni dei Vangeli informano di questa partecipazione. Quando gli si annunzia che sua madre e i suoi "fratelli" (cugini) lo cercano, egli risponde che veri suoi parenti sono quelli che fanno la volontà del Padre celeste e ascoltano le sue parole (Matteo, XII, 46). Quando una voce di donna di mezzo alla moltitudine esclama: "Beato il seno che ti ha portato e il petto che ti ha nutrito"; egli risponde ancora: "Beati quelli che ascoltano la parola di Dio e la osservano" (Luca, XI, 27-28). Probabilmente la madre era presente. M. si trovò poi sul Calvario insieme con Giovanni (v. giovanni, evangelista), quando Gesù morente l'affidò al discepolo prediletto; si ritrovò ancora al cenacolo nel giorno della Pentecoste (v.).
La tradizione ricorda infine la sua dimora a Gerusalemme, il suo transito in mezzo ai discepoli e la sua assunzione (v.); ma i Vangeli sulla vita di M. non riferiscono che quanto sopra.
Maria nel dogma cattolico. - M. occupa un posto di primaria importanza nel dogma cattolico, e la parte che ne tratta è chiamata con termine recente "mariologia".
La base della mariologia è l'ufficio che nell'economia della redenzione umana è stato assegnato a Maria, cioè di essere la madre di Gesù Verbo fatto uomo. Come madre di Gesù, Maria è madre della persona divina in quanto esistente nella natura umana, e quindi merita esattamente l'appellativo di "madre di Dio" (ϑεοτόκος). Questo appellativo, e specialmente la sua interpretazione, fu la vera causa delle controversie nestoriane, e la piena legittimità della sua applicazione a M. fu definita nel concilio di Efeso (v. efeso: I Concilî; gesù cristo; nestorio).
Quale preparazione a questa somma dignità di M., e intimamente connesso con la maternità divina, la mariologia considera il privilegio di Maria di essere stata concepita immune dalla colpa originale comune a tutti gli uomini (v. concezione immacolata). La congruenza di tale privilegio è rilevata nel fatto che a M., redenta anch'essa in una maniera preventiva e più sublime, non conveniva, come madre del redentore del genere umano, di esser soggetta in alcun tempo e modo a quel male morale che il suo figlio divino veniva a distruggere. Intimamente connesso col precedente è l'altro privilegio di essere stata immune da qualsiasi colpa attuale, anche lievissima: anche questo privilegio, concesso sempre in vista della maternità divina, fu effetto di una particolare grazia di Dio che predisponeva M. al suo ufficio. La maternità divina, poi, avvenne rimanendo salva la verginità di Maria. È dogma cattolico che la verginità di Maria fu perpetua, cioè ante partum, in partu, post partum: è da notare a ogni modo che questo punto della dottrina è ben distinto dall'altro circa la concezione immacolata di M., mentre non di rado i due punti vengono per inesperienza confusi.
Che M. abbia concepito verginalmente Gesù è affermato già in Matteo, I, 20; Luca, I, 30 segg., specialmente versetti 34-35, e concordemente ripetuto dall'intera tradizione ecclesiastica compresi gli scritti apocrifi (assai specificato su tal punto è il Protovangelo di Giacomo), fin dai tempi subapostolici. Avversarî di questo dogma, in qualcuno dei suoi tre momenti, furono da principio gli Antidicomarianiti (v.), e più tardi Bonoso di Sardica, Gioviniano ed Elvidio. I primi protestanti per lo più ammisero il concepimento verginale di Gesù (che altri, specie anabattisti, negarono), ma sostennero comunemente che M. avrebbe avuto, dopo Gesù, altri figli da naturale matrimonio con Giuseppe, e cioè Giacomo, Giuseppe, Simone e Giuda, chiamati fratelli di Gesù, e altre innominate sorelle (Matteo, XIII, 55-56): argomento questo, che già era stato addotto dagli antidicomarianiti, da Bonoso e Gioviniano.
