MARINA (XXII, p. 322)
Marina da guerra (p. 324). - La marina militare nel dopoguerra (p. 335). - Il fallimento del disarmo. - La fine delle illusioni sulla possibilità di un accordo generale sul disarmo fu segnata dal 1933, col ritiro del Giappone e della Germania dalla Società delle nazioni. Cause di questi avvenimenti furono l'incomprensione societaria della necessità dell'azione giapponese in Manciuria e l'ostinazione a negare alla Germania il riconoscimento della parità di diritti.
Nel dicembre 1934 avvenne la chiusura della Conferenza del disarmo; contemporaneamente il Giappone denunziava il trattato navale di Washington, rendendo così necessaria la convocazione di una nuova conferenza navale per la fine del 1935. Le conversazioni preliminari per preparare la nuova conferenza facevano constatare le insormontabili difficoltà di mantenere il sistema di limitazioni degli armamenti navali secondo lo spirito dei trattati di Versailles, di Washington e di Londra.
La rinascita della marina tedesca.- Nel 1934 la Germania fece il primo passo oltre i limiti consentiti dalle clausole navali di Versailles: dovendo cominciare la sostituzione delle vecchie corazzate mise sullo scalo due incrociatori da battaglia di 26.000 tonnellate.
Nel marzo 1935 Hitler apertamente proclamò la decadenza delle clausole militari di Versailles con l'obiettivo di far risorgere la Germania in una pace di equiparazione, di onore e di sicurezza. La Gran Bretagna, nell'impossibilità di impedire il riarmo navale tedesco, si accontentò di vincolarlo: ne risultò l'accordo navale anglo-tedesco del 18 giugno 1935, che riconobbe alla Germania il diritto di costruire una flotta di tonnellaggio globale fino al 35% di quella della marina inglese, essendo questo rapporto stabilito per ogni categoria di unità navali, con possibilità di raggiungere per i sommergibili il 45% e anche, eventualmente, la parità.
In tal modo, nell'ipotesi che la marina inglese si mantenesse nei limiti previsti dai trattati di Washington e di Londra, la marina tedesca si garantì la facoltà di triplicare il suo tonnellaggio complessivo rispetto a quello che era stato concesso a Versailles, ottenendo altresì la completa libertà di costruire ogni tipo di nave. La Germania riacquistò quindi la possibilità di realizzare uno sviluppo marittimo capace di costituire un importante fattore della politica mondiale.
Il potere marittimo nel conflitto italo-etiopico. - Il 22 agosto 1935 il governo britannico affermava la volontà di far rispettare con tutti i mezzi in suo possesso le decisioni della Società delle nazioni allo scopo di costringere l'Italia a desistere dall'impresa etiopica e ad accettare una decisione societaria.
La condotta britannica sostanzialmente era dettata da interessi prevalentemente marittimi, poiché la Gran Bretagna attribuiva alla crescente potenza dell'Italia un carattere di minaccia per la posizione britannica nel Mediterraneo e nella zona del Canale di Suez, cioè per la sicurezza della "via imperiale".
Parallelamente alle sanzioni economiche furono d'indole essenzialmente marittima le predisposizioni inglesi per le sanzioni militari, cioè: concentramento in Mediterraneo (Gibilterra, Egitto) e allo sbocco del Mar Rosso (Aden) di tutte le forze navali disponibili; messa in stato di sicurezza di Gibilterra e Malta; creazione di nuove basi navali a Ḥaifā e ad Alessandria; invio di truppe in Egitto; concentramento di forze aeree in Egitto, Palestina e Aden.
Questo poderoso spiegamento di forze mirava a raggiungere lo scopo mediante la minaccia potenziale; ma un'azione dimostrativa non può far piegare una grande potenza inesorabilmente decisa; la possibilità di una vittoria statica è questione di gerarchia materiale e spirituale. Allo spiegamento di forze inglesi corrispose la completa preparazione delle forze navali dell'Italia, con lo stato precauzionale in tutti i settori marittimi metropolitani e coloniali. In tali condizioni, nonostante la sua grande superiorità navale, la Gran Bretagna fu portata a riconoscere che i rischi a cui sarebbe stata sottoposta attuando le sanzioni militari avrebbero potuto essere notevoli al punto da apparire sproporzionati allo scopo. Per questo, e per la grandiosità del contributo che la marina italiana ha portato alla conquista dell'Impero nei riguardi logistici (trasporti militari e basi di sbarco), il potere marittimo ha costituito un fattore essenziale di successo.
