FATTORI, Marino
Nacque a Cailungo, villaggio della Repubblica di San Marino, il 25 marzo 1832 da Giovanni e da Maria Veronesi. La famiglia era di modeste condizioni sociali, benché, fra la fine del sec. XVII e il principio del XVIII, contasse alcuni uomini di legge assurti alle massime cariche della Repubblica. A San Marino frequentò le scuole pubbliche annesse al collegio "Belluzzi", la fondazione eretta negli ultimi anni del '600 per volontà del padre Ascanio Belluzzi; il ginnasio-liceo del collegio costituiva il percorso obbligato per i giovani sammarinesi che allora intendevano avviarsi agli studi superiori. Intraprese quindi gli studi di veterinaria nell'università. di Bologna, ultimati nel 1858. Aveva scelto quella professione spinto dalla necessità di lavoro, ma durante gli studi universitari aveva frequentato con assiduità e passione i corsi di lettere latine e greche, discipline nelle quali si sentiva più versato. Seguendo questa inclinazione, nel 1861 consegui l'abilitazione all'insegnamento e si avviò definitivamente all'attività di educatore. Con deliberazione del 26 ag. 1861 il governo sammarinese offriva al F. la cattedra di grammatica superiore ed umanità nelle scuole pubbliche; così per trentacinque anni associò all'attività di insegnante la partecipazione alla vita politica del piccolo Stato e gli studi umanistici.
Gli anni dell'adolescenza e della giovinezza del F. avevano coinciso con un periodo cruciale nella vita della Repubblica e più in generale nella storia italiana. Era il periodo in cui giungeva a conclusione il processo di unificazione dell'Italia, ma era anche la fase in cui la Repubblica di San Marino, piccola enclave entro le Legazioni pontificie di Forlì e di Pesaro-Urbino, doveva misurarsi con le continue difficoltà derivanti dall'esigenza di far fronte alla tradizione dell'asilo garantito ai rifugiati politici ma anche alla necessità di non incorrere nelle rappresaglie dello Stato pontificio. Anni di contraddizioni anche dal punto di vista dell'assetto interno della Repubblica: se questa infatti dal Seicento aveva visto, negli scritti di autori come il Boccalini e lo Zuccolo, trasfigurata la propria concreta vicenda storica nel mito letterario della "libertas perpetua" (ulteriormente dilatato nel Settecento da scrittori come J. Addison e J. Adams, e sul concreto piano politico dallo stesso Napoleone nel 1798), tuttavia nel periodo risorgimentale si rendevano più evidenti taluni anacronismi. Se il governo sammarinese, nel trentennio precedente la proclamazione del Regno, ispirava la propria condotta a principi liberali moderati (emblema di questa linea politica è Bartolomeo Borghesi, cittadino sammarinese nel 1818, leader del governo della Repubblica dal 1827 in poi), tuttavia lo Stato manteneva un assetto costituzionale tipicamente oligarchico basato addirittura sugli Statuta, decreta ac ordinamenta promulgati nell'anno 1600. Ciò concretizzava una difficile conciliazione fra un ordinamento politico imperniato su una ristretta oligarchia - che gestiva il piccolo Stato mediante un organo denominato Consiglio principe e sovrano dei LX, cui erano demandati tutti i poteri e che eleggeva semestralmente nel proprio seno i due capitani reggenti come propria rappresentanza ed emanazione - ed una realtà esterna ormai largamente compartecipe dei principi riformatori della Rivoluzione francese e del liberalismo. Del resto, se la ristretta classe dirigente non sembrava disponibile a considerare trasformazioni in senso liberale della struttura dello Stato. il fenomeno dell'asilo politico che, sia pure con discontinuità, San Marino offriva ad elementi di fede liberale o repubblicana esuli dalle vicine Legazioni, non poteva non introdurre concezioni politiche fortemente innovative.
