BARLEZIO (Barietius), Marino
Può ritenersi sicuro che discenda da una famiglia italiana e che sia nato a Scutari in Albania intorno al 1450. Non altrettanto certo è che il nome della sua famiglia derivi dalla città di Barletta in Puglia: che la famiglia possa essere stata originaria di Barletta (donde si sarebbe poi trasferita a Scutari) è, almeno a giudicare dalla etimologia del cognome Barletius Barlezio, più che problematico. E' tuttavia fuori discussione che la cultura e i sentimenti del B., così come si riflettono nei suoi scritti, lo caratterizzano come italiano, sebbene alcuni autori lo considerino albanese anche di origine.
La prima data sicura riguardante il B. è il 1474, quando i Turchi tentarono per la prima volta di assediare Scutari: egli fu testimone oculare degli avvenimenti come risulta dalle sue opere (De obsidione... Scodrensi; Historia... de vita et gestis Scanderbergi, IV). Durante il secondo e ultimo assedio della città (1478) partecipò egli stesso alla difesa opposta dai suoi concittadini (cfr. Historia..., VI). Qualche tempo prima aveva percorso ripetutamente l'Albania, come attestano numerosi accenni contenuti nel De obsidione Scodrensi, e dovette anche avere una conoscenza diretta e personale della Dalmazia, almeno limitata a Ragusa e alla costa dalinata (cfr. De obsidione Scodrensi, X).
Il B. fu prete cattolico, niente affatto sacerdote di rito greco o albanese, come qualche volta è stato affermato. Egli stesso si qualifica come "Scodrensis sacerdos" (De obsidione Scodrensi, X): dove abbia studiato teologia non risulta chiaramente, ma Scutari, residenza vescovile, sembra la città più probabile. Dopo il 1478 si trasferì a Venezia (la città ospite che il B. ricorderà sempre con affetto) dove pubblicò nel gennaio del 1504 l'opera sull'assedio di Scutari, dedicandola al doge Leonardo Loredan. A Venezia strinse rapporti con Pietro Angelo, fratello dell'Arcivescovo Paolo di Durazzo e uno degli ufficiali più notevoli di Scanderbeg, discendente da una nobile famiiglia drivastina e rifugiatosi con i figli a Venezia quando Drivasto fu presa dai Turchi. Da lui H W ebbe - come attesta chiaramente la prefazione dedicatagli del Compendium vitarum summorum pontificum... - il suggerimento di scrivere la vita di Scanderbeg, intorno a cui ottenne dall'Angelo numerose e importanti notizie; opera, questa, di gran lunga la più importante uscita dalla penna del B., che apparve però a Roma, dove egli probabilmente si trasferì nel primo decennio del sec. XVI e dove forse morì.
Quanto, poi, al Compendium non conosciamo la data esatta della sua prima edizione, che dovette tuttavia uscire tra il 1508 e il 1510, né sappiamo l'anno di morte del B. che non dovrà posporsi al 1512. Si ignorano anche quali rapporti egli ebbe durante il periodo romano con il cognato di Scanderbeg, Costantino Arianiti, con don Ferrante Castriota e con altri discendenti di Scanderbeg, i quali risiedevano in Puglia o a Napoli.
Sulla traccia del Giovio numerosi biografi hanno scambiato il B. con un altro "Marinus Scodrensis", cioè col Becichemo, professore di retorica a Brescia e poi a Padova dove morì nel 1526. In base a questo scambio di persona il B. fu persino promosso professore a Brescia, ma questa identificazione fu presto riconosciuta erronea e definitivamente confutata da Apostolo Zeno e Thomas Reinesius.
Opere: De obsidione Scodrensi ad serenissimum Leonardum Lauretanum, aristocraciae Venetae principem, conciones variae a Meumethe Turcarum principe et ab aliis militiae Praefectis artificiose compositae, Impressum Venetiis, per Bemardinum Venetum de Vitalibus, 1504 (cfr. Emile Legrand, Bibliographie albanaise, Paris-Athènes 1912, p. 51, nn. 2-3); Historia de vita et gestis Scanderbergi, Epirotarum principis, Impressum per B. V., in folio (contiene un famoso ritratto dello Scanderbeg - incisione in legno - che orna il frontespizio ed è considerato di fattura veneziana: cfr. P. Kristeller, La xilografia veneziana, in Arch. stor. d. arte, IV [18921, P. 118); Compendium vitarum summorum pontificum usque ad Marcellum II imperatorumque Romanorum ac icones eorum Costantinopolitaruinque omnium usque ad Carolum V nec non regum illustriumque consolum Romanorum nuper in lucem aeditum, Romae, apud Valerium et Aloisiurn Doricos fratres Brixienses 1555 (si tratta di una seconda edizione aggiornata fino a Marcello II forse dagli stessi editori; alla prima, che risale, come si accennava, a un'epoca notevolmente anteriore, allude probabilmente Andrea Angelo, Genealogia imperatorum ac regum... usque ad annum T550, Romae 1555; trad. in volgare, Napoli 1624. Tuttavia è possibile che questo autore avesse presente solo il manoscritto del Compendium).
Tutte e tre le opere del B. ebbero parecchie edizìoni, traduzioni e rimaneggiamenti per cui si rinvia all'opera di Fr. Pall (pp. 151 ss.). In particolare la vita di Scanderbeg fu tradotta in parecchie lingue: diffusa in tutta Europa, può essere considerata ancora oggi come la più importante fonte per la vita e le gesta dell'eroe albanese. Se e in qual misura i discendenti di Scanderbeg, e segnatamente il nipote don Ferrante Castriota, duca di San Pietro in Galatina e marchese di Soleto (Puglia), abbiano fornito aiuti finanziari al B. e gli abbiano messo a disposizione materiali per la biografia, non si può desumere dalla dedica dell'opera.
Le fonti del B., esaurientemente indicate nelle ricerche del Pall, sono da ricercarsi soprattutto nei ricordi personali e, per quel che riguarda opere letterarie, nei modelli classici. Molti passi ricordano da vicino Plinio, Strabone, Livio. Specialmente di quest'ultimo, come di Sallustio e di Valerio Massimo, si possono documentare sicure derivazioni sino ad accertare l'esistenza di veri e propri plagi. Indubbiamente non mancava al B. discernimento e senso critico, ma ciò non escludeva la possibilità che egli rimanesse talvolta vittima della fantasia, sì da riferire, soprattutto nella biografia di Scanderbeg, particolarí che rivelano chiaramente la sua dipendenza dalla concezione storica cristiana del suo secolo e imprimono spesso all'opera, rispetto alle moderne esigenze scientifiche, il limite derivante dalla eccessiva credulità e dalla esagerazione. Ciò non toglie tuttavia che il primo biografo di Giorgio Castriota manterrà sempre un posto dignitoso nel quadro della storiografia umanistica.
Bibl.: La migliore esposizione della vita e delle opere del B. si deve a Fr. Pall, M. B., uno storico umanista, in Mélanges d'histoire générale, Publiés par Constantin Marinescu: Publicatiunile Institutului de Istorie Universalá, II, Bucarest 1938, pp. 135-3I5, con bibl. (pp. 299-315).