WALDMANN, Marie Catharina
WALDMANN, Marie Catharina (in arte Maria; nota anche con il nome da sposata Massari Waldmann). – Nacque a Vienna il 19 novembre 1845 in una famiglia di umile estrazione, terzogenita di Stephan (nato il 2 ottobre 1798 a Slawikau, da identificare forse con l’odierna Slawikowitz / Slavíkovice, presso Brno, deceduto il 22 marzo 1879 a Ottakring, oggi Vienna) e di Antonia Prokesch (Jaromeritz / Jaroměřice, 2 maggio 1817 - Hinterbrühl, 2 agosto 1892).
Immigrati dalla Moravia nella capitale dell’Impero, i genitori vi avevano contratto matrimonio il 25 novembre 1839, forti del ruolo di Tafeldecker (il preposto all’apparecchiatura della tavola) che dal 1832 lui ricopriva al servizio del principe Carl Joseph Franz von Palme e spinti dalla imminente gravidanza di lei, impiegata come cuoca. Il 4 gennaio 1840 venne alla luce Antonia Veronica, che si distinse poi come suonatrice di cetra, allieva del virtuoso Franz Kropf; il 15 settembre 1842 nacque Barbara (Betti), che accompagnò poi la sorella Maria di teatro in teatro e le restò vicina negli ultimi anni: morì a Ferrara l’8 marzo 1911.
Le poche informazioni sulla formazione della cantante si desumono da quanto Waldmann stessa raccontò nel 1913 a Nando Bennati: la passione per la musica ereditata dal padre, violinista dilettante; gli studi al conservatorio della Gesellschaft der Musikfreunde (1861-65) con il soprano Adele Passy-Cornet, coronati da medaglia d’argento; l’esibizione scolastica nell’oratorio Judas Makkabäus di Georg Friedrich Händel il 13 novembre 1864; i duetti con la sorella citarista; la prima menzione entusiasta sulla stampa locale (Neue Wiener Theaterzeitung, 19 aprile 1865).
Entrata nella compagnia del teatro di corte di Wiesbaden, il 30 agosto 1865 debuttò come terza Dama nella Zauberflöte di Wolfgang Amadeus Mozart. Il carnet s’infittì presto di numerose parti da ‘seconda donna’ e rôles en travesti consoni alla sua voce di contralto; ma già dal 1866 le venne richiesta ripetutamente Azucena nel Trovatore di Giuseppe Verdi, dal 1867 Fidès nel Prophète di Giacomo Meyerbeer, il tutto – secondo l’uso dell’epoca – eseguito in traduzione. Lasciando Wiesbaden dopo tre anni di attività (con rare trasferte a Magonza, Dortmund, Rotterdam), compilò un’ordinata cronologia riassuntiva della sua carriera tedesca, conclusasi con il Prophète il 26 agosto 1868; la tenne poi aggiornata dopo la svolta artistica italiana di fine anno (il prezioso libriccino si conserva a Milano, nel Museo teatrale alla Scala; da esso sono desunti in prima istanza i dati qui riportati circa la carriera, da considerare autentici).
Trasferitasi a Milano per perfezionarsi con Francesco Lamperti e promossa dal di lui figlio impresario, il 24 aprile 1869 avviò la nuova carriera da Ferrara proprio con il Prophète, ristudiato in lingua italiana. Le diciannove recite non passarono inosservate: «le note escono dal suo petto come da un mortajo di bronzo. Alla potenza della voce del più puro e limpido metallo accoppia uno slancio drammatico irresistibile» (Il mondo artistico, 2 maggio 1869). Presumibilmente in quei giorni venne avvicinata dal nobiluomo ferrarese Galeazzo Vincenzo Francesco Maria Massari, ch’ella sposò sette anni più tardi.
In settembre cantò Eboli nel Don Carlo di Verdi a Trieste con il soprano Teresa Stolz. Trascorse la stagione 1869-70 fra Mosca e Varsavia, finché il 6 marzo 1871 approdò alla Scala di Milano, poi al San Carlo di Napoli e di nuovo a Trieste. Riconfermata alla Scala per la stagione successiva, si trovò coinvolta nella prima rappresentazione europea dell’Aida verdiana come Amneris (8 febbraio 1872), nonostante lo scetticismo di Verdi, che non era riuscito a incontrarla e ad ascoltarla fino a poche settimane dal debutto. Dovette ricredersi: «Non credevo mai che quella tedesca lì sarebbe stata la mia interprete ideale» (così secondo una battuta riportata da Gino Monaldi, 1929, p. 200). Con Stolz, che sostenne il ruolo eponimo, Waldmann diventò per Verdi irrinunciabile non solo in tutte le Aide successive allestite sotto il suo diretto controllo (Parma 1872, Napoli 1873, Vienna 1875, Parigi 1876), ma anche nella versione napoletana di Don Carlo (Napoli 1872), nonché in tutte le esecuzioni della Messa da Requiem da lui dirette (Milano 1874 e 1879, Parigi 1874, 1875 e 1876, Londra e Vienna 1875). A pro della cantante Verdi sostituì a Londra un coro fugato con l’assolo Liber scriptus proferetur (nel Dies irae), entrato poi stabilmente in partitura.