Il F., adolescente, fu spettatore di una serie di avvenimenti che coinvolsero direttamente la sua patria e ne misero in pericolo la stessa sopravvivenza come entità autonoma. A cominciare dalle vicende conseguenti alla prima guerra d'indipendenza e alla effimera e drammatica vicenda della Repubblica Romana, il cui ultimo atto si compì proprio a San Marino, il 31 luglio 1849, con lo scioglimento della legione garibaldina dopo il fallimento del progetto di Garibaldi di raggiungere Venezia con un esercito di volontari per accorrere alla difesa di quella Repubblica dopo la caduta di Roma. La élite liberale, che reggeva il governo di San Marino, si trovò così incalzata dagli inquieti settori della Sinistra repubblicana che l'accusavano di tiepidezza verso i patrioti italiani, ma soprattutto dagli elementi filopontifici, che esigevano un completo allineamento con il governo di Roma. Fu compito difficile quello che toccò in quegli anni agli statisti sammarinesi che, nel '51, non poterono evitare alla Repubblica addirittura un rastrellamento da parte di un corpo di spedizione pontificio allo scopo di catturare gli ultimi rifugiati politici.
Dei molti e complessi avvenimenti dei decenni preunitari il F. fu attento osservatore. Il suo impegno in politica, successivo al rientro in patria nel 1861, fu coronato nel '69 con la nomina, per cooptazione, a membro del Consiglio principe e sovrano dei LX, e sarà per quattro volte capitano reggente. Nella duplice veste di docente e di uomo di governo diede voce con tenacia allo spirito della tradizione, diffidente verso le innovazioni, ma non privo di pragmatismo. In forza della disposizione della rubrica XIV del libro I degli Statuta della Repubblica, in veste di docente delle pubbliche scuole, il F. ebbe più volte occasione di pronunciare l'orazione ufficiale per l'insediamento dei nuovi capitani, reggenti, il 1º aprile o il 1º ottobre. Nei sedici discorsi ufficiali (I discorsi storici e politici al Senato e al Popolo sammarinese, San Marino 1938) espresse con franchezza le proprie convinzioni politiche, a volte indulgendo a considerazioni morali, in qualche caso palesando l'attitudine alla ricerca erudita.
Il primo discorso, pronunciato il 1º apr. 1861 (Bartolomeo Borghesi creatore della scienza epigrafica e la sua opera di diplomazia, di civil reggimento e di economia nella Repubblica di San Marino), è una rievocazione della figura di studioso e di politico del Borghesi, che per un quarantennio fu protagonista della polifica sammarinese. Il discorso letto il 1º ott. 1862 (Necessità di uniformare le nostre scuole a quelle d'Italia) è una sintetica relazione sulla situazione scolastica nel Regno, che giudica debba essere presa a riferimento per la riorganizzazione delle scuole sammarinesi. Il gruppo di orazioni che seguono (La gioventù più che per le proprie passioni vien corrotta dagli insegnamenti e dai cattivi esempi dei vecchi, 1º ott. 1863; La pronta punizione dei delitti e l'educazione dei popolo, 1º apr. 1864; Per la vera libertà. Diritti da esercitare, doveri da compiere, 1º ott. 1865; Il sentimento morale sostegno alla prosperità e salute della Repubblica, 1º apr. 1867; La concordia cittadina di cui non vi è cosa più salutare in libera città, 1º ott. 1868; Delle calunnie e dei mezzi per evitarle e punirle, 1º ott. 1870; Discorso sulla vera libertà, 30 sett. 1876; Della beneficenza e come deve essere regolata perché riesca efficace e profieua, 1º ott. 1879) hanno carattere prevalentemente retorico e moralistico. Il discorso che segue (In difesa della nostra costituzione, 1º ott. 1884) appalesa più chiaramente le convinzioni politiche del F., che crede sinceramente nella attualità della vecchia struttura statuale di San Marino, nonostante nel paese già si manifestassero i primi fermenti riformatori.