Molti critici indipendenti, e generalmente i modernisti, hanno sottoposto a particolare critica i citati passi di Matteo e Luca, specialmente dal punto di vista dello sviluppo storico del pensiero cristiano. Essi affermano che nei due citati passi è nettamente contenuta la dottrina del concepimento verginale di Gesù, ma sostengono che i passi sarebbero inserzioni posteriori alla primitiva storia di Gesù; essi testimonierebbero un momento posteriore nell'evoluzione del pensiero cristiano delle prime generazioni, allorché sotto l'influsso o di mitologie pagane (Usener), o del passo di Isaia (VII, 14), interpretato secondo le idee ellenistiche (Loisy), o del docetismo (v.) che etereizzava il corpo di Gesù e che penetrò nell'ortodossia attraverso l'ascetismo (Turmel), si pensò per la prima volta a una nascita preternaturale di Gesù. È superfluo dire che gli studiosi cattolici respingono nettamente queste interpretazioni, attribuendole ai principî filosofici di chi le ha avanzate, e sostenendo la piena autenticità dei passi evangelici. Quanto agli accennati fratelli e sorelle di Gesù, l'espressione è considerata, e non soltanto dagli studiosi cattolici ma anche da alcuni acattolici, come espressione semitica designante genericamente i parenti più prossimi, anche se non sono veri fratelli o sorelle (cfr. in ebraico 'aḥ, "fratello", 'ahoth, "sorella", impiegati in tal senso).
La vita terrena di Maria, fu infine conclusa, secondo l'universale credenza cattolica, con la sua assunzione (v.), che fu la glorificazione di quel corpo da cui era nato Gesù.
Nell'ordine della grazia e della redenzione la teologia cattolica considera Maria "corredentrice del genere umano", non nel senso che essa non sia stata redenta nella maniera preventiva sopra accennata, o che essa sia la fonte prima della grazia e della redenzione (la quale è solo Gesù Cristo con i suoi meriti divini), ma in quanto concorse, come causa strumentale, alla redenzione e con ciò divenne mediatrice universale di tutte le grazie elargite agli uomini. Anche questo punto è considerato intimamente connesso con l'ufficio di madre di Dio.
In quanto colei che aveva cooperato all'incarnazione dei Verbo, laVergine Madre divenne poi l'impetratrice e distributrice di tutte le grazie che il Verbo meritò per gli uomini con la sua incarnazione.
Culto di Maria. - Il culto prestato a M. è un'applicazione del dogma cattolico della comunione dei santi. Al primitivo culto di Cristo, seguì quello dei martiri, e finite le persecuzioni quello dei santi (v. culto, XII, p. 98); M. entrava già come oggetto secondario di culto nelle feste della natività di Cristo e in altre isolatamente. Ma che fosse anche oggetto primario di culto è, secondo alcuni, provato dai monumenti delle catacombe, specie dall'affresco del cimitero di Priscilla, sebbene altri riconoscano in esso e negli altri dello stesso genere, niente più che un elemento decorativo di valore puramente storico (H. Leclerq; v. Bibl.). A metà del sec. IV Epifanio parla di una setta di donne "colliridiane" che praticavano un culto speciale a M., nel quale si offrivano torte speciali chiamate "colliridi"; pur riprovando la setta, Epifanio riconosce la legittimità del culto a M. Contemporanee affermazioni in tal senso si riscontrano in altri Padri, sopra tutto in Efrem Siro (v.), specialmente dopo il concilio di Efeso e la condanna di Nestorio. Cominciano in seguito le festività distinte in onore di Maria, quali la sua Purificazione (in origine la festa della Presentazione di Gesù al tempio), il suo transito, detto anche Dormitio o Pausatio e poi Assumptio, e la sua Natività. Con la teologia scolastica il culto di Maria è sempre più chiarito e precisato, e per farne risaltare la sua sovreminenza su quello degli altri santi (dulia) riceve il nome di iperdulia. Contro gli attacchi dei protestanti difesero il culto di Maria specialmente S. Pietro Canisio, S. Roberto Bellarmino e S. Lorenzo da Brindisi. Uno dei più grandi propagatori dello stesso culto fu poi S. Alfonso de' Liguori con il suo popolarissimo scritto Le glorie di Maria.
