DEVIA, Mariella
Cantante lirica, nata a Chiusavecchia (Imperia) il 12 aprile 1948. In oltre quarant’anni di carriera il soprano si è imposto sui palcoscenici di tutto il mondo nel repertorio belcantista, specialmente in Mozart, Rossini, Bellini e Donizetti.
Dal 1972, anno del suo debutto a Treviso in Così fan tutte di Wolfgang Amadeus Mozart (ancor prima del diploma al conservatorio di Santa Cecilia a Roma e della vittoria al concorso Toti dal Monte, entrambi del 1973), D. è da considerarsi la migliore vocalista della scuola di canto italiana degli ultimi trent’anni: il controllo del fiato consente una linea fluida e omogenea nel salire verso sovracuti luminosi; la sua linea di canto appare controllata da una musicalità di livello strumentale, che le permette legati lunghissimi e la possibilità di superare ogni virtuosismo (trilli, picchiettati, messe di voce, gruppetti, mordenti, salti d’ottava) senza mai ledere la quadratura dell’architettura musicale. Con tale bagaglio tecnico, il suo repertorio di elezione è stato primariamente quello belcantistico, pur con importanti prove in Giuseppe Verdi (in specie nel Rigoletto nella prima parte della carriera, e per il suo debutto al Metropolitan di New York nel 1979, e nella Traviata nella seconda parte) e nel repertorio francese (come Manon Lescaut di Daniel Auber, Benvenuto Cellini di Hector Berlioz, Les pêcheurs de perles di Georges Bizet, Lodoïska di Luigi Cherubini, Lakmé di Léo Delibes, Roméo et Juliette di Charles Gounod). Interpretazioni significative sono state quelle offerte tanto nelle opere di Mozart (prima con Die Ent führung aus dem Serail e Die Zauberflöte, poi con Don Giovanni e Idomeneo re di Creta) e Gioachino Rossini (sia nel repertorio buffo del Signor Bruschino o del Turco in Italia, sia soprattutto in quello serio e semiserio di Adelaide di Borgogna, Tancredi, Le comte Ory, La donna del lago, Zelmira, Otello e Mosè in Egitto), quanto in quelle di Gaetano Donizetti e Vincenzo Bellini. Con quindici titoli in repertorio, D. si è imposta tra le più notevoli interpreti della storia esecutiva donizettiana: a partire da Lucia di Lammermoor (il suo indiscutibile cavallo di battaglia, tenuto in repertorio per trentatré anni fino all’addio al ruolo alla Scala nel 2006) per giungere alle tre regine inglesi in Maria Stuarda, Anna Bolena e Roberto Devereux (debuttato a Marsiglia nel 2011 e ripreso nel 2014 a Firenze e alla Carnegie Hall di New York e nel 2015 a Madrid). Ugualmente di riferimento appare come interprete belliniana, cominciando dai Capuleti e Montecchi e Puritani fino al Pirata e al ruolo di Norma, a Bologna nel 2013, allo scoccare del suo sessantacinquesimo compleanno, con la direzione di Michele Mariotti.
Risalta l’assenza pressoché completa di titoli del repertorio barocco che oggi è a tal punto recuperato e praticato (per lo meno all’estero) da potersi considerare quello più moderno e nel quale il virtuosismo tecnico di D. avrebbe potuto realizzare prove di valore, come conferma l’unica in tal senso nell’Adriano in Siria di Giovan Battista Pergolesi al Maggio musicale fiorentino del 1985.
La grande perfezione tecnica fa talvolta schermo alla varietà dell’accento e a una certa indifferenza per le ragioni sceniche, soprattutto perché solo raramente D. ha incontrato registi di riconosciuto valore: quando ciò è avvenuto (come con Graham Vick, v., per la discussa, ma stimolante Traviata all’Arena di Verona nel 2004 e per Anna Bolena nel 2007), il soprano ha accettato di rimettersi in discussione, e la capillarità del gesto le ha saputo suggerire un lavoro sulla parola che non ha minimamente leso la qualità del suono.