Con il discorso letto il 1º ott. 1886 (Delle cause che hanno conservata la Repubblica di San Marino) il F. si accosta fugacemente alla ricerca storica nella individuazione dei tratti salienti della politica della Comunità sammarinese nel contesto delle signorie limitrofe dei Malatesta di Rimini e dei Montefeltro e Rovereschi di Urbino, ma sempre in una visione etica della storia. Un accostamento alla vera e propria ricerca storiografica si ha con il discorso del 1º ott. 1888 (Sul tentativo di Fabiano da Monte San Savino di occupare la Repubblica, edito con appendice di documenti in Atti e mem. della R. Deput. di storia patria per le prov. di Romagna, s. 3, VII [1889], 1-2). Qui il F. analizza con ricchezza di fonti archivistiche il tentativo compiuto il 4 giugno 1543 dal capitano, nipote del cardinale presidente di Romagna e futuro papa col nome di Giulio III, per insignorirsi della piccola Comunità sammarinese. Il dato retorico ritorna dominante negli ultimi due discorsi (Delle cause che possono mandare in ruina la Repubblica, 1º apr. 1891; Bonae leges boni mores, boni mores bonae leges, 1º ott. 1894).
Il nome del F. resta tuttavia legato, più che ai discorsi fin qui citati, a un volumetto (Ricordi storici della Repubblica di S. Marino, Napoli 1869; rist. anast. con pref. di C. Bo, San Marino 1985), che dal 1869 al 1956 ha avuto otto edizioni.
La vicenda storica di San Marino, vista in chiave mitica da letterati e politici del Seicento e del Settecento, così come ha esattamente individuato il Garosci, aveva trovato, all'inizio dell'Ottocento, in Melchiorre Delfico (Memorie storiche della Repubblica di San Marino, Milano 1804) una sistemazione organica, nella quale l'aspetto storiografico (Delfico per primo pubblica una sistematica raccolta di fonti della storia della Repubblica) non può tuttavia nascondere l'intento apologetico della pubblicazione. In Delfico, cioè, la trattazione storiografica è sempre subordinata alla tesi precostituita della "libertas perpetua" di San Marino (tesi che solo negli ultimi decenni ha trovato una energica razionalizzazione, grazie soprattutto allo studio di P. Aebischer, Essai sur l'histoire de Saint-Marin des origines à l'an mille, Saint-Marin 1962), sicché ogni momento della storia sammarinese è interpretato dallo studioso in funzione del mito metastorico. In questo modo il lavoro del Delfico (quattro edizioni del volume fra il 1804 e il 1865) ha consolidato un filone pubblicistico i cui esiti si prolungano fino al Novecento.
Il F. appunto, nel redigere i propri Ricordi storici, si pone sulla scia del Delfico in quanto ad interpretazione della storia della Repubblica, ma in più adotta un linguaggio che assume tutta la retorica verbale di derivazione carducciana. Non è casuale che proprio il Carducci, nella nota introduttiva al discorso La libertà perpetua di San Marino (Bologna 1894), definisca i Ricordi storici del F. "sobri, pieni, classici". Nota in proposito il Garosci: "Non è un caso che... continuassero come nel libro di Marino Fattori ad aver corso tutte le idee generali, tutti i miti su San Marino che la storia e la storiografia di tre secoli erano venute creando; che sui documenti si fondasse proprio l'orazione carducciana, che non ne venisse una revisione realistica della situazione e delle possibilità della Repubblica nel nuovo secolo, nella nuova società e nella nuova situazione". Il contributo di Carlo Malagola in veste di riordinatore dell'Archivio della Repubblica fra l'85 e il '91 (nell'84 il F. era divenuto uno dei due prefetti dell'Archivio), pur richiamando l'attenzione sulle fonti, non modificava la impostazione tradizionale. Anzi, il compendio del F. resterà per generazioni di studenti (e di visitatori) il primo approccio alla storia della Repubblica.
Il F. morì il 27 apr. 1896 a San Marino.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di San Marino, Atti del Consiglio Principe, 1861-1896; L. De Montalbo, M. F. professeur, écrivain, homme politique, estr. da L'Union artistique et littéraire (Nice), 23 maggio 1896; N. De Liveri, Libro d'oro della Repubblica di San Marino, Foligno 1914, pp. 263-267; M. Gozi, Il letterato sammarinese M. F. nel primo centenario dalla nascita, San Marino 1933; A. Garosci, San Marino. Mito e storiografia tra i libertini e il Carducci, Milano 1967, pp. 341 s.; C. Buscarini, Il ginnasio liceo statale di San Marino ad un secolo dalla sua erezione, in Annuario del liceo ginnasio statale della Repubblica di San Marino, anno scol. 1979-1980, XV, pp. 394 ss.