EBOLI, Marino di
Nacque in data imprecisata nei primi decenni dei sec. XIII da Pietro, membro di una nobile e antica famiglia capuana, e sposò Adelasia, nipote del conte Ruggiero di Acerra nata dal matrimonio della figlia di questo, Sibilia, con Eberardo di Anebos, maresciallo dell'imperatore Enrico VI. Si conoscono i nomi di due figli dell'E. e di Adelasia: Riccardo e Zaffredina (Siffredina).
L'E. fu l'esponente più importante della sua famiglia: vantava una posizione di fiducia presso l'imperatore Federico 11, che lo incaricò di uffici tra i più rilevanti del suo governo. R significativo infatti che il cronista Salimbene de Adam ricordi l'E. tra i "principes", cioè i collaboratori più stretti dell'imperatore, insieme con i conti Gualtiero di Manoppello, Tommaso d'Aquino e Riccardo di Caserta, i marchesi Bertoldo di Hohenburg e Manfredi Lancia, e con i "domini" Riccardo di Montenero, Riccardo Filangieri, Pietro di Calabria, Pandolfo Fasanella, Pietro Della Vigna e il giudice Taddeo da Sessa.
Nulla si sa della gioventù dell'E. che è ricordato per la prima volta nel 1239, in un elenco di nobili del Regno di Sicilia ai quali erano stati affidati in custodia prigionieri lombardi (l'E. custodiva Ruffino de Porta di Piacenza). Nell'elenco l'E. figura stranamente tra i baroni del Principato, mentre il Chronicon Mutinense, cioè la cronaca di Modena dove egli nel 1239 ricopriva la carica di podestà imperiale, indica correttamente la sua provenienza, qualificandolo come "Marinus de Ebulo de Capua". Nella sua veste di podestà tra il giugno e l'ottobre comandò il contingente modenese nell'esercito imperiale che negli scontri di Vignola, Piumazzo e Crevalcore sconfisse i Bolognesi e i loro alleati. Nel marzo del 1240 l'imperatore convocò l'E. a Montalto di Castro; non si conosce il motivo di questa convocazione, che tuttavia dev'essere messa in rapporto con la riforma dell'amministrazione e la progettata offensiva contro lo Stato della Chiesa.
Dal settembre fino alla fine del 1240 l'E. fu vicario di Federico II in Romagna, mentre dal marzo 1241 in poi ricopri lo stesso ufficio in Lombardia con il titolo di "sacri imperii a Papia superius vicarius". Insieme con Oberto Pallavicini, vicario di Lunigiana, e con il sostegno della flotta imperiale comandata da Ansaldo De Mari, l'E. condusse, fin all'ottobre del 1242, una campagna militare contro Genova, attaccando la Repubblica da Nord e da Ovest. Combattevano nel suo esercito contingenti delle città di Tortona, Alessandria, Pavia, Alba, Asti, Acqui, Vercelli, e dei marchesi del Monferrato e Del Bosco, ma gli fu utile soprattutto l'appoggio della fazione imperiale di Savona, che gli permise di ottenere alcuni successi militari a Noli, Segno, Vado, Voltri e persino a Polcevera e a Capo de Faro, peraltro mai veramente decisivi. Riusci tuttavia ad assicurare la fedeltà di Savona, l'avamposto strategicamente più importante contro Genova. Prosegui la stessa politica antigenovese anche come podestà imperiale di Pavia (1242-43).
Nel 1244 Federico II lo inviò in Toscana per combattere contro le città ribelli e contro il legato pontificio, il cardinale Raniero Capocci. Negli anni 1245 e 1246 troviamo l'E. a Foligno come vicario imperiale del Ducato di Spoleto. Con l'aiuto di milizie spoletine e folignati e di truppe tedesche, il 30 marzo 1246 riportò una vittoria decisiva sul cardinal legato, il quale, su consiglio del traditore Giovanni De Morra, aveva tentato di impadronirsi di Foligno.