Fu voce schiettamente contraltile: «La Waldmann per esempio può fare dei La e Si bemolle acuti finché vuole, sarà sempre un Contralto» (Verdi a Giulio Ricordi, 30 marzo 1875). E nelle note gravi sfoggiava un’impressionante potenza, «a tratti con risonanze tenorili» (Blaze de Bury, 1880, p. 267). Lo conferma la cantante e giornalista Blanche Roosevelt, che l’udì nel primo Requiem parigino: «La signora Waldmann ha, come contralto, una voce se possibile più imponente di quanto la signora Stolz l’abbia come soprano. È certamente raro udire una tale qualità di suono in qualsivoglia voce femminile. In più momenti la si sarebbe detta la voce del tenore, e solo quando si guardava e si vedeva un leggero fremito nella di lei figura, altrimenti immobile, ci si rendeva conto che era una donna a cantare» (The Chicago Times, 12 giugno 1874; poi in Roosevelt, 1887, p. 74).
Tante occasioni artistiche a stretto contatto con Verdi favorirono la nascita di un sodalizio non solo con il Maestro, ma anche con sua moglie Giuseppina Strepponi, tenuto vivo per oltre un quarto di secolo attraverso lo scambio ricorrente di lettere (quasi duecento superstiti, oggi spartite fra il Conservatorio di Bologna e l’Archivio di Stato di Parma). Le più interessanti per ricchezza di notizie e commenti artistici sono quelle da e per Il Cairo (1873-76), dove Waldmann aveva accettato profumatissime scritture nel neonato teatro chediviale: le stagioni operistiche egiziane, programmate fra ottobre e marzo, limitarono per tre anni le sue apparizioni in Europa, ma le consentirono di accumulare la dote necessaria in vista del matrimonio.
Con un’ennesima Aida al teatro Malibran di Venezia concluse la carriera il 5 agosto 1876, a trentun anni, dopo un decennio di successi e l’incondizionato riconoscimento del più incontentabile fra i maestri, nel cui glorioso ricordo Waldmann trascorse nostalgica il resto dei suoi giorni («Come dimenticare quelle emozioni, quelle gioje, che io con anima d’artista gustava sopra ogni cosa?»: lettera a Verdi, 22 settembre 1880).
Il 4 settembre 1876 sposò a Torino il conte Massari (Ferrara, 26 febbraio 1841 - Voghenza, oggi frazione di Voghiera, 22 ottobre 1902), nobile di Comacchio, figlio di Vincenzo e di Teresa Zavaglia, presto elevato da Umberto I al rango di duca di Fabriago (1882), poi eletto senatore del Regno (1891): con lui divise felicemente l’esistenza fra il palazzo familiare di Ferrara (oggi sede delle Gallerie d’arte moderna e contemporanea, il cui nucleo è costituito proprio dalle collezioni dei Massari) e la vicina villa di campagna, a Voghenza (con teatrino annesso), amando però spostarsi per brevi soggiorni a Firenze, Nizza, Napoli, Roma e Bologna (dove i Massari possedevano un altro palazzo, frequentando volentieri le stagioni del teatro Comunale). Dopo una prima gravidanza non portata a termine (1877), nacque il figlio Francesco (Ferrara, 18 agosto 1878 - Firenze, 19 aprile 1932).
Divenuta un punto di riferimento per la vita culturale ferrarese, chiamata spesso da istituzioni locali al ruolo di madrina, Waldmann non disdegnò di apparire ancora in qualche esecuzione concertistica a scopo benefico, riconquistando per una sera la ribalta maggiore con il Requiem che Verdi volle dirigere alla Scala il 30 giugno 1879 a favore delle vittime di un’alluvione padana, con l’amica Stolz, pur essa già ritiratasi dalle scene, ancora una volta al suo fianco.
Rimasta vedova, la duchessa si ritirò dalla vita pubblica, vivendo perlopiù a Firenze con la sorella Betti. Morì a Ferrara il 6 novembre 1920 per un carcinoma intestinale. Nell’Archivio di Stato di Ferrara, Fondo Massari, si conservano cimeli personali e familiari.
Fonti e Bibl.: C.F. Pohl, Die Gesellschaft der Musikfreunde des Österreichischen Kaiserstaates und ihr Conservatorium, Wien 1871, pp. 133, 143, 182; H. Blaze de Bury, Musiciens du passé, du présent et de l’avenir, Paris 1880, pp. 258-279; B. Roosevelt, Verdi: Milan and “Othello”, London 1887, ad ind.; A. Böhm, Geschichte des Singvereines der Gesellschaft der Musikfreunde in Wien, Wien 1908, pp. 28, 86; N. Bennati, Una grande interprete verdiana: M.M. W., in Atti e memorie della Deputazione ferrarese di storia patria, XXII (1913), pp. 245-262; G. Monaldi, Cantanti celebri del secolo XIX, Roma 1929, pp. 198-203; D. Rosen, Verdi’s “Liber scriptus” rewritten, in The Musical quarterly, LV (1969), pp. 151-169; A. Ghinato, Le terre del Duca. La Casa Massari nel territorio di Voghiera, Ferrara-Portomaggiore 2012; Carteggio Verdi-W. (1873-1900), a cura di M. Beghelli - N. Badolato, Parma 2014; N. Badolato, M. W. e Giovanni Bolelli: a proposito di una scrittura mancata, in Studi verdiani, 2016, n. 26, pp. 53-62; A. Gerhard, W., M.K., in Österreichisches Biographisches Lexikon 1815-1950, XV (2018), p. 443; M. Beghelli, Le voci di “Aida”, in Festival Verdi Journal, II (2019), pp. 49-57.