MARINONI
– Famiglia di pittori con bottega a Desenzano sul Serio (frazione di Albino, nel Bergamasco), attiva prevalentemente nella bassa e media Valle Seriana, dalla metà del XV secolo agli ultimi decenni del Cinquecento.
Le numerose opere accostate alla produzione della famiglia appaiono contrassegnate da un linguaggio alquanto stereotipato, talvolta connotato da evidenti accenti vernacolari, ma che soprattutto dall’inizio del XVI secolo seppe attuare una costante meditazione sugli esiti aggiornati dell’area milanese e bresciana, con particolare riferimento all’eloquio di Vincenzo Foppa e a componenti derivate da Bernardo Zenale e Leonardo. Una conoscenza che nel caso del bresciano Foppa potrebbe essere stata motivata anche dalla diretta frequentazione da parte di un membro della famiglia – verosimilmente Antonio o Bernardo – della scuola avviata da Foppa nella sua città natale fra il 1489 e il 1495, nell’ambito della quale l’allievo avrebbe conosciuto moduli compositivi poi riproposti nel territorio natio (Moro, p. 56; Litta Modignani Picozzi - Quadri, p. 78).
La prima notizia conosciuta della famiglia è relativa ad Antonio, arrestato nel 1458 a Treviglio per il furto di un cavallo (Malaguzzi Valeri). In prossimità degli anni centrali del sesto decennio del Quattrocento la critica moderna è propensa a collocare la nascita del figlio Giovanni, personalità di cui è stata affrontata una prima valida ricostruzione attraverso il recupero di alcune significative attestazioni documentarie (Rossi, 1986, pp. 383-386). Il 27 luglio 1473 Giovanni stipulò un contratto di commissione per la decorazione parietale dell’abside della chiesa parrocchiale di S. Giacomo Apostolo a Somendenna (in Val Brembana); la decorazione andò perduta nel XVII secolo con l’eccezione di un’immagine della Madonna Addolorata, staccata nel 1745 da una parete e successivamente dispersa (Pagnoni, 1974 e 1979, p. 355; Rossi, 1986, p. 405). Secondo quanto puntualmente indicato nell’atto, l’incarico prevedeva l’esecuzione, utilizzando «auro fino», di Dio Padre con i Quattro dottori della Chiesa, gli Evangelisti, vari Santi e una Pietà, il tutto per un compenso di 18 ducati d’oro (ibid., p. 383). A questa data il padre Antonio risulta essere già defunto.
Basandosi su un’iscrizione, non più leggibile, riportata dall’erudito Giuseppe Gerolamo Mozzi nelle Antichità bergamasche (c. 113; il manoscritto, del XVIII secolo, è conservato nella Biblioteca civica di Bergamo), nel 1492 «un pittore di Desenzano» concluse il ciclo con le Storie di s. Bartolomeo (Flagellazione, Martirio, Decapitazione) ubicato nella chiesa di Albino dedicata al santo: tale personalità è stata identificata con convinzione (Rossi, 1979-80, p. 85, e 1986, p. 398; Venturelli, pp. 20, 27 s.) in Giovanni per le stringenti similitudini linguistiche riscontrate con ulteriori testimonianze figurative appartenenti alla sua produzione: in primis il Polittico di s. Giovanni Battista di pertinenza del Museo Bagatti Valsecchi di Milano recante nel cartiglio collocato nello scomparto destro la scritta «Johes dedisenzano cum/duobus filiis suis Bnar/dino et Antonio hoc/totum opus fecit/pinxit: die prima/junij. 1493:/opere finito ref[…]/tur gratie XP» (Rossi, 1986, p. 404).
Rossi (ibid.) ha proposto un’ipotetica identificazione di questo polittico con quello descritto, in occasione di una visita pastorale risalente al 1700, nel coro della chiesa del borgo di Casnigo, il quale presentava al centro, come nel caso del polittico milanese, una statua lignea di s. Giovanni Battista.