Il ritorno alla libertà degli armamenti navali. - La conferenza fra le potenze firmatarie del trattato di Washington riunitasi a Londra nel 1935 ebbe risultati estremamente modesti, perché ristretti a un accordo qualitativo e alla dichiarazione annuale dei programmi navali; e senza la firma del Giappone (ritiratosi perché non accettata la sua tesi quantitativa della parità di armamenti a basso livello) e dell'Italia (che si era riservata di aderire quando il momento politico lo facesse stimare opportuno). Le prescrizioni della Convenzione di Londra furono poi parzialmente accettate dalla Germania (1937), dall'U. R. S. S. (1937) e dalla Polonia (1938) in accordi bilaterali con la Gran Bretagna, e, infine, dall'Italia (1938).
La nuova situazione marittima si può pertanto sintetizzare nei seguenti punti: 1. dalla fine del 1936 hanno cessato di essere impegnativi i vincoli di proporzionalità stabiliti fra le varie marine nel trattato di Washington. Ogni potenza ha la facoltà di costruire la flotta che ritiene necessaria; i vincoli di relatività nello sviluppo marittimo esistono soltanto fra Stati Uniti e Gran Bretagna (criterio di parità); e fra la Gran Bretagna e Germania in conseguenza dell'accordo navale del 18 giugno 1935
2. Il fallito esperimento sanzionista ha indotto la Gran Bretagna a stabilire un formidabile programma di armamenti. Questo atteggiamento della maggiore potenza marittima trascina fatalmente tutti i principali stati a sviluppare i loro armamenti navali sino ai massimi consentiti dalle capacità costruttive e dalla disponibilità di materie prime. Secondo le affermazioni del capo di Stato maggiore della marina francese, questa si propone di raggiungere in pochi anni il tonnellaggio complessivo di 850.000 tonnellate. La marina tedesca spinge gli armamenti con ritmo accelerato; il suo programma navale è stabilito in modo da conseguire nel 1941 il tonnellaggio complessivo di 420.000 tonnellate, corrispondente al 35% del tonnellaggio che era stato fissato per la marina inglese dal trattato di Washington. Giova però tener presente che in relazione al grande programma navale inglese la marina tedesca avrebbe diritto a un corrispondente incremento, purché mantenuto entro la proporzione di 35 a 100.
3. Le principali marine riconoscono la necessità di navi ultrapotenti per costituire la spina dorsale delle flotte; il loro dislocamento limitato a 35.000 tonn. a Londra, è ormai portato oltre le 40.000 tonnellate per l'esempio dato dal Giappone e poi seguito dagli Stati Uniti e dalla Gran Bretagna. Il numero delle corazzate sarà inferiore a quello dell'anteguerra in conseguenza delle complesse necessità delle altre specie di mezzi; tuttavia l'aumento del numero delle grandi corazzate costituisce la caratteristica più saliente del nuovo indirizzo della politica navale. Con questo criterio nel 1933 la marina italiana addivenne alla decisione di sottoporre a completa e radicale trasformazione le corazzate Cavour e Cesare di 24.000 tonnellate; il 28 ottobre 1934 impostò le corazzate Litiorio e Vittorio Veneto da 35.000 tonnellate, varate nel 1937; contemporaneamente sono state sottoposte a radicali lavori di rimodernamento anche le corazzate Duilio e Doria (del tipo Cavour), e ai primi di gennaio 1938 è stata deliberata la costruzione di altre due corazzate da 35.000 tonnellate, che si chiameranno Roma e Impero.
4. Nel nuovo indirizzo della politica navale è particolarmente da rilevare il grande sviluppo del numero dei sommergibili, in cui la marina italiana ha acquistato un posto preminente.
5. L'evoluzione dei mezzi di guerra marittima ha reso sempre più sentite e complesse le necessità nei riguardi dell'approntamento delle basi navali.