Sostituito nel Ducato di Spoleto da Tommaso d'Aquino, conte di Acerra, l'E. restò un altro anno nell'Italia centrale ricoprendo nel 1247 l'ufficio di podestà imperiale a Pisa (anche in questa carica sara sostituito dall'Aquino), per essere poi inviato, senza titoli particolari, in Lombardia per affiancare nella lotta re Enzo con un contingente di truppe toscane. Insieme col re fu catturato dai Bolognesi nel maggio 1249 a Fossalta.
Nella seconda metà del 1251 papa Innocenzo IV si adoperò presso i Bolognesi per la sua liberazione. Gli Eboli, infatti, nel frattempo avevano fatto la pace con il pontefice, forse con la mediazione del ramo guelfò della famiglia. Già nel luglio 1251 Innocenzo IV si era rivolto ad essi, come alle città di Capua e di Napoli, per organizzare la lotta contro Manfredi. Da allora la famiglia, che faceva parte dell'oligarchia di un centro importante vicino ai confini dello Stato della Chiesa, rimase una fedele alleata del papa e fu perciò trascinata nei numerosi conflitti per l'eredità dell'imperatore Federico II che videro coinvolti Manfredi e Corrado IV, gli Angioini e il Papato.
Dopo la sua liberazione l'E. tornò probabilmente nei suoi possedimenti in Terra di Lavoro. Nel novembre del 1252 Innocenzo IV lo investi della contea di Acerra, richiamandosi ai diritti che la moglie dell'E., Adelasia, poteva contare su questo feudo. La contea ancora l'anno precedente era stata confermata dal papa a Tommaso (II) d'Aquino, il quale però era passato poi dalla parte di Manfredi e fu perciò immediatamente privato della contea. L'investitura dell'E. da parte del pontefice rimase tuttavia un atto politico privo di conseguenze pratiche. Il passaggio dell'E. alla parte pontificia gli procurò invece l'odio di Manfredi e la perdita di molti feudi e gli costò, infine, anche la vita.
L'E., che nel gennaio del 1253 era stato cacciato da Capua e vi poté rientrare soltanto dopo la morte di Corrado IV (maggio 1254), come altri della sua famiglia aveva probabilmente partecipato alla congiura, ordita nel 1253a Capua e a Napoli contro Manfredi, che mise in gravi difficoltà lo Svevo e portò a un ribaltamento della situazione politica nel Regno. Nell'aprile 1255Alessandro IV, che si trovava in quel momento a Napoli, confermò all'E., "fideli suo", e alla moglie Adelasia il legittimo possesso del castello di Airola presso Sant'Agata dei Goti, che però, a quanto pare, non era più nelle loro mani. Dal Liber inquisitionum di Carlo I d'Angiò (del 1270circa) risulta infine che l'E. aveva perduto anche i suoi diritti sul castello di San Martino Valle Caudina nel Principato, con le corti di Soffolta, Baranico, Giardino e Controdetti, che facevano parte dell'eredità di Adelasia e dei quali era stato investito, probabilmente verso la fine del 1254, Corrado Capece, fedele sostenitore di Manfredi (Carlo d'Angiò restituirà poi il feudo a Zaffredina, figlia dell'E., e a Tommaso d'Aquino, suo marito, che però difficilmente può essere identificato con l'omonimo conte di Acerra citato sopra). Nel giugno 1256, tuttavia, Capua si sottomise a Manfredi. In un documento dello stesso periodo emanato dal domenicano Matteo da Eboli e datato secondo gli anni del regno di Corradino l'E. risulta ancora vivo; ma è probabile che la vendetta di Manfredi lo abbia colpitonon molto tempo dopo. Il Liber inquisitionum ci informa inoltre che l'E. e il figlio Riccardo furono imprigionati nel Castel del Monte, dove morirono dopo essere stati accecati.
