CEDRINI, Marino
Figlio del riminese Marco che, qualificandosi "civis venetus", dettò le ultime volontà a Venezia il 28 apr. 1452 (Kreplin, in Thieme-Becker), si trasferì nell'Italia centrale in seguito, probabilmente, alla morte del padre; operò per lo più fra Marche e Romagna, lasciando, fra l'altro testimonianze della sua attività - portali scolpiti, loggiati o singole sculture e complete imprese architettoniche - a Ravenna, Forlì, Fano, Amandola, Ancona.
È molto discussa la sua presenza a Venezia, dove gli sono state attribuite, con gravi incertezze, due sole opere: l'altorilievo con Cristo deposto nel sepolcro nella cappellina del Sacro Chiodo della chiesa di S. Pantalon (Venturi, 1908; ma vedi Ricci, 194; Lorenzetti, 1963, p. 562) e il tabernacolo marmoreo della sacrestia dei Frari (Kreplin, in Thieme-Becker), ormai quasi concordemente negato al Cedrini.
A Ravenna troviamo la prima opera documentata del C.: il Leone di S. Marco murato sulla torre soprastante il ponte levatoio della Rocca Brancaleone, eseguito fra il 1458 e il 1460 e firmato "Marinus Marci Cedrini Venetus fecit", scultura di notevole qualità e finezza, anche se legata ai canoni della tradizione gotica ancor viva a Venezia (Kreplin, in Thieme-Becker; Ricci, 1911; Serra, 1934).
Sempre a Ravenna pare che lo scultore lavorasse al balcone di casa Ghigi, distrutto nel 1902. La successiva tappa dell'artista sembra debba riconoscersi a Sant'Angelo in Vado (Pesaro) dove scolpì (intorno al 1460) un altro Leone veneziano - con caratteristiche molto vicine a quello ravennate - sovrastante il portale maggiore della casa Ridarelli Nardini e una bifora sulla facciata dell'edificio. Nel 1462 in una lettera, datata 2 marzo, i Priori del Comune di Fermo chiedevano ai colleghi di Amandola che il C. fosse sollecitato ad impegnarsi nei lavori già promessi al fermano Ludovico Uffreducci (Ferranti, 1891). In loco gli sono di fatto, attribuiti, oltre ad opere di fortificazione per la difesa della città, sia la porta del Sacro Monte di pietà, sormontata da una lunetta in cui è rappresentata la Madonna della Misericordia, sia l'arco di trionfo della cappella Uffreducci nella chiesa di S. Francesco d'Assisi. È documentata al 1464 l'impresa più significativa e importante: il portale dell'antico duomo di S. Mercuriale in Forlì, ora sulla facciata della chiesa del Carmine. Il portale, sobriamente ornato di tralci finemente incisi, è sormontato da una lunetta fiancheggiata da quattro figure con al culmine la figura di S. Valeriano a cavallo (Gerola, 1915; E. Calzini, in Rass. bibliogr.,XVIII [1915], pp. 109 s.).
Nel 1468ritroviamo il C. ad Amandola, dove siglò il portale della chiesa di S. Agostino definendosi "venetus sculptor": l'impianto della composizione è fedele al linguaggio gotico a lui consueto, ma è riscattato dalla grandiosità dell'insieme dove, fra i singoli frammenti e viluppi decorativi, spiccano le immagini di S. Agostino e di S. Monica.
Ma responsabilità ben più imponenti attendevano l'artista di lì a qualche anno: il 3 ottobre del 1471 fu rogato dal notaio ser Iacopo Petruccio un documento con cui il commissario pontificio gli affidava il proseguimento della costruzione del duomo di Loreto e, precisamente, lo impegnava a edificare i muri maestri e i pilastri dell'abside a partire dal braccio meridionale della crociera; nell'occasione egli era dichiarato "muratorem et fabricatorem" (Vogel, 1859).
L'impegnativo compito fu mantenuto dal C. fino al 1476 o al 1477(Gianuizzi, 1888). Il 7 dic. 1473 il C. stipulò un regolare contratto, perfezionato, poi, il 13 dicembre dell'anno successivo, per l'acquisto di un appezzamento di terra: se ne deduce la sua intenzione di stabilirsi definitivamente nelle Marche dove oramai lavorava attivamente e con successo. Ancora a Loreto gli è attribuita la facciata di uno stabile lungo l'antica via de' Coronari, oggi alterata da aggiunte ed interventi posteriori. Negli stessi anni è documentato, il 2 dic. 1475,a Civitanova (Gianuizzi, 1913) per un lavoro eseguito per il guardiano del convento di S. Francesco: il Gianuizzi ipotizzò, con fondati motivi, che l'opera in questione fosse la torre campanaria del monastero (ed anzi, per analogie d'impianto, gli attribuì anche l'esecuzione del campanile della chiesa di S. Agostino).