Iconografia. - Descrizioni o ritratti del primo secolo non esistono e già S. Agostino lamentava che nulla si sapesse del volto della Vergine. Tale mancanza di documenti iconografici lasciò agli artisti di tutti i tempi la più ampia libertà d'interpretazione. Il culto delle immagini di M. s'inizia timidamente nel sec. III, diviene universale dopo il concilio di Efeso (431). Ma già nel sec. II s'incontra nei cicli storici o cristologici (Natività, Adorazione dei Magi). Il più antico e prezioso esempio ce l'offre un affresco dell'epoca antoniniana nel cimitero di Priscilla a Roma, ov'è rappresentata con Isaia. Questa classica Madonna, con il Bambino in braccio mosso liberamente, preannunzia la Madonna della Seggiola di Raffaello. La figura dell'orante con le braccia alzate, simboleggia l'anima del defunto nella beatitudine. Anche M. è talvolta così rappresentata fino al sec. IV (Roma, Coemeterium Maius) e riappare al principio del sec. VIII in ricche vesti orientali (Firenze, S. Marco, mosaico).
Con il nome di Madonna di S. Luca è conosciuto un dipinto della Vergine, che una tradizione attestata al sec. VI da Teodoro il Lettore attribuisce a S. Luca. La tradizione intorno a tale dipinto, "comune a tempo degli apostoli", come ricorda verso la metà del '600. Andrea di Creta, fu difesa da Germano patriarca di Costantinopoli e da Giovanni Damasceno contro il decreto iconoclasta del 726. Nonostante la sua celebrità, il dipinto andò perduto. Le innumerevoli, cosiddette "Madonne di S. Luca", che concordano nei lineamenti principali, sono esemplari o ritocchi di antichi originali venerati in Oriente, e recano un'orante Madre col Bambino. L'arte ne derivò varie ispirazioni.
La Vergine in trono col Bambino dal sec. VI prende il posto d'onore nelle absidi. È la Theotokos, la Kyriotissa, in veste dimessa ma su ricco trono, o in abiti imperiali e coronata (Roma, S. M. Antiqua, sec. VI; S. Nereo ed Achilleo, 800 circa; S. M. in Domnica, sec. IX; S. Clemente, sec. IX; S. Francesca Romana, sec. XII; Ravenna, sec. VI; Parenzo, Trieste, Monreale ecc.). Questa Panagia d'ispirazione orientale, ieratica, solenne, non ha nulla di individuale, nulla di materno: è una concezione teologica. Il Bambino siede sulle sue ginocchia come il Re del mondo, benedicendo.
In Oriente le figurazioni mariane ci si presentano sotto tre aspetti principali. La Hodigitria (o patrona dei viandanti), in piedi col Bambino sul braccio sinistro. Questo tipo si svolgerà nella statuaria e negli avorî occidentali. La Nikopoia (che porta la vittoria) assisa in trono su ricchi cuscini col Bambino seduto sulle ginocchia, di faccia: è questo il motivo che ebbe il maggiore sviluppo nel mondo cristiano. La Blacherniütissa (dal nome della chiesa fondata da S. Pulcheria) corrisponde alla nostra orante, da cui nel sec. VIII deriva la Panagia Platytera, Vergine orante con un clipeo sul petto che racchiude l'immagine del Salvatore (Colonia, chiesa di S. Pantaleo; Venezia, S. M. Mater Domini; Chio, Nea Moni, ecc.). L'iconografia mariana orientale influenzò profondamente le figurazioni divozionali dell'Occidente che però dal sec. XIII in poi le svolge liberamente, mentre il mondo greco-slavo-bizantino conserva nelle sue icone, quasi cristallizzato fino ai tempi nostri, il tipo ieratico di Maria.
L'ardente devozione dei premostratensi e dei cisterciensi, l'appassionata poesia di S. Bernardo, la predicazione dei domenicani e sopra tutto lo spirito fervente ed umano di S. Francesco imprimono un nuovo carattere all'iconografia mariana. Con Guido da Siena, Duccio, Cimabue e seguaci, non è più vista di faccia ma di tre quarti, inchina il capo verso il Bambino, lo guarda teneramente, lo accosta alla guancia, lo stringe con affetto, scherza con lui. Le Meditazioni sulla vita di Cristo, d'ispirazione francescana, ebbero larga parte in questo rinnovamento.