È stato ulteriormente attribuito al pennello di Giovanni un affresco raffigurante la Madonna col Bambino adorata da Tommasino Bonasi del santuario di S. Maria della Neve di Albino, recante la data 1496 (ibid., p. 399). All’anno successivo risalgono i pagamenti a suo favore per la doratura di un’ancona destinata alla chiesa di S. Giuliano, ancora ad Albino, e per la decorazione ad affresco della cappella intitolata a S. Maria della Vittoria situata nel medesimo edificio, opere commissionate dal cappellano Giacomo «de Bonaxijs» e oggi perdute (Olivari, pp. 125-133). Il 24 marzo e il 29 nov. 1495 e, quindi, il 1° genn. 1497 «Magistro Zuane q. domino Magistro Antonio dei Marinoni depentore, e figlioli depentori de Disenzano» ricevettero tre pagamenti per la doratura e l’esecuzione degli elementi dipinti della pala lignea dell’altare principale della chiesa di S. Bartolomeo di Albino scolpita da Pietro Bussolo su richiesta di Giacomo Bonario (ibid., pp. 126-128). Sempre sulla base della ricostruzione fornita da Rossi (1986, p. 383), nel 1498 Giovanni datò una perduta Pietà ubicata su un pilone dell’altare di S. Pietro a Desenzano e nel 1506 eseguì per il santuario della Madonna della Neve di Albino un ulteriore affresco con la Pietà.
Giovanni risulta defunto in un documento riportato da Rossi (ibid.) e risalente al 6 apr. 1512, nel quale compare il figlio Pietro in qualità di testimone.
Come attesta l’iscrizione dell’ancona del Museo Bagatti Valsecchi, i figli di Giovanni, Bernardino e Antonio, furono attivi nella bottega paterna almeno dall’inizio dell’ultimo decennio del Quattrocento.
Rossi (ibid., p. 404) è tra l’altro propenso a riferire alla mano di Bernardino l’esecuzione delle parti scultoree dell’ancona milanese, sicuramente uscite dalla stessa bottega di Desenzano, ascrivendo a questo esponente un ruolo prevalente di scultore. Tale proposta è stata però smentita da una annotazione archivistica datata 8 genn. 1514 relativa a un pagamento per una «depentura» realizzata da Bernardino nella chiesa di S. Maria di Borgo (Moro, p. 51 n. 2).
Molti anni dopo (9 ott. 1533) Francesco del «quondam» maestro Bernardino «de Marinonibus» ricevette la dote della moglie (Rossi, 1979, p. 13). Dopo l’atto dell’aprile 1512, dell’altro figlio di Giovanni, Pietro, è riemersa solo una segnalazione archivistica risalente al 1548 e riguardante l’eredità paterna, testimonianza nella quale compare pure il figlio Giuliano (ibid.).
Sulla base di quanto proposto dalla critica avvalendosi delle fonti archivistiche, fu soprattutto il figlio Antonio a ereditare il ruolo di capobottega dopo la morte di Giovanni. Negli anni 1537-38 egli affrescò nella chiesa di S. Maria di Borgo, dove alcuni anni prima aveva lavorato il fratello Bernardino, l’immagine della Vergine in gloria e tre santi in corrispondenza del catino absidale, oltre alle figure presenti nel sottarco (Moro, p. 51 n. 2). La data di morte di Antonio è stata fissata da Rossi «non prima del 1545» (1979, p. 13), tenuto conto dell’ampiezza dell’intervento a lui riconducibile nella realizzazione del Polittico di s. Bartolomeo dell’omonima chiesa di Boario, dipinto continuato dal figlio Ambrogio e consegnato nel 1551 (ibid., p. 20). Un secondo figlio di nome Francesco nel 1547, all’età di venticinque anni, comparve come testimone in un atto dal quale si evince l’avvenuta scomparsa del genitore (ibid., p. 13).