Il fattore marittimo nella guerra civile spagnola e nel conflitto cino-giapponese. - L'inizio della rivolta spagnola, nel luglio 1936, fu assai ostacolato dalla situazione marittima. Nel Mediterraneo i rossi rimasero padroni delle coste della Penisola Iberica con i grandi porti di Barcellona e Valenza, la base navale di Cartagena, l'Isola di Minorca con la base navale di Porto Mahón. Nell'Atlantico rimasero in possesso dei nazionali le coste a levante della Galizia, con i porti di Gijón, Santander, Bilbao e San Sebastiano. Ai nazionali venne a mancare la massima parte della marina; per quanto le navi rimaste fedeli ai rossi fossero male comandate, a causa della deficienza di ufficiali, tuttavia la loro attività fu essenziale per il consolidamento della resistenza, poiché esse per parecchie settimane resero arduo il passaggio di truppe dal Marocco alla Spagna.
Sull'andamento del conflitto hanno influito molto sensibilmente gli aiuti che le parti in contrasto hanno ricevuto mediante il traffico per via di mare. L'azione delle forze navali belligeranti ha avuto importanza in quanto è servita a proteggere il proprio traffico e a contrastare all'avversario la libertà di uso del mare. Alla fine di settembre 1936, quando Irun e San Sebastiano furono occupate dai nazionali, un'importante aliquota della forza navale rossa si spostò dal Mediterraneo sulle coste di Biscaglia; il suo effetto fu di consentire il libero traffico di piroscafi carichi di rifornimenti, di materiali bellici e di volontarî che dalla prossima costa francese afluirono nella zona minacciata, concorrendo a determinare l'arresto dell'offensiva dei nazionali. D'altra parte la dislocazione di forze navali rosse nel teatro settentrionale della guerra ebbe per effetto che i nazionali poterono stabilire il controllo nello stretto di Gibilterra, che consenti il liberò affluire delle truppe dal Marocco alla penisola.
La resistenza di Madrid e la ripresa dell'iniziativa da parte dei rossi alla fine del 1936 divennero possibili in conseguenza degli aiuti giunti per via di mare principalmente dal Mar Nero.
Col proseguire del conflitto, le condizioni di relatività navale si sono invertite. La flotta rossa, per l'intervento di ufficiali di marine straniere, ha potuto migliorare la sua situazione nei riguardi del comando, ma ha subito maggiori perdite e inutilizzazione di unità navali; mentre la flotta dei nazionali ha potuto, oltre che organizzarsi, acquistare un notevole vantaggio di efficienza.
L'esercizio di tale superiorità è stato intralciato dal fatto che le grandi potenze non hanno riconosciuto alle parti in contrasto i diritti che nella guerra marittima sono ammessi per i belligeranti.
Un breve periodo di energica azione (agosto 1937) contro le navi che esercitavano il contrabbando a favore dei rossi dimostrò come la fine del conflitto avrebbe potuto essere accelerata. Per correre ai rimedî contro la cosiddetta "pirateria" i governi britannico e francese nel nome del " non intervento" e della sicurezza della navigazione riunirono la conferenza che concluse l'accordo di Nyon (14 settembre 1937). Al disopra della lettera di tale accordo quella data ha segnato un evento di importanza politico-militare, poiché in sostanza ha reso manifesta la stretta cooperazione anglo-francese. La completa libertà lasciata ai rifornimenti provenienti dalla Russia consentì ai rossi di superare la fase critica derivata dal crollo del fronte asturiano; le conseguenze si manifestarono a metà dicembre I937 con la ripresa d' iniziativa da parte dei rossi (battaglia di Teruel).
Un aspetto assai rilevante dell'influenza del fattore marittimo nella guerra civile spagnola risulta dal peso che le marine inglese, francese, italiana e tedesca hanno esercitato sugli avvenimenti. Per le complicazioni derivate dal conflitto, la situazione nel Mediterraneo ha avuto periodi di acuta tensione; l'approntamento e l'attività delle flotte sono stati in intima correlazione con la condotta politica.
Il conflitto cino-giapponese costituisce una nuova luminosa affermazione dell'importanza del potere marittimo. La marcia giapponese sul continente asiatico ha per fattore basilare la potenza della flotta, che consente la sicurezza dei trasporti oltre mare, l'esecuzione degli sbarchi, la libertà di scelta delle zone di sbarco e soprattutto impedisce le interferenze di altre potenze marittime (da ciò il fallimento della Conferenza di Bruxelles).