Le litanie della Vergine e il Cantico dei Cantici forniscono alle immagini di Maria poetici nomi che sarebbe lungo elencare, ed i tipi si moltiplicano; qui si accenna solo ai più comuni: 1. La Madre allattante - di cui offre il primo esempio un rilievo del cimitero di S. Sebastiano in Roma, e che in Oriente troviamo a Bawiti, a Chiliandari sul Monte Athos ecc. - torna in voga in Italia dal sec. XII (Assisi, lunetta del Duomo) e si perpetua nei secoli seguenti. In Francia la troviamo dal 1345, in Germania con il Dürer. - 2. M. col Bambino dormente nel suo grembo, appare nella scuola padovana fin dal sec. XIV, ma proviene da prototipo bizantino. - 3. M. che adora il Bambino, genuflessa, ha le sue origini nelle figurazioni del presepio; comune in Italia nel sec. XV (Lorenzo da Credi). - 4. M. stante, proviene dalla Hodigitria ed è propria della scultura monumentale del sec. XIII-XIV (Colonia, S. M. in Campidoglio, 1222; Amiens, duomo) e degli avorî francesi. Sempre coronata, d'aspetto nobile, guarda il Bambino che porta sul braccio. Nicola e Giovanni Pisano ne desunsero le fattezze dall'antichità classica (Pisa, Camposanto). Fra le Madonne stanti ma senza Bambino, ricordiamo l'Immacolata Concezione che appare nel sec. XIV (Bressanone, duomo) e nel XV (Venezia, S. M. Formosa, B. Vivarini) e si generalizza nel XVI. Ha veste bianca, manto celeste, corona di stelle, falce di luna e serpente sotto i piedi; simboli provenienti dalla visione della donna nell'Apocalisse, XII, 1 segg. cari ai pittori, soprattutto agli spagnoli (Murillo), e che si riscontrano nella Madonna di Lourdes.
Madonna della Misericordia: Le sue più antiche figurazioni risalgono al sec. XIII. Sotto l'ampio mantello di M. stante si raccolgono i devoti genuflessi. Se vi sono rappresentati l'imperatore, il papa, prelati, gentildonne e persone di varie classi sociali, prende il nome di Mater omnium.
Nella Deēsis (preghiera) il Cristo in maestà siede in trono fra il Precursore e M. stante (Spoleto, mosaico del duomo, 1207). La Madonna dell'Umiltà, seduta a terra col Bambino in grembo, forse d'origine settentrionale, ebbe grande diffusione anche in Italia, e prima nel N., a partire dalla fine del sec. XIV e per tutto il secolo XV (pitture bolognesi del secolo XIV, Masolino, Angelico, ecc.). Il primo esempio della Madonna del Rosario è nel trittico di S. Andrea a Colonia (1474); si divulga nel sec. XVI, specialmente nelle chiese domenicane, spesso circondata da quindici quadretti con i misteri del Rosario. La Madonna dei sette dolori è nota nei Paesi Bassi nel sec. XV, dapprima circondata da quadretti con storie dolorose, poi col cuore trafitto da sette spade.
Fin dal periodo romanico riappare il naturalismo pittorico dei primordî dell'arte delle catacombe che culmina in Raffaello, nel Correggio, in Tiziano, i quali fondono mirabilmente lo spirito cristiano con il Rinascimento. Ma già nel Cinquecento, specie dopo il Concilio di Trento (1563) il puro e mistico sentimento religioso cede il posto all'accademia, all'elemento teatrale, al manierismo estatico, al neoclassicismo. Alla dolcezza primitiva subentra la foga realistica dell'ascetismo spagnolo (Greco, Herrera, Zurbaran e gli scultori Hernandez e Montanes). Nel Nord, Van Dyck infonde ancora squisita tenerezza alle sue Vergini, e Rembrandt trae dalla vita familiare i suoi modelli. In Italia ricordiamo i Carracci e la loro scuola, e le estatiche M. del Reni e di C. Dolci. In Francia il Mignard, e nel sec. XVIII le Madonne della scuola del Greuze. Nel secolo seguente il classicheggiante Ingres dà nuovo vigore di forme alle sue Vergini, ed il romantico Delacroix carattere pittoresco. L'ultimo centennio ci fornisce nobili tentativi ma isolati e frammentarî. Gli aristocratici preraffaelliti han poco seguito; i benedettini di Beuron riesumano il tipo bizantino-romanico di M., che ha solo successo negli ambienti monastici; il movimento tolstoiano dà breve vita alla Madonna sociale, vestita da operaia o da contadina; la scuola archeologica tenta ricostruirne il costume e l'ambiente storico. Ricordiamo infine lo scultore Bourdelle e il pittore Maurice Denis iniziatori dell'ultima tendenza che riannoda la moderna iconografia mariana alle tradizioni secolari, pur esprimendo un ideale religioso contemporaneo. Largo svolgimento ebbero nell'iconografia le principali storie della leggenda mariana. (V. annunciazione; ascensione; natività, ecc.). (V. tavv. LXI-LXIV).
