MARINO
Nel territorio del comune di M. nel Lazio (Castelli Romani) si trova certamente il luogo dell'antica Castrimoenium (Plin., Nat. hist., iii, 64; Liber Colon., p. 233, 3; C.I.L., xiv, 2459, 2460, 2461, 2468, 2469, 2474), città sviluppatasi al tempo di Silla da un vicus o, come crede il Beloch, da un conciliabulum, con abitanti che già facevano parte di una delle tribù rustiche nelle quali era divisa la campagna romana.
È ricordata da cinque iscrizioni come municipium. L'iscrizione C.I.L., xiv, 2466, appartenente certamente a Castrimoenium conserva il nome di una delle porte della città: porta mediana. Pochissime le iscrizioni di carattere sacro. Tre altari sono dedicati alle seguenti divinità: Hercules invictus, Genius Municipii, Mater Deum. Fino ad oggi non si è riusciti ad ubicare esattamente il sito della città, ma molto probabilmente, secondo il Daicovici, è da porre immediatamente a N dell'odierna M., sul pianoro tra il Colle Cimino e Bel Poggio, a quota 330, vicino all'odierna villa Galassini. Tanto gli avanzi che vi si trovano (notevole gruppo di ruderi, nicchie, muri di terrazzamento, mura a blocchi di peperino) quanto le due strade antiche che conducono a questa zona sembrano confermarlo. E l'odierna villa Galassini è forse da identificare con la Vigna Settimi, da dove provengono tutte le iscrizioni di carattere pubblico. A Gastrimoenium portava la via Castrimeniese o Ferentina, tra la via Appia e la via Latina, una delle più antiche strade di comunicazione tra Roma ed i Colli Albani, ed anteriore alla via Latina stessa, di cui vennero rinvenuti tratti basolati nel 1889 e 1890. Questa via giungeva probabilmente in prossimità anche del Lucus Ferentinus, il luogo di adunanza dei Latini, che il Daicovici pone immediatamente a SE dell'odierna Marino. Numerosi resti di ville romane sono stati individuati lungo questa via ed anche una tomba.
Nel centro abitato di M., in via Borgo della Stazione n. 12, nel 1963 venne in luce, durante lavori di ampliamento di una cantina scavata nella roccia, un mitreo di notevolissima importanza ed in ottimo stato di conservazione (lunghezza m 26; larghezza m 3,70; altezza m 3,70). La parete di fondo, affrescata presenta la scena di Mithra tauròctonos nella grotta, con ai lati della grotta i due dadofori, in alto le protomi di Sole e Luna ed ai lati della grotta quattro riquadri per parte con gli episodî della vita di Mithra. Mancano i due banconi laterali, la vòlta è a botte; è conservato il cippo per il rito con l'iscrizione. La pubblicazione del mitreo è stata affidata a M. J. Vermaseren (v. vol. v, tavv. a colori a pp. 116, 118, 120, 492).
Nella Scuola d'Arte Paolo Mercuri a M. sono raccolti i pezzi archeologici salvati sotto le macerie di Palazzo Colonna, sede del Museo Comunale, distrutto per cause belliche. Un elenco manoscritto dei pezzi in Palazzo Colonna ne annovera 396 tra statue, frammenti marmorei e fittili, ceramica, il tutto proveniente dalle immediate vicinanze di Marino. Essi sono oggi circa una settantina: notevoli tra essi la parte inferiore di una statua marmorea di Asklepios, da schema ellenistico, una testa femminile con alto diadema del tipo dell'Artemide Colonna, un frammento di sarcofago con la rappresentazione del mito di Fedra, interessante in quanto uno dei più tardi sarcofagi con la rappresentazione di questa scena (fine III sec. d. C.). Posteriormente al 1958 è stata consegnata alla Scuola una statuetta di notevolissimo interesse: è una delle poche o forse l'unica rappresentazione a tutto tondo di Frisso sull'ariete. E in corso di compilazione un catalogo di tutti i pezzi archeologici esistenti nella Scuola d'Arte.
Bibl.: Per la città di Castrimoenium, la via Castrimeniese, il Lucus Ferentinus, i varî rinvenimenti di ville e tombe: C. Daicovici, Castrimoenium e la così detta "via Castrimeniese", in Ephemeris Dacoromana, IV, 1930, pp. 29-71. Per il mitreo: The Illustrated London News, 23 febbraio 1963, pp. 262-263. Per il materiale alla Scuola d'Arte: L. Aversano, La Scuola statale d'arte P. Mercuri di Marino Laziale, Marino 1963 (con sette fotografie). Per la statua di Asklepios, Not. Scavi, 1895, p. 423, e 1907, p. 214.