GENTILE, Marino
Nacque a Trieste il 9 maggio 1906, da Attilio, insegnante di lettere e preside, storico della città di Trieste ed esponente del gruppo nazional-liberale Società di Minerva, e da Elda Viviani. Studiò nel ginnasio-liceo Dante Alighieri della sua città. Vincitore di un posto nella Scuola normale superiore di Pisa, si laureò in lettere nel 1928 e conseguì il diploma di perfezionamento in filosofia nel 1930.
Nel periodo degli studi universitari militò nella FUCI (Federazione universitari cattolici italiani), dove strinse amicizia con l'assistente ecclesiastico Giovanni Battista Montini.
Di educazione familiare laica, da questi anni il G. aderì con slancio alla fede cattolica, anche se concepì sempre il cristianesimo come la realizzazione completa dell'ideale classico, greco-romano, della formazione integrale dell'uomo. In ciò ebbe l'appoggio del Montini, che gli pubblicò nella rivista Studium un articolo su Cultura classica e formazione cristiana (XXIV [1928], pp. 365-370), in cui tale concetto era illustrato, e gli affidò la relazione introduttiva su "Il compito dei cattolici nella cultura" nel congresso nazionale della FUCI (Trieste 1930). Perciò il G., pur avendo compiuto i suoi studi alla Normale di Pisa, che allora era considerata la cittadella dell'idealismo, non fu mai idealista, anzi, discutendo la sua tesi di perfezionamento con Giovanni Gentile, espresse il suo dissenso da quest'ultimo. In ciò egli si discostò anche dal suo maestro di filosofia, Armando Carlini, che invece cercava di conciliare idealismo e cristianesimo.
Nel 1930 il G. conseguì la libera docenza in storia della filosofia antica, che esercitò nell'Università cattolica di Milano sino al 1936 e poi nell'Università di Padova. Dal 1930 al 1951 fu professore nelle scuole secondarie superiori di varie città (Mantova, Vigevano, Padova).
Nel 1939 collaborò con il ministro dell'Educazione nazionale, G. Bottai, alla redazione della Carta della scuola e, durante la Repubblica sociale italiana, assunse la direzione del Centro didattico di Padova. Perciò, nel 1945, fu sospeso per alcuni mesi dall'insegnamento.
Nel 1948 fu membro della commissione nazionale di inchiesta sulla riforma della scuola, nominata dal ministro della Pubblica Istruzione G. Gonella.
Nel 1951 il G. vinse la cattedra di storia della filosofia nell'Università di Trieste, che tenne fino al 1953, anno in cui si trasferì all'Università di Padova nella neonata facoltà di magistero, di cui fu preside. Nel 1958 si trasferì alla facoltà di lettere e filosofia della medesima università, passando quindi alla cattedra di filosofia teoretica, che tenne sino al 1968, per tornare a insegnare storia della filosofia e filosofia teoretica sino al 1976, anno in cui fu nominato professore emerito.
Nel 1955 stilò le "Linee fondamentali dei nuovi programmi delle scuole elementari"; dal 1959 al 1964 fu presidente del Centro didattico nazionale per la scuola elementare e di completamento dell'obbligo scolastico; dal 1969 al 1971 fu presidente della Società filosofica italiana. Fu cavaliere di gran croce al merito della Repubblica, medaglia d'oro dei benemeriti della scuola, della cultura e dell'arte; socio nazionale dell'Accademia dei Lincei; socio effettivo dell'Istituto veneto di scienze, lettere ed arti e dell'Accademia patavina di scienze, lettere e arti; membro della commissione nazionale italiana dell'UNESCO; presidente dell'Istituto internazionale di studi europei A. Rosmini. Nel 1967 fondò il Bollettino filosofico, da lui diretto sino alla morte.
Il G. morì a Padova il 31 maggio 1991.