Il fattore aereo nei riguardi della guerra sul mare e del potere marittimo. - All'inizio della guerra di Spagna, il 4 agosto 1936, l'aviazione da bombardamento e da caccia offrì ai nazionali il mezzo di scortare i piroscafi che portarono il primo scaglione di truppe (3000 uomini) dal Marocco a Algeciras. Nei giorni successivi il passaggio di truppe continuò mediante velivoli e convogli navali che approdarono felicemente, quantunque una piccola forza navale dei rossi incrociasse nello stretto di Gibilterra servendosi di Tangeri come punto di rifornimento. Questo successo fu in parte dovuto alla debole condotta della marina dei rossi; tuttavia si deve constatare che l'aviazione in quel caso particolare consentì l'uso del mare ai nazionali.
Nel corso del conflitto l'aviazione ha reso a entrambe le parti belligeranti importanti servigi nello svolgimento delle operazioni sul mare: vigilanza, attacchi contro le navi nei porti e al largo. Devesi però rilevare come i risultati dei bombardamenti aerei contro navi abbiano dimostrato quanto fossero esagerate le opinioni di coloro che ritenevano l'aviazione capace di mettere prontamente fuori causa la marina. In particolar modo è da constatare come si sia dimostrata di modesta entità la probabilità di colpire degli aerei, non soltanto contro navi da guerra capaci di reazione e libere dei loro movimenti, ma anche contro navi in porto. È da tener presente che il conflitto spagnolo non può fornire una chiara idea dell'importanza che il fattore aereo assumerà sul mare in una guerra fra grandi potenze, in cui certamente l'aviazione avrà importanza capitale; giova tuttavia notare che in tale eventualità, se le forze aeree saranno ben più rilevanti di quelle impiegate nel conflitto spagnolo, alla loro azione corrisponderà una maggiore reazione della difesa attiva e passiva. Nel complesso sembra da ritenere che nel campo marittimo la guerra di Spagna ammonisca che sarebbe illusorio ammettere l'onnipotenza dell'aviazione sul mare. Da tale conflitto e dalla parte che in quello cinogiapponese ha l'azione delle navi porta-aerei, risulta confermato come il potere marittimo e il potere aereo abbiano carattere complementare, e che sarebbe assurdo di ammettere la possibilità di sostituzione; che questa sia l'opinione generale in tutte le nazioni è dimostrato dalla gara di armamenti navali.
Influenza del potere marittimo sulla politica mondiale. - L'importanza del fattore marittimo emerge dagli avvenimenti di politica internazionale derivati dalla vittoria italiana in Etiopia, nonché dalle questioni sollevate dalla guerra civile spagnola, dal conflitto cino-giapponese e dalla conclusione del patto anticomunista fra il Giappone, la Germania e l'Italia. Tutto ciò conferma come sia crescente la necessità del potere marittimo quanto più la politica di una grande potenza allarga oltre mare i suoi orizzonti, c; oè quanto più a questa potenza occorre influire sui grandi problemi d'importanza mondiale.
Marina mercantile (p. 337)
La consistenza del naviglio mercantile mondiale di stazza lorda unitaria non inferiore a 100 tonnellate si presenta così ripartita, per paesi e per grandi categorie di tonnellaggio, nel giugno 1937, secondo i dati raccolti dal Lloyd's Register:
Un ulteriore arretramento si è quindi verificato dal 1933 al 1937, sia nel tonnellaggio complessivo, sia in quello dei piroscafi e dei velieri e barconi. Un progressivo incremento si è, viceversa, riscontrato nel tonnellaggio delle motonavi, ma non tale da compensare la riduzione del tonnellaggio delle navi a vapore.
Ne risulta modificato secondo la tabella seguente l'andamento della flotta mercantile mondiale e delle principali flotte nazionali dal 1900 ad oggi.
L'arretramento rilevato non è per sé stesso indizio del perdurare della crisi che le vicende economiche mondiali provocarono nel 1930. La contrazione del traffico, che allora interruppe la preesistente situazione di equilibrio tra richiesta ed offerta di tonnellaggio navale, divenne sempre più grave sino al 1932; ma cominciò ad attenuarsi nel 1933, e la ripresa proseguì poi più decisa sino al 1936. Nel 1937 le condizioni generali del mondo hanno risospinto il volume del traffico mondiale allo stesso livello del 1929.
