MARINIANO
– Delle origini romane di M. si ha notizia da Agnello Ravennate, che di lui dà una sommaria descrizione fisica, forse improntata a criteri fisiognomici, e afferma che era nipote di Giovanni, suo predecessore nella sede arcivescovile di Ravenna. Secondo Gregorio Magno, il cui epistolario costituisce la fonte più importante su M., visse a lungo a Roma, nel monastero di S. Andrea ad Clivum Scauri, sul Celio, la comunità fondata da Gregorio medesimo, rivestendovi un ruolo organizzativo. Quando, secondo quanto tramanda Giovanni Diacono, Gregorio decise di escludere dalla propria cerchia i laici per circondarsi dei chierici a lui più fedeli, chiamò presso di sé in Laterano, oltre a un certo numero di funzionari, anche alcuni monaci della comunità, fra i quali figurava Mariniano.
In una lettera di Gregorio Magno del luglio 595 (Ep. V, 51) – da cui risulta che M. era divenuto arcivescovo di Ravenna poco prima – egli era raccomandato al destinatario, lo scolasticus Andrea, consigliere giuridico dell’esarca Romano.
Dopo la morte dell’arcivescovo Giovanni (11 genn. 595), Gregorio aveva sollecitato il clero e il popolo ravennate a scegliere il successore. La designazione di M., avvenuta per unanime consenso dei delegati del clero di Ravenna, era seguita all’eliminazione da parte di Gregorio di altri due candidati appartenenti al clero ravennate, l’arcidiacono Donato (probabilmente sostenuto dall’esarca Romano) e il presbitero Giovanni. È noto pure che solo a stento M. si lasciò persuadere ad acconsentire alla richiesta. La consacrazione episcopale ebbe luogo a Roma prima del 5 luglio 595, data in cui M. risulta presente al concilio riunito da papa Gregorio in qualità di arcivescovo.
Con M. papa Gregorio intrattenne una fitta corrispondenza, di cui restano 19 lettere, comprese tra il luglio 595 e l’ottobre 603.
Subito dopo l’elezione il papa concesse a M. l’uso del pallio – unicamente per la durata della messa – nella chiesa della propria città, e solo quattro volte l’anno al di fuori di essa; gli confermò inoltre i privilegi già concessi alla Chiesa ravennate e gli raccomandò di annullare le disposizioni testamentarie illegalmente stabilite dal suo predecessore, i cui rapporti con il papa non erano sempre stati distesi, riguardo ai beni della Chiesa e a quelli acquisiti durante l’episcopato.
In una lettera del settembre 595 al clero e al popolo ravennati, il papa intervenne a favore di M., oggetto di una campagna diffamatoria che lo accusava di non rispettare l’autorità del concilio calcedonese, mentre il papa garantiva la sua fedeltà ai quattro concili ecumenici (Nicea, Costantinopoli, Efeso I, Calcedonia).
In seguito M. scrisse a Gregorio – della lettera, perduta, è nota la risposta del gennaio 596 – per lamentarsi che un’annosa controversia con Claudio, abate del monastero dei Ss. Giovanni e Stefano in Classe e familiaris del papa, risalente al precedente episcopato e di cui non sono note le motivazioni, fosse stata trasferita a Roma sotto il diretto giudizio del pontefice, cosa che aveva sollevato le proteste di parte del clero e del popolo ravennati.
In tale occasione Gregorio gli chiese anche la restituzione della spada a due tagli che il diacono Pietro, già notarius apocrisiario a Ravenna, aveva lasciato presso l’arcivescovo Giovanni. M. scrisse nuovamente al papa riguardo al monastero di S. Apollinare in Classe, fondato dal precedente vescovo, che vi era stato sepolto; Gregorio gli rispose nel marzo 596 accusandolo di piegarsi a cattivi consiglieri, e lo riprendeva per le vessazioni inflitte al monastero; lo diffidava altresì dall’ostacolare la vita monastica con l’indebita ingerenza del clero ravennate.
In una missiva dell’aprile 596 a Secondo, monaco di Ravenna, Gregorio dava per interposta persona una serie di consigli a M., del quale sospettava un assopimento spirituale, dato che alcuni vecchi indigenti gli avevano riferito di non aver ottenuto da lui alcuna forma di aiuto materiale; il papa affermava di avergli inviato consigli analoghi in precedenza senza ottenere risposta. In una lettera di Gregorio dell’agosto 597 M. viene esortato a facilitare la successione episcopale della vicina diocesi di Forum Cornelii (Imola), priva del vescovo, destituito perché macchiatosi di crimini: egli avrebbe dovuto accondiscendere alla supplica dei fedeli e ottemperare alle leggi canoniche, in forza delle quali una sede diocesana non poteva rimanere vacante per più di tre mesi.