Dagli studi classici, in cui aveva avuto come maestri Augusto Rostagni e Manara Valgimigli, il G. apprese la concezione della filosofia come metafisica, che vide incarnata soprattutto nei due massimi filosofi greci, Platone e Aristotele. Allo studio di quest'ultimo fu incoraggiato anche dal Carlini, che nel 1928 pubblicò la traduzione italiana della Metafisica di Aristotele, affidandone la redazione dell'indice allo stesso Gentile. Nel 1930 questi pubblicò, come tesi di perfezionamento, il volume su La dottrina platonica delle idee-numeri e Aristotele (in Annali della Scuola normale super. di Pisa, cl. di lettere, XXX, 3), in cui ricostruì, sulla scorta degli studi di J. Stenzel e W. Jaeger, lo sviluppo del pensiero dell'ultimo Platone e del primo Aristotele, condividendo la critica mossa da quest'ultimo al suo maestro. Tale critica, secondo il G., mirava da un lato ad aderire più fedelmente di Platone all'esperienza, riconoscendo mediante la distinzione tra la sostanza e le altre categorie la molteplicità e la varietà di quest'ultima, e dall'altro a rendere più pura la concezione del principio trascendente, conferendogli un'individualità e un carattere attivo che né l'Idea del bene né l'Uno di Platone possedevano.
L'interesse del G. per la filosofia antica si manifestò anche con la monografia su I fondamenti metafisici della morale di Seneca (Milano 1932), e poi con gli articoli su Problemi e ricerche di storia della filosofia antica (in Riv. di filosofia neoscolastica, XXIII [1931], pp. 231-245; XXVIII [1936], pp. 227-237), nei quali mostrò il suo apprezzamento per il "neo-umanesimo filologico tedesco" di Stenzel e Jaeger, che attraverso i metodi della più rigorosa scienza storica affermava il valore classico, e quindi ancora attuale, della concezione greca, specialmente platonica, dell'educazione e quindi della formazione dell'uomo. Questa tesi trovò il suo più completo sviluppo nella monografia su La politica di Platone (Padova 1940), dove l'interpretazione del pensiero platonico in chiave prevalentemente politica si espresse, conseguentemente, in una concezione aristocratica dello Stato e della vita politica.
Ma il G. trovò insoddisfacente la mancanza, nel neoumanesimo tedesco, di un adeguato approfondimento metafisico, che egli invece sviluppò secondo le linee fondamentali della filosofia di Aristotele dapprima nell'articolo su Le posizioni del problema dell'essere nella metafisica di Aristotele (in Riv. di filosofia neoscolastica, XXVII [1935], pp. 25-30), poi nell'introduzione alla traduzione commentata del Sofista di Platone (Padova 1938) e infine nell'appendice (Il valore classico della metafisica antica) al volume su La metafisica presofistica (ibid. 1939). Nel frattempo, in un corso libero di storia della filosofia antica tenuto all'Università cattolica nell'anno accademico 1934-35, egli aveva presentato il libro XII della Metafisica di Aristotele, in cui viene sviluppata la dimostrazione dell'esistenza di un motore immobile, atto puro e pensiero del pensiero, come "la nascita della metafisica classica", introducendo così nella cultura italiana un'espressione (metafisica classica) che da allora avrebbe indicato un orientamento di pensiero rappresentato dallo stesso G., da Gustavo Bontadini e dalle rispettive scuole nell'Università di Padova e nell'Università cattolica di Milano.
Nell'appendice Il valore classico della metafisica antica il G., ritornando sulla critica di Aristotele a Platone, mostrò che il discepolo aveva criticato il maestro non perché avesse già un proprio sistema da contrapporre al sistema di Platone, ma perché riteneva che il modo in cui Platone aveva formulato il suo problema fosse inadeguato a quello che doveva essere il problema fondamentale della filosofia, cioè il problema integrale, quel "domandare tutto che è tutto domandare", che è la stessa problematicità dell'esperienza. Su tale concetto il G. ritornò qualche anno più tardi nella memoria intitolata La problematicità pura (in Memorie della R. Accademia di scienze, lettere ed arti in Padova, LVIII [1941-42]), in cui dimostrò che l'esperienza, intesa come unità di soggetto, oggetto e atto dell'esperire, è intrinsecamente problematica, cioè bisognosa di una spiegazione, la quale può essere adeguatamente costituita solo da un principio assolutamente non problematico, e perciò trascendente l'esperienza stessa. Essa implica dunque la metafisica, intesa nel senso classico del termine.