L’attività della bottega dei M. fu perpetuata pertanto dai discendenti diretti di Antonio e, in particolare, da Ambrogio, che l’11 febbr. 1548 venne citato come curatore dell’eredità dello zio Pietro. Il 28 giugno 1549 Rocco Gaffuri, rappresentante della Comunità di Parre, si dichiarò disposto a pagare ad Ambrogio, pittore «de Marinonibus de Desenzano», il compenso per la decorazione di una cappella della chiesa del paese bergamasco, ambiente dedicato al «Sacratissimi Corporis D.ni N.ri Jesu» che doveva essere impreziosito da alcuni affreschi e da una pala d’altare (ibid., pp. 13 s.). Il 27 novembre dello stesso anno Ambrogio, anche per conto del fratello Francesco, dichiarò di aver ricevuto dalla stessa Comunità di Parre la somma di 170 lire come saldo finale della commissione a loro affidata nei mesi precedenti. Il 14 dicembre i due fratelli presenziarono inoltre a una riunione degli abitanti di Desenzano. Nell’aprile del 1553 Giulia Pedruzzi, vedova di Ambrogio, attestò di aver ceduto nel 1551 ai rappresentanti della chiesa di S. Bartolomeo di Boario «unam anchonam in qua erat sculpta Imago Sancti Bartholomei et aliorum Sanctorum adorata», ovvero il complesso polittico conservato nella stessa ubicazione, iniziato da Antonio, proseguito da Ambrogio dopo la morte del padre e concluso infine da ulteriori maestranze (ibid., pp. 14, 20).
A proposito di quest’opera, dieci anni dopo (1563), Giulia richiese l’intervento di due periti per il mancato saldo della pala, incarico che venne affidato ai pittori Nicola Boneri e Giovan Battista Moroni e rinnovato il 6 novembre, quando Boeri, nel frattempo defunto, venne sostituito dall’indoratore Giovan Antonio Agnelli (ibid., p. 14; Milesi, 1991, p. 31).
Se Francesco, documentato per la prima volta il 14 apr. 1549 quando prese parte a un’assemblea cittadina a Desenzano, coadiuvò sicuramente Ambrogio nell’attività della bottega, l’altro fratello Giovanni intraprese invece la professione di medico; con questo ruolo appare invero menzionato nel documento del febbraio 1548 con cui «Jacobus f. q. m.ri Francisci» lo nomina suo procuratore (Rossi, 1979, p. 13).
Dopo la metà del Cinquecento le ormai deboli sorti della bottega bergamasca sembrano concludersi con i figli di Ambrogio, i cui interessi, in quanto minorenni, negli anni precedenti erano stati curati dalla madre Giulia e da un certo Bartolomeo del fu Salomone Marinoni, di cui si ignora ancora il ruolo.
L’omonimo Ambrogio il 16 nov. 1564, all’età di quattordici anni, fece redigere il proprio testamento a favore del genitore e dei fratelli Lucia e Antonio. Quest’ultimo il 1° giugno 1566 acconsentì a trasferirsi per un periodo di cinque anni a Innsbruck come apprendista a fianco del maestro Francesco Terzi. Ulteriori atti confermano oltremodo la complessità dei rapporti che legarono i numerosi esponenti di questa famiglia, alcuni dei quali tuttora privi di una precisa identità, come nel caso del pittore «quondam Giuliano […] de Marinonibus de Desenzano» il cui figlio Iacopo, abitante a Venezia, l’8 genn. 1548 accettò la dote della moglie, o del maestro Salomone, padre di uno dei tutori di Antonio e Ambrogio ricordati nel 1562 (ibid., p. 14).
La fedeltà dimostrata da ogni componente di questa bottega di provincia a un linguaggio codificato che tanto riscontro ottenne per decenni nell’area bergamasca non consente né di ripercorrere con puntualità l’operato di ciascuna personalità, la cui produzione fu indubbiamente condizionata dall’appartenenza a questa realtà chiusa, né di riferire con precisione numerose opere a una specifica mano.
È il caso, esemplificativo, della tavoletta raffigurante la Madonna venerata da Leonardo e Giulia Comenduno (Bergamo, Acc. Carrara), datata 1513, attribuita da Rossi (1986, pp. 400 s.) alla mano di un pittore cautamente identificato in Pietro M., ma da Moro accostata invece, insieme con un consistente gruppo di tavole, all’opera dei fratelli Antonio o Bernardino. All’attività dei figli di Giovanni, Moro (pp. 51 s.) ha inoltre nuovamente accostato un insieme di opere riferite da Marco Tanzi al pennello di un artista attivo in Val Seriana nel primo decennio del Cinquecento e convenzionalmente denominato in quella occasione «Maestro del Romacolo».