Da una lettera pressoché coeva risulta che l’atteggiamento vessatorio del clero verso le istituzioni monastiche ravennati era lungi dall’essersi attenuato: da ciò M., ritenuto diretto responsabile, poteva emendarsi solo estromettendo decisamente i chierici dai monasteri; Gregorio impose inoltre un’ispezione condotta da un fiduciario dell’arcivescovo, che sarebbe stato inviato a Roma, e da alcuni monaci scelti dal papa, che lo avrebbero riaccompagnato a Ravenna, per dirimere in via definitiva la controversia.
Anche M., come gli altri arcivescovi dipendenti da Roma, fu destinatario, nel novembre 597, di una lettera del pontefice sull’interpretazione della legge promulgata dall’imperatore Maurizio che impediva il passaggio alla vita ecclesiastica e monastica di chi fosse in forza nell’esercito o nell’erario; i vescovi erano esortati ad accettare tali nuove vocazioni solo dopo un attento esame della vita dei candidati e un periodo triennale di prova.
In una lettera a M. dell’aprile 598 Gregorio raccomandava Claudio, latore della missiva, abate del monastero dei Ss. Giovanni e Stefano in Classe, che si era trattenuto lungamente a Roma per collaborare con il papa ai suoi commenti alle Scritture: M. avrebbe dovuto accoglierlo amorevolmente consentendogli di occuparsi della sua comunità monastica, che ne reclamava la presenza.
A M. giunse da Gregorio nell’aprile 598 anche la raccomandazione di proteggere la moglie di un certo Giovanni e di accertare quale fosse lo stato giuridico della donna.
L’anno successivo M. fu invitato ad aiutare Giovanni, vir clarissimus, latore della lettera e incaricato di condurre a Roma la moglie del praefectus urbis Giovanni e ad appoggiare tramite il notarius Mena gli inviati di Maurenzio, magister militum Campaniae, nella riscossione della paga destinata ai suoi soldati.
Nel maggio 599 Gregorio informava M. della rinuncia all’episcopato da parte di Castorio, vescovo di Rimini, e gli ordinava di convocare presso di sé il successore eletto dal clero e dal popolo, di sottoporlo ad attento esame e, in caso di approvazione, di mandarlo dal papa per la consacrazione. Nello stesso periodo M. fu invitato da Gregorio ad accogliere alcuni abitanti dell’Istria, tornati all’unità della Chiesa dopo aver aderito allo scisma dei Tre Capitoli, e a garantirne la sicurezza personale intercedendo presso l’esarca Callinico. A M. Gregorio affidò, ancora nel maggio 599, la spinosa vicenda di Giovanni, vescovo del castellum di Novas, della cui circoscrizione ecclesiastica faceva parte l’isola Capritana, ossia Caorle.
Giovanni, che aveva aderito allo scisma dei Tre Capitoli, aveva poi manifestato l’intenzione di tornare all’unità ecclesiale, ma ne era subito receduto. Il papa si mosse su sollecitazione degli abitanti dell’isola Capritana, fedeli al credo cattolico, e invitò M. a nominare un nuovo vescovo, interpellando l’esarca Callinico e l’imperatore. Secondo la stessa lettera M. fu coinvolto da Gregorio anche in una controversia riguardante Massimo di Salona, che presso il papa era stato difeso da Callinico; successivamente M. ricevette da Gregorio l’ordine di farlo giurare solennemente di non compiere simonia; in relazione all’accusa di avere celebrato la messa da scomunicato, concedeva a M. facoltà di agire come meglio avesse ritenuto.
Sembra che, riguardo all’uso del pallio, M. non fosse del tutto ossequiente alle restrizioni imposte dal papa, che contrastavano con gli usi della Chiesa locale; prima del giugno 599 il papa inviò a M. il suo diacono Fiorentino per discutere della questione. In una lettera del giugno 599, Gregorio invitava il notarius ravennate Castorio a indagare su quali processioni solenni (litaniae) fossero effettivamente ritenute più importanti nella Chiesa di Ravenna, per permettergli di agire opportunamente presso Mariniano.