Questa filosofia, divenuta ormai matura e originale, trovò la sua prima espressione completa nel volume Filosofia e umanesimo (Brescia 1947), in cui il G. riprese il tema della problematicità pura, della necessità di un principio trascendente e quindi di un orientamento nel senso della metafisica classica, coniugandolo con quello dell'umanesimo, cioè della necessità di una formazione integrale dell'uomo, per il quale egli indicò un modello, più ancora che nel neoumanesimo filologico tedesco, nell'"umanesimo integrale" di J. Maritain. Tale concetto venne da lui approfondito anche nel volume Che cos'è il sapere. Introduzione umanistica alla filosofia (ibid. 1948).
Contemporaneamente il G. andava sviluppando anche una sua interpretazione della filosofia moderna come caratterizzata dall'intento pratico di realizzare il dominio dell'uomo sulla natura (quello che F. Bacone chiamava il regnum hominis) per mezzo di una concezione meccanicistica della natura stessa, fondata su una concezione matematistica della conoscenza. Tale interpretazione, annunciata nei volumi su Umanesimo e tecnica (Milano 1943) e Bacone (Brescia 1945), trovò la sua espressione più completa nel volume Il problema della filosofia moderna (ibid. 1950), dove il G. pervenne a risultati convergenti con quelli, allora sconosciuti, di E. Husserl e dell'ultimo M. Heidegger, nonché di M. Horkheimer e di altri critici della filosofia moderna, che avevano individuato nel pragmatismo e nel matematicismo il limite della criticità di quest'ultima. Il G. completò tale interpretazione con i saggi Storicismo e sociologia nella filosofia del Settecento (Padova 1955) e Dommatismo e criticismo nella prima filosofia idealistica (in Giornale di metafisica, X [1958], pp. 195-210).
Ma il confronto più approfondito teoreticamente con la filosofia moderna e contemporanea fu effettuato dal G. nella serie di lezioni pubblicata col titolo Come si pone il problema metafisico (Padova 1955), dove egli mostrò che nella posizione del problema filosofico la metafisica di Aristotele e il criticismo di I. Kant convergono in pieno, nel senso che entrambi identificano tale problema con la problematicità stessa dell'esperienza; che questa coincide con la problematicità della storia e della realtà in generale; che è importante formulare correttamente il problema metafisico, liberandosi da tutti quei pregiudizi di tipo mitologico o praticistico che potrebbero impedire di cogliere l'esperienza nella sua purezza problematica; che la soluzione del problema metafisico, costituita dall'applicazione di quel corollario del principio di non contraddizione che è il principio di causalità, è già implicita nella posizione di esso come pura problematicità. In particolare il G. si servì della dottrina aristotelica della potenza e dell'atto per mostrare che l'esperienza, a causa della sua intrinseca problematicità, è essenzialmente potenzialità di ragione, cioè domanda insoddisfatta di una spiegazione razionale, la quale trova la sua risposta soltanto in una razionalità pienamente dispiegata, cioè totalmente in atto, quale si può ritrovare soltanto in un atto puro, del tutto trascendente rispetto all'esperienza stessa.