Fonti e Bibl.: F. Malaguzzi Valeri, Pittori lombardi del Quattrocento, Milano 1902, p. 218; L. Pagnoni, Le chiese parrocchiali della diocesi di Bergamo, II, Bergamo 1974, p. 869; L. Pagnoni, Chiese parrocchiali bergamasche. Appunti di storia e arte, Bergamo 1979, pp. 32, 247, 283, 355; F. Rossi, in I pittori bergamaschi dal XIII al XIX secolo. Il Cinquecento, III, Bergamo 1979, pp. 13-23, 42-46; F. Rossi, Pittura a Bergamo intorno al 1500. Ricostruzione di un patrimonio disperso, in Atti dell’Ateneo di scienze, lettere ed arti di Bergamo, XLI (1979-80), pp. 75-96; P. Venturelli, Il restauro della chiesa della Madonna della Neve in Albino, Brescia 1983, pp. 20-29, 33-34; F. Rossi, in I pittori bergamaschi dal XIII al XIX secolo. Il Quattrocento, I, Bergamo 1986, pp. 383-386, 398-419; M. Chirico De Biasi, in La pittura in Italia. Il Quattrocento, II, Milano 1987, pp. 701 s.; G. Margamalli, Note storiche sulla chiesa di S. Maria di Borgo, in Boll. parrocchiale di Nembro, luglio 1988, p. 7; M. Tanzi, in Piemontesi e lombardi tra Quattrocento e Cinquecento (catal.), a cura di G. Romano, Torino 1989, pp. 88-93, scheda 13; F. Moro, Bernardo e Antonio M., in Osservatorio delle arti, IV (1990), pp. 50-57; S. Milesi, Moroni e il primo Cinquecento bergamasco, Bergamo 1991, pp. 30 s., 202 s.; F. Rossi, in Pittura a Bergamo dal romanico al neoclassicismo, a cura di M. Gregori, Milano 1991, pp. 21, 231 s., 239; S. Milesi, La stirpe dei Baschenis. Sguardi sul Quattrocento e sul Seicento, Bergamo 1993, pp. 36, 139; F. Lollini, in La pittura in Lombardia. Il Quattrocento, Milano 1993, p. 465; F. Rossi, ibid., pp. 200 s.; Id., in I pittori bergamaschi dal XIII al XIX secolo. Il Quattrocento, II, Bergamo 1994, pp. 67-71, 73, 560 s., 563, 565, 590 s., 594; M. Olivari, Precisazioni documentarie sul polittico di Albino di Pietro Bussolo, in Scultori e intagliatori del legno in Lombardia nel Rinascimento. Atti della Giornata di studi… 2000, a cura di D. Pescarmona, Milano 2002, pp. 124-133; G. Zanelli, Una svolta rinascimentale: Vincenzo Foppa e la produzione pittorica ligure del secondo Quattrocento, in Vincenzo Foppa. Tecniche d’esecuzione, indagini e restauri. Atti del Seminario internazionale di studi, Brescia… 2001, a cura di M. Capella - I. Gianfranceschi - E. Lucchesi Ragni, Milano 2002, p. 231 n. 23; P. Cordera, in Museo Bagatti Valsecchi, I, Milano 2003, pp. 308 s.; A. Galli, In Liguria, verso la fine del Quattrocento, in Vincenzo Foppa (catal., Brescia), a cura di G. Agosti - M. Natale - G. Romano, Milano 2003, pp. 223, 228; A. Litta Modignani Picozzi - C. Quadri, Derivazioni foppesche in Val Seriana: la bottega dei M., in Solchi, VII (2003), pp. 75-81; G. Zanelli, Fra Lombardia, Toscana e Roma: presenze e comparse a Genova all’inizio del XVI secolo, in Studi di storia dell’arte, XIV (2003), p. 153 n. 24; M. Marubbi, in S. Nicola da Tolentino nell’arte. Corpus iconografico, I, Tolentino 2005, p. 412, scheda 353; S. Facchinetti, Giovan Battista Conti…, in Fermo Stella e Sperindio Cagnoli seguaci di Gaudenzio Ferrari… (catal., Bergamo), a cura di G. Romano, Cinisello Balsamo 2006, p. 143; R. Mazza, in Diz. biografico dei pittori bergamaschi, a cura di F. Noris, Bergamo 2006, pp. 335-339.