Fonti e Bibl.: Chronicon Mutinense Iohannis de Bazano, in Rer. Ital. Script., 2 ediz., XV, 4, a cura di T. Casini, p. 21; Fragmenta Fulginatis historiae, ibid., XXVI, 2, a cura di M. Faloci Pulignani, p. 11; Corpus Chronicorum Bononiensium, ibid., XVIII, 1, a cura di A. Sorbelli, p. 131; L. A. Muratori, Antiquitates Italicae Medii Aevi, IV, Mediolani 1741, col. 235; L.V. Savioli, Annali bolognesi, III, Bassano 1795, p. 264; Historia diplomatica Friderici secundi, a cura di J.-L-A. Huillard Bréholles, Paris 1852-61, V, pp. 616, 801, 1109, 1164; VI, pp. 27, 406, 417, 897, 918; ExMathei Parisiensis Cronicis maioribus, a cura di F. Liebermann, in Mon. Germ. Hist., Scriptores, XXVIII, Hannoverae 1878, p. 283; Cronica fratris Salimbene de Adam Ordinis minorum, a cura di O. Holder Egger, ibid., XXXII, Hannoverae 1913, p. 438; Epistolae saeculi XIII e regestis pontificum Romanorum…, a cura di C. Rodenberg, III, ibid., Ep. saec. XIII, Berolini 1894, pp. 143 s., 352 s..; Acta Imperii ined. saeculi XIII et XIV, a cura di E. Winkelmann, I, Innsbruck 1880, p. 345; J. F. Böhmer, Regesta Imperii, V, 1-3, a cura di J. Ficker-E. Winkelmann, Innsbruck 1881-1901, nn. 2866, 3166, 3195, 3224, 3230, 3253, 3469, 3551, 8540, 8978, 13369a, 13382c, 13386b, 13462a, 13570a, 13610, 13632; V, 4, a cura di P. Zinsmaier, Köln-Wien 1983, n. 411; A. Canestrelli, Abbazia di San Galgano. Monografia storico-artistica con documenti inediti, Firenze 1896, p. 120, n. 11; R. Davidsohn, Forschungen zur Geschichte von Florenz, III, Aus den Stadtbüchern und-Urkunden von San Gimignano (13 u. 14 Jahrhundert), Berlin 1900, pp. 73 s.; F. Schneider, Toscanische Studien, in Quellen und Forschungen aus italienischen Archiven und Bibliotheken, XI (1908), pp. 308-311, 317; I Registri della Cancelleria angioina, a cura di R. Filangieri…, II, Napoli 1951, p. 196; Le pergamene di Capua, a cura di J. Mazzoleni, I, Napoli 1957, pp. 179 ss., n. 192; II, 1, ibid. 1960, pp. 1 s.; G. Robolini, Notizie appartenenti alla storia della sua patria, IV/1, Pavia 1830, pp. 132 s.; IV/2, ibid. 1832, p. 296; B. Capasso, Historia diplomatica Regni Siciliae inde ab anno 1250 ad annum 1266, Napoli 1874, p. 348; C. Rodenberg, Innocenz IV. und das Königreich Sicilien 1245-1254, Halle 1892, p. 127; E. P. Vicini, Ipodestà di Modena (1156-1796), Roma 1913, pp. 77 s.; H. M. Schaller, Studien zur Briefsammlung des Kardinals Thomas von Capua, in Deutsches Archiv für Erforschung des Mittelalters, XXI (1965), pp. 384 s.; Th. C. van Cleve, The emperor Frederick II of Hohenstaufen. Immutator Mundi, Oxford 1972, p. 501; N. Kamp, Kirche und Monarchie im staufischen Königreich Sizilien, I, Prosopographische Grundlegung: Bistümer und Bischöfe des Königreichs 1194-1266, I, Abruzzen und Kampanien, München 1973, pp. 135 s., 315 s.; R. Morghen, L'età degli Svevi in Italia, Palermo 1974, pp. 186, 211; Federico II imperatore, Milano 1978, pp. 552, 639, 671, 722; N. Kamp, Die sizilischen Verwaltungsreformen Kaiser Friedrichs II. als Problem der Sozialgeschichte, in Quellen und Forschungen aus italienischen Archiven und Bibliotheken, LXII (1982), p. 139; M. Ronzani, Pisa nell'età di Federico II, in Politica e cultura nell'età di Federico II, a cura di S. Gensini, Pisa 1986, p. 187; E. Voltmer, Personaggi attorno all'imperatore: consiglieri e militari, collaboratori e nemici di Federico II, ibid., p. 82.