Nello stesso volume inoltre il G. riprese un'interpretazione del sapere concettuale da lui già avanzata in Che cos'è il sapere, osservando che nella filosofia classica, di Platone e di Aristotele, il concetto era inteso come empiricamente inconclusivo, cioè come tale da non incontrare nell'esperienza la soddisfazione completa alla domanda di una ragione da esso stesso espressa. La pretesa di trovare nell'esperienza un concetto concluso, cioè costitutivo della conoscenza, portò da un lato al nominalismo, cioè alla rinuncia al concetto stesso in quanto impossibile da realizzare nell'esperienza, e dall'altro al matematismo, cioè alla riduzione del concetto nei limiti del sapere matematico, che è un sapere fondamentalmente operativo. Contro queste due concezioni è necessario riscoprire il valore di principio soltanto regolativo della conoscenza che è proprio del concetto, valore riconosciuto, oltre che da Platone e da Aristotele, anche da Kant a proposito delle "idee della ragione", ma che Kant non seppe poi sfruttare in vista della costruzione di una metafisica, per il presupposto che questa dovesse essere costituita allo stesso modo della matematica e della fisica, cioè mediante concetti conclusi. Il G. sviluppò questa dottrina del concetto anche negli articoli Il valore attuale della dottrina classica del concetto (in Le Parole e le idee, III [1961], pp. 99-108) e La questione degli universali (in Giornale di metafisica, XVIII [1963], pp. 1-8).
Nel corso degli anni Sessanta egli intervenne nel dibattito, allora estremamente acceso, sui caratteri della storiografia filosofica, con il volume Se e come è possibile la storia della filosofia (Padova 1964), dove mostrò che la storia della filosofia puramente dossografica, cioè priva di un concetto della filosofia, non è possibile, perché presuppone sempre una storiografia di tipo teoretico, cioè fondata su un determinato orientamento filosofico; che quest'ultima tuttavia, per essere autentica storia della filosofia, deve fondarsi su un concetto di filosofia sufficientemente ampio da poter comprendere almeno le principali posizioni autenticamente filosofiche, cioè quelle che costituiscono i "nodi" della rete a cui può essere paragonata una storia della filosofia completa. Tale concetto è costituito, secondo il G., dalla filosofia come pura problematicità, perché questa consente di cogliere il nucleo problematico di ciascun sistema filosofico e di commisurarlo alla problematicità integrale dell'esperienza. A questa concezione si ispirano il manuale di Storia della filosofia per i licei, pubblicato dal G. in tre volumi (ibid. 1970-71), nonché la raccolta di Saggi di una nuova storia della filosofia da lui curata (ibid. 1973).
Un ulteriore approfondimento teoretico del suo pensiero fu compiuto dal G. nel Breve trattato di filosofia (ibid. 1974), dove egli si impegnò nell'analisi del rapporto tra sapere filosofico e sapere scientifico, mettendo in luce il carattere solo parzialmente problematico e sostanzialmente ipotetico di quest'ultimo, di contro al carattere integralmente problematico e anipotetico del primo. Tale rapporto si esprime anche nella differenza tra la dianoia e il nous, teorizzata da Platone, ovvero tra l'argomentazione dimostrativa basata su principî propri e l'argomentazione dialettica intorno ai principî, teorizzata da Aristotele. Anzi come esempio di argomentazione dialettica, caratteristica della filosofia, il G. indica proprio la difesa aristotelica del principio di non contraddizione.
Nella sua ultima opera importante, il Trattato di filosofia (Napoli 1987), il G. ha presentato una specie di sintesi delle sue opere maggiori, riportandone i brani più importanti e ampliandoli ulteriormente. Egli ha approfondito soprattutto la concezione del principio trascendente come intelligenza, sostituendo questa nozione a quella di "ragione" usata in precedenza, sia per indicare il tipo di conoscenza propria della filosofia, che è intelligenza del principio, sia per caratterizzare la natura stessa del principio, che è intelligenza pienamente attuata. Egli ha infine mostrato come un'intelligenza sovrana non possa non essere anche amore, per cui può avere un senso rispondere positivamente alla domanda "Si può pregare il Motore immoto?" (Quattro note, in Bollettino della Società filosofica italiana, gennaio-aprile 1989, n. 136, pp. 43-45).
