MARINOS (Μαρῖνος)
Pittore del VI sec. d. C., oriundo di Apamea.
Secondo l'autore della cosiddetta Storia Ecclesiastica di Zaccaria Retore di Mitilene (viii, 1), M. sarebbe stato noto come uomo saggio, consigliere dell'imperatore Anastasio e continuamente occupato a registrare i molti buoni consigli che gli venivano in mente per non dimenticarli (un servo trascriveva immediatamente su cartigli i pensieri di M., accanto al letto questi teneva l'occorrente per scrivere per poter fissare pensieri saggi che gli insorgevano nella notte). La sua funzione ufficiale era di χαρτουλάριος, archivista.
Quando ad Anastasio successe il curopalate Giustino I, uomo di oscura e povera origine, M. si trovò in serio pericolo (κίνδυνος). Egli aveva infatti ritratto Giustino in un luogo pubblico (δημόσιον), raffigurando tutti gli episodi della sua carriera, sin da quando da Castra Beridiana nell'Illirico - dove era un guardiano di porci era giunto a Costantinopoli, e quindi passo passo tutta la strada percorsa sino a diventare imperatore. Messo sotto accusa, si difese da quell'uomo saggio che era, parafrasando i Salmi e la Prima Lettera di S. Paolo ai Corinzi, dicendo che le sue pitture volevano servire all'istruzione dello spettatore e al discernimento dell'osservatore, che avrebbe così visto come Dio avesse la potenza di sollevare dalle più umili origini sino ai più alti fastigi. La risposta, che pare soddisfacesse Giustino, è così uno dei primi documenti dell'interpretazione didascalica e moraleggiante della pittura, espresso direttamente dall'artista e non rivolto a raffigurazioni religiose, ma riferito a rappresentazioni profane. Tra gli editori dello Pseudo-Zaccaria, Hamilton e Brooks pensarono, senza ragione, che il δημόσιον in cui si trovavano le pitture di M. fosse un edificio termale; ma il Vasiliev metteva giustamente in rilievo la qualifica ufficiale di archivista di M. e riteneva che il δημόσιον dovesse essere un edificio pubblico, statale, cui M. aveva accesso d'ufficio.
La posizione di M. nei riguardi di Anastasio avrebbe ben giustificato l'ostilità di Giustino.
Si può ancora osservare che dal testo non risulta che le pitture fossero eseguite per ordine del neo-imperatore, anzi traspaiono l'iniziativa personale di M. e la successiva scoperta di Giustino: né vi è ragione di ritenere che fossero pitture celebrative - anzi! -, né che dovessero avere grandi dimensioni.
Ricordando la specifica attività di archivista di M., la sua ansia di tutto trascrivere e tutto annotare, non sembra improbabile che egli avesse acutamente registrato i passi di questo personaggio promettente, e che avesse eventualmente accompagnato le sue note di illustrazioni degli episodi più salienti.
Anziché a un grande ciclo pittorico si avvicinerebbe più volentieri la sua opera ai rari monumenti superstiti sul tipo della Chronaca Universalis Alexandrina (Mosca, Museo Puškin), del V sec., a un frammento di cronaca del museo di Berlino (IV-V sec.), agli Annali Ravennati (V sec.). Non sembra che il nostro M. si debba identificare con l'omonimo, anch'egli siriaco, prefetto del pretorio per l'Oriente nel 519.
Bibl.: F. J. Hamilton-E. W. Brooks, The Syriac Chronicle Known as that of Zachariah of Mytilene, Londra 1899, pp. 177-178; K. Ahrens-G. Krüger, Die sogennante Kirchengeschichte des Zacharias Rhetor, Londra 1899, p. 140; A. A. Vasiliev, Justin the First, Cambridge, Mass. 1950, pp. 89-90.