Processo corrispondente, ma più tardivo che per il traffico, come accade nei rapporti fra causa ed effetti, subiva la flotta mercantile. Mentre infatti quello retrocedeva in modo sempre più accentuato, cresceva nel 1930 e nel 1931 la consistenza del naviglio, e mentre dal 1932 al 1935 progrediva il volume del traffico, s'iniziava e proseguiva la riduzione del tonnellaggio complessivo delle navi. Aumenti paralleli si sono poi verificati nel 1936 e nel 1937.
La situazione, che si è venuta di anno in anno determinando appare chiara dai seguenti indici relativi al volume del traffico mondiale e al tonnellaggio lordo del naviglio mondiale a propulsione meccanica, che le più accreditate statistiche ci offrono in rapporto all'anteguerra (anno 1913, base 100):
Nelle fasi, che rivela la consistenza mondiale del tonnellaggio (ascendente dal 1929 al 1931, discendente dal 1932 al 1935, nuovamente ascendente in seguito), hanno spiegato, per movimenti opposti, azione concomitante sia le nuove costruzioni sia le perdite e demolizioni di navi. La seguente tabella ne dà conferma:
L'andamento del ciclo percorso dalla crisi marittima può esattamente determinarsi dalle successive variazioni del mercato generale dei noli che, riferiti alla base 100 per il 1913, si presentano con i seguenti indici:
Manifestazione importante del grado di attività della marina mercantile mondiale è il volume delle navi transitate per i canali di Suez e di Panamá. Qui appresso è indicato il tonnellaggio netto (imponibile per il pagamento dei diritti di passaggio) delle navi transitate:
I dati si riferiscono ad anno solare per il canale di Suez, ad anno finanziario, avente termine in giugno, per il canale di Panamá.
Significativi riescono i seguenti confronti nei particolari più caratteristici del naviglio mondiale:
Prosegue, dunque, perseverante l'incremento delle navi cisterna in virtù della più diffusa utilizzazione degli olî minerali. Cresce ancora con ritmo accelerato la partecipazione delle motonavi ai traffici mondiali, e mentre si riduce, in senso assoluto e relativo, l'impiego delle macchine alternative a vapore, aumenta, sia pur lentamente, quello delle turbine ad ingranaggio.
In questi ultimi tempi, per altro, con le difficoltà inerenti al cresciuto costo degli olî Diesel e con la sperimentata possibilità di usare, anche sulle navi, tipi di caldaie capaci di lavorare ad elevata pressione, nuovi elementi sono intervenuti per sostenere le turbine nella concorrenza dei motori endotermici.
Il carbone quale combustibile va perdendo sempre più terreno nella marina mercantile. Aumenta invece l'impiego dei combustibili liquidi sia per caldaie a vapore sia per motori. Mentre nel 1933 si bruciava carbone su 36.373.895 tonn. lorde di navi e si bruciava olio minerale su 30.253.665 tonn. di navi, nel 1937 il carbone è consumato su 31.746.906 tonn., l'olio su tonn. 33.524.534.
Nel tonnellaggio unitario e nella velocità delle navi, nuovi progressi sono stati conseguiti, a scapito però dell'economia, con l'entrata in servizio del piroscafo francese Normandie, di tonn. lorde 83.423, varato nel 1935, e del piroscafo a turbine britannico Queen Mary, di tonn. lorde 81.235, varato nel 1936, entrambi di velocità superiore a 30 miglia orarie. È in costruzione un altro grande piroscafo britannico (Queen Elizabeth, di tonn. 84.000).
Condotta a compimento la grande impresa africana, l'Italia si accinge ad una vasta opera di rimodernamento del proprio naviglio mercantile, sia di linea sia da carico.
Mentre per tonnellaggio complessivo di navi aventi una stazza unitaria non inferiore a 100 tonn. lorde, la flotta mercantile italiana occupava nel 1937 il 6° posto nel mondo, per tonnellaggio di navi oceaniche atte al trasporto di carichi generali e di passeggeri occupava il 5° posto dopo la Gran Bretagna, gli Stati Uniti, la Germania e il Giappone (v. statistica: Notes on the 1937-38 Edition of Lloyd's Register Book).