Nella stessa carta si fa cenno anche ad una casa che l'architetto avrebbe costruito ad Ancona, città dove, in base ad indizi documentari, si deduce egli si fosse trasferito dopo aver lasciato la direzione dei lavori di Loreto (nell'atto è citato, infatti, come "habitator Anconae"). Nella sua nuova, presunta, residenza gli è stata attribuita (Gianuizzi) la porta di S. Maria della Misericordia, molto vicina ai modi arcaizzanti del portale di Forlì (analogamente, ma con minor fondamento, A. Ricci ha pensato ad un suo intervento per il portale di S. Maria della Piazza a Mogliano, nel Maceratese). Nel 1476 il C. era nuovamente a Fano dove costruì per il vescovo Giovanni Tosi un portico antistante alla cattedrale di S. Maria Maggiore, in seguito demolito: notizia che si deduce da un frammento marmoreo proveniente dalla città e recante l'iscrizione: "MCCCCLXXVI Ioannes Tonsus Pontifex Fani divae Mariae Porticum dedit opus Marini Cedrini veneti architecti aedis beata Mariae in Laureto" (cfr. Kreplin, in Thieme-Becker;. Gianuizzi, 1913; colloc. attuale ignota). Il reperto, già in sé significativo, ci segnala anche come, alla data, il C. fosse ancora indicato come responsabile dei lavori nella basilica lauretana, pur non avendo rinunciato ad ulteriori imprese. Da quest'anno viene a mancare qualsiasi notizia che ci illumini sulle ulteriori attività del C.; non sono noti il luogo né la data di morte.
Fonti e Bibl.: G. Gianuizzi, Documenti ined. sulla bas. loretana, in Arch. stor. dell'arte, I(1888), pp. 366-368; A. Ricci, Mem., stor. delle arti e degli artisti della Marca d'Ancona, I,Macerata 1834, pp. 117, 134; F. Zanotto, Nuoviss. guida di Venezia, II, Venezia 1856, p. 462; G. A. Vogel, De Ecclesia Recanatensi et Lauretana, II, Recanati 1859, pp. 221 s.; P. G. Molmenti-R. Fulin, Guida artistica e storica di Venezia, Venezia 1881, pp. 290, 359; G. Cantalamessa, Artisti ignoti delle Marche, in Archivio storico dell'arte, I(1888), pp. 374 s.; G. Ferranti, Memorie storiche della città di Amandola, Ascoli Piceno 1891, p. 228; P. Paoletti, L'architettura e la scultura del Rinascimento in Venezia, I, Venezia 1898, p. 70; A. Venturi, Storia dell'arte ital., VI, Milano 1908, p. 20; C. Ricci, Per la storia della Rocca di Ravenna. Il leone di M. C., in Felix Ravenna, I (1911), pp. 1-7; P. Gianuizzi, M. di Marco C. da Venezia ingegnere, archit. e scultore, in Boll. d'arte, VII (1913), pp. 333-341; C. Ricci, M. C. a S. Angelo in Vado, ibid., VIII (1914), pp. 245-250; G. Gerola, Il portale di M. C., in Felix Ravenna, XIX (1915), pp. 814-824; Ianua Templi (n. unico per l'inaugurazione del portale del C.), Forlì 1929; E. Casadei, La città di Forlì e i suoi dintorni, Forlì 1929, pp. 59, 181 s.; G. Giovannoni, Saggi sull'archit. del Rinascimento, Milano 1931, p. 70; L. Serra, L'arte nelle Marche. Il periodo del Rinascimento, Roma 1934, pp. 48 ss., 73 n. 5, 147; G. Lorenzetti, Venezia e il suo estuario, Roma 1963, ad Indicem;Floriano da Morrovalle, L'archivio stor. della S. Casa di Loreto, Città del Vaticano 1965, ad Indicem; L. Leporini, Ascoli Piceno..., Ascoli Piceno 1973, p. 276 fig. 301; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, VI, pp. 261 s.; Encicl. Ital., IX, pp. 630 s.