GARZONI, Marino
Nacque a Venezia nel 1418 da Francesco di Giovanni, del ramo a S. Polo, e da Bianca Foscarini di Francesco.
Il padre era un dovizioso mercante di recente nobiltà: la famiglia, originaria di Lucca, era stata infatti aggregata al Maggior Consiglio nel 1381, dopo la guerra di Chioggia; quando sposò la Foscarini, nel 1407, Francesco era vedovo di Elena Malipiero, che gli aveva dato almeno un altro figlio maschio, Marco. Anche il G. si sarebbe sposato due volte: la prima, nel 1443, con Elena Barbarigo di Giacomo di Andrea, latrice di una pingue dote di circa 2.200 ducati; la seconda nel 1454 con Antonia Zorzi, del dottore e cavaliere Luca.
Assicuratasi in tal modo larga discendenza (almeno sette figli maschi e tre femmine), il G. intraprese una carriera politica di rilievo (favorito dalla sua longevità), ma non eccezionale: un po' perché l'ancor fresco ingresso nella classe dirigente veneziana costituiva, di fatto, un forte ostacolo al conseguimento delle cariche che davano accesso alla politica estera, un po' perché assorbito dalla cura dei suoi affari nel settore mercantile: nel marzo 1446 figura tra i "pieggi" (garanti) del fratello Vincenzo, comandante di galera nella muda di Fiandra. Gli esordi furono dunque di modesto profilo: il 24 giugno 1445 entrò ufficiale all'Armamento, quindi rifiutò (8 genn. 1448) l'ingresso nella Quarantia civile "pro eundo extra", certo per ragioni private. Rimase lontano dalla sua città per alcuni mesi e al ritorno gli fu confermata l'elezione all'organo giudiziario non solo per l'anno in corso, ma anche per il successivo (1° agosto e 28 nov. 1448). Un'ulteriore elezione - avvenuta il 28 dic. 1449 per l'anno 1450 - risultò invalidata nell'ambito delle tensioni che coinvolsero l'intero apparato amministrativo veneziano negli anni centrali del secolo, ma il G. fu ancora tra i Quaranta nel 1451 e nel 1452. In margine all'esercizio di tale carica, ricoprì anche le mansioni di ufficiale al Dazio del vin (13 ott. 1448 - 16 nov. 1449) e di provveditore alla Giustizia vecchia (dal 10 sett. 1452).
Gli incarichi di ordine amministrativo e giudiziario furono espletati a palazzo, poiché lontano dalle lagune il G. sembra preferisse recarsi soprattutto in funzione dei propri affari; sicché il 6 ag. 1450 rifiutò la nomina di camerlengo a Candia, ma nel 1459 gli toccò il provveditorato di Alessio, presso la foce del Drin, in Albania, dove passava il confine - sempre più precario - tra il limes veneziano e i domini di Maometto II.
Non è noto quando il G. sia rimpatriato: certo abbastanza presto, perché la natura del suo incarico sconsigliava logoranti permanenze dei rettori; comunque, nel 1463 era a Venezia, dove presentò la sua "condizione" di decima ai Dieci savi. Dal documento risulta che il G. divideva col fratello Alvise la casa a S. Polo e che possedeva diverse proprietà fondiarie nel Trevigiano.
Nel ventennio che seguì, la carriera del G. continuò a svolgersi, tranquillamente e senza sorprese, nelle sale del palazzo: fu camerlengo di Comun nel 1465, provveditore alle Biave nel 1471-72, savio "a reveder le raxon de la Signoria" (ossia incaricato della riscossione dei pubblici crediti) nel 1477, assieme al cavaliere Bertucci Gabriel e a Fantino Pesaro; inoltre, nel marzo 1476 e nel maggio 1478 prese parte alle fasi intermedie delle votazioni ducali, senza peraltro entrare mai nel novero dei quarantuno decisivi elettori.
A interrompere il fluire di un'attività politica alquanto modesta, intervenne - mentre la Repubblica si trovava impegnata nella guerra del Polesine - la nomina a duca di Candia, suprema autorità dell'isola. Là il G. soggiornò per ben tre anni, dal luglio 1484 al giugno 1487, occupandosi dell'amministrazione della giustizia e, forse, anche dei suoi interessi commerciali col Levante. La congiuntura politica ed economica era infatti nettamente favorevole ai Veneziani, che nel 1489 si sarebbero assicurati il ricco regno cipriota; il figlio Zaccaria era impegnato in prima persona in questo settore, come appare da una lettera scritta al G. il 24 giugno 1497, dove racconta di essere riuscito a salvare la sua nave dall'assalto di legni turchi.
Le benemerenze acquisite con questo servizio costituirono una svolta decisiva nel cursus honorum del G., la cui carriera politica proseguì, dopo il rimpatrio, con vivacità scandita da prestigiosi incarichi: quattro volte consigliere ducale per il sestiere di S. Polo (1487-88, 1490-91, 1493-94, 1496-97); podestà a Verona tra il 12 ott. 1488 e i primi mesi del 1490; procuratore sopra gli atti del Sopragastaldo dal 19 aprile al 17 ott. 1490; membro del Consiglio dei dieci tra l'ottobre 1492 e il 9 giugno 1493 (quando optò per la carica di consigliere ducale). Il 27 apr. 1494 - nonostante l'età - assunse la podesteria di Padova. Rimpatriato, fece nuovamente parte del Consiglio dei dieci tra l'ottobre 1499 e il settembre 1500, dopodiché l'8 ott. 1501 toccò l'apice della carriera con la nomina a procuratore di S. Marco de citra; aveva ottantatré anni, sicché la sua elezione era chiaramente da considerarsi un riconoscimento per i molti servigi espletati; tanto più che il G. aveva in precedenza - nel 1496, nel 1499 e nel 1500 - fallito la prestigiosa nomina. Esercitò dunque assai di rado i compiti inerenti all'ufficio; Sanuto (Diarii) afferma che il 16 ott. 1503 il G. era incaricato di presiedere in Rialto alla vendita dell'argenteria del defunto cardinale Giovan Battista Zen, ma un anno dopo (2 ott. 1504) lo stesso cronista annota come il vecchio procuratore "per la ettà stava in caxa", senza più intervenire ad alcuna cerimonia.
Il lungo testamento, dettato alla vigilia della morte, lo mostra assai ricco, ma non privo di debiti, contratti "non per mio mal governo, ma […] per mantegnir l'onor de caxa nostra"; contiene numerosi legati in favore della servitù, ma nessun cenno alla moglie, evidentemente premortagli, né ai figli. Questi ultimi, dal canto loro, dopo la scomparsa del padre iniziarono una lunga serie di litigi che si conclusero con la divisione del patrimonio.
Il G. morì a Venezia il 14 giugno 1505 e fu sepolto nel primo chiostro ai Frari.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Venezia, M. Barbaro - A.M. Tasca, Arbori de' patritii…, IV, cc. 14, 19; Avogaria di Comun, 162: Balla d'oro, c. 82r; Ibid., Segretario alle Voci, Misti, regg. 4, cc. 19r, 38v, 41v, 79r, 121r, 123v, 126r, 129; 5, c. 41r; 6, cc. 6, 16, 51, 80, 86, 116; 7, c. 2; 14, cc. 52r, 74r, 119v; 15, cc. 89r, 94r; 16, sub 17 ott. 1490, 17 genn. 1490 m.v., 9 giugno 1493; Ibid., Duca di Candia, b. 2/33 (ducali e lettere inviate al G., molto deperite); Ibid., Notai di Venezia, Testamenti, b. 1153/85; sulla condizione economica, gli affari, l'amministrazione patrimoniale, Ibid., Miscellanea Gregolin, bb. 30-40, passim; Venezia, Bibl. del Civ. Museo Correr, Cod. Cicogna 3782: G. Priuli, Pretiosi frutti…, II, c. 55; Mss. P.D. 769 C/28; D. Malipiero, Annali veneti dal 1457 al 1500, a cura di F. Longo, in Arch. stor. ital., t. VII (1843-44), pt. 1, p. 194; pt. 2, p. 698; M. Sanuto, I diarii, II-VI, Venezia 1879-81, ad indices; I libri commemoriali della Repubblica di Venezia. Regesti, a cura di R. Predelli, V, Venezia 1901, p. 155; M. Sanuto, Le vite dei dogi (1474-1494), a cura di A. Caracciolo Aricò, I, Padova 1989, p. 85.