Bibl.: Per il nome di Maria v. O. Bardenhewer, Der Name Maria, Friburgo in B. 1895; S. Minocchi, Il nome di maria, Firenze 1897. Per la parte storica valgono i commenti ai Vangeli (v. gesù cristo; giovanni; luca; marco; matteo) e agli Atti degli Apostoli (v.), e O. Bardenhewer, Mariä Verkundigung (Bibl. Studien, X, 5), Friburgo in B. 1905. Per il dogma la bibliografia alle voci citate (concezione immacolata; efeso; nestorio, ecc.); inoltre E. Campana, Maria nel dogma cattolico, 3ª ed., Torino 1928; E. Dublanchy, Marie, in Dictionnaire de théol. cathol., IX, ii, coll. 2339-2474; H. Leclerq, Marie mère de Dieu, in Dictionn. d'archeol. chrét. et de liturgie, X, ii, coll. 1982-2043, tutti con ampia bibliografia. In senso razionalista, G. Herzog (pseudonimo di J. Turmel), La Sainte Vierge dans l'histoire, Parigi 1908; L. Coulange (ps. dello stesso), La Vierge Marie, Parigi 1925. Per lo sviluppo del culto, oltre ai precedenti, F. A. Lehner, Die Marienverehrung in den ersten Jahrhunderten, Stoccarda 1886; H. F. J. Liell, Die Darstellungen der allersel. Jungfrau und Gottesgebären Maria auf den Kunstdenkmälern der Katakomben, Dogmen- und Kunstgeschichtlich bearbeitet, Friburgo in B. 1887; A.-L. Delattre, Le culte de la sainte Vierge Marie en Afrique, Parigi 1907; E. Neubert, Marie dans l'Église anténicéenne, Parigi 1908; F. Heiler, La madre di Dio nella fede e nella preghiera dei primi secoli, in Ricerche religiose, VII (1931), pp. 390-409; id., Il culto post-efesino della madonna, ibidem, VIII (1932), pp. 16-39; E. Campana, Maria nel culto cattolico, voll. 2, Torino 1933. - Per l'iconografia mariana dei primi secoli l'opera classica è di H. F. J. Liell, Die Darstellungen der alleserligsten Jungfrau und Gottesgebärerin auf den Kunstdenkmälern der Katakomben, Dogmen- und Kunstgeschichtlich bearbeiteit, Friburgo in B. 1887; G. B. de Rossi, Immagini scelte della B. Vergine Maria tratte dalle catacombe romane, Roma 1863; F. A. von Lehner, Die Marienverehrung in den ersten Jahrhunderten, Stoccarda 1886; J. Wilpert, Madonnenbilder aus den Katakomben, in Röm. Quartalschrift, 1889, p. 290; A. Venturi, La Madonna. Svolgimento artistico delle rappresentazioni della Vergine, Milano 1900; A. B. Jameson, Legends of the Madonna as represented in the fine arts, New York 1902; A. Muñoz, Iconografia della Madonna, Firenze 1905; G. Rohault de Fleury, La sainte Vierge. Études archéologiques et iconographiques, Parigi 1878; N. Baldoria, La Madonna lattante, in Atti del R. Ist. veneto di scienze, 1888, p. 777 segg.; K. Künstle, Ikonographie der christlichen Kunst, Friburgo in B. 1928 (con bibl.); L. Bréhier, L'Art chrétien, Parigi 1928; P. Perdrizet, La Vierge de Misericorde, Parigi 1908; G. Guppenberg, Atlas Marianus, Monaco 1672; N. P. Kondakoff, Ikonografia Bogometeri, I, Pietroburgo 1914; E. Jallonghi, Le madonne di S. Luca, Monza 1917.
