MARINO
– Si ignorano la data e il luogo di nascita. M. fu il settimo abate dell’abbazia della Ss. Trinità di Cava de’ Tirreni, eletto all’unanimità dai confratelli il 9 luglio 1146, un mese dopo la morte dell’abate Falcone. In precedenza aveva rivestito la carica di vestararius, distinguendosi per le doti di abile amministratore del patrimonio fondiario del monastero.
Poco dopo l’elezione M. si recò a Roma presso Eugenio III, dal quale ricevette la solenne benedizione pontificia con cui fu ratificata la sua nomina ad abate. Il papa lo accolse con grandi onori e gli dimostrò la propria stima affidandogli il monastero romano di S. Lorenzo in Panisperna affinché lo riformasse riportandolo al rispetto di una più severa disciplina religiosa.
Il 6 maggio 1149 M. ottenne da Eugenio III una bolla di conferma dei beni dell’abbazia di Cava de’ Tirreni. Confermando quanto stabilito dai suoi predecessori – Gregorio VII, Urbano II, Pasquale II, Callisto II e Innocenzo II –, Eugenio III ribadì la concessione della protezione pontificia all’abbazia, confermandone la diretta dipendenza dalla Sede apostolica.
Il prestigio religioso e politico di cui godeva l’abbazia all’epoca di M. è testimoniato dal rapporto privilegiato mantenuto anche con la corte normanna. Alla morte del re di Sicilia Ruggero II, uno dei primi atti del figlio Guglielmo I fu, nell’aprile del 1154, l’emanazione di un diploma con cui confermava tutti i beni e i privilegi concessi dai suoi predecessori. L’abbazia veniva accolta sotto la protezione regia e le venivano confermati i diritti di esenzione fiscale e di nomina di giudici e pubblici notai, tali da permettere un’autonoma amministrazione e giurisdizione sui territori da essa dipendenti. L’unico diritto mantenuto dal sovrano era la giurisdizione criminale, come stabilito da Ruggero II nel Parlamento di Ariano del 1140.
Il favore riservato da Guglielmo I all’abate M. dipese anche dall’intercessione svolta presso il sovrano normanno da Cristoforo, un monaco dell’abbazia che, fin dai tempi di Ruggero II, era stato scelto come consigliere dai re normanni. Guglielmo I chiese e ottenne da M. che Cristoforo potesse trasferirsi alla corte di Palermo, dove divenne il confessore del sovrano.
Nel 1156 M. compare nuovamente al fianco di Guglielmo I, che lo scelse per partecipare alla legazione incaricata di negoziare con papa Adriano IV i termini della resa di Benevento al fianco dei rappresentanti delle principali istituzioni religiose del Regno di Sicilia: l’arcivescovo di Palermo Ugo, l’arcivescovo di Salerno Romualdo Guarna e il vescovo di Celano Guglielmo. L’accordo fu concluso dopo lunghe trattative il 18 giugno e il pontefice fu costretto ad accettare le dure condizioni poste dall’avversario.
Negli anni successivi M. compare ancora una volta al fianco del sovrano normanno, in questo caso alleato del pontefice. Nel 1167 papa Alessandro III, assediato a Roma da Federico I Barbarossa, riuscì a fuggire grazie all’aiuto di Guglielmo II, che gli inviò in soccorso lungo il Tevere una flotta per portarlo in salvo a Gaeta e poi a Benevento. Anche M. offrì il proprio soccorso al pontefice e in tale occasione gli giurò fedeltà. Alessandro III ricambiò, nel gennaio del 1168, con una serie di diplomi che confermarono all’abbazia di Cava de’ Tirreni le concessioni territoriali fatte dai suoi predecessori, in cambio del pagamento di un censo annuo di 3 solidi aurei. Si confermava, inoltre, all’abbazia la concessione della protezione apostolica, l’esenzione da ogni dipendenza secolare ed ecclesiastica, e si accordava a M. e ai suoi successori il privilegio dell’uso degli ornamenti pontifici in occasione delle solennità principali, dei concili romani e delle esequie di particolari personalità laiche o ecclesiastiche.
Durante i 24 anni di governo di M., l’abbazia di Cava de’ Tirreni accrebbe notevolmente i propri possedimenti, che si estendevano dalla costa ionica della Basilicata alla costa tirrenica della Calabria, dalla Lucania al Cilento fin oltre Salerno. Molti furono i benefattori laici del monastero – fra cui i duchi di Napoli, il principe di Capua Giordano, il conte di Loretello e Conversano Roberto di Basunvilla, la figlia del conte di Lecce Alberada, Guglielmo signore di Sanseverino –, ma anche religiosi e ordinari diocesani, soprattutto in Campania e in Puglia – come gli arcivescovi di Benevento Pietro ed Enrico, il vescovo di Caserta Giovanni, il vescovo di Gravina Orso, il vescovo di Canne Giovanni e il vescovo di Mottola Riccardo.
Del periodo dell’abbaziato di M. sono conservati 56 diplomi e 840 pergamene, la maggior parte dei quali inediti. M. gestì le rendite del ricco patrimonio fondiario cavense dividendole in due parti: la prima a favore di poveri, malati e infermi, che venivano accolti e assistiti in apposite strutture dipendenti dall’abbazia; la seconda per il sostentamento dei monaci e per finanziare le opere architettoniche.
Si deve a M. la decorazione della basilica della Ss. Trinità, costruita all’epoca dell’abate Pietro intorno al 1120. M. fece decorare le volte con pitture, fece ricoprire le pareti con marmi e tendaggi preziosi e sostituire le antiche pavimentazioni con mosaici policromi. Unico segno superstite dell’originaria ricchezza delle decorazioni dell’epoca di M. è un ambone cosmatesco all’interno dell’abbazia.
M. morì il 15 dic. 1170 e fu sepolto vicino alla porta della cappella in cui furono tumulati i primi quattro abati. Per il fervore religioso e la dedizione con cui si dedicò all’abbazia è stato dichiarato beato.
Fonti e Bibl.: Annales Cavenses, a cura di G.H. Pertz, in Mon. Germ. Hist., Scriptores, III, Hannoverae 1839, p. 192; P.F. Kehr, Italia pontificia, VIII, Berolini 1961, pp. 48 nn. 185, 325-328 nn. 23-29; A. Carraturo, Ricerche storico-topografiche sullo stato antico e moderno della città, e territorio, oggi detto della Cava, III, Cava de’ Tirreni 1873, pp. 187 s.; P.-P.-M. Guillaume, Essai historique sur l’abbaye de Cava d’après des documents inédits, Cava de’ Tirreni 1877, pp. 32, 116-124, Appendici K-M, pp. XXXII-XXXVII; Gli statuti inediti di Cava dei Tirreni, a cura di G. Abignente, I, Roma 1886, p. 39; F. Guerrieri, Possedimenti temporali e spirituali della badia di Cava in Terra d’Otranto, in Rass. pugliese di scienze, lettere ed arti, XVI (1899), pp. 34, 38, 140, 297, 299; F. Chalandon, Histoire de la domination normande en Italie et en Sicile, Paris 1907, pp. 185, 231; N. Cilento, La Congregazione cavense e l’opera riformatrice della Chiesa, in Campania sacra, II (1971), p. 14.