ALIGERI (Aligeri Colonna), Mario
Reatino, nacque il 16 giugno 1472, secondo l'epitaffio (Ughelli, I, col. 1213), da Serafino di famiglia poco nota. Entrò presto al servizio dei Colonna e in particolare divenne segretario del cardinale Pompeo, una delle figure più turbolente e nefaste della Chiesa del primo Cinquecento, e dal suo protettore ebbe il diritto di portare come secondo nome quello dei Colonna. Sembra avesse competenze in diritto canonico (Concilium Tridentinum,X, p. 11 n. 6): restano, però, sconosciuti sia la data sia lo Studio presso il quale conseguì i gradi accademici e se si fosse addottorato in diritto civile e canonico o solo in quest'ultimo. Il 27 ag. 1529 fu nominato vescovo di Rieti da Paolo III. Il cardinale Colonna, precedente titolare della diocesi, che aveva resignato a suo favore il vescovado, si riservò, tuttavia, metà dei frutti, la collazione dei benefici, l'amministrazione e il diritto di regresso. La piena disponibilità della diocesi l'ottenne solo nel 1532, dopo la morte dell'invadente protettore.
Arrivato quindi all'episcopato in età matura, egli rimase vescovo di questa diocesi per cinque lustri, sino alla morte, durante i quali però, non dimostrò alcun interesse religioso e pastorale, sempre occupato in uffici amministrativi nelle varie parti degli Stati pontifici. Nel dicembre 1534 risulta infatti inserito nella amministrazione pontificia come governatore di Ancona. L'anno successivo è governatore generale di Monreale; il 30 marzo 1536divenne governatore di Bologna. Il 10 genn. 1537 fu nominato governatore di Piacenza e vice-legato per la Gallia Cispadana (Arch. Segreto Vaticano, Arm.XLI, 5n. 310), succedendo così a Filiberto Ferrero, del quale avrebbe assunto anche le funzioni di nunzio e col-lettore per il ducato di Savoia (Eubel). Nello stesso anno l'A. visse anche una breve parentesi diplomatica come ambasciatore straordinario del pontefice presso Carlo V per ottenere la fine delle guerre intestine nella cristianità allo scopo di rendere possibile la convocazione del concilio generale di riforma a Mantova. Partito il 22 febbr. 1537, si presentò il 13 marzo all'imperatore a Valladolid e, dopo aver avuto risposta, il 29 dello stesso mese ripartì per Roma.
Governatore di Perugia nel 1539, il 3 aprile dell'anno successivo dovette abbandonare la città, dopo che gli furono tolte le chiavi e l'artiglieria, durante la ribellione scoppiata per cause fiscali. Dal ragguaglio su questa ribellione, che viene attribuito allo stesso governatore, risultano i vari tentativi che compì per sedare la rivolta e insieme il suo atteggiamento di rigidissima imposizione, a qualunque costo, dell'autorità del papa. È significativo che considerasse la tassa sul sale solo un'occasione, mentre il vero motivo della ribellione sarebbe consistito nel carattere "nemico naturalmente dei preti"dei Perugini. Uscito dalla città e fuggito a Roma, egli avrebbe chiesto una punizione esemplare di Perugia e sarebbe stato inviato a Napoli per trattare un eventuale invio di Spagnoli.
La partecipazione all'amministrazione pontificia dovette qualificarlo come fedele servitore del papa. Egli fu infatti compreso in un elenco di prelati italiani che la Curia desiderava fossero presenti al Concilio di Trento e il cardinale Farnese, nipote di Paolo III, lo raccomandò al Cervini, secondo presidente del concilio, assicurando la fedeltà dell'A. al Cervini medesimo e al papa (Concilium Tridentinum,X,p. 392 n. 9). Il 7 marzo 1546 comincia la sua partecipazione al concilio, che fu assai breve; infatti il 19 luglio è ricordato per l'ultima volta negli atti ufficiali, e in una lettera dei legati del 20 settembre al cardinale Farnese si parla di lui come già partito, accennando anche a una malattia contratta a Trento. La sua partecipazione ai lavori del concilio fu caratterizzata da una notevole diligenza nel seguire le sedute, da una certa preoccupazione di scegliere tra i vari orientamenti, pur essendo chiara la rinuncia a una posizione personale: prevalse nell'A. la tendenza a rimettersi alle opinioni dei legati e alle formulazioni più tradizionali. Il suo intervento più interessante può essere ritenuto l'elenco presentato nel giugno circa gli impedimenti alla residenza dei vescovi (Concilium Tridentinum,XII, p. 595-597).Egli trascura completamente gli impedimenti derivanti dal papa, coerente con la sua fama di fedeltà al pontefice, e si preoccupa prevalentemente degli impedimenti opposti dai principi secolari, testimoniando così il desiderio di evitare i grandi temi scottanti della riforma della Chiesa, uno spirito piuttosto estrinseco e secolaresco, e, sul piano oggettivo, l'esistenza di gravi dissensi tra potere spirituale e temporale proprio negli Stati della Chiesa. Non si ha notizia di altri incarichi da lui esercitati dopo la sua partecipazione al concilio. Morì il 6 ott. 1555.
Fonti e Bibl.: F. Ughelli-N. Coleti, Italia sacra,I, Venetiis 1717, col. 1213; G. van Gulik-C. Eubel, Hierarchia catholica...,III, Monasterii 1923, pp. 214 n. 6 e 283; Concilium Tridentinum,IV, V, X, XII, ed. soc. Goerresiana, Friburgi Br. 1904-30, sub Reatinus; Ricordi di Cesare di Giovannello Bontempi dall'anno 1527 al 1550 continuati da Marcantonio Bontempi e la guerra del sale di Girolamo di Frolliere,a cura di F. Bonaini, in Arch. stor. ital.,XVI, 2 (1851), pp. 377-378, 415,423 e 472; C. Poggiali, Memorie storiche della città di Piacenza,IX, Piacenza 1761, pp. 57-58;A. Pieper, Zur Entstehungsgeschichte der ständigen Nuntiaturen,Freiburg 1894, pp. 112-113; L. Fumi, Ragguaglio della ribellione di Perugia,in Bollett. d. R. Deput. di storia patria per l'Umbria,XIV (1908), pp. 69-81; G. Buschbell, Reformation und Inquisition in Italien um die Mitte des 16. Jahrhunderts,Paderborn 1910, p. 151; G. Alberigo, I vescovi ital. al Concilio di Trento,Firenze 1959, passim.