I mariani.
La "Congregazione dei Chierici regolari mariani sotto il titolo della Immacolata Concezione della B. V. M." fu fondata nel 1673 dal ven. Stanislao Papezynski (1641-1701), polacco, già appartenente alla congregazione degli scolopî. Si diffuse in Polonia e Lituania, fu ridotta agli estremi dalle leggi restrittive della Russia dopo l'insurrezione polacca del 1863, ma poté risorgere nel 1909 grazie al sac. lituano, poi arcivescovo Giorgio Matulevicius (1871-1927) che, ricevuto nella congregazione dall'unico religioso superstite, ne riformò gl'istituti (1910) rendendoli più adatti alle nuove esigenze. I mariani possiedono case in Polonia, in Lituania e vigorose propaggini negli Stati Uniti. Si occupano di ministero sacro e d'insegnamento.
I maristi.
Istituto religioso, propriamente denominato Piccoli Fratelli di Maria delle Scuole. Fu fondato il 2 gennaio 1817 in Lavalla (Loire, Francia) dal sacerdote Marcellin Champagnat (1789-1840, dichiarato venerabile nel 1896), con lo scopo di educare la gioventù. L'istituto ebbe dalla S. Sede il decreto di lode nel 1859 e l'approvazione degli statuti nel 1903 e 1922. Nel gennaio 1933 la società comprendeva 24 provincie, 2 sottoprovincie e 2 distretti, contava circa 9000 religiosi o aspiranti, e dirigeva 700 scuole o collegi con 135.000 alunni.
I marianisti.
I membri di questa congregazione sono detti propriamente Fratelli della Società di Maria. La società fu fondata a Bordeaux nel 1817 dal padre Guglielmo Giuseppe Chaminade, lodata dalla S. Sede (1839) e quindi riconosciuta (1865) e approvata nelle sue costituzioni (1891). Ne sono membri sia laici sia sacerdoti, che ai soliti tre voti aggiungono quello di stabilità nel servizio di Maria Vergine. Scopo della congregazione è l'educazione cristiana della gioventù, la direzione di scuole di vario grado, collegi, ecc. È estesa in Europa (Francia, Svizzera, Italia, Austria, ecc.), America (Canada, Stati Uniti), Cina, Giappone, isole Hawai, e altrove.
Fratelli di Nostra Signora della Misericordia.
Congregazione religiosa fondata nel 1839 dal ven. mons. Victor Scheppers. Suo scopo è quello d'istruire ed educare la gioventù, confortare i reclusi, curare gl'infermi, specialmente di mente, e di esercitare in genere la misericordia cristiana, sotto la protezione di Nostra Signora della Misericordia e di S. Vincenzo de' Paoli. La congregazione ha numerose case in Belgio, Olanda, Inghilterra, Canada, Uruguay, Argentina, Italia e consta di circa 1000 soggetti. La provincia italiana della congregazione ha varie case; a Roma, nella scuola Pio X, risiede la procura generale; a Cappellen, presso Anversa, nel Belgio, risiede il superiore generale.
Bibl.: Frat. di N. S. della Mis., Storia della Congregazione, Roma 1932.
Le congregazioni mariane.
Sono associazioni religiose, canonicamente erette e governate da un superiore ecclesiastico, con lo scopo di coltivare spiritualmente gli associati mediante soprattutto la devozione a Maria. La prima congregazione, detta perciò Prima Primaria, fu istituita da Gregorio XIII il 5 dicembre 1584, nella chiesa del Collegio Romano, sotto il titolo dell'Annunciazione di Maria. Alla Primaria fu concessa facoltà di aggregare altre congregazioni di ogni genere, rendendole partecipi delle sue indulgenze e privilegi. Nel 1932 si contavano 58.461 sodalizî aggregati, con un totale di circa 6 milioni d'ascritti.
Bibl.: E. Mullan, La Congreg. Mariana studiata nei documenti, Roma 1911; E. Villaret, Manuel des directeurs de Congr., Reims-Tolosa 1931.