In una lettera del luglio 599 M. fu informato da Gregorio di avere raccomandato il diacono Fiorentino, che aveva inviato a Costantinopoli per questioni inerenti alla Chiesa ravennate, presso il diacono Anatolio, apocrisiario di Roma alla corte imperiale.
Per occuparsi del patrimonio della Chiesa ravennate in Sicilia, M. aveva lì inviato il suo diacono Giovanni, per raccomandare il quale Gregorio indirizzò una missiva ad Alessandro, praetor della Sicilia.
M., che soffriva di emorragie, fu oggetto da parte di Gregorio, in una lettera del febbraio 601, di premure affettuose e della solidarietà di chi sa d’essere ammalato a sua volta: gli fu proibito il digiuno, tranne cinque volte l’anno, gli si raccomandava di moderare le veglie; fu invitato a Roma prima dell’estate, eventualmente scortato da uomini di Agilulfo, perché potesse ricevere cure migliori.
M. è dedicatario delle Homiliae in Hiezechihelem di Gregorio, riunite nel 601, su richiesta dei monaci di S. Andrea ad Clivum Scauri. M. gliene aveva richiesto l’invio, cui il papa ottemperava, sebbene M. fosse avvezzo a leggere autori ben più importanti, come Ambrogio e Agostino.
Tramite una missiva indirizzata nel gennaio 602 al suddiacono Giovanni, apocrisiario romano a Ravenna, Gregorio ordinò a M. di preporre al monastero di Claudio il cellerarius Mauro e di reprimere la smania di profitto personale di alcuni monaci. Lo avvertì inoltre di non far leggere durante le veglie i Moralia in Iob, un’opera non destinata alla divulgazione; in relazione a ciò, si lamentava del fatto che il codice posseduto da M. presentasse degli errori.
Ancora il suddiacono Giovanni, destinatario di una lettera del gennaio 603, fu incaricato dal papa di comporre in forma amichevole una controversia tra M. e il vescovo Giovanni, di cui non è nota la sede. Se questo tentativo fosse fallito, il suddiacono avrebbe dovuto celebrare un giudizio per stabilire una definitiva sentenza.
Ancora nel 603 M. fu chiamato in causa per indagare sulla causa di Fortunato, latore della lettera di Gregorio, il quale sosteneva di essere stato ingiustamente rimosso dalla carica di abate nel monastero dei Ss. Lorenzo e Zenone a Cesena dal vescovo Concordio, successore di Natale, che in quel monastero lo aveva insediato.
Non risultano testimonianze ulteriori sulla vita di M.: Agnello Ravennate fissa la data di morte a un 23 ottobre, senza specificare l’anno, che doveva essere di poco precedente il 619, quando è attestato il suo successore a Ravenna, Giovanni. M. fu sepolto nell’ardica (il portico della facciata) della chiesa di S. Apollinare in Ravenna.
Fonti e Bibl.: Agnellus Ravennas, Liber pontificalis Ecclesiae Ravennatis, in L.A. Muratori, Rer. Ital. Script., II, 1, Mediolani 1723, pp. 120 s., 129-134; Gregorius Magnus, Registrum epistularum, a cura di P. Ewald - L.M. Hartmann, in Mon. Germ. Hist., Epistolae, I-II, Berolini 1887-99, ad ind.; Ioannes Diaconus, Vita Gregorii Magni, in J.-P. Migne, Patr. Lat., LXXV, pp. 59-242; Ph. Jaffé, Regesta pontificum Romanorum, a cura di G. Wattenbach, Lipsiae 1885; Gregorius Magnus, Homiliae in Hiezechihelem prophetam, a cura di M. Adriaen, Turnholti 1971, ad ind.; Id., Registrum epistularum, a cura di D. Norberg, Turnholti 1982, ad ind.; Storia di Ravenna, II, Dall’età bizantina all’età ottoniana, a cura di A. Carile, 2, Ecclesiologia, cultura e arte, Venezia 1992, ad ind.; Agnellus Ravennas, Liber pontificalis, a cura di C. Nauerth, Freiburg i.Br. 1996, ad ind.; Prosopographie chrétienne du Bas-Empire, II, Prosopographie de l’Italie chrétienne (313-604), II, Rome 2000, pp. 1401-1407; H. Zurutuza - H. Botalla, La diocesi di Ravenna al tempo di Gregorio Magno: il vescovo Marinianus, in Ravenna da capitale imperiale a capitale esarcale. Atti del XVII Congresso internazionale di studi sull’Alto Medioevo, Ravenna… 2004, Spoleto 2005, II, pp. 1151-1159.