DORNIG, Mario
Nacque a Firenze il 23 nov. 1880 da Antonio e Antonietta Gilardelli, entrambi di origine triestina. Dopo essersi laureato in ingegneria civile a Roma nel 1904, si trasferì a Monaco di Baviera ove conseguì nel 1911 il dottorato in scienze termiche e meccaniche. Si stabilì poi per qualche anno a Norimberga, ove iniziò la sua attività professionale; rientrò, infine, in Italia e nel 1917 vinse la cattedra di macchine a fluido presso il politecnico di Milano che tenne ininterrottamente sino al suo collocamento a riposo (1951).
Dell'attività didattica del D. rimane testimonianza nell'opera in tre volumi Trattato generale delle macchine termiche e idrauliche (Milano 1939 e varie edizioni successive sino all'ultima del 1960), che viene ancora oggi adottata come libro di testo in molte università italiane e che costituisce una pietra miliare nella formazione degli studenti di ingegneria.
I settori principali di studio e di ricerca del D. furono quelli concernenti l'analisi ed il perfezionamento delle tecniche utilizzate per la trasformazione dell'energia e per lo sfruttamento delle energie naturali alternative, lo sviluppo ed il miglioramento delle tecniche relative alla propulsione navale, lo studio delle turbine a gas.
Nel campo dell'utilizzazione dell'energia solare i primi rilevanti scritti, dal titolo Utilizzazione del calore solare coi sistemi a bassa temperatura, furono pubblicati dal D. sul Monitore tecnico (XXVIII [1922], pp. 281-86, 293-295). In essi il D. lanciava la proposta di sfruttare la differenza di temperatura esistente tra le acque superficiali e quelle profonde di alcuni laghi italiani (Bolsena, Bracciano, Lario) dagli alti fondali, al fine di realizzare un ciclo termodinamico con un fluido, l'ammoniaca, a bassa temperatura di evaporazione, che doveva espandersi in una turbina e successivamente condensare ed essere riutilizzato.
Per le località senza laghi, il D. proponeva per la conversione del calore solare la costruzione di grandi bacini artificiali di acqua, con profondità di pochi dm, e di trasferire le calorie captate dall'acqua ad un generatore di vapori di ammoniaca per realizzare un ciclo termodinamico a bassa temperatura.
Lo stesso argomento fu poi trattato dal D. in modo più sistematico in alcuni articoli dal titolo L'energia solare, pubblicati su l'Ingegnere negli anni 1939-40 (XIII [1939], 1, pp. 11-18; 8, pp. 681-86; XIV [1940], 5, pp. 341-45), relativi all'utilizzazione diretta e indiretta dell'energia solare ed ai futuri prevedibili sviluppi della tecnica.
Per quanto riguarda l'utilizzazione diretta di tale forma di energia, il D., dopo aver rilevato che le regioni più convenienti sono quelle a bassa latitudine (inferiore a 25°) perché con ridotta oscillazione dell'insolazione tra estate ed inverno, suggeriva di condurre esperienze in tale senso nelle zone interne della Libia e dell'Africa orientale, allora colonie italiane; esponeva quindi tre sistemi per la conversione del calore solare: quelli che con specchi curvi effettuavano la concentrazione della radiazione (che fornivano i migliori risultati, con rendimenti intorno al 15%, ma con maggiori spese di impianto e di esercizio; su questo sistema è fondata la centrale solare di Genova-S. Ilario che nel 1973 ha consentito di ottenere con una superficie di specchi di circa 150 m2 circa 150 kg/ora di vapore a 500°C ed a 150 ate), quelli a riscaldamento di strati d'acqua di piccolo spessore che effettuavano la realizzazione di cicli termodinamici a bassa temperatura, ed infine quelli a conversione diretta dell'energia solare in energia elettrica mediante cellule fotoelettriche al seleniuro d'argento, accreditate di un rendimento del 10% circa e che si sarebbero evolute fino alle "pile a combustibile" costruite per le missioni spaziali Apqllo capaci di erogare 2,3 kW alla tensione continua di 20,5 volt. Dell'impianto solare con ciclo a bassa temperatura il D. proponeva una tipica applicazione, quella dell'eliopompa, cioè una pompa per irrigazione azionata dall'energia meccanica fornita per trasformazione dell'energia solare: tale macchina, adatta per potenze di pochi kW, rappresentava la soluzione ideale per sollevare l'acqua dai pozzi e per irrigare i campi in quelle regioni a bassa latitudine nelle quali la forte insolazione annua si associa alla elevata aridità del suolo. Secondo il progetto di massima del D., poi realizzato dalla ditta SOMOR di Lecco, l'eliopompa consisteva di una pompa idraulica a stantuffo mossa da un motore pure a stantuffo alimentato da un fluido a basso punto di ebollizione, portato allo stato di vapore in serpentine (assorbitori eliodinanúci) investite direttamente dalla radiazione solare.
Nell'articolo relativo all'utilizzazione indiretta dell'energia solare il D. ampliava il concetto, già esposto nella citata memoria del 1922 sul Monitore tecnico, di realizzare cicli termodinamici a bassa temperatura sfruttando il salto termico esistente tra acque superficiali e profonde di grandi masse d'acqua. Negli articoli citati sull'Ingegnere il D. prendeva in esame ora mari con coste scoscese, quali quelli della costa meridionale del Messico, della Guinea, della Florida, dell'Africa occidentale e orientale, ecc., le cui acque superficiali raggiungono temperature sufficenti a far evaporare il fluido intermedio che poi può passare allo stato liquido in un condensatore raffreddato con le acque proffinde, a temperatura più bassa di circa 20°C rispetto a quelle superficiali.
Quest'idea del D. è alla base del recentissimo progetto giapponese denominato OTEC (Ocean Thermal Energy Conversion), che prevede l'utilizzazione delle acque calde superficiali e di quelle fredde profonde dell'oceano Pacifico meridionale per la realizzazione di un ciclo termodinamico a bassa temperatura con ammoniaca come fluido intermedio (cfr. Il Tempo del 17 genn. 1987, p. 21).
Sempre nel campo dell'utilizzazione indiretta dell'energia solare, il D. esaminava inoltre la proposta, avanzata da vari tecnici, di sfruttare il dislivello esistente tra zone in depressione (ubicate generalmente nelle regioni tropicali) e il mare per alimentare delle turbine idrauliche: naturalmente, ad evitare che in seguito al travaso continuo di acqua dal mare alla depressione il dislivello si annullasse, occorreva secondo il D. che la quantità d'acqua prelevata dal mare in un anno fosse pari a quella evaporata nella depressione nello stesso periodo. Egli stesso, dopo aver calcolato, per due tipi geometrici fondamentali di depressioni (quelle a forma di cono e quelle a forma di paraboloide con asse verticale e vertice in basso) quale dovesse essere il dislivello più conveniente per realizzare la massima potenza (ottenibile quando è massimo il volume del cilindro avente per base la superficie evaporante della depressione e per altezza il dislivello), sottoponeva all'attenzione degli studiosi la possibilità di sfruttamento della depressione di El Qattara, a sudovest di Alessandria d'Egitto, avente una superficie di circa 20.000 km2 e una profondità massima di 134 metri, dalla quale si sarebbe potuto ricavare, secondo il D., una potenza continua di quasi 290.000 kW mediante il convogliamento delle acque del Mediterraneo, distante una settantina di chilometri.
In previsione dei futuri sviluppi della tecnica, il D. effettuava poi una panoramica delle possibilità di approvvigionamento energetico, suggerendo di indirizzare le ricerche verso lo sfruttamento, sino ad allora fatto in modo insufficente e poco razionale, delle enormi quantità di materie prime ed energie naturali esistenti sulla Terra. Tra queste, sottolineava l'importanza dell'energia solare e, dopo aver rilevato che il calore ricevuto annualmente. dalla Terra è pari a 106.000, volte quello sviluppato da tutti i combustibili bruciati su scala mondiale nel 1935, ribadiva la necessità di approfondire gli studi e le tecniche per la migliore utilizzazione di tale forma di energia. Discorso, come si vede, sempre valido per soddisfare la grande fame energetica.
La relazione L'utilizzazione dell'energia solare e il contributo italiano, letta nel corso della conferenza sull'energia solare tenuta il 15 dic. 1957 presso il Museo nazionale della scienza e della tecnica di Milano e pubblicata sulla rivista Termotecnica (XII [1958], 8, pp. 376-78), è incredibilmente attuale anche per i nostri giorni.
In essa il D. esprimeva dubbi sulle possibilità del riscaldamento ambientale realizzato completamente mediante l'energia solare, mentre prevedeva uno sviluppo del raffreddamento estivo degli ambienti mediante frigoriferi ad ammoniaca con ciclo ad assorbimento funzionanti a calore solare.
Per quanto riguardava la distillazione delle acque marine, secondo il D. essa sarebbe stata conveniente per produrre acqua per uso alimentare, ma non per irrigazione, richiedendo quest'ultima applicazione impianti molto estesi e costosi; per uso agricolo veniva riproposta invece l'eliopompa.
Nel campo dell'energia eolica è degna di ricordo la memoria Utilizzazione della energia del vento, in Le Attualità scientifiche (VI [1936], 4, pp. 1-7), in cui il D., in qualità di membro relatore del Comitato tecnico per l'esame delle invenzioni, faceva una rapida rassegna dei vari metodi di utilizzazione di questo tipo di energia. Dopo aver brevemente descritto i vari tipi di motori a vento, da quelli ad asse orizzontale a quelli ad asse verticale (pananemoni), ed averne sottolineato i bassi rendimenti imputabili soprattutto alla variabilità della velocità del vento, il D. consigliava di procedere ad ulteriori studi ed esperienze al fine di migliorarne le prestazioni.
Il secondo importante settore di ricerche del D. è, poi, quello dedicato allo sviluppo ed al miglioramento delle tecniche relative alla propulsione navale.
Nella memoria Caratteristiche delle eliche, in L'Ingegnere (XVII [1943], 1, pp. 13-21), egli sosteneva la necessità di migliorare il rendimento delle eliche propulsive marine, che, a differenza di quanto si riusciva ad ottenere nelle macchine idrauliche ad elica e nelle eliche di aereo, era caratterizzato da valori piuttosto bassi, non raggiungendo in molti casi il 50%. Il D. suggeriva pertanto uno studio più razionale delle eliche marine, basato sulla teoria impulsiva e su quella alare, sottolineando la necessità di ricorrere alla sperimentazione su modelli in vasca per verificare e perfezionare i risultati del calcolo teorico. Successivamente, nella memoria Apparati motori e velocità di massima convenienza nella marina da carico (ibid., XXI [1947], 11-12, pp.831-37), il D., dopo aver preconizzato il tramonto del trasporto marittimo dei passeggeri che sarebbe stato progressivamente soppiantato da quello aereo e dopo aver previsto lo sviluppo del trasporto marittimo delle merci con navi di tonnellaggio da 30.000 a 40.000, (per le quali sarebbe stato minimo il costo di trasporto della merce per ogni miglio percorso), confrontava il sistema di propulsione del naviglio mercantile, basato allora su turbine alimentate da vapore proveniente da caldaie funzionanti a carbone, con quello caratterizzato dalla propulsione con motori diesel a 2 0 4 tempi sovralimentati medi.Inte turbocompressori a gas di scarico, sottolineando la maggior convenienza dei secondi per il minore ingombro e il minor consumo di combustibile a parità di potenza sviluppata (queste considerazioni avrebbero negli anni successivi ispirato la propulsione del naviglio mercantile, nella quale i motori diesel avrebbero svolto un ruolo progressivamente maggiore). Per migliorare il rendimento della propulsione, il motore diesel, secondo il D., avrebbe dovuto essere di tipo veloce e l'accoppiamento all'elica avrebbe dovuto essere fatto con interposizione di un riduttore di velocità che, permettendo all'elica un minor numero di giri, avrebbe consentito un rendimento più elevato.
La memoria I complessi propulsivi navali (in Rivista di ingegneria, III [1963], 9, pp. 1009-12), in cui si lamentava ancora il basso rendimento delle eliche marine, prendeva in esame altri metodi di propulsione navale: quelli con elica intubata. Un metodo consisteva nel prolungare i condotti di captazione ed aspirazione dell'acqua sui due fianchi della nave fino ad un punto intermedio tra la poppa e la sezione maestra; un altro metodo prevedeva invece il prolungamento dei condotti di aspirazione fino alla prua. Quest'ultima soluzione, anche se modificava la superficie di carena della nave (cosa che richiedeva esperienze preliminari su modelli), presentava secondo il D. il vantaggio di ridurre notevolmente l'onda di prua, responsabile, per velocità superiori ai 20 nodi, di una resistenza di gran lunga maggiore delle altre resistenze al moto.
Sempre in qualità di relatore del Comitato tecnico per l'esame delle invenzioni, il D. pubblicò la memoria La turbina a gas (in Le Attualità scientifiche, VI [1936], 6, pp. 6-17), in cui effettuava lo studio critico dei vari tipi di turbine a gas (con combustione a volume costante e a pressione costante, con e senza iniezione di vapore) soffermandosi poi sulla turbina semigas. La turbina semigas era l'insieme di una turbina a gas con combustione a pressione costante e di una turbina a vapore, con i due fluidi completamente separati. Mentre la turbina a vapore era collegata ad un alternatore e produceva energia elettrica, la turbina a gas era alimentata dai prodotti della combustione provenienti dalla caldaia e forniva energia al compressore (diviso in due sezioni, una a bassa ed una ad alta pressione) dell'aria inviata nella camera di combustione della caldaia. Nell'impianto, adatti per centrali tennoelettriche e per grandi apparati propulsori navali, erano previsti scambiatori di calore acqua-gas e acqua-aria per recuperare parte del calore contenuto nei gas combusti e per raffreddare l'aria nella sezione di bassa pressione del compressore. Il rendimento stimato si poteva così aggirare sul 42-43%.
Ritiratosi a Monterosso al Mare (La Spezia), il D. vi morì il 12 nov. 1962.
Bibl.: Notizie bio-bibliografiche sono state fornite gentilmente dalla figlia del D., Elena. Cfr. inoltre il necrol. sul Corriere della sera del 13 nov. 1962, L. D'Amelio, L'impiego di vapori ad alto peso molecolare in piccole turbine, Napoli 1935, pp. 26, 50; Un secolo di progresso scientifico italiano, II, Roma 1939, p. 176; Chi è?, Roma 1948, sub voce; G. Righini-G. Nebbia, L'energia solare e le sue applicazioni, Milano 1966, p. 172.