Fonti e Bibl.: Un elenco completo delle pubblicazioni di G. fino al 1976 è contenuto nel volume di autori vari Iam rude donatus. Nel settantesimo compleanno di M. G., Padova 1978, dove sono riportati anche numerosi saggi sul suo pensiero. Su quest'ultimo si vedano inoltre: G.M. Pozzo, Pensiero moderno e problema metafisico in M. G., in Giornale di metafisica, XII (1956), pp. 334-340; P. Mazzarella, Umanesimo e metafisica classica secondo M. G., in Sophia, XXX (1962), pp. 304-316; A. Poppi, Dell'esperienza "pura" come base del trattato di ontologia, in Filosofia e vita, IV (1962), pp. 76-83; G.M. Pozzo, G. M., in Enc. filosofica, III, Firenze 1967, pp. 54 s.; V. Mathieu, La filosofia italiana contemporanea, in Storia della filosofia. La filosofia del Novecento, a cura di E.P. Lamanna, Firenze 1978, pp. 118-120; P. Mazzarella, L'attività filosofica di M. G., in Annali della Facoltà di lettere e filosofia dell'Università di Napoli, XXI (1978-79), pp. 411-416; E. Berti, Il pensiero filosofico di M. G., in Un secolo di filosofia friulana e giuliana, 1870-1970, Udine 1979, pp. 23-37; G. Santinello, Il pensiero cristiano nel secondo dopoguerra, in La cultura filosofica italiana dal 1945 al 1980 nelle sue relazioni con altri campi del sapere, Napoli 1981, pp. 274 s.; C. Rossitto, Riflessioni sulla struttura logica della filosofia. A proposito dell'odierna metafisica di tradizione aristotelica, Padova 1982, pp. 123-144; A. Bausola, Neoscolastica e spiritualismo, in La filosofia italiana dal dopoguerra a oggi, Roma-Bari 1985, pp. 327-329; E. Berti, Il richiamo alla "metafisica classica", in Filosofie "minoritarie" in Italia fra le due guerre, a cura di P. Ciaravolo, Roma 1986, pp. 24-34; Id. La metafisica classica nel "Trattato di filosofia" di M. G., in Studia Patavina, XXXV (1988), pp. 139-149; F. Volpi, La filosofia nel Veneto dal 1945 ad oggi, in A. Arslan - F. Volpi, La memoria e l'intelligenza. Letteratura e filosofia nel Veneto che cambia, Padova 1989, pp. 96-101; M. Mangiagalli, La "Scuola di Padova" e i problemi dell'ontologia contemporanea, in Aquinas, XXXIII (1990), pp. 639-668; E. Berti, Che cosa ci ha insegnato M. G., in Boll. della Società filosofica italiana, 1991, n. 143, pp. 5-8; Id., Ricordo di M. G., in Atti e memorie dell'Accademia patavina di scienze, lettere e arti, CIV (1991-92), pt. 1, Atti, pp. 101-109; Commemorazione di M. G., in Atti dell'Istituto veneto di scienze lettere ed arti, CL (1991-92), Parte generale e atti ufficiali, pp. 1-5; G.R. Bacchin, L'attualismo nel pensiero di M. G., in Annali della Fondazione Ugo Spirito, 1991, Roma 1992, pp. 43-75; V. Mathieu, M. G., in Rend. dell'Accademia nazionale dei Lincei, cl. di scienze morali, s. 9, III (1992), pp. 213-220; D. Castellano, In memoriam di M. G., in Nuove integrazioni dell'Europa, a cura di D. Castellano, Napoli 1993, pp. 111-123; Modernità della classicità. La filosofia etico-politica in M. G., a cura di D. Castellano - G. Giurovich, Udine 1996 (contiene saggi di vari autori e le lettere di G.B. Montini al G.).