BORSA, Mario
Nato il 23 marzo 1870 a Somaglia (Milano) da una famiglia da tre generazioni fittavola di una cascina della Bassa lombarda - un mondo cui resterà sempre legatissimo -, si laureò in lettere nel 1892 all'Accademia scientifica letteraria di Brera con una tesi su Pier Candido Decembri e l'umanesimo in Lombardia, che, pubblicata l'anno successivo a Milano, costituì la sua prima opera.
Dopo aver insegnato per breve tempo al collegio Bianchi Morandi, il B. si volse all'attività giornalistica, alla quale doveva dedicare tutta la vita, iniziando come critico drammatico della Perseveranza. Passato al massimo quotidiano radicale dell'epoca, Il Secolo, in qualità di corrispondente- uno dei primi del giornalismo italiano - fu in Montenegro in occasione delle nozze del futuro Vittorio Emanuele III e in Scandinavia (raccoglierà i relativi articoli sui due viaggi in due volumi, Dal Montenegro, Bergamo 1896, e Verso il sole di mezzanotte, Milano 1899), e si trasferì poi stabilmente a Londra ove rimase fino al 1910, Per più di un decennio. Al mondo britannico il B. rimase sempre strettamente legato; ad esso dedicherà numerosi scritti: fra gli altri Il teatro inglese contemporaneo (Milano 1906), Il giornalismo inglese (Milano 1910), Vita inglese della vigilia. Costumi Profili Episodi (Milano 1917), Il laborismo (Milano 1924), Londra (Milano 1929).
Giornalista che univa scrupolosità rigorosa di informazione a uno stile essenziale, il B. si attestò politicamente su posizioni liberaldemocratiche dalle originarie posizioni socialiste turatiane, pur senza aderire né allora né poi ad alcun partito. Nel 1910, ceduto Il Secolo da Sonzogno al gruppo rappresentato dal banchiere L. Della Torre e dall'ingegnere G. Pontremoli, il B. fu richiamato a Milano in qualità di redattore-capo, con l'incarico di operare un rilancio del giornale, che aveva subito flessioni.
Allo scoppio della prima guerra mondiale il B. influenzò considerevolmente la campagna per l'intervento italiano, sostenendo fermamente le posizioni dell'interventismo democratico. Durante il conflitto si batté con numerosi scritti per la solidarietà con i paesi alleati, in particolare con la Gran Bretagna: Italia e Inghilterra (Milano 1916), Sui campi di battaglia inglesi e in mezzo alla grande flotta (Milano 1916), L'Inghilterra e i suoi critici (Milano 1917), La vittoria e il mare (s.l. né d.: ma Milano dopo il 1918).
Nell'immediato dopoguerra il B. lasciò la carica di redattore-capo del giornale per recarsi a Parigi alla conferenza della pace, continuando a propugnare i postulati democratici dell'interventismo di sinistra. Saliti i fascisti al potere e passato Il Secolo a un gruppo filofascista, il B. nel 1923 uscì dal giornale e passò come collaboratore di politica estera al Corriere della Sera di L. Albertini, nel frattempo schieratosi contro il fascismo. E quando, nel novembre del '25, Albertini fu estromesso dal Corriere, anche il B. si ritrasse. Dopo aver firmato nei mesi dell'Aventino il manifesto istitutivo dell'amendoliana Unione delle forze liberali e democratiche, nel '25 aderì al manifesto crociano contrapposto a quello degli intellettuali fascisti. Difese la libertà di stampa, alla vigilia della soppressione, in un volume, La libertà di stampa (Milano 1925), nonché come presidente dell'ultimo congresso convocato in Italia a quel fine.
Consolidatosi il regime totalitario, il B. limitò la propria attività giornalistica alla collaborazione al Times, del quale era corrispondente dal 1919, e si dedicò a studi storici, pubblicando i volumi: La tragica impresa di Sir Roger Casement (Verona 1932), Maria Stuarda (ibid. 1934) e La fine di Carlo I (ibid. 1936). Nel 1929 pubblicò a Londra uno scritto, The Pope is King, critico dei patti lateranensi. Ammonito più volte dalle autorità del regime, fu anche arrestato, una prima volta per breve tempo nel 1930 e un'altra durante la seconda guerra mondiale, venendo confinato a Istonio Marina (oggi Vasto). Liberato dopo il 25 luglio 1943, si ritirò a Barzio in Valsassina, ove rimase sino alla fine della guerra, pubblicando nel frattempo uno studio sull'amico e poeta valtellinese Giovanni Bertacchi negli anni della sua giovinezza (Roma 1945).
A Barzio, verso la fine del 1944, emissari di una commissione interna antifascista del Corriere della Sera gli offrirono di assumere la direzione del giornale non appena fosse crollata la repubblica di Salò. Portatosi a Milano la sera del 24 apr. 1945 preparò il primo numero, che tuttavia non poté uscire essendosi il C.L.N. dichiarato contrario alla pubblicazione di giornali non partitici. Autorizzata di lì a un mese la pubblicazione da parte del governo militare alleato, il B. diresse il giornale - che fino al maggio del '46 assunse la testata di Corriere d'informazione, rimasta poi all'edizione pomeridiana - sino al referendum istituzionale, per il quale prese aperta posizione a favore della repubblica (gli articoli di questo periodo furono poi raccolti nel volume L'ora che volge, Milano s.d., ma 1946). Reintegrata la famiglia Crespi nella proprietà del giornale, il B. ne abbandonò la direzione per dissensi, collaborando da quel momento alla Stampa di Torino.
Nel corso della sua lunga esistenza il B. alternò sempre all'attività giornalistica quella di scrittore: fu studioso di letteratura oltre che di storia (l'ultimo suo studio lo dedicò al Manzoni, Un Manzoni alla buona, Roma 1950, come a riconoscimento di una predilezione durata tutta la vita); fu rievocatore efficace del mondo politico e giornalistico nel quale aveva operato, in particolare in Ilcastello dei giornalisti e altre storie vissute, pubblicato a Milano nel 1925, e nelle Memorie di un redivivo, apparse a Milano nel 1945; e fuscrittore di genuina ispirazione specialmente negli scritti ambientati nelle predilette terre native della Bassa lombarda, come in Aria di bosco. Ciancie di un cacciatore (Milano 1948; nel 1924 aveva pubblicato a Milano anche un volume su La caccia nel Milanese)e soprattutto nel suo romanzo migliore. La cascina sul Po, apparso a Milano nel 1920 e più volte ristampato.
Il B. morì improvvisamente a Milano il 6 ottobre 1952.
Bibl.: Oltre agli scritti autobiografici del B., in particolare Ilcastello dei giornalisti... e Memorie di un redivivo, vedi: G. A. Borgese, Tempo di edificare, Milano 1923, pp. 176 ss.; E. R. Papa, Storia di due manifesti, Milano 1958, p. 98; L. Salvatorelli-G. Mira, Storia d'Italia nel periodo fascista, Milano 1962, p. 327;F. Nasi, Il peso della carta, Bologna 1966, pp. 126, 142 s.; L. Casati, Diz.degli scrittori,ad vocem; Enc. It., App. II e III, ad voces.