ARCA (Arcade, Arcades, Arcas), Mario
Vissuto nel XVI secolo, nacque a Narni da illustre famiglia. Si dedicò allo studio del diritto distinguendosi per la vivacità dell'ingegno e il temperamento polemico. Sappiamo dalla dedicatoria a Federico Cesi, vescovo di Todi, del suo opuscolo sulla interpretazione della prima legge del Codice giustinianeo, lib. II, tit. I (C.2.1.1.) che visse dapprima a Roma, e che poi, costretto "fatali necessitate" (?), si trasferì a Bologna e a Ferrara, desideroso di seguire le lezioni che vi teneva Andrea Alciato allora celeberrimo.
Fu nell'ateneo ferrarese che sostenne la disputa (1543) per la interpretazione della legge 1 C. de edendo (C.2.1.1) contro l'opinione del giurista Ludovico Cato, professore in quello stesso ateneo, e con Pietro Aldobrandini, devoto discepolo del Cato del quale difese la interpretazione della legge citata. Il Cato aveva sostenuto che il convenuto non poteva essere costretto a presentare l'estratto del conto di deposito come documento probatorio favorevole all'attore, se non con l'esercizio dell'actio depositi;eglifondava questa dottrina interpretativa della I. 1 C. de edendo, sul testo del Dig. 2.13.6.3, e affermava che tale principio doveva valere soprattutto per il caso in cui il convenuto fosse stato un banchiere o un suo debitore feneratizio, depositario di una certa somma di denaro dell'attore. Specie per l'ultima ipotesi, era stata questa ropinione tradizionale risalente ad alcuni Glossatori (GI. rationes ad C. 2.1.1. e GI. id ex causa ad C. 2.1.1). Contro questa veduta insorse l'A., il quale in forma polemica molto vivace, espose dodici motivi per cui la tesi dei Cato non era accettabile. Il più importante di questi motivi riguarda la finizione di pubblica utilità svolta dai banchieri, caratterizzata dai mutui che essi concedono sulle somme depositate presso di loro. L'A. sosteneva, per tanto, che la presentazione dell'estratto del conto di deposito presso il banchiere, da valere come prova favorevole all'attore, non poteva essere legittiniamente pretesa da quest'ultimo con l'esercizio dell'actio depositi, ma, piuttosto, gli competeva l'actio ex stipulatu; e questo vale anche per l'ìpotesi in cui la restituzione della somma depositata non fosse stata chiesta direttamente al banchiere o ad un suo avente causa, ma anche se richiesta ad un terzo a cui il banchiere avesse dato in mutuo il danaro depositatogli dall'attore. Questo Perché il titolo del depositante e il titolo del debitore verso il banchiere della somma depositata, sono comuni propter implicitam dati et accepti negotiationem. A sostegno dell'opinione del Cato ìntervenne nella polemica Pietro Aldobrandini con una lettera diretta all'A., dove, con sottili argomentazioni e non minore acrirnonia, si controbattevano punto per punto gli argomenti addotti dall'A. e la disputa fece un certo clamore nell'ambiente dei giuristi ferraresi. L'opuscolo dell'A. fu pubblicato a Venezia nel 1543 e a Lione nel 1545. Infine, i due opuscoli, quello dell'A. e la lettera a lui diretta dall'Aldobrandini, sono stati pubblicati insieme da E. Otto con il titolo: Marii Arcadis Narniensis ad I. i C. de Edendo interpretatio nova... accedit Petrus Aldobrandinus de interpretatione Ludovici Cati ad I. i C. de Edendo adversus Marium Arcadem Narniensetn, nel suo Thesaurus iuris romani..., Basileae 1744, t. V, coll. 55 e ss.
Fonti e Bibl.: G. B. Ziletti, Index librorum omnium iuris tam pontificii quam caesarei, Venetiis 1566, p. 24; A. Fontana, Amphitheatrum legale..., Parmae 1688, Syllabus, col. 4; G. Eroli, Miscellanea storica narnese, I, Narni 1858, p. 574-575.