BASIOLA, Mario
Nato ad Annico (Cremona) il 12 luglio 1892 da Alessandro, artigiano cestaio, e da Marta Milanesi, passò la giovinezza dedito ai lavori nei campi senza ricevere un'istruzione scolastica. La chiesa fu il primo luogo in cui si applicò al canto. Il servizio militare lo portò a Roma, dove rimase come soldato del genio in guarnigione per tutta la durata della prima guerra mondiale. Incoraggiato da più parti partecipò al concorso per entrare al conservatorio di S. Cecilia, dove su circa sessanta aspiranti fu uno dei cinque vincitori. Vi entrò nella classe di canto di Antonio Cotogni, uno dei massimi rappresentanti della scuola vocale del tardo Ottocento, divenendo uno dei suoi allievi prediletti.
La scuola di Cotogni fu per il B. determinante nell'apprendimento di una tecnica e di uno stile che gli permisero di vivere l'esperienza verista senza che la sua organizzazione vocale venisse compromessa, cosicché se a tratti il B. denunciò necessariamente l'epoca in cui operò (specie in certo gusto interpretativo), certamente meno di molti altri si palesò corrivo a certe tendenze di clamoroso e chiassoso vocalismo, e mantenne invece la capacità di affrontare il canto (specie quello verdiano) con una corrertezza e misura, con una malleabilità timbrica e con una sicurezza nel registro acuto, che fecera di lui "uno dei pochissimi baritoni della sua generazione in grado di rappresentare la scuola tradizionale italiana" (Celletti). Questo periodo di formazione fu molto proficuo, ma difficile (espulso dal conservatorio per "insufficieuza vocale" causata da un deperimento fisico, fu nuovamente aiutato dal Cotogni): inizialmente, la voce del B. non era ben definita per il colore alquanto "anfibio" (tra tenore e baritono). Scelto il registro il giovane cantante imparò i ruoli "nota per nota, fiato per fiato … gesto per gesto dal suo venerato maestro" (Lauri Volpi), basandosi sul principio dell'intenzionalità (basilare nelle scuole vocali dell'Ottocento), secondo cui per emettere un buon suono il cantante deve prima immaginarlo, udirlo dentro di sé e sforzarsi di realizzare con la voce quel suono ideale, evitando così che il suono si introduca in seni dove la risonanza esclude armonici fondamentali. Un periodo di formazione, questo, che non rimase limitato all'aspetto musicale, ma servì a completare l'istruzione del cantante. Nei primi saggi a S. Cecilia cantò, con G. Lauri Volpi, i duetti dalla Forza del destino e Don Carlo verdiani; seguirono quindi i primi concerti di beneficenza, a partire dal 1916, a favore dei militari a Roma e dintorni eseguendo brani da Erodiade di J. Massenet, Pescatori di perle di G. Bizet, Don Giovanni di Mozart, ecc. alla presenza del suo maestro che se ne disse entusiasta.
Il debutto in un'opera avvenne il 20 giugno 1918 al teatro Morgana di Roma nella Traviata, quindi in novembre debuttò nel Barbiere di Siviglia rossiniano meritandosi buone critiche (La Tribuna, 30 nov. 1918). Nel 1919 compì un breve tirocinio in provincia debuttando a marzo in Rigoletto al teatro Traiano di Civitavecchia, e a maggio nella Favorita di G. Donizetti a Orvieto e Viterbo (dove al teatro Unione rese possibile il primo debutto di G. Lauri Volpi); E. Mascheroni lo volle a settembre al teatro Giglio di Lucca per la Loreley di A. Catalani e i Dispetti amorosi di G. Luporini, mentre E. Carelli lo scritturò al teatro Verdi di Firenze per Pagliacci di R. Leoncavallo (dicembre). Quindi si recò a Terni (aprile 1920) al teatro Politeama dove eseguì Andrea Chenier di U. Giordano, Don Pasquale di Donizetti, Cavalleria rusticana di Mascagni, e quindi al teatro Giacosa di Napoli, in autunno, per Bohème e Manon di J. Massenet. Con quest'ultima debuttò il 13 ottobre al Politeama di Genova. Partecipò per la prima volta a una stagione lirica all'estero nel 1921 a Barcellona, dove eseguì il Monaco nero di Cassadò. Tornato in Italia svolse un'incessante attività; ricordiamo ancora tra i suoi debutti nel 1921: Fedora di Giordano e Lucia di Lammermoor di Donizetti a Civitavecchia in febbraio, Wally di Catalani ad Udine in agosto, Ballo in maschera di Verdi al teatro Balbo di Torino in settembre, Faust di C. Gounod ed Ernani di Verdi al teatro Chiabrera di Savona in novembre. Ormai affermatosi, il B. cominciò a cantare a fianco dei divi del momento: nel gennaio 1922 fu costretto a bissare assieme con H. De Hidalgo il duetto del secondo atto della Traviata di Verdi al Petruzzelli di Bari (dove in febbraio debuttò anche in Tosca di G. Puccini); quindi si recò in aprile al teatro Massimo di Catania per il Barbiere rossiniano, accanto a Toti Dal Monte: del suo Figaro la critica già evidenziava l'assenza di esagerazioni ed effetti plateali. Dopo un breve riposo a Cremona partì per una tournée in Egitto dove eseguì undici opere, debuttando il 23 sett. 1922 nella Favorita a Porto Said, nel ruolo di Alfonso, ruolo che esaltava "il suo canto legato, per cui Cotogni gli aveva insegnato le minime sfumature e persino il respiro per la frase sostenuta e ampia" (Lauri Volpi). Il 1923 fu un anno molto importante per il B.: venne scritturato per una tournée americana nella S. Carlo Opera Company dall'impresario Fortunato Gallo debuttando il 3 ottobre al Century Theater di New York in Aida e Otello di Verdi. Fino al 1925 il B. continuò a presentarsi in tutti i più grandi teatri americani eseguendo principalmente ruoli verdiani (Rigoletto, Trovatore, Forza del destino) nonché opere del repertorio corrente: in particolare Gioconda di A. Ponchielli, Pagliacci, Carmen di Bizet. Il successo fu sempre vivo, e la critica, tra le qualità della sua voce, mise in luce la sonorità e la omogeneità di tutta la gamma, l'estensione e il colorito chiaro tanto da confondere spesso la sua con la voce del tenore. Nel giugno 1924 prese parte alla stagione del Ravinia Park (Chicago) eseguendo con Lauri Volpi Lucia diLammermoor e Rigoletto. Finalmente nella stagione 1925-1926 il B. fu scritturato da G. Gatti Casazza al teatro Metropolitan di New York, dove rimase fino al 1932: debuttò l'11 nov. 1925 in Aida al fianco di E. Rethberg e G. Martinelli sotto la direzione di T. Serafin e quindi in Madama Butterfly di Puccini (13 novembre) con B. Gigli. L'attività dei teatri era all'epoca intensissima; e quasi non ci fu mese in cui il B. non fosse impegnato al Metropolitan e nei maggiori teatri degli Stati Uniti. Tra gli spettacoli di maggiore successo ricordiamo, a partire da questa prima stagione al Metropolitan, Faust (10 dicembre), eseguito frequentemente accanto a F. I. Šaljapin, Gioconda (24 dicembre), dove sostituì all'ultimo Titta Ruffo, affiancato da Rosa Ponselle. Nel 1926 eseguì Cavalleria rusticana (8 gennaio, l'opera che il B. più spesso interpretò al Metropolitan) e Rigoletto (8 aprile), dove debuttò M. Talley. Nel maggio del 1926 si recò a Cuba e in luglio partecipò nuovamente alla stagione del Ravinia Park dove interpretò L'amoredei tre re di I. Montemezzi e Don Pasquale. Nella stagione 1926-27 il B. debuttò nella Vestale (3dicembre) di G. Spontini, quindi eseguì Luciadi Lammermoor (20 dicembre), il Barbiere rossiniano (27 genn. 1927) al fianco di A. Galli Curci e Pagliacci (4 aprile).
Il 12 luglio 1927 il B. sposò il soprano Caterina Gobbi e tornò in Italia per breve tempo: infatti inaugurò la stagione 1927-28 del Metropolitan con Forzadel destino; il 23 dicembre debuttò in Turandot di Puccini (Ping). Il 9 aprile 1928 nacque la primogenita, Marta: in quegli anni il B. non si stancò mai di studiare nuovi ruoli; e memorabile fu il debutto del 24 aprile nell'Africana di G. Meyerbeer ad Atlanta eseguita poi al Metropolitan il 10 novembre. Nel 1929 ottenne particolari consensi con Ernani in gennaio e con il Trovatore (più volte eseguito a fianco di Lauri Volpi) in aprile: il 20 dicembre debuttò nella Campana sommersa di O. Respighi. Gli ultimi spettacoli al Metropolitan (febbraio 1932) furono al fianco di G. Thill in Faust e di L. Pons in Les contesd'Hoffmann di Offenbach. Prese parte inoltre alla prima esecuzione americana di FraGherardo diI. Pizzetti (21 marzo 1929), Sadko di N. Rimskij-Korsakov (25 genn. 1930), Le preziose ridicole di L. Lattuada (10 dic. 1930) e La notte di Zoraima di I. Montemezzi (2 dic. 1931).
Il soggiorno in America fu importante per il B., ma non comportò un'affermazione facile data la presenza di baritoni quali Titta Ruffo, G. De Luca, A. Scotti, artisti idolatrati dal pubblico americano: utilizzato sovente quale sostituto, egli patì di non essere sempre considerato alla pari di alcuni dei suoi colleghi. Tornato in Italia dapprima riprese a cantare in provincia, ma ben presto divenne uno dei baritoni più richiesti in quanto possedeva come pochi quelle qualità necessarie per interpretare le opere del repertorio ottocentesco che in quegli anni tornavano alla ribalta data la penuria di nuove opere di successo. Così dopo il successo a fianco di G. Arangi Lombardi al teatro Carlo Felice di Genova nell'Africana (3 febbr. 1933), il B. debuttò al teatro reale dell'Opera di Roma nella Forza del destino (8marzo 1933) con C. Muzio sotto la direzione di G. Marinuzzi. Il 25 maggio 1933 esordì al Maggio musicale fiorentino nel discusso allestimento dei Puritani belliniani di De Chirico accanto a Lauri Volpi, M. Capsir ed E. Pinza. Dopo il debutto al S. Carlo di Napoli e il successo nel marzo del 1934 in Otello al Filarmonico di Verona ("un Jago corretto, controllato, sa emergere senza strafare", Corriere padano, 21 marzo 1934), festeggiò il centenario di Ponchielli a Cremona interpretando tra l'altro il Figliuol prodigo. L'anno seguente per il centenario belliniano eseguì Il pirata a Roma (1º gennaio) e La straniera alla Scala (22 aprile): quindi si recò in Polonia, in Spagna e nuovamente in America, dove il 1º sett. 1935 nacque il secondo figlio, Mario, anch'egli destinato a divenire un famoso baritono. Nel 1936 dopo aver partecipato all'oratorio Il Natale di L. Perosi fu interprete al fianco di T. Schipa dell'Arlesiana di F. Cilea (11 aprile, teatro alla Scala) dove per dar modo al B. di sfoggiare il registro acuto, il compositore aggiunse nel terzo atto la frase "Bravi ragazzi miei": il 10 dicembre partecipò inoltre alla prima esecuzione di Imelda di A. Gandino al fianco di I. Pacetti al teatro Comunale di Bologna. L'attività del baritono giunse in questi anni al massimo dell'intensità, ad un debutto ne seguiva subito un altro: Alceste di Gluck con G. Cigna (Roma, 13 genn. 1937), Lucrezia e Maria Egiziaca di O. Respighi (ibid., 24 marzo), il Guarany per il centenario di A. Gomes (ibid., 15 aprile): nuovamente ospite del Maggio musicale fiorentino eseguì sempre nel 1937 la Luisa Miller di Verdi con M. Caniglia. Nel 1938 fu creata una compagnia di canto italiana per una tournée in Germania: il B. vi partecipò con Lauri Volpi. Tornato a Roma debuttò nella Nave di Montemezzi a fianco di T. Gobbi e G. Taddei esordienti, ricevendo larghi consensi: "Il ruolo di Basiola è il carattere meglio tracciato, mostra delle affinità con la Salomè straussiana" (Il Messaggero, 15 dic. 1938). Nel 1939 il baritono compì due tournées all'estero, invitato al Cairo (dove debuttò in Thaik di J. Massenet) e al Covent Garden di Londra per alcune recite di Tosca, Trovatore, Traviata con B. Gigli e J. Bjorling. Dopo aver partecipato alla stagione lirica di Caracalla, il 13 ottobre 1939 per la stagione lirica dell'EIAR interpretò l'EdipoRe di R. Leoncavallo. La stagione 1939-40 fu l'ultima della Scala a cui partecipò il B. in una famosa ripresa della Linda di Chamounix (10 dicembre) di Donizetti sotto la direzione di Marinuzzi, seguita da un memorabile Rigoletto con L. Pagliughi (17 marzo). L'entrata in guerra dell'Italia significò per il cantante il ritorno a quei concerti di beneficenza per soldati feriti (spesso organizzati nella sua villa di Annico) che avevano caratterizzato l'inizio della sua carriera.
Finita la guerra l'attività del B. andò diminuendo d'intensità concentrandosi per lo più in teatri di provincia: nell'agosto 1946 tra le rovine del Politeama di Genova, fu ancora Rigoletto con G. Di Stefano, mentre in ottobre a Catania eseguì Favorita (con E. Stignani) e Tosca (con R. Tebaldi). Nel 1947, dopo alcune recite palermitane del Nabucco verdiano, partecipò ad una storica ripresa della Louise di G. Charpentier (11 marzo 1948) a Roma con O. Fineschi. Nel luglio 1948 entrò in una compagnia per una lunga tournée in Australia: nonostante i successi, fu un'esperienza non facile dato che la compagnia era di livello mediocre, e il B. rappresentava l'unico nome di richiamo. Tornato in Italia, stanco e in parte deluso, decise di intraprendere a Milano, affiancato dalla moglie, la strada dell'insegnamento (tra i suoi allievi oltre al figlio, ricordiamo A. Protti) cantando sempre più raramente in pubblico: ancora nel 1951 eseguì a Cremona Gioconda, opera a cui era affezionato e che era stata un punto fermo del suo repertorio.
Morì a Milano il 3 genn. 1965.
Storicamente la voce del B. va collocata in una zona di passaggio come proposta di una soluzione "intermedia", tra vocalità fine Ottocento e vocalità verista, alla maniera di C. Galeffi (anch'egli allievo di Cotogni): vissuto in un'epoca in cui sui moduli interpretativi del repertorio ottocentesco premevano tendenze deformanti, il B. coltivò l'eredità della sua scuola: fu un baritono acuto, chiaro, privo dei difetti del baritono drammatico dal timbro scuro "inchiostrato" acquisito con artefazioni e appesantimenti dell'emissione; il B. evitò altresì la ricerca di facili effetti lontani da ogni preoccupazione di natura tecnica. La vocalità verista in antitesi con la ricerca di fraseggi "aristocratici" tendeva a centralizzare le tessiture facendo dimenticare gli accorgimenti tecnici per dominare le tessiture acute spingendo invece a ingrossare la voce, appesantendo l'emissione: il B. al contrario possedeva una voce voluminosa, ma insieme soffice, intensità delle vibrazioni in tutta la gamma dei suoni, una voce estesa che gli consentiva di toccare e sostenere con facilità il la bemolle, uno squillo tenoreggiante nell'acuto. Il B. era capace inoltre di quelle mezze voci garantitegli da una buona tecnica delle emissioni: questo gli permetteva di alternare espressioni drammatiche ed incisive con suoni sussurrati a fior di labbra specie in ruoli donizettiani e belliniani o nelle dolenti perorazioni dei baritoni verdiani. Il riuscire a risolvere le difficoltà senza forzature mantenendo intatta la morbida duttilità della voce gli dava la possibilità di arricchire personaggi come Tonio, Barnaba, Rigoletto, non facendone figure unilateralmente fosche e vendicative; il fraseggio largo, la sonorità della voce gli consentivano inoltre di delineare personaggi nobili e imponenti. Il passare ddel tempo portò il B. a fare qualche concessione alla vocalità verista, così come l'incessante attività portò un appannamento della voce, ma la tecnica e lo stile lo resero molto richiesto specie nella ripresa di molte opere ottocentesche. Ciò che non riuscì totalmente al baritono fu il raggiungere nelle sue interpretazioni una propria inconfondibile personalità: il B. non possedeva infatti né una voce troppo personale né doti interpretative singolarissime; ma ciò poco toglie al grande valore artistico della sua carriera. Nella sua discografia ricordiamo i recitals (con brani da Favorita, Barbiere, Erodiade, Il re di Lahore Arlesiana, Figliuol prodigo: dischi Columbia: GOX109/67-74-78) e le opere complete Pagliacci (EMI), Madama Butterfly (EMI), Trovatore (MDP004), Traviata (MDPoo9).
Bibl.: G. Lauri Volpi, Voci parallele, Milano 1955, p. 168; R. Celletti, Il teatro d'Opera in disco, Milano 1976, pp. 203, 342; P. Caputo, Cotogni, Lauri Volpi…, Bologna 1980, pp. 54, 103 s.; C. Marinelli, Opere in disco, Firenze 1982, pp, 189, 342, 404; M. Raffaelli, Il teatro comunale di Forlì, Forlì 1982, pp. 262. Si vedano inoltre: Enciclopedia dello spettacolo, II, Roma 1954, col. 17; Enciclopedia della musica Rizzoli-Ricordi, I, Milano 1972, p. 253; Dizionario enciclopedico universale della musica e dei musicisti. Le biografie, I, Torino